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Piccolo Libro della Preghiera – Messa, Sacramenti, Preghiere, Rosario, Via Crucis, Litanie, Canti Scelti Tradizionali

Piccolo Libro della Preghiera – Messa, Sacramenti, Preghiere, Rosario, Via Crucis, Litanie, Canti Scelti Tradizionali

Preghiere Liturgiche anche in Versione Latina

Autore/i: Autori vari

Editore: Edizioni Piemme

a cura di P. Giustino Farnedi OSB e Francesco Massola, presentazione di P. Giustino Farnedi O.S.B., disegni Giorgio Stocco.

pp. 450, nn. ill. n.t., Casale Monferrato (AL)

Il Piccolo libro della preghiera risponde all’esigenza e al progetto di offrire a tutti i cristiani – sacerdoti, religiosi e laici, comunità o singoli – un sussidio completo della preghiera, e raccoglie: le preghiere classiche del mattino e della sera; la liturgia delle Ore della domenica: lodi, ora media, vespri, compieta; il canone, in italiano e in latino, della celebrazione eucaristica; le liturgie dei sacramenti del battesimo, della cresima, del matrimonio, dell’ordine e dell’unzione degli infermi; le esequie; la novena di Natale, la Via Crucis, la veglia di Pentecoste, le litanie del S. Cuore di Gesù; il rosario, le litanie della Madonna, preghiere a Maria; le litanie dei Santi, preghiera a S. Giuseppe e preghiere ad altri Santi; le preghiere per le varie necessità; i canti, le sequenze, gli inni con musica.

Redouté – 468 Acquarelli da «Les Liliacees»

Redouté – 468 Acquarelli da «Les Liliacees»

Titolo originale: A Redouté treasury – 468 watercolours from Les liliacées

Autore/i: Redouté Pierre Joseph

Editore: Editoriale Jaca Book

unica edizione, prefazione e cura di Augusto Pirola, testo di Peter e Frances Mallary, consulenti di Botanica Joan Waltermire e Linney Levin, traduzione di Giovanna Pirola e Augusto Pirola, collana: L’intenditore, in copertina: disegno di Marc Walter.

pp. 228, riccamente e interamente illustrato a colori, Milano

Pierre-Joseph Redouté, chiamato spesso «il Raffaello dei fiori», è il più famoso artista botanico della storia. Incaricato dall’imperatrice Giuseppina di registrare le piante e i fiori dei suoi ricchi giardini, Redouté iniziò il suo capolavoro nel 1802 – una raccolta di 486 squisiti acquarelli, dipinti su pergamena.
Le tavole provengono dagli acquarelli pubblicati in un’edizione di solo 200 copie. I disegni originali, con una copia del testo stampato, andarono, alla morte di Giuseppina, a suo figlio, Eugenio di Beauharnais, duca di Leuchtenberg da lui a un mercante d’arte e di libri negli anni ’30 e finalmente nel novembre 1985 arrivarono a Sotheby’s di New York. Con un’asta di appena due minuti, l’opera raggiunse l’incredibile prezzo di 5 milioni e mezzo di dollari, il prezzo più alto mai pagato in America per un libro e al decimo posto nella scala dei prezzi pagati per opere d’arte.
La presente edizione, contributo eccezionale alla storia dell’illustrazione botanica, riproduce tutti i 468 acquarelli rimasti de Les Liliacées riproponendo così ai posteri tutta la perfezione scientifica ed estetica degli originali.
Con grande delicatezza e precisione di dettagli Redouté ha riprodotto le forme e i colori non solo della famiglia dei gigli, ma anche di iris, amarilli, tulipani e inoltre di ananas e banane – piante molto difficili da essiccare e pressare per gli erbari – producendo così illustrazioni di inestimabile valore.
I dipinti di Redouté, che non sono stati eseguiti con un ordine particolare, per questo libro sono stati riorganizzati per generi e specie, con l’aggiunta di note botaniche. Le precede un saggio introduttivo sulla storia, la provenienza e le circostanze di quest’opera straordinaria.
La pubblicazione di questi dipinti, sorprendentemente rimasti intatti per 170 anni, che non sono stati ammirati quasi da nessuno, è un avvenimento che senza dubbio confermerà che Les Liliacées è uno dei più grandi libri con tavole a colori e che il suo creatore, Redouté, è il più grande illustratore di fiori mai esistito.

Peter Mallary vive nel Vermont e ha scritto numerosi libri sulle case e chiese della Nuova Inghilterra. Sua moglie, Frances Mallary, insegna ed è membro del Darthmouth College Library.
La presentazione dell’edizione italiana è opera del professor Augusto Pirola, docente di Botanica all’Università di Pavia, che ha considerato l’iniziativa di questa pubblicazione di straordinario interesse per studenti, studiosi ed appassionati italiani; molti, infatti, ne conta la botanica.

Francesco e la Povera Dama

Francesco e la Povera Dama

Chiara d’Assisi: il romanzo di una vita

Autore/i: Gigliozzi Giovanni

Editore: Newton Compton Editori

premessa dell’autore.

pp. 320, Roma

I fremiti dell’adolescenza, il palpito della vocazione, la luce della rivelazione e il rigore della santità nella biografia della più fervente compagna spirituale del poverello d’Assisi.

Questo libro racconta, con la tecnica del romanzo a più voci, la vita di Santa Chiara, una delle figure più rappresentative del cattolicesimo italiano. Dalla nascita, segnata da una premonizione materna che sembra anticiparne il futuro luminoso e particolarissimo, all’adolescenza sempre più marcata dai segni di un’apparente «diversità» dai coetanei, fino alla rivelazione, e poi lungo l’impervio cammino sulla strada della più rigorosa coerenza religiosa, l’autore ci fa rivivere, attraverso il racconto degli stessi personaggi, i momenti salienti della vita della compagna spirituale di San Francesco, al quale fu legata dalla stessa aspirazione ad una totale povertà che la portò a diventare un punto fermo della più alta spritualità cristiana. Tassello dopo tassello, monologo dopo monologo, si viene così chiarendo ai nostri occhi, in tutte le sue sfaccettature, non solo il mosaico di uno degli itinerari più limpidi ed esemplari verso la santità, ma al tempo stesso l’affresco di un mondo, quello medievale, così ricco di fermenti e contrasti. Una tale opera ha richiesto naturalmente all’autore un doppio sforzo, il primo di documentazione storica e socio-culturale, il secondo di ordine narrativo, difficoltà quest’ultima superata grazie ad una mirabile scorrevolezza stilistica e all’impiego di non comuni doti di penetrazione psicologica.

Giovanni Gigliozzi è nato a Roma. È stato per anni conduttore di trasmissioni radiofoniche di grande successo, come «Cara Rai», «Qui Radio 2», «In diretta dal Caffè Greco», «La carta parlante». Autore dai molteplici interessi, ha prestato a sua collaborazione a varie riviste ed ha scritto numerosi lavori teatrali. Nel 1958 ha vinto il Premio La Fiera Letteraria per il romanzo La moglie di S. Pietro.

Roma tra Due Secoli

Roma tra Due Secoli

Duelli, beffe, attentati dell’epoca umbertina

Autore/i: Antonioni Lelio

Editore: Edizioni Mediterranee

pp. 242, nn. tavv. b/n f.t., Roma

«[…] Con gli stessi intenti si pubblica oggi questo secondo libro, che rievoca anch’esso avvenimenti lieti o tristi, gioconde beffe della scapigliatura giornalistica del tempo, efferati e allucinanti delitti, attentati anarchici, donchisciottesche vertenze cavalleresche accanto a movimenti sociali turbolenti e {sanguinosi che scossero particolarmente il primo trentennio di Roma capitale e di quella degli inizi del secolo.[…]»

Lo Zen e le Arti Marziali

Lo Zen e le Arti Marziali

«Un libro che può cambiare la tua vita anche se non sei un guerriero». (Joe Hyams)

Autore/i: Hyams Joe

Editore: Edizioni Il Punto d’Incontro

traduzione di Sergio Orrao, titolo originale: Zen in the martial arts.

pp. 144, Vicenza

Dopo essere stato sotto la guida di maestri famosi, quali Ed Parker e Bruce Lee, Hyams racconta 30 anni di esperienza nella pratica delle arti marziali e rivela che l’applicazione quotidiana dei principi dello Zen non solo favorisce lo sviluppo delle abilità fisiche, ma può anche donare quella disciplina mentale che consente di controllare molti problemi personali e professionali. Padroneggiare il lato spirituale delle arti marziali può alterare significativamente la qualità della vita, arricchendo le relazioni con le persone e aiutando a utilizzare pienamente tutte le abilità di cui ogni individuo è dotato.

Joe Hyams ha cominciato a occuparsi di arti marziali nel 1952, quando è diventato uno dei primi studenti di kenpo-karate di Ed Parker. Ha poi praticato il jeet-kune-do con Bruce Lee e si è dedicato a otto diverse arti marziali. La sua carriera di scrittore è iniziata come corrispondente dell’esercito americano nel Pacifico del sud, durante la seconda guerra mondiale. Nel 1951 Joe ha cominciato a lavorare per il New York Herald Tribune e ben presto è divenuto redattore capo. Ha scritto inoltre sedici libri, di grande successo.

Ho Vinto il Trac

Ho Vinto il Trac

Autore/i: de Courberive Jean

Editore: Edizioni Paoline

seconda edizione, introduzione dell’autore, traduzione di A. Bernardini.

pp. 152, Roma

Cos’è il trac? Una varietà della timidezza una paura senza vergogna, un complesso d’inferiorità, insomma, caratterizzato da fenomeni fisico-psichici refrattari ad ogni ragionamento. Molti sono colti da questo sentimento ansioso soprattutto quando debbono affrontare il pubblico: attori, cantanti, conferenzieri, professori, studenti interrogati in classe o nell’attesa dell’esame, musicisti, persone che aspettano un colloquio e, perchè non dirlo signorine e giovani ai loro primi appuntamenti d’amore, Sembrerà paradossale, eppure molti artisti furono dei timidi. La Signora Bartet ha provato il trac fino al termine della sua lunga e brillante carriera teatrale. Cicerone fu un grande timido tantoché non riuscì a pronunciare il migliore discorso di tutta la sua lunga carriera    d’oratore: il «pro Milone».
Nei violinisti questo complesso ha un effetto li induce involontariamente ad elevare il suono del loro strumento per lo spasmo dei muscoli flessori dovuto appunto al trac; a chi parla tronca la parola e pare mozzi il fiato ingenerando un senso di costrizione toracica, epigastrica e laringea, congiunto ad una specie di vuoto mentale con evidenti analogie con la vertigine.
Di questo insolito tormento parla il De Courberive iniziando il suo discorso dal nervoso e dalla timidezza di cui il trac non è che una forma.
Ma la sua pagina si fa più lucida e interessante quando indica i mezzi per vincere questo seccante complesso d’inferiorità, di cui, per altro, e non solo a titolo d’incoraggiamento, valuta saggiamente tutti gli aspetti positivi. Non tutti, forse, sanno che a volte il trac crea la grande oratoria.
Certo, i mezzi che l’Autore suggerisce non sono esattamente quelli del vecchio artista che, soggetto a trac cronico, affrontava suo pubblico dicendogli (mentalmente s’intende) la parola di Cambronne e caricando poi come un soldato a cavallo, o il motto di Stendhal: «Il carattere della forza è di infischiarsi di tutto e di andare avanti». Egli si attiene ai dettami di una sana e provata igiene del corpo e dello spirito. E se è vero che le idee-forza abbiano una specie di magico potere (ricorda Filippo, l’eroe di Barrès, che collezionava le formule di energia per divenire un «audace»), è indubbio che nel cristianesimo –  pur prescindendo da insperati ausili ad esso solo possibili – c’è un incomparabile sistema di idee-forza che hanno sui timidi effetti sorprendenti.

Volevo Dirti che è Lei che Guarda Te – La Televisione Spiegata a un Bambino

Volevo Dirti che è Lei che Guarda Te – La Televisione Spiegata a un Bambino

Autore/i: Landi Paolo

Editore: Bompiani

introduzione di Beppe Grillo.

pp. 80, Milano

Una delle frasi fatte più difficili da smontare – spacciata per di più come ultimissima conquista pedagogica – è quella che sostiene di non lasciare mai un bambino da solo davanti alla tv. A pochissimi viene in mente che non è la sua integrità morale a preoccupare i responsabili dei palinsesti. È che la pubblicità esige che ci sia almeno la mamma con lui, o comunque un adulto con potere d’acquisto. È la tv che guarda noi, infatti: ci ha già fotografati, inseriti in fasce d’età, collocati in arre di reddito, raggruppati in categorie, dividi in serie, ripartiti in aree geografiche, codificati nei comportamenti, catalogati. I programmi? Deboli pretesti per sostenere i sempre più frequenti “stacchi” pubblicitari, le televendite, le promozioni, le sponsorizzazioni. In mezzo a questo vuoto di contenuto e a questo pieno di merci di ogni tipo, i bambini sono ostaggi di educatori e psicologi che tentano di giustificare strategie di marketing neppure troppo mascherate, delle quali diventano spesso inconsapevoli strumenti. Perché i bambini non hanno bisogno della televisione, è la televisione che ha bisogno di loro. Un libro chiaro, radicalmente contrario alla foresta degli schermi (della tv, del computer, dei videogiochi, dei telefonini) che ha invaso le camerette dei ragazzi e il salotto di casa. Un libro per tutti, ma soprattutto per genitori e maestri, che spiega limpidamente cos’è la tv, a chi serve, quali interessi rappresenta e perché bisogna aspettare che un bambino compia dodici anni prima di fargliela guardare.

Paolo Landi ha pubblicato Manuale per l’allevamento del piccolo consumatore (Einaudi, 2000), Il cinismo di massa (Sperling&Kupfer, 1994), Cosa c’entra l’AIDS con i maglioni? Cento lettere di amore-odio alla Benetton (Mondadori, 1993), Lo snobismo di massa (Lupetti, 1991). Un suo intervento è stato pubblicato nel volume collettivo Caro Enzensberger – Il futuro della televisione, a cura di Alberto Abruzzese (Lupoetti, 1994). È stato per qualche anno critico televisivo su vari settimanali. È docente a contratto al Polotecnico di Milano. Vive e lavora a Treviso.

Socialismo Anarchismo Sindacalismo

Socialismo Anarchismo Sindacalismo

Titolo originale: «Roads to Freedom: Socialism, Anarchism and Syndacalism»

Autore/i: Russell Bertrand

Editore: Longanesi & C.

presentazione di Mario Monti, nota introduttiva e prefazione dell’autore, traduzione di Camillo Pellizzi.

pp. 272, Milano

Russell è un critico spietato della forma attuale della società e al tempo stesso un compagno di strada non comodo per quelli che taluno ha definito i filistei del rivoluzionarismo; in ogni polemica lo si potrà accusare di tutto fuorché di insincerità. Socialismo, Anarchismo, Sindacalismo può esser definito l’esame di coscienza di un rivoluzionario. I rivolgimenti e le trasformazioni cui assistiamo nel nostro secolo seguono, in qualche parte, la traccia segnata dalle grandi utopie e profezie rivoluzionarie dell’ottocento. Queste idee maestre hanno cominciato a calarsi nella realtà, hanno raggiunto in più modi gli strati sotterranei della coscienza sociale e ne riemergono per mille vie, spesso con sussulti irregolari e deflagrazioni che fanno pensare a fenomeni sismici.

La Madonna di Civitavecchia – Lacrime e Messaggi

La Madonna di Civitavecchia – Lacrime e Messaggi

Autore/i: Ubodi Flavio

Editore: Edizioni Piemme

introduzione dell’autore.

pp. 112, nn. illustrazioni a colori f.t., Casale Monferrato (AL)

Una statuina della Madonna, proveniente da Medjugorje, comincia a lacrimare. Sono lacrime di sangue che impressionano l’opinione pubblica. Tutti ne parlano: emittenti televisive, giornali, settimanali… Se ne interessa anche molta stampa estera. Sono passati undici anni da quel 2 febbraio 1995, giomo della prima lacrimazione. Furono avviate indagini da parte della Magistratura di Civitavecchia, che non riscontrò inganni, e da parte di una Commissione Teologica Diocesana che riconobbe la “veridicità” del fatto e la sua inspiegabilità naturale. Un’inchiesta circostanziata ricostruisce l’evento attraverso l’esame dei documenti originali.

La Collezione Garnier Valletti

La Collezione Garnier Valletti

Dell’Istituto di Coltivazioni Arboree – Patrimonio Artistico dell’Università degli Studi di Milano

Autore/i: Autori vari

Editore: Università degli Studi di Milano

a cura di Graziella Buccellati, testi di: Renata Allio, Enrico Baldini, Tommaso Eccher, Marina Maniago, Grazia Zilorri, con una nota di Anna Marchi, coordinamento e direzione scientifica di Tommaso Eccher.

pp. 198, nn. ill. a colori e in b/n, Milano

…Penso che per molti, salvo la ristretta cerchia degli specialisti, il contenuto di questo volume costituirà una sorpresa: la medesima reazione d’altronde provata da quanti hanno avuto occasione di esaminare da vicino, dopo pazientissima opera di pulitura che ne è stata compiuta, qualcuno degli straordinari pezzi che compongono la collezione di frutti artificiali realizzata intorno al 1870 per la Scuola Superiore di Agricoltura dal piemontese Francesco Garnier Valletti, attualmente conservata presso l’Istituto di Coltivazioni Arboree della nostra Facoltà di Agraria e alla quale il volume è dedicato. Perfette imitazioni della natura (e di molte varietà nel frattempo estinte), i modelli di Garnier Valletti presentano, nel medesimo tempo, un rilevante interesse storico-scientifico, ampiamente approfondito nei testi che seguono, e una non meno rilevante attrattiva derivante dalla loro particolare fisionomia artistico-artigianale, che ne fa degli straordinari oggetti decorativi, opportunamente valorizzati nella ricca parte illustrativa. Nel ringraziare vivamente quanti a cominciare dal collega Tommaso Eccher, si sono fatti promotori della pubblicazione, realizzandola nei modi che tutti possono apprezzare, posso solo augurarmi che si determinino presto le condizioni perché un materiale di tale qualità possa essere esposto in condizioni degne e pienamente adeguate alla sua non comune importanza… (Paolo Mantegazza – Rettore dell’Università degli Studi di Milano)

In copertina: Francesco Garnier Valletti (1808-1889), Disegno con note autografe. Accademia di Agricoltura di Torino – Francesco Garnier Valletti, Modelli di mela, di pera e di nespole. Milano, Istituto di Coltivazione Arboree.

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  • Frutti da museo: gesso e cera al servizio di Pomona – Enrico Baldini
  • L’Europa di Francesco Garnier Valletti
  • Francesco Garnier Valletti: da artigiano a pomologo, una vita tra scienza ed arte nell’Europa dell’Ottocento – Tommaso Eccher
  • Cronologia a cura di Tommaso Eccher
  • La Collezione dell’Accademia di Agricoltura di Torino – Renata Allio
  • Inventario del Fondo Garnier Valletti dell’Accademia di Agricoltura di Torino – a cura di Marina Maniago e Grazia Zilorri
  • La Collezione di frutti artificiali dell’Istituto di Coltivazioni Arboree di Milano – Tommaso Eccher
  • Catalogazione dei modelli dell’Istituto di Coltivazioni Arboree di Milano – a cura di Tommaso Eccher e Grazia Zilorri

Il Colloquio in Psicologia Clinica e Sociale – Prospettive Teoriche e Applicative

Il Colloquio in Psicologia Clinica e Sociale – Prospettive Teoriche e Applicative

Autore/i: Autori vari

Editore: Franco Angeli Editore

quarta edizione, prefazione e cura di Assunto Quadrio e Valeria Ugazio, collana: Collana di Psicologia diretta da M. Cesa-Bianchi.

pp. 356, Milano

Il colloquio costituisce uno degli strumenti più utilizzati nell’ambito della prassi psicologica, ed in particolare in psicologia clinica e sociale. Le critiche, spesso fondate e documentate che ad esso sono state rivolte, specialmente in relazione alla sua attendibilità in quanto strumento diagnostico e di ricerca, non ne hanno diminuito l’utilizzazione. Al contrario proprio in questi ultimi anni, da un lato, la crisi della psicometria e, dall’altro, il progressivo abbandono in ambito clinico di un approccio oggettivamente verso il paziente hanno determinato una situazione culturale nuova che ha avuto fra le sue conseguenze pragmatiche una più ampia utilizzazione del colloquio. Questo rinnovato interesse operativo verso il colloquio non è stato tuttavia accompagnato da un’adeguata attività di ricerca e di riflessione teorica. Solo recentemente questo strumento è stato studiato con una maggiore sistematicità soprattutto negli Stati Uniti, dove si è costituito un ampio settore di ricerche sperimentali sul colloquio in quanto struttura interattiva, che rappresenta uno stimolo interessante per la stessa clinica. Lo scopo che questo volume si propone è di fornire una serie di strumenti teorici e metodologici che consentano una conduzione del colloquio scientificamente fondata. Esso offre una panoramica e una disamina della letteratura che si è sviluppata intorno a questo strumento soprattutto in quest’ultimo decennio, evidenziandone le principali linee di evoluzione, e approfondisce alcune problematiche relative sia alla conduzione del colloquio, sia ai processi comunicativi che in esso hanno luogo, sia infine alle dinamiche intrapsichiche suscitate da questa struttura interpersonale. Il testo si rivolge in particolare a coloro che sono impegnati in attività di ricerca e di consultazione: psicologi, psichiatri, sociologi e assistenti sociali e agli studenti dei corsi di laurea e di specializzazione in psicologia. La chiarezza espositiva e l’ampiezza con la quale è affrontato l’argomento rendono tuttavia il volume un utile e stimolante strumento anche per un pubblico più vasto.

Scritti di Cesare Kaneklin, Mario Morpurgo, Anna M. Pandolfi, Mario Porcelli, Assunto Quadrio, Eugenia Scabini, Silvio Stella, Valeria Ugazio.

Avori di Scuola Ravennate nel V e VI Secolo

Avori di Scuola Ravennate nel V e VI Secolo

Autore/i: Volbach Wolfgang Fritz

Editore: Longo Editore

unica edizione, collana: Antichità archeologia storia dell’arte n. 4.

pp. 128, 69 tavole in b/n, Ravenna

Fra gli oggetti d’arte, conservati dalla tarda Antichità, le opere in avorio sono di grande importanza, perché sono in parte datate e i pezzi ufficiali anche localizzati. Si distingue generalmente una scuola di Roma ed un’altra di Costantinopoli. Anche Alessandria (Egitto) e l’Italia settentrionale, con Milano, sono riconosciuti come luoghi di lavorazione d’avorio. Ma per una produzione nella quarta capitale dell’Impero, cioè a Ravenna, non si credeva ad una scuola. Sicuramente invece questa ricca città avrà prodotto degli avori, anche come opere ufficiali della corte. W.F. Volbach avanza la proposta che alcuni pezzi, specialmente del gruppo dell’Italia settentrionale del sec. V, potrebbero essere stati lavorati a Ravenna, come il dittico a cinque parti di Milano o la cassetta di Werden a Londra. Questi pezzi rassomigliano infatti ad opere ravennati in mosaico o alle sculture. Per il sec. VI Ravenna dipende da Costantinopoli e dimostra lo stile di quella capitale, ma possiede sicuramente una fiorente produzione indigena. La cattedra di Massimiano o il dittico di Berlino possono essere stati lavorati in questa città. Quattro o cinque scultori furono impegnati nel lavoro per la cattedra, ma pur essendo evidente lo stile di Alessandria e di Costantinopoli, è più che probabile che questo capolavoro dell’arte, con le sue varie tendenze, sia stato fatto a Ravenna stessa. Infine questo studio dimostra pure che alcuni avori, copiati per la corte di Carlomagno, tradiscono l’influsso di pezzi di una scuola nell’Italia settentrionale, forse Ravenna.

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  • I. Il problema dell’esistenza in Ravenna di una scuola di scultura in avorio
  • II.  La situazione politica e culturale in Italia Settentrionale nei secoli V e VI
  • III. Avori del V secolo. Costanzo III e Galla Placidia
  • IV. Avori dei secoli V e VI. Odoacre, Teoderico, l’Esarcato

Note
Illustrazioni
Indice dei nomi
Indice delle illustrazioni

La Gloria di Mio Padre

La Gloria di Mio Padre

L’indimenticabile storia di un’infanzia

Autore/i: Pagnol Marcel

Editore: Neri Pozza Editore

introduzione dell’autore, traduzione e cura di Marco Cavalli, in copertina: Gustave Courbet, La valle di Omans, 1858.

pp. 176, Vicenza

Non basta aver vissuto la gioventù per potersi vantare di averne avuta una. Quanto poi a ricordarla, va bene fino a un certo punto: anche la memoria più capace può segnare il passo nei frangenti in cui bisogna saper raccontare le cose come si deve. Primo volume dell’autobiografia di Marcel Pagnol, copioso cineasta francese conterraneo di Jean Giono nonché scrittore di levigata superficie, La gloria di mio padre taglia la testa al toro, perché qui la memoria del suo autore (Pagnol) non solo è parente povera della fervida immaginazione del suo protagonista (Marcel), ma deve quasi tutto ad essa. Non a caso la si legge così volentieri…
Evitando di alzare il volume della sua prosa, Pagnol racconta le gioie minute, elementari, di una famiglia non ricca ma dignitosissima, tutta raccolta attorno alla figura di un padre dalle mille risorse. Disposti a far di necessità virtù pur di poter andare in villeggiatura come tutte le famiglie benestanti, i Pagnol non esitano a sobbarcarsi un lungo e faticoso pellegrinaggio a piedi lungo gli assolati sentieri della campagna provenzale. Ma la vacanza estiva è anche il periodo dell’anno in cui Joseph e Jules, rispettivamente padre e zio di Marcel, con la scusa di dover assecondare le velleità delle mogli e dar sfogo all’insofferenza dei figli, si abbandonano al loro passatempo preferito: la caccia. Gioco macchinoso e cruento, dove la meticolosa osservanza delle regole, l’elaborato cerimoniale di preparazione, le ripetute prove per eseguire gesti e movimenti che non ammettono sbavature, sembrano cancellare ogni riferimento al valore puramente simbolico della posta in palio. Senza perdersi un solo atto di quell’esclusiva messinscena, il piccolo Marcel vigila sull’occulta regia dello spettacolo per adulti da cui è stato escluso, tanto più che suo padre, incaricato di fare da spalla allo zio, cacciatore provetto, corre il rischio di fare la figura della comparsa maldestra e sprovveduta. Non c’è che un sistema per impedire al buon Joseph di esporre la sua reputazione di infallibilità a un ingeneroso confronto con l’abilità dello zio Jules: disobbedirgli una volta di più, e seguirlo di nascosto tra le quinte di uno scenario naturale che ha le forme e i colori accesi delle colline della Provenza. Così, nel corso di un’avvincente e memorabile partita di caccia, il lettore avrà modo di scoprire che, per quanto disarmato, un bambino dell’età di Marcel ha il potere di far centro lo stesso, perché può contare su un insperato colpo in canna: la certezza che «è lecito mentire ai grandi quando si tratta del loro bene».
Solare e pieno di ritmo, La gloria di mio padre risplende grazie ai sussulti di impertinenza di una scrittura che, profanando col sorriso sulle labbra i luoghi comuni sull’infanzia, procede di capitolo in capitolo con la gagliarda scioltezza di una narrazione per bocca abituata a riporre una totale fiducia nei poteri evocativi della parola. (M.C.)

Nato ad Aubagne nel 1895 e morto a Parigi nel 1974, Marcel Pagnol è stato drammaturgo e regista cinematografico. Nel 1946 ha ricevuto la nomina di Accademico di Francia. Nella sua ricca filmografia vanno ricordati: Cesar (1936), La vita trionfa (1937), La moglie del fornaio (1938), Topaze (1950) e Manon delle sorgenti (1952).
Marcel Pagnol è molto conosciuto in Francia, ma non ancora in Italia. Le sue opere, letterarie e cinematografiche, sono considerate veri e propri gioielli di inventiva e di verve, animati da una prodigiosa capacità di osservazione nei confronti dell’umanità più varia. Molto amati sono i volumi autobiografici, il primo dei quali è La gloria di mio padre.

Indaba – Figli Miei

Indaba – Figli Miei

La favolosa storia delle genti sudafricane

Autore/i: Credo Mutwa

Editore: Red Edizioni

traduzione dall’inglese di Nicoletta Della Casa, prologo e introduzione dell’autore.

pp. 120, Como

Sotto lo sguardo attento delle stelle ridenti siede il Vecchio che narra…

«Questa è la storia dell’antica conquista fenicia dell’Africa del sud, una storia che ancora oggi è cantata e narrata intorno ai fuochi dei villaggi del Centro e del Sudafrica, una storia vera, con migliaia di vestigia che la avvallano in possesso dei medici stregoni.»
Che siano documento o metafora della conquista sudafricana da parte dei Bianchi, non ha veramente importanza. Prezioso è invece, dei racconti che qui presentiamo, il potere che essi hanno di illuminare aspetti inediti e profondi dell’anima africana e della realtà del Sudafrica oggi.

Credo Mutwa, zulù di nascita, narratore di storie tradizionali africane (che noi chiameremmo leggende, ma che hanno un importante fondamento storico), guaritore, scultore, è uno degli esponenti di spicco della cultura sudafricana. Nelle cruente lotte fra tribù, la sua casa a Soweto fu una delle prime a essere bruciata durante l’insurrezione del 1976.
La sua voce, che chiede giustizia per l’Africa raccontando spietatamente vizi e virtù delle sue genti, è una delle testimonianze più attente (notissima nei paesi anglosassoni) sulla società sudafricana di oggi, dove vicende quotidiane e mito sono fittamente intrecciati.

Dopo il Diluvio

Dopo il Diluvio

La spiegazione delle leggende ricorrenti nelle civiltà più antiche

Autore/i: Zanot Mario

Editore: Longanesi & C.

introduzione dell’autore, in copertina: la scalinata della Ziggurat di Ur dei Caldei.

pp. 204, nn. illustrazioni b/n, Milano

Quanti diluvi vi sono stati sulla terra? Che cosa ha provocato il «Diluvio Universale» descritto nella Bibbia?
Perché esistono tante analogie nelle descrizioni che altri testi antichi, oltre a quello biblico, ci fanno del mitico cataclisma? Chi era Noè? Esiste l’arca di Noè sul monte Ararat? Cosa c’è di vero o di falso nelle notizie dei ritrovamenti del mitico vascello? Questi sono alcuni dei problemi che l’autore tratta in questo libro, avvalendosi delle ipotesi di scienziati di tutto il mondo e di una personale esperienza come partecipante a una spedizione scientifica sul monte Ararat.
Partendo dalla dinamica del diluvio e percorrendo a ritroso le tappe dell’evoluzione delle più antiche civiltà della terra, Mario Zanot aggiunge originali contributi allo studio dell’archeologia biblica, scindendo ciò che in essa vi è di leggenda, storia, scienza.
Di qui lo spunto per un affascinante interrogativo: gli uomini preistorici avevano cognizioni astronomiche tali da prevedere l’arrivo del «Diluvio Universale»?
Il volume comprende inoltre interviste e dialoghi con Marcel Homet, Peter Kolosimo, Jacques Mayol e altri studiosi.

Mario Zanot, nato nel 1946 a Milano, ha partecipato a numerose spedizioni, in Africa e Medio Oriente. Fa parte dell’ASP (Associazione Studi Preistorici).

Ebdòmero

Ebdòmero

Romanzo

Autore/i: de Chirico Giorgio

Editore: Longanesi & C.

prefazione di Giorgio Manganelli.

pp. 192, Milano

Ebdòmero non è un personaggio, ed Ebdòmero non è un romanzo; il primo è un nome consapevole, il secondo un itinerario, un deposito di immagini, un catalogo di simboli, un collage di sogni, paesaggi, interni di abitazione, appunti di disegni, accesi, tutti, da una fosforescenza che sa di memoria, di visione, di mistificazione. La favola di Ebdòmero si stende come un labirinto proliferante, un edificio capace di riprodursi, di progettare nuove ali, quartieri, aditi ed esiti; dunque sarebbe vano cercare un inizio ed una conclusione, culmini privilegiati, scoperte nodali: in un edificio, uno spazio, una città morta e compatta, un tempio accuratamente, fastosamente sconsacrato, ogni punto è nodale, inaugura e sigilla.
Questo luogo infinitamente spurie, mitologico e losco, di centauri e angiporti, viene descritto in un discorso che può definirsi monologo oggettivo: trascrizione in una prosa spassionata, al più crucciata, anche querula, di un impuro farfugliamento privato. Spogliato del suo fervore torbido, l’originario delirio che ancora si indovina si dispone ordinatamente in un racconto che non procede di avvenimento in avvenimento, ma trascorre da un’immagine, da una parola, da una analogia ad un’altra: cosi come, lungo un percorso, due punti sono necessariamente contigui, ma in nessun modo deducibili né reciprocamente prevedibili. La singolarità di questo pro-cedere sta nella sua distanza sia dal sogno sia dal monologo interiore: esso è infatti di una minuta lucidità, una sapienza paziente, scolastica, una esattezza da grande accademia; e tuttavia codesta pertinenza retorica non mira ad una frodolenta mozione affettiva, non coinvolge il lettore né lo abbaglia, ma lo seduce ad uno spettacolo di immagini che sanno di allucinazione ma non ne hanno il furore, che sanno di erudizione e di sogno, di vaneggiante angoscia e frigida invenzione retorica. (Giorgio Manganelli)

La Storia di Tewje il Lattivendolo

La Storia di Tewje il Lattivendolo

Titolo originale: Tevye der Milkhiker

Autore/i: Alechem Shalom

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

traduzione dall’yiddish di Lina Lattes.

pp. 160, Milano

Metà Don Chisciotte metà Sancio Panza, Tewje il lattivendolo è la figura più nota della letteratura ebraica, e certamente una delle più vive di tutta la letteratura moderna. Egli si aggira con il suo calesse, vendendo latte e latticini di casa in casa, in un distretto russo della fine del secolo (le sue storie, l’elaborazione di questo romanzo formato da isolate piccole avventure, vanno dal 1894 al 1914), e intrattiene coi suoi clienti e col suo ambiente un rapporto fatto di riflessioni sagge e ironiche, di storpiate citazioni bibliche, di comprensione dei dolori altrui e sete di comunicare i propri senza drammatizzarli. Di dolori ne ha: sette figlie a cui pensare, ognuna con un carattere diverso, non sono cosa da poco; e gli altri, parenti e
amici, non sono sempre fidati, se è vero che proprio un parente lo deruberà di tutti i suoi risparmi; e c e infine “l’autorità”, che è quella del tempo degli zar, e che finirà per cacciarlo dai luoghi della sua vita.
“Piccolo eroe positivo”, Tewje vive la sua odissea quotidiana a contatto con le brutture della vita e della storia, che è quella della diaspora ebraica ma anche quella dell’uomo contemporaneo di fronte al disordine che lo circonda, che investe il suo privato come il suo pubblico. Eppure Tewje non si scoraggia, e stoicamente affronta con un humour arguto e una simpatia senza pari tutte le difficoltà, forte di uno stoicismo che proprio nello humour e nel senso del comico trova la sua grande forza.
Da questo celeberrimo romanzo che ha avuto nel mondo (e continua ad avere) centinaia di edizioni, è stato tratto nel ’70 a Broadway e poi a Hollywood il musical Il violinista sul tetto con scenografie di netta impronta chagalliana.

Shalom Alechem, pseudonimo di Shalom Rabinovič (1859-1916) scrittore Yiddish, nato in Ucraina, fu per qualche tempo rabbino, poi commerciante senza fortuna, si dedicò infine alla letteratura. Abbandonata la Russia nel 1905 dopo il pogrom di Kiev, peregrinò per l’Europa e l’America e fu anche in Italia (1908-13). Delle sue opere ricordiamo: II fascio di fiori (poesie), È difficile essere ebrei (dramma), Jossele Solovei e Marienbad (romanzi), Menachem Mendel (racconti in forma di lettere) e Tewje il lattivendolo.

Il Padiglione d’Oro – Romanzo

Il Padiglione d’Oro – Romanzo

Titolo originale: Kinkakuji

Autore/i: Mishima Yukio

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

traduzione dal giapponese di Mario Teti.

pp. 256, Milano

Non c’è recensore, in Giappone e fuori, che, cercando parentele o fonti d’ispirazione per questo capolavoro della letteratura giapponese moderna, non abbia fatto il nome di Dostoevskij. Incominciarono i giapponesi: per quanto la cosa possa apparire sorprendente, la voga di Dostoevskij aveva raggiunto nell’immediato dopoguerra un’ampiezza senza precedenti e nel triennio 1947-50 Delitto e castigo era stato uno dei più clamorosi best-seller della storia dell’editoria nipponica. È appunto nel 1950 che avvenne il fatto che ispirò a Mishima questo Padiglione d’oro, che è del 1958: un giovane accolito buddista, deforme e balbuziente, dà fuoco a uno dei maggiori monumenti dell’arte giapponese, il padiglione di un celebre santuario di Kyoto, il Kinkakuji, il quattrocentesco tempio zen. La storia di questo clamoroso gesto è raccontata da Mishima con aderenza alla cronaca, ma in modo da assegnare un senso simbolico ossia problematico all’azione del piromane. La chiave dell’ossessione di Mizoguchi, Mishima la ricerca in quell’attesa quasi magica della grande distruzione che rappresenta il tema profondo di tutta la prima parte del libro fino al giorno della sconfitta bellica del Giappone. La calata agli inferi si svolge sul tema di straordinarie, attonite rievocazioni di memorie dell’infanzia. Il tema della bellezza suprema del padiglione affonda le sue radici in un’ossessione infantile esorcizzata dallo storpio Mizoguchi con un atto che trova giustificazione anche nella dottrina buddista della morte al mondo e della cancellazione del bello in quanto pura apparenza.
Dostoevskij diventa un punto di riferimento possibile ma lontano: al di là del motivo della redenzione attraverso il male, al di là delle motivazioni per così dire freudiane e delle implicazioni sociali (gli echi dell’apocalisse bellica), prorompe quel culto dell’assoluto cui le tradizioni zen forniscono raffinati supporti logici e psicologici.

Yukio Mishima, considerato uno dei massimi scrittori giapponesi, nasce a Tokyo nel 1925 e muore suicida nel 1970. Feltrinelli ha pubblicato le sue opere di maggior successo: La voce delle onde (1961), Il padiglione d’oro (1962), Dopo il banchetto (1964), Confessioni di una maschera (1969), Trastulli di animali (1983), Lezioni spirituali per giovani Samurai (1990), La foresta in fiore (1991), Musica (1993), la tetralogia Il mare della fertilità, con Neve di primavera (2009), A briglia sciolta (2010), Il Tempio dell’alba (2011) e La decomposizione dell’angelo (2012), Colori proibiti (2009), Il sapore della gloria (2010), La scuola della carne (2013) e, nella collana digitale Zoom, Diario di preghiere (2013). Feltrinelli ha inoltre pubblicato Le ultime parole di Mishima, una doppia intervista di due celebri critici letterari giapponesi, Furubayashi Takashi e Hideo Kobayashi (2001).

Le Due Fedi

Le Due Fedi

Autore/i: Levi Arrigo

Editore: Società Editrice Il Mulino

pp. 96, Bologna

Uno spirito laico, ma sensibile alle proprie radici culturali e religiose si confronta con le grandi tradizioni monoteiste, e ricerca un senso alle vicende umane, al dolore, alla vita, al male e alla morte: per concludere, dopo un dialogo appassionato e intenso, che le ragioni della speranza traggono comunque origine da un atto di fede, laica o religiosa che sia. Le riflessioni, gli interrogativi, le risposte di un intellettuale che non rinuncia alla propria indipendenza critica, ma accetta le sfide che il pensiero religioso pone a credenti e non credenti.

Arrigo Levi, saggista e giornalista tra i più apprezzati, è stato direttore della «Stampa». Attualmente collabora al «Corriere della Sera» come esperto di politica estera.

Sillabario n. 2

Sillabario n. 2

Autore/i: Parise Goffredo

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

prima edizione Medusa Serie ’80, postfazione di Natalia Ginzburg, collana: I Libri della Medusa Serie ’80 volume 29.

pp. 294, Milano

…il Sillabario n.2 che concluse quell’analisi dei sentimenti condotta da Parise con un’attenzione sempre partecipe: nei due volumi, da alcuni considerati il suo vero capolavoro, l’autore dedica a ciascun sentimento un breve racconto, da cui emerge una sorta di riscoperta dei più autentici valori umani…

Rari sono gli scrittori che come Goffredo Parise sanno fermare nell’esemplarità dell’immagine poetica la felicità dell’esistere, la complicità dei paesaggi e delle stagioni, la golosità che si appropia di colori, sapori, odori: in una parola, l’esultanza della percezione. Quella che si evoca in questi racconti è una continua iniziazione, quale che sia l’età anagrafica dei personaggi: i momenti di quasi insostenibile intensità che l’alchimia della memoria farà emergere come significativi, solo a distanza di molti anni, rivelandoli finalmente per quello che sono, le esperienze semplici e fondamentali che fanno una vita, che sono la vita, e di volta in volta verranno chiamate Fascino, Felicità, Grazia, Malinconia, Odio, Sogno. Tutte toccate dalla grazia dello stile, queste figure di adolescenti sensitivi, di donne limpide e curiose, di vecchi sapienti celebrano senza saperlo i misteri della fisicità, gustano con pari abbandono gli aromi delle passioni e quelli delle erbe selvatiche. Insieme a loro, Parise insegue “il colore delle cose che passano”. Sullo sfondo, un Veneto di acque e di boschi, l’Italia arcaica e dignitosa degli anni ’30 e ’40, infatuata del mito amatorio di Clark Gable; ma anche le città di oggi, con il loro carico di solitudine e di estraneità. Un sillabario ha intenti didascalici, trasmette un sapere già dato. Nelle storie familiari e fiabesche che compongono questa autobiografia indiretta ci sono invece la tensione della scoperta e lo scatto dell’imprevedibile. Le emozioni vi appaiono come frammenti di una lirica minima e struggente, che salda i propri versi nell’onda della nostalgia.

Goffredo Parise (1929-1986) è stato uno scrittore, giornalista, sceneggiatore, saggista e poeta italiano. Ricordiamo alcuni suoi titoli: Il ragazzo morto e le comete (1951), La grande vacanza (1953), Il prete bello (1954), Il padrone (1965), Sillabario n. 1 (1972), Guerre politiche (1976).