Pilato
Autore/i: Gurgo Ottorino
Editore: Rusconi
prima edizione.
pp. 192, nn. tavv. b/n f.t., Milano
Nella cronaca della conquista romana Ponzio Pilato è una figura comune di funzionario che la storia avrebbe dimenticato se egli non avesse governato la Giudea negli anni 26-36 e perciò non fosse stato chiamato a decidere la morte di Gesù Cristo. Questa circostanza, che è l’unico dato storico non controverso su Pilato, ha trasformato un uomo in personaggio e simbolo, in personificazione del cinismo pavido e opportunista.
La curiosità storica non rinuncia però a scavare lo stereotipo per ricostruire un ritratto che almeno si avvicini alle reali fattezze dell’uomo. Ottorino Gurgo tenta questa strada percorrendo due solchi. Una prima traccia è segnata dalle testimonianze contemporanee o della prima tradizione cristiana, dalle quali esce una figura contraddittoria di Pilato. Il romano, Agrippa I, suo superiore diretto, e l’ebreo Filone di Alessandria concordano nel definirlo «inflessibile, ostinato e intransigente», visceralmente ostile ai giudei che con la loro caparbietà religiosa rappresentano ai suoi occhi un pericolo per l’esistenza dell’impero romano. Sorprende invece la testimonianza dell’apologeta cristiano Tertulliano, per il quale Pilato aveva recepito nell’animo il messaggio cristiano; la Chiesa cristiana copta giunse addirittura a elevarlo all’onore degli altari, forse perché egli fu lo strumento provvidenziale della Redenzione.
Più suggestiva appare la traccia che guida a ricostruire le varie fasi della vita di Pilato e del suo ufficio di procuratore di Roma in Giudea attraverso l’indagine degli umori e delle trame su cui la sua vita si intessé, e soprattutto attraverso l’analisi del fatale processo a Gesù Cristo che lo vide protagonista. Un uomo che avanza una domanda quale: “Che cos’è la verità?”, suggerisce una persona tormentata e travagliata. Pilato identificò un nuovo Dio nel prigioniero per il quale gli si chiedeva la condanna capitale? Il nuovo Dio che avrebbe seppellito per sempre i vecchi dèi, dei quali tuttavia egli avrebbe dovuto difendere la sopravvivenza? Ma anche i giudei, i loro capi, il Sinedrio, il sommo sacerdote Caifa e l’onnipotente suo suocero Anna, difendevano un Dio che Roma non poteva accettare, ma nel cui nome, paradossalmente, Cristo doveva morire come suo bestemmiatore.
Il libro di Gurgo, perciò, non delinea soltanto il ritratto di un uomo-personaggio, ma propone l’affresco di una vicenda che segnò le sorti dell’umanità.
Pensieri vaghi, ma tormentosi, assalivano il procuratore e, più che pensieri, immagini, sensazioni, che gli davano un leggero senso di stordimento. Per tutta la vita aveva creduto in due cose soltanto: la potenza di Roma di cui anche gli dèi erano strumenti, e la sua personale ambizione di carriera e di successo. Ma l’una e l’altra delle sue fedi erano scosse e uno scetticismo disperato s’era impadronito di lui, alimentato dal rancore e dall’incomprensione per quei sudditi giudei con i quali da troppo tempo si sentiva costretto a convivere. Quel Nazareno dallo sguardo febbrile, così parco di parole, ma che quando parlava assumeva la dignità di un dio, lo turbava proprio perché intaccava la solida corazza del suo scetticismo e, irrazionalmente, lo obbligava a mettere in discussione convincimenti radicati, lasciandogli intravedere scenari che lo attraevano e lo sgomentavano allo stesso tempo.
Ottorino Gurgo è nato a Napoli nel 1940 e vive a Roma dove, a diciotto anni, ha cominciato l’attività giornalistica. Giornalista parlamentare, è stato per dieci anni notista politico del «Giornale», al fianco di Indro Montanelli, ed è ora capo della redazione romana e editorialista del «Mattino» di Napoli. È autore di due saggi: Vietnam controrapporto (1967) e Perchè i Kennedy muoiono (1968), e della biografia Celestino V. Il fascino e le ragioni del gran rifiuto al potere (1982).
Argomenti: Antica Roma, Biografie, Cristianesimo, Gesù Cristo, Profeta, Storia del Cristianesimo, Storia di Roma Antica,