Pregare
«Non si può dire tutta la verità; e tantomeno viverla. Perché se dici tutta la verità, il minimo che ti capita è di essere giudicato folle; e se non la dici, è certo che non sei creduto. Così ogni giorno torno a casa sconfitto. Eppure non mi resta che pregare. E pregare in ogni tempo.»
Autore/i: Turoldo David Maria
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
seconda edizione, premessa di Espedito D’Agostini.
pp. 168, Milano
«Siamo capaci di andare sulla luna; possiamo disporre di ogni tipo di scoperta, anche della più sofisticata che si possa pensare; stiamo andando a marce forzate verso l’unità del mondo, anche se non sappiamo di quale unità possiamo sentirci orgogliosi oppure oppressi: sarà un mondo di liberi o di schiavi?
Tempi di infinite audacie, ma insieme di altrettante infinite viltà. Tempi di sbocchi imprevedibili. Perfino difficile è dire se ci sarà un avvenire; anche se alcuni si dicono certi (almeno quanti hanno una fede) che ci sarà comunque un futuro… Ora, è su questo sfondo che non possiamo fare nulla di meglio che inserire il discorso della preghiera come atto liberatorio e salvifico, come garanzia di umanità, come realizzazione della vera dimensione umana. Io credo, ad esempio, che l’uomo non può realizzarsi senza preghiera… Non preghiera per ottenere la salute, per avere successo nella vita; non preghiera per mutare il corso delle cose (anche: ma nel disegno di lui, secondo che si faccia la sua volontà come in cielo così sulla terra). Non preghiera per vincere o perdere, per vivere o sopravvivere, ma preghiera per attraversare tutte le cose con altro spirito, cioè con lo stesso spirito di Dio; preghiera per ottenere questo spirito e comunicarlo a tutte le creature: appunto, perché si compia il suo disegno, perché venga il suo regno, perché si realizzi nell’avvenire del mondo il futuro di Dio.»
Così scrive Turoldo nel primo dei saggi che aprono questa nuova edizione ampliata di preghiere e di saggi sulla preghiera pubblicata da Servitium nel 2001. Pregare è come respirare: riassume in sé paura, trepidazione, sdegno, gioia, sentimenti individuali che si aprono agli altri e diventano universali. Solo così l’uomo realizza la sua triplice dimensione che è insieme cosmica, comunitaria, divina.
David Maria Turoldo, nato a Coderno, in Friuli, nel 1916, fu frate dei Servi di Maria. Di origini contadine, si laureò in filosofia alla Cattolica di Milano con una tesi intitolata Per una ontologia dell’uomo discussa con Gustavo Bontadini. Visse in diversi luoghi d’Italia e del mondo, ma la sua città d’elezione fu senza dubbio Milano, dove fondò con padre Camillo De Piaz la «Corsia dei Servi», partecipò alla resistenza antifascista con il gruppo de «L’Uomo» e tenne la predicazione domenicale in duomo dal 1943 al 1953. Nel 1948 uscì la sua prima raccolta poetica, Io non ho mani, che segnò l’inizio di una produzione lirica giunta fino all’anno della sua morte, il 1992, con Mie notti con Qoelet. Scrittore di saggi e di libri di spiritualità, collaboratore di giornali e riviste, regista cinematografico con Gli ultimi, Turoldo ebbe a giocare un ruolo importante anche dal punto di vista politico e sociale, non senza incorrere in incomprensioni e scontri con l’autorità ecclesiastica, e nei conseguenti provvedimenti punitivi il Concilio Vaticano II fu per lui di un’importanza difficilmente sopravvalutabile, al punto che decise di andare a vivere nel paese natale di papa Giovanni XXlll, Sotto il Monte. Gli ultimi anni, oltre a essere segnati dal dramma della lotta contro la malattia e dalla più alta produzione poetica, costituirono per Turoldo un nuovo, più sereno rapporto con la chiesa, di cui furono segni eloquenti la rinnovata chiamata a predicare nel duomo di Milano da parte del cardinal Martini e l’assegnazione del Premio Lazzati da parte della Fondazione Ambrosianeum. Padre Turoldo morì a Milano il 6 febbraio 1992.
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