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Poesia d’Amore Indiana – Nuvolo Messaggero, Centuria d’Amore, le Stanze dell’Amor Furtivo

Poesia d’Amore Indiana – Nuvolo Messaggero, Centuria d’Amore, le Stanze dell’Amor Furtivo

Autore/i: Kālidāsa; Amaruka; Bilhaṇa

Editore: Marsilio Editori

a cura di Giuliano Boccali, traduzioni dal sanscrito e commenti di Giuliano Boccali e Daniela Rossella, collana: Letteratura universale / IL GANGE, in copertina: Khajuraho, tempio di Pārśvanātha, coppia di sposi divini (Lakṣmī e Viṣṇu), particolare.

pp. 232, Venezia

«Oggi ancora, lei, sciolti i nodi della chioma intrecciata, ricaduta la ghirlanda, le labbra dolci d’un riso celeste… nel segreto, eccitati gli sguardi, ricordo»

Per la prima volta in una lingua occidentale sono riuniti in questo volume i tre capolavori della poesia d’amore indiana classica, non meno coinvolgenti e raffinati delle coppie di amanti divini che abitano i templi dell’India:
Nuvolo messaggero di Kālidāsa, lungo canto di struggente nostalgia. Il canto dell’esule sopraffatto dalla solitudine che osa affidare a una nube il messaggio per la sposa irraggiungibile e adorata.
Centuria d’amore di Amaruka, raccolta di strofe indipendenti e con protagonisti diversi, dove la sensibilità squisita del poeta è rivolta soprattutto alle emozioni dei personaggi femminili.
Le stanze dell’amor furtivo attribuite a Bilhan.a e indissolubilmente legate a una felice leggenda. In segreto, il poeta ama ricambiato la figlia del re, ma è scoperto e condannato a morte. Prima dell’esecuzione gli è concesso parlare: improvvisa allora le «stanze» che gli salvano la vita e gli valgono le nozze con la principessa amata. E questo è forse il messaggio che, con toni diversi, unisce le tre opere: amare, e rievocare poeticamente il proprio amore, è l’unica via che permette di «salvarsi» la vita e di realizzare interamente il proprio destino.

Kālidāsa (IV-V secolo d.C.) vive probabilmente a Ujjain alla corte degli imperatori Gupta, nel periodo d oro dell’arte e della cultura indiana antica. Di Amaruka (forse vii sec.) invece nulla sappiamo, mentre Bilhana (XI-XII sec.) dal natio Kashmir raggiunge l’India del Sud dove è protetto dal potente sovrano Cālukya che regna sul Deccan.
Ma se le notizie obiettive sui tre autori – quando vi sono – restano esigue, come sovente accade in India, e di fatto ricavate dagli scritti, inconfondibile e inimitabile è il timbro delle loro opere. Pur diversissime l’una dall’altra, ciascuna sa infatti evocare ogni aspetto dell’esperienza d’amore: l’incanto del sentimento che nasce, la festa del sesso, il desiderio nostalgico, la gelosia o la perfidia del tradimento, la confidenza dei gesti teneri d’ogni giorno.

Giuliano Boccali ha insegnato per oltre quarant’anni indologia e sanscrito all’Università degli Studi di Milano e a Ca’ Foscari Venezia. Autore di saggi critici e di traduzioni dei maggiori poeti indiani antichi dal ii al xii secolo d.C., studia in particolare la formazione della letteratura d’arte, la poesia, l’estetica dell’India classica e medievale. Per Marsilio ha curato Poesia indiana classica (con Siegfried Lienhard) e Poesia d’amore indiana. È presidente onorario dell’Associazione italiana di studi sanscriti (aiss) e collaboratore del supplemento domenicale del «Sole 24 Ore».

Daniela Rossella milanese di studi e dottore di ricerca presso l’Università di Roma «La Sapienza», insegna Indologia e Storia delle Religioni all’Università di Potenza. Studia da oltre vent’anni la letteratura classica dell’India, in particolare la poesia, la trattatistica retorica e teatrale e alcuni aspetti della religione devozionale. Le si devono numerosi saggi in proposito, oltre a traduzioni dal sanscrito di celebri opere come – in questa stessa collana – l’episodio di Shakuntalā dal Mahābhārata.

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