Preistoria del Potere
Il fiume dispotico e la pioggia democratica
Autore/i: Pasquarelli Gianni
Editore: Rusconi
prefazione di Gianni Granzotto.
pp. 196, Milano
Chi legge questo libro non deve soffrire di vertigini. Preso per mano dall’autore, si troverà condotto sull’orlo di un precipizio di così immensa, sconfinata profondità da restarne sbigottito. E sarà invitato a sporgersi su di esso, a guardarvi dentro. Dovrà farsi forza per non cedere alla voragine. Ma ne resterà affascinato: da non staccarsene più.
Di che abisso dunque si tratta? Lo dice il titolo del libro, con il segnale di rotta verso la preistoria. Stiamo davanti al baratro di decine di migliaia di anni che furono vissuti prima di noi, alla ricerca delle tracce di questa vita. Essa si è svolta al di là d’ogni memoria d’uomo, ma“pur sempre nell’arco dell’esistenza del genere umano, cui apparteniamo; quindi della vita di uomini come noi, che come noi amarono, soffrirono, sperarono, provarono il timore e l’ardimento, la gioia e il dolore. Possiamo esplorare questo abisso del passato?
Gianni Pasquarelli con il suo libro dice di sì, e ci indica come. Va alla scoperta della preistoria tuffandosi nel tempo allo stesso modo di un esploratore che si inoltra nello spazio. È un’avventura, alla quale partecipiamo. E poichè si tratta dell’uomo è una “nostra avventura”, siamo noi stessi gli esploratori e gli esplorati…!
Seguendo il discorso di Pasquarelli – un discorso appassionato e oggettivo, ricco di fantasia e di realtà, com’è l’impasto della vita in ogni tempo lontano e vicino – gli uomini del paleolitico erano, in sostanza, felici.
Più felici di noi. Non è vero, sostiene Pasquarelli, che la loro vita fosse «brutta, bestiale e breve» come la descrive Hobbes. Breve sì, calcolata con tutto ciò che comporta anche di positivo la grande sferza della selezione naturale. Ma non animalesca, non brutta, non afflitta né triste. Nell’uomo paleolitico Pasquarelli vede piuttosto il buon selvaggio che il bestione. La vita dell’uomo, dopo che uomo è diventato, non può più essere disumana… Non tutto, naturalmente, era soffuso di felicità. Si dovevano sempre superare lotte, rischi, avventure e sventure. Non si viveva in paradiso. Ma l’esistenza aveva confini più naturali, e dimensioni più umane di quel che divenne dopo d’allora. Si lavorava meno: una ventina d’ore la settimana, spese nella caccia e nella preparazione degli attrezzi.
C’era più tempo libero. Lo si consumava in lunghe conversazioni, storie leggendarie, racconti… Non c’era il potere. Non era necessario, poiché se si è in pochi si può vivere senza potere mentre non si può prescinderne se si è in molti. Nell’età paleolitica non c’era uno stato, non c’era una classe dominante essendo tutti appartenenti alla medesima classe. Non c’era schiavitù. Tutto questo non poneva nemmeno il problema della scelta della libertà: il mondo di quell’evo lontano non poteva essere diverso da quello che era. Ci sentiamo di invidiarlo? Nel fondo del nostro animo forse sì. Ma non vorremmo, non vorremmo mai che anche per noi la risposta fosse identica: che il mondo del nostro evo, il mondo in cui viviamo, non possa essere diverso da quello che è. La lezione del libro di Pasquarelli, con la sua immagine del fiume dispotico e della pioggia democratica, è tutta qui, nella logica di centomila anni di vita dell’uomo. (Dalla Prefazione di Gianni Granzotto)
Gianni Pasquarelli, nato a Gualdo Tadino nel 1928, ha scritto per giornali e periodici. Dopo aver commentato per alcuni anni alla TV gli avvenimenti economici e sindacali, ha diretto il quotidiano «Il Popolo» ed è stato vice direttore generale della Rai. Attualmente dirige un’azienda del settore pubblico. Ha scritto: Che cos’è questo denaro? (1972); con Germano Palmieri, L’abc dell’economista pratico (1974); Catechismo economico (1975); C’è il capitalismo in Italia? (1979).
Argomenti: Popoli Primitivi, Preistoria,