Storia dell’Harem – Verità e Splendori, Vizi e Quotidianità
Autore/i: Mandel Gabriele
Editore: Rusconi
prima edizione, premessa dell’autore, in sovracoperta: Jean-Jules-Antoine Lecomte de Nouy, La schiava bianca, 1888, olio su tela, Nantes, Musée des Beaux-Arts.
pp. 252, nn. fotografie e 1 cartina b/n f.t., cartine b/n, Milano
L’Harem musulmano di Istanbul fu modello di vita, d’arte e di potere, cuore del vasto impero ottomano e luogo in cui si legarono e si sciolsero le sorti storiche, dell’Asia, dell’Africa… e dell’Europa fra XV e XVIII secolo. Gli Orientalisti ne descrissero il fascino, i Simbolisti ne fantasticarono i piaceri, i Politicanti europei ne esecrarono gli intrighi. Esso trova qui finalmente il suo vero volto storico.
Lungo il corso dei secoli l’Europa ha favoleggiato degli harem musulmani, primo fra tutti, ed esempio supremo, quello di Istànbul, il più noto e senza dubbio il più importante.
Signori assoluti del vasto impero turco, i sultani (a cominciare da Osman I, fondatore della dinastia ottomana) non di rado sposarono donne straniere, non musulmane, sino a che Maometto II il Conquistatore tronco la pratica dei matrimoni e istituì l’harem imperiale, popolato di schiave di varie nazionalità, fra le quali il sultano sceglieva le proprie donne e le favorite. In tale popolazione femminile emerse la validè, la madre del successore del sultano che l’aveva preferita. Oltre a gestire tutti i movimenti dell’harem, la validè assumeva la reggenza quando suo figlio succedeva al trono ancora bambino diventando pressoché arbitra del governo dell’Impero.
Nell’harem vivevano anche tutti i figli delle altre donne del sultano, i quali potevano essere confinati nel kafes, la «gabbia» dorata che doveva renderli innocui nei confronti del fratello o del fratellastro regnante.
L’harem, «luogo proibito, sacro, inviolabile», fu una realtà incomprensibile al di fuori dell’avvicendarsi di eventi che animarono la storia dei Turchi Ottomani, e della tradizione islamica della casa e della famiglia. Luogo di lusso e di agi, talvolta di dissolutezze, mai però tali da giustificare le fantasiose invenzioni di antichi viaggiatori e di contemporanei cineasti, ma soprattutto centro di potere, di educazione al potere e anche di clamorosi scontri in talune occasioni di successione al trono. Di tale complessa realtà Gabriele Mandel è esperto interprete in questo libro che, fra l’altro, offre una vera gemma: l’elenco completo delle validè, delle donne e dei figli dei sultani ottomani.
Gabriele Mandel Vicario generale (khalyfa) dei Sufi Jerrahi-Halveti in Italia. Laurea Honoris Causa in Scienze Islamiche dell’Università Statale di Konya (Turchia). Membro fondatore del Direttivo dell’Università Internazionale Islamica Ibn Roshd di Córdoba (Spagna).
Direttore della Facoltà di Psicologia dell’Università Europea del Lavoro di Bruxelles.
Già docente della Facoltà di Architettura di Torino, e all’Università Iulm di Milano, quale direttore di Istituto. Artista versatile, l’European Who’s Who lo cita come il «più importante ceramista islamico contemporaneo».
Espositore alla Biennale di Venezia, ha tenuto mostre personali in numerosi musei del mondo.
Autore di parecchi volumi, presso Rusconi ha pubblicato anche Il corano senza segreti (1991) e Storia del Sufismo (1995).
Argomenti: Eros, Erotismo, Medio Oriente, Orientalistica, Oriente, Sessualità, Storia, Storia dei Costumi, Storia dei Popoli, Storia del Pensiero, Universo Femminile,