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Wagner in Italia

Wagner in Italia

Autore/i: Abert Anna Amalie; Bellingardi Luigi; de Incontrera Carlo; Jung Ute; Lippmann Friedrich; Midolo Sebastiano; Witzenmann Wolfgang; Ziino Agostino

Editore: Nuova ERI – Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana

prefazione e cura di Giancarlo Rostirolla.

pp. 488, nn. tavv. b/n f.t., Torino

Dalla prefazione di Giancarlo Rostirolla:
“I rapporti tra Wagner e l’Italia interessano non solo la storia della musica e le polemiche intorno al wagnerismo, ma l’intero mondo della cultura e del costume nella seconda metà dell’Ottocento.
Per comprendere che cosa Wagner pensasse dell’Italia, e soprattutto della musica italiana, è molto utile conoscere l’affascinante successione dei suoi viaggi nel nostro paese e, soprattutto, quegli scritti riguardanti Bellini, Rossini, Spontini etc. che ci illuminano sulla sua concezione del dramma musicale.
Wagner fu per ben nove volte in Italia (dal 1852 al 1868) visitando le città musicali del suo tempo e alcuni luoghi turistici di grande richiamo: durante questi viaggi maturò progetti artistici e trovò ispirazione per alcuni lavori già delineati, e con letture di classici e di opere storiografiche approfondì in modo singolare la conoscenza dell’Italia.
Le sue impressioni sui luoghi visitati e le vicende umane e artistiche che egli ebbe a contatto con la vita musicale e con quella di ogni giorno sul suolo italiano, sono stupendamente testimoniate dai diari e dagli scritti autobiografici che qui vengono commentati e narrati per la prima volta in una sintesi organica.
La diffusione dei drammi wagneriani attuatasi nella seconda metà dell ’Ottocento in Europa accese, come si sa, soprattutto in Francia e in Italia tutta una catena di reazioni polemiche: vi presero parte la critica e il mondo culturale in genere, ma anche il pubblico di quel teatro d’opera che ormai da secoli era ancorato alla tradizione melodrammatica, sia sotto il profilo drammaturgico che della concezione melodica e della vocalità.
In realtà, nell’Italia dell’Ottocento il teatro d’opera vanta una posizione preminente nel costume culturale di ogni città: i grandi ma anche i piccoli centri alimentano un’attività teatrale a cui partecipano pubblici ormai assuefatti soltanto ai grandi modelli di Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi. «Se dovessi comporre un’opera di mio gusto – scrive Wagner – la gente fuggirebbe; non vi troverebbe né arie, ne’ duetti, né terzetti, né tutta quella roba che oggi serve a mettere insieme un’opera. Per la mia non ci sarebbero cantanti disposti ad eseguirla, ne’ un pubblico che volesse ascoltarla». Questa dichiarazione di Wagner è significativa per comprendere i propositi rivoluzionari della sua concezione drammaturgica e melodrammatica che si imporrà all’Europa musicale, scatenando polemiche tali da coinvolgere addirittura sul piano ideologico-nazionalistico vasti strati della cultura (si pensi al fiasco del Lohengrin in Francia e gli schieramenti parigini fra antiwagneriani e wagneriani, con Baudelaire tra questi ultimi).[…]”

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