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Pierre Drieu la Rochelle – Diario 1939-1945

Pierre Drieu la Rochelle – Diario 1939-1945

Titolo originale: Journal 1939-1945

Autore/i: La Rochelle Pierre Drieu

Editore: Società Editrice Il Mulino

introduzione di Julien Hervier, collana: Storia/Memoria.

pp. 506, Bologna

Pierre Drieu la Rochelle: nato da una famiglia normanna della piccola borghesia e di idee nazionaliste, residente nel XVII arrondissement di Parigi e straziata dai problemi coniugali ed economici, Drieu La Rochelle studia alla École Libre des Sciences Politiques (Libera scuola di scienze politiche). È bocciato all’esame finale e, sentendosi preclusa la carriera diplomatica che sognava di intraprendere, pensa per la prima volta al suicidio, tentazione costante durante la sua vita. Nel 1914 parte per il fronte; esce traumatizzato dalla esperienza della Prima guerra mondiale e ne trae ispirazione per scrivere la raccolta di novelle La comédie de Charleroi, che sarà pubblicata nel 1934.

Nel 1917 sposa Colette Jéramec, sorella di André Jéramec, suo migliore amico, dalla quale divorzia nel 1921. Sempre nel 1917 la Nouvelle Revue Française pubblica Interrogation, il suo primo libro. Vicino ai surrealisti ed ai comunisti negli anni 1920, si interessa anche all’Action Française, senza aderire a nessuno di questi movimenti, e stringe amicizia con Louis Aragon. Si fa conoscere, nel 1922, con un saggio, Mesure de la France, e pubblica diversi romanzi. In quel periodo conosce la scrittrice argentina Victoria Ocampo, alla quale resterà sempre legato. Nel saggio Genève ou Moscou, nel 1928, prende posizioni filoeuropeiste, che lo portano ad avvicinarsi successivamente ad alcuni ambienti padronali, in particolar modo all’organizzazione Redressement français, diretta da Mercier, e poi a certe correnti del Partito radicale, alla fine degli anni 1920 e all’inizio degli anni 1930.
Nelle settimane che seguono le manifestazioni antiparlamentari fasciste del 6 febbraio 1934, collabora alla rivista La Lutte des Jeunes e si dichiara fascista, scorgendovi una soluzione alle proprie contraddizioni e un rimedio a ciò che considera la decadenza materialista delle società moderne. In ottobre, pubblica il saggio Socialisme fasciste e si colloca nel solco del primo socialismo francese, quello di Saint-Simon, Proudhon e Charles Fourier. Questa scelta intellettuale lo conduce ad aderire nel 1936 al Partito Popolare Francese, fondato da Jacques Doriot, e a diventare, fino alla sua rottura con il PPF all’inizio del 1939, editorialista della pubblicazione del movimento L’Émancipation Nationale; diventa così uno dei più importanti interpreti, in ambito letterario, del cosiddetto “socialismo fascista”, citato soprattutto nel saggio Fascismo immenso e rosso di Giano Accame. Contemporaneamente redige il suo romanzo più noto, Gilles.
Durante la Francia di Vichy diventa direttore della Nouvelle Revue Française (NRF), dal 1940 al 1943 e si schiera a favore di una politica di collaborazione con la Germania, che egli spera si metta alla testa di una sorta di “Internazionale fascista”. A partire dal 1943, disilluso, rivolge il suo impegno allo studio delle religioni orientali. In seguito allo sbarco in Normandia e la liberazione di Parigi nel 1944, rifiuta di rifugiarsi a Sigmaringen ed è costretto a nascondersi. Sarà aiutato da alcuni amici, tra cui André Malraux e l’ex moglie Colette Jéramec, ricercato dai gollisti: dopo due tentativi falliti di suicidio nell’agosto 1944, si uccide il 15 marzo 1945 staccando il tubo del gas e ingerendo una dose letale di fenobarbital. Nel 2012 entra nella “Bibliothèque de la Pléiade”, una delle collane più prestigiose del mondo, con la raccolta di Récits, Romans et Nouvelles.
Ricordiamo in traduzione italiana: Fuoco fatuo (Sugarco, 1979), I cani di paglia (Guanda, 1982), Racconto segreto (SE, 1986), Diario di un uomo tradito (Sellerio, 1992).

Il 9 settembre 1939, una settimana dopo l’inizio della guerra mondiale, Drieu comincia a tenere un diario; vi scriverà, pur con interruzioni, sino al 14 marzo 1945, poche ore prima del suicidio. Questo diario, che vede ora la luce dopo cinquant’anni, accompagna dunque per tutto il suo corso la grande crisi della guerra e ne reca testimonianza da una prospettiva cui siamo poco accostumati: la prospettiva dei vinti. Nelle sue pagine si compone la lenta cronaca di una fine, e sono scandite le tappe di una disfatta che è personale e collettiva. Furore e disincanto s’incontrano nell’oltranza negativa della riflessione di Drieu, che lega in un unico naufragio la propria carriera di “dandy” e di scrittore, la Francia della défaiete, quella di Vichy, la Germania nazista cui aveva fatto incarnare il proprio singolare “europeismo”: scicché in questo diario tragico e violento finisce per raffigurarsi la parabola di una generale crisi dell’Europa che oggi, a mezzo secolo di distanza, va acquistando una strana e inquietante attualità.

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Introduzione di Julien Hervier

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