Storie Filippiche – Epitome da Pompeo Trogo
Autore/i: Giustino
Editore: Rusconi
prima edizione, a cura di Luigi Santi Amantini, carte geografiche di Riccardo Orsolano, in sovracoperta: Moneta (tetradracma) di Filippo II di Macedonia.
pp. 644, XVI tavv. Milano
Singolari possono certamente dirsi la sorte di quest’opera e il modo in cui essa è giunta alla nostra conoscenza.
Le Storie Filippiche erano una vasta storia universale in quarantaquattro libri, che spaziava dall’Oriente (Assiri, Medi e Persiani, Egizi, Sciti, Indiani al tempo di Alessandro Magno, Parti) fino all’Occidente iberico, anche se trattava soprattutto di storia greca e specialmente ellenistica, riservando a Roma uno spazio assai ristretto. Scritta in età tiberiana (secondo altri, augustea) da Pompeo Trogo, autore originario della Gallia e appartenente a una famiglia che da tre generazioni aveva ricevuto la cittadinanza romana, questa storia universale non sopravvisse al naufragio in cui scomparve tanta parte della letteratura classica ed andò interamente perduta: pochissimi sono Ì frammenti sicuramente originali che ancora possiamo leggerne.
Tuttavia, in un certo senso, è proprio questa la prima storia universale antica di cui possiamo affermare di conoscere con esattezza il disegno complessivo ed, entro certi limiti, la distribuzione della materia e il contenuto. Infatti, delle Storie Filippiche di Pompeo Trogo fu redatto un compendio, che godette di larghissima fortuna durante il Medioevo e che numerosi codici ci hanno integralmente conservato. La data di composizione di quest’epitome rimane, peraltro, incerta; del suo autore (personaggio altrimenti ignoto) sappiamo soltanto il nome: Giustino.
Alcuni codici, poi, contengono anche brevissimi riassunti di ogni libro (Ì cosiddetti prologi), che non si possono attribuire né a Giustino né, tanto meno, a Pompeo Trogo. È innegabile che una parte almeno della curiosità suscitata nel lettore moderno da tale opera derivi appunto dall’alone di oscurità e di mistero che l’avvolge: un destino parzialmente analogo a questo toccò (nel campo della storiografia) soltanto alla Storia romana di Cassio Dione, della quale si hanno i riassunti dei bizantini Giovanni Xifilino e Giovanni Zonara (oltre, però, al testo originale dei libri XXXVI-LX e di gran parte dei libri LXXIX e LXXX).
Ma non sono unicamente le vicende esterne, pur così inconsuete, subite dall’opera, che attirano su di essa l’interesse del lettore di oggi, e non soltanto dello specialista. Ciò che più importa è che ci troviamo di fronte alla più antica opera di storia greca ed ellenistica scritta in latino, per lettori romani: eppure (inaspettatamente) essa è percorsa da un insolito spirito critico proprio nei confronti dell’Urbe (causa, questa, certamente non ultima della scomparsa del testo originale). L’epitome, poi, fu compilata con intenti dichiaratamente aneddotici e moralistici, tanto da incontrare l’apprezzamento di uno scrittore cristiano come Orosio (che largamente se ne servì nel comporre le sue Storie contro i pagani) e da esser largamente diffusa (quasi un “best seller”) nel Medioevo: sicché essa interessa anche lo studioso della cultura tardo-antica e dell età di mezzo. Ma soprattutto quest’epitome, a causa della perdita (totale o parziale) di molte opere di storici greci e latini, è la sola fonte letteraria che sia rimasta a informarci (sia pure non senza gravi limiti) su tanti momenti, anche importanti, della storia antica, specialmente ellenistica.
Argomenti: Libri vari,