Wu Wei
La storia del Saggio che aveva penetrato i segreti del Cielo e della Terra
Autore/i: Borel Henri
Editore: Neri Pozza Editore
a cura di Francesco Fonte Basso, prefazione dell’autore, in copertina: Andô Hiroshige, Veduta sul gorgo di Naruto nella provincia di Awa, part., 1857, London, Victoria and Albert Museum.
pp. 96, Vicenza
«Un libro iniziatico dolcissimo e nitido scritto da un autore della famiglia di Hesse e Castaneda» (Giuseppe Conte)
«…è sicuramente una delle cose migliori che siano state scritte in Occidente sul Taoismo». (René Guénon)
«Quando tu saprai essere Wu Wei, Nonfagente nel senso ordinario e umano del termine, tu sarai veramente, e compirai il tuo ciclo vitale senza sforzo, come l’onda che ci lambisce i piedi. Niente potrà più turbare la tua quiete.
Il tuo sonno sarà senza sogni, e ciò che entrerà nel campo della tua coscienza non ti causerà alcuna preoccupazione.
In ogni cosa vedrai Tao, sarai uno con tutto ciò che esiste e sentirai la natura intera vicina come un’amica, come il tuo stesso io. Accettando senza turbarti i passaggi dal giorno alla notte, dalla vita alla morte, entrerai, sospinto dal ritmo eterno, in Tao ove nulla cambia mai, vi ritornerai, puro come quando ne sei uscito».
Sotto la sua apparenza semplice e senza pretese “erudite”, Wu Wei è sicuramente una delle cose migliori che siano state scritte in Occidente sul Taoismo. Il sottotitolo: «Fantasia ispirata dalla filosofia di Lao-Tzu» rischia forse di rendergli torto; l’autore lo spiega servendosi di certi appunti che gli sono stati rivolti, ma dei quali secondo noi non era obbligato a tenere conto, data soprattutto la scarsa stima in cui, a ragione, tiene le opinioni dei sinologi più o meno “ufficiali”. «Mi sono sforzato soltanto», dice, «di conservare, pura, l’essenza della sapienza di Lao-Tzu… L’opera di Lao-Tzu non è un trattato di filosofia… Quel che Lao-Tzu ci da non sono né forme né materializzazioni, sono essenze. Il mio studio ne è impregnato, non ne è affatto la traduzione». L’opera è divisa in tre capitoli, in cui sono esposti, sotto forma di colloqui con un vecchio saggio, in primo luogo l’idea stessa del “Tao”, poi alcune applicazioni particolari all’“Arte” e all’“Amore”; di questi ultimi due argomenti Lao-Tzu non ha mai parlato, ‘ma l’adattamento, benché forse un po’ particolare, è nondimeno legittimo, perché tutte le cose discendono essenzialmente dal Principio universale. Nel primo capitolo alcune trattazioni sono ispirate o persino parzialmente tradotte da Chuang-tzu, il cui commento è sicuramente quello che meglio chiarisce le formule così concise e sintetiche di Lao-Tzu. L’autore pensa a ragione che sia impossibile tradurre esattamente il termine “Tao”, ma forse non ci sono tanti inconvenienti, come egli sembra credere, a renderlo con “Via”, che è il senso letterale, a condizione di mettere bene in evidenza che si tratta di una designazione del tutto simbolica, e che d’altronde non può essere altrimenti, qualunque parola si adoperi, perché si tratta di ciò che in realtà non può essere nominato. Approviamo invece incondizionatamente Borel quando protesta contro l’interpretazione che i sinologi danno del termine wu wei, considerandolo equivalente a “inazione” o a “inerzia”, mentre «occorre vedervi esattamente l’opposto» […] Consigliamo assai vivamente la lettura integrale del libro, che del resto si legge con molto piacere, con ciò senza nulla togliere al suo valore di pensiero. (René Guénon)
Argomenti: Autocoscienza, Autoguarigione, Autorealizzazione, Cultura Cinese, Saggezza, Taoismo,