Storia Sociale della Musica
Autore/i: Raynor Henry
Editore: Il Saggiatore
prefazione di Ettore Napoli, introduzione dell’autore, traduzione di Cristina Petri e Ettore Napoli.
pp. XII-702, Milano
Dall’Introdnzione di Henry Raynor:
«Questo libro è un tentativo di colmare il vuoto esistente tra la tradizionale e indispensabile storia della musica, interessata alle trasformazioni degli stili musicali, e la storia generale del mondo nel quale i compositori hanno agito.
Haydn è morto nel 1809, dopo una vita trascorsa all’interno di un sistema rimasto immutato sin da quando alla musica era stata riconosciuta una necessità sociale: Beethoven, scomparso diciotto anni dopo, è vissuto come vive un compositore di oggi, con i proventi delle sue opere in un mercato libero. E questo il mutamento che il libro si prefigge di mettere in luce, a partire dall’istituzione all’interno della chiesa cristiana dei primi organismi musicali, la cui attività sia chiaramente documentabile. Si parla anche delle diverse funzioni avute dai musicisti legati alla chiesa, della collocazione della musica nelle corti rinascimentali e della Germania e dell’Austria .
nel XVIII secolo, mettendo l’accento sulla diffusione della produzione del compositore grazie all’invenzione della stampa ed alla proliferazione di organizzazioni di musicisti dilettanti, con conseguente incremento dell’editoria musicale e graduale formazione di un’audience internazionale.
Nel libro si cerca di seguire queste trasformazioni sino a quando, in concomitanza con gli esiti sociali e politici delle guerre napoleoniche, il compositore da umile dipendente qual era – con il vantaggio di essere a stretto contatto con un pubblico per il quale la musica era una necessità – non è diventato libero professionista, con una vita per forza di cose incerta. La rivoluzione alla fine del XVIII secolo e la Restaurazione, con i conseguenti sconvolgimenti sociali e politici dell’Europa, hanno privato il musicista, e il compositore in particolare, di un ruolo e di una funzione precisi, riconosciuti dalla società; purtroppo, è sembrato che il mondo potesse fare a meno di lui. Venutogli a mancare un pubblico, per attirare l’attenzione ha dovuto sfidare i «grandi maestri», comporre musica più «grande» della loro e andare a «cercarsi» gli spettacoli e gli ascoltatori nei teatri e nelle sale da concerto; le orchestre ed i cori dovevano assumere dimensioni sempre più ampie ed esibirsi in ambienti appositamente costruiti per accogliere migliaia di persone. Nello stesso tempo, le trasformazioni musicali e sociali hanno dato vita ad una particolare forma di musica «leggera», che ha tolto al compositore «serio» la sua tradizionale funzione di autore di musica di intrattenimento; così, il solco tra lui ed il pubblico si è allargato, costringendolo a concentrarsi su stati d’animo travolgenti ed emozioni dolorose.
Con il declino del sentimento religioso e con la propensione dell’artista quasi esclusivamente verso il tragico, i musicisti profondi e «seri», come Berlioz e Wagner, hanno cominciato a trovare nell’arte, e nella musica in particolare, l’unica fonte sicura di valori spirituali. E questo il percorso che qui si cerca di seguire, sino al XX secolo, alla luce delle pressioni sociali e politiche esercitate sul compositore, fino a che il modello della società e della cultura europei non è stato spazzato via da due conflitti mondiali, una Rivoluzione, la costante disumanizzazione del vivere sociale, in una età caratterizzata dalla pubblicità, dalla produzione industriale e dalle comunicazioni di massa.»
Henry Raynor è nato in Inghilterra nel 1917. Docente nelle Università di Londra e del Surrey, ha collaborato al «Times» dal 1958 al 1971.
È autore di numerose opere, fra cui The Life and Works of Haydn (1961), Mahler. A Biography (1975), Mozart (1978), The Orchestra (1978), Music in England (1980).
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