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Poesie Zen

Poesie Zen

Nella voce lirica dei «maestri» cinesi e giapponesi rivive il misterioso fascino dell’Estremo Oriente lungo la strada che porta all’«illuminazione»

Autore/i: Autori vari

Editore: Newton Compton Editori

a cura di Lucien Stryk e Takashi Ikemoto, premessa e introduzione di Lucien Stryk, traduzione di Adriana Ziffer Gallo.

pp. 128, nn. ill. b/n, Roma

Questa antologia presenta i testi più importanti della poesia Zen, coprendo un arco di quasi millecinquecento anni dagli antichi maestri cinesi e giapponesi al contemporaneo Shinkichi Takahashi. I maestri dello Zen, nato nell’antica Cina dalla dinastia T’ang come prodotto del Buddismo e del Taoismo, nell’adozione di una disciplina caratterizzata da una rigorosa ispirazione filosofico-religiosa, furono monaci o laici e s’imposero prima di tutto come guide religiose, ma furono anche poeti. Nel verso trovarono infatti realizzata l’essenza della loro dottrina, raggiungendo il «Koan», cioè il punto focale della meditazione; la poesia tende così ad indicare al lettore-discepolo la via verso l’«illuminazione» per la «liberazione» dalla morte, sviluppando il «teisho» dei maestri ovvero il sermone tramandato ai posteri. L’espressione più eccelsa della poesia Zen e senz’altro l’«haiku», per il quale il maestro giapponese è portato ad usare il minor numero di parole, in un familiare rapporto intimo con la natura: l’arte del poeta riesce qui ad evidenziare con la più elementare semplicità la profondità del pensiero dominante, che ora è «sabi» (isolamento) e «wabi» (povertà), ora e «amare» (instabilità) e «yugen» (mistero). Vi si riscontra uno stile assai simile ai sonetti inglesi del periodo elisabettiano, con il particolare però veramente inimitabile di realizzare il raggiungimento dello stato di «muga», cioè l’identificazione così stretta del lettore con l’oggetto meditato che lo stesso instabile atto del pensiero finisce per scomparire.
È l’intuizione lirica, in ultima analisi, quella che s’impone; da un lato come poesia della sopravvivenza in tutta la sua lezione morale, dall’altro come espressione drammatica dell’insondabile vuoto dello Zen.

«Zen significa offrire qualcosa e offrire spontaneamente. La gente non può assolutamente pensare d’impadronirsene»: in queste parole del maestro Taigan Takayama è il significato profondo di questa antichissima poesia, un attimo lirico d’intensa ricchezza spirituale, che passa attraverso il tempo e lo spazio, inafferrabile, verso un infinito che è, nello stesso tempo, segno di «illuminazione» e di «morte».

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