Libri dalla categoria Scienze Esoteriche
Alla Scoperta dell’Antico Egitto
Autore/i: Fagan Brian
Editore: Fratelli Melita Editori
traduzione di Sergio Bosticco.
pp. 192, nn. tavv. b/n f.t., ill. b/n, La Spezia
Nell’arco di molti secoli, all’antico Egitto, civiltà ricca di un fascino misterioso, si sono rivolti conquistatori, turisti e archeologi, attratti dai più diversi interessi. Molti di essi, sospinti da una sfrenata speculazione, si comportarono da autentici predatori degli eccezionali tesori riportati alla luce; altri invece s’impegnarono nello studio di una «scoperta» tutta scientifica di questa terra. il presente libro ricostruisce la storia delle ricerche dagli antichi scrittori come Erodoto e Diodoro ai primi viaggiatori dell’epoca moderna come Greaves e Bruce, passando poi in rassegna l’opera dei pionieri dell’egittologia come Champollion, Belzoni e Petrie per giungere fino agli archeologi del nostro tempo. E il racconto vivacissimo di una lunga, splendida, affascinante avventura.
Alla scoperta degli antichi misteri della terra bagnata dal Nilo, nel fascino immutabile delle piramidi, custodi di tesori e culti segreti.
Brian Fagan, archeologo inglese, è professore di Antropologia all’University of California di Santa Barbara e membro del Royal Anthropological institute e della New York Academy of Sciences. Ha scritto libri di archeologia e antropologia e ha pubblicato numerosi articoli su riviste specializzate. In questa collana è uscito «Alla scoperta degli imperi del sole».
Il Libro Nero del Cristianesimo
Duemila anni di crimini nel nome di Gesù
Autore/i: Fo Jacopo; Tomat Sergio; Malucelli Laura
Editore: Edizioni Nuovi Mondi
pp. 360, nn. ill. b/n, Scritto (PG)
Papa Woytila ha compiuto un gesto storico: chiedere perdono per i crimini compiuti dalla Chiesa Cattolica negli ultimi 2000 anni. Quante vite sono state distrutte, direttamente o indirettamente, dallo strapotere del clero? Quante persone sono state uccise? 500 milioni? Un miliardo?
Il calcolo esatto è impossibile, comunque siamo di fronte a un orrore di proporzioni bibliche sul quale i libri di storia tacciono. Caccia alle streghe e agli eretici, l’inquisizione, lo schiavismo, il colonialismo.
Il sangue scorre a fiumi nella storia del cristianesimo. Un quadro terrificante costellato di episodi tragici che non hanno nulla da invidiare a Stephen King. Analizzare e discernere la natura e la gravità di tali abusi potrà impedire nel futuro il ripetersi di tali orrori.
Trasformare l’Immagine del Corpo
L’autoaffermazione positiva: un metodo efficace per migliorare la propria immagine di sé
Autore/i: Hutchinson Marcia Germaine
Editore: Red Edizioni
unica edizione, traduzione di Barbara Garosi.
pp. 168, Como
Bombardati dai mass media che ci presentano corpi stupendi, ben curati, elastici, perfetti…
è difficile per chiunque, donna o uomo che sia, non sentirsi inadeguato, sbagliato, fuori posto.
E a ben poco servono diete ferree, corsi in palestra e «cure di bellezza»: se non ci si piace, se non ci si ama, e assai arduo trarre un giovamento duraturo (e che ci soddisfi) da qualsiasi pratica.
Questo libro propone un metodo, basato sul potere dell’immaginazione, che riesce a trasformare in accettazione positiva la percezione che abbiamo del nostro corpo.
Attraverso una serie di graduali esercizi, di esperienze autoesplorative sull’immagine di se, possiamo scoprire e rimuovere gli ostacoli che ci fanno vivere il corpo come un estraneo, come un nemico.
Non più stressanti sacrifici fisici e alimentari a caccia dell’astratta «perfezione», ma un reale processo di cambiamento, di rivalutazione, di valorizzazione, sulla base dell’armoniosa convivenza con il corpo, finalmente amico.
Noi Extraterrestri
Autore/i: von Däniken Erich
Editore: Ferro Edizioni
premessa dell’autore, traduzione dal tedesco di Silvana Raffaelli Marini.
pp. 216, nn. ill. b/n, Milano
È dimostrato dall’archeologia e dalle scienze più moderne come la biochimica e la cibernetica: l’uomo è una creatura di «dèi» extraterrestri, essi gli hanno insegnato a pensare, a organizzarsi, a difendersi dalla natura. Ciò 40.000 anni fa circa.
Anche se le ricerche in tale direzione andrebbero intensificate e meglio coordinate, abbiamo ugualmente sufficienti prove per affermare che è sulla Terra che si trovano le «chiavi» del «regno dei cieli», cioè il «mistero» della nostra essenza di individui intelligenti e raziocinanti.
Lo sapevate che lo stesso Albert Einstein considerava con benevolenza l’ipotesi di una venuta sulla Terra di intelligenze extraterrestri in epoca preistorica?
Andiamo a passi sicuri verso un futuro che è già stato, una volta, passato. Non un passato umano, ma un passato degli «dèi», che però influisce in maniera determinante su di noi e che si fa di giorno in giorno presente.
Alcuni grandi esempi: le conquiste della medicina, della fisica, dell’astronautica, dell’elettronica. Che non sono altro che «riproduzioni» su scala umana di quanto gli «dèi» fecero in età primordiale, durante la loro permanenza qui da noi.
Ormai talune forme di vita sono riproducibili in laboratorio. Ma, a questo sensazionale risultato c’è un «precedente» illustre, solo che si sappia leggere CON OCCHI MODERNI i testi antichi sia della tradizione biblica sia delle altre religioni. E il «precedente» è costituito dalla creazione di Eva, fatta nascere e sviluppare, agli inizi della vicenda umana, in un alambicco, in una provetta, insomma in laboratorio.
Cerchiamo di interpretare i racconti della Bibbia in chiave attuale. Così, ad abbattere le mura di Gerico sono state delle onde sonore a frequenza tanto bassa da risultare terribilmente distruttive.
Sia la Cabala, nel Medioevo, sia gli antichissimi poemi indiani hanno riferimenti e descrizioni molto precise di abitanti di altri mondi, di esseri stranissimi venuti «tra lampi e lingue di fuoco» dal «cielo tonante». Come non pensare che fossero gli dèi-astronauti?
I veicoli spaziali degli «dèi» erano a forma sferica?
Resti, piste, tracce degli «aeroporti» degli extraterrestri sono stati ritrovati in molte zone deserte dell’America del Sud.
Per quale motivo le spiegazioni degli archeologi e dei filologi non spiegano un bel niente.
Anche il codice genetico venne introdotto dagli «dèi»?
Chi erano nella realtà «i giganti apparsi in epoca preistorica?
Occorre indagare sulle nostre origini servendoci della fantasia, per poter raggiungere la verità.
Von Däniken è nato nel cantone di Sciaffusa nel 1935. Non ancora ventenne, si recò in Egitto per cercarvi di decifrare alcune antichissime descrizioni cuneiformi. Il suo indomabile desiderio di conoscenza lo ha catapultato da un continente all’altro, a percorrere centinaia di migliaia di chilometri in aereo per trovare una risposta all’inquietante interrogativo: «I nostri antenati furono visitati da divinità celesti?».
Mentre le sue opere venivano lette e tradotte in tutto il mondo (la Ferro Edizioni se ne è assicurata l’esclusiva per l’Italia), un «infortunio sul lavoro» ha portato von Däniken davanti all’autorità giudiziaria cantonale. I magistrati – forse per spirito di rivalsa sulle tesi eterodosse espresse dall’autore – non sono stati certo di mano leggera: tre anni e mezzo di reclusione da scontare nel carcere di Coira (Grigioni). Ma von Däniken è sereno: non appena recuperata la libertà, tornerà a «rincorrere» gli extraterrestri in qualsiasi parte del globo.
Il Corpo e l’Anima – 7 Volumi
Malinconia Erotica – La Mania – La Ninfomania ovvero il Furore Uterino – La Malattia Morale – Delirio – Anatomia della Malinconia – Le Passioni e gli Errori dell’Anima
Autore/i: Autori vari
Editore: Marsilio Editori
con cofanetto.
vol. 1 pp. XXI-202, vol. 2 pp. LXVIII-192, vol. 3 pp. 156, vol. 4 pp. 328, vol. 5 pp. XXX-152, vol. 6 pp. 196, vol. 7 pp. 160, Venezia
- Malinconia Erotica
Trattato sul mal d’amore
di Jacques Ferrand
a cura di Massimo Ciavolella - La Mania
Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale
di Philippe Pinel
a cura di Francesco Fonte Basso e Sergio Moravia - La Ninfomania ovvero il Furore Uterino
di J.-D.-T. de Bienville
a cura di Andrea Gloria Michler e Silvia Vegetti Finzi - La Malattia Morale
Alle origini della psichiatria moderna
di Mario Galzigna - Delirio
Antropoanalisi e fenomenologia
di Ludwig Binswanger
introduzione di Eugenio Borgna - Anatomia della Malinconia
di Riobert Burton
a cura di Jean Starobinski - Le Passioni e gli Errori dell’Anima
Opere morali
di Galeno
a cura di Martino Menghi e Mario Vegetti
Malinconia Erotica
La malattia d’amore, chiamata anche malinconia erotica, o erotomania, è un’affezione sia dell’anima che del corpo: essa è quindi provocata sia da cause morali – cioè dal desiderio autonomo e dalle passioni eccessive dell’anima – sia da cause fisiologiche, come l’alterazione degli «umori» corporei. Tra i due tipi di cause vi è gioco reciproco e interazione continua.
Ispirato a una simile impostazione, il trattato del medico francese Jacques Ferrand, Della malattia d ’amore o malinconia erotica, viene dato alle stampe, per la prima volta, nel 1610. Ed è subito scandalo. La scabrosità del tema spinge il tribunale ecclesiastico e il parlamento di Tolosa a condannare, nel 1620, questa prima edizione. L’autore pubblica, nel 1623, una seconda versione del suo saggio – qui tradotta per la prima volta in lingua italiana -, dando alle sue pagine un tono meno divulgativo, più scientifico, e rivolgendosi perciò, in particolare, a un pubblico di studiosi e studenti di medicina. Sullo sfondo di un tentativo, condiviso da molti intellettuali e filosofi dell’epoca, di conciliare l’etica con la medicina, ritroviamo oggi, in questo testo godibile ed erudito, non pochi elementi di modernità.
Punto centrale dell’argomentazione di Ferrand – che conoscerà importanti sviluppi lungo tutta la storia della medicina e della psichiatria, fino ai nostri giorni – è la sottile distinzione tra sintomi soggettivi e segni obiettivi della malattia: quei segni che permettono al medico di diagnosticarla precocemente, anche senza la «confessione» del paziente. Ma accanto all’intenzione didattico-scientifica, il testo di Ferrand suggerisce alcune rilevanti istanze di carattere pedagogico-morale: il disciplinamento delle condotte, la medicalizzazione della sessualità femminile, la moralizzazione e l’interdetto nei confronti dei comportamenti erotici e amorosi non finalizzati alla riproduzione della specie.
Massimo Ciavolella ha studiato alle Università di Bologna, di Roma e della British Columbia (Vancouver), dove si è laureato e ha poi conseguito un Ph.D. Ha pubblicato La malattia d’amore dall’antichità al medioevo (Roma 1975 ). Attualmente dirige il dipartimento di studi di italianistica dell’Università di Toronto.
La Mania
Quando uscì, nell’ottobre del 1800, il Traité médico-pbilosophique sur l’aliénation mentale ou la manie di Philippe Pinel (1745-1826) ebbe subito un notevole successo e gli entusiastici giudizi di Stendhal e di Hegel testimoniano un’opinione diffusa tra gli spiriti illuminati d’Europa.
Il 25 agosto del 1793 Pinel fu nominato medico dell’infermeria dell’ospizio di Bicêtre, a stretto contatto con gli alienati. Questa esperienza sarà decisiva per lo sviluppo della sua opera: qui dovrà fare i conti con le lacune teoriche che impedivano il successo terapeutico, qui soprattutto si troverà di fronte al disordine, e proprio dalla necessità di porvi rimedio comincerà l’elaborazione della classificazione delle malattie mentali che caratterizza la teoria di Pinel.
Nel Trattato sono espressi i principi che devono guidare il medico nella classificazione delle diverse forme della mania, imperniata sulla categoria della mania parziale, o mania ragionante: sulla base della validità «scientifica» di questa classificazione si impone l’assioma della curabilità dell’alienazione mentale, mediante il metodo del trattamento morale, che esige un articolato rapporto tra medico e alienato, fondato sulla stima e sulla fiducia, e che contempla quindi la «liberazione» dei folli da misure coercitive barbare,ed irrazionali. Con il progressivo abbandono, lungo l’800, del metodo del trattamento morale, emerge con sempre maggior forza la figura di Pinel autore del famoso e celebrato «gesto liberatore», la cui scena sarà ambientata a Bicêtre durante la Rivoluzione: è questa l’immagine oleografica che ci viene consegnata dalla storia della psichiatria dell’800, e che mette in ombra la dirompente portata teorica dell’opera di Pinel.
Nel confronto tra la «leggenda» di Pinel che libera i folli, e la rigorosa ricostruzione fatta negli ultimi 20 anni degli eventi che l’hanno generata, il Trattato offre un esempio privilegiato per mostrare l’inestricabile intreccio, nella storia della psichiatria, tra la realtà istituzionale e l’analisi teorica. Nel 1809 uscì la seconda edizione del Trattato, con notevoli modifiche rispetto alla versione originale; quella che presentiamo qui è la prima traduzione italiana della prima edizione dell’opera.
Sergio Moravia è professore di storia della filosofia all’Università di Firenze. Ha studiato a lungo il pensiero dell’illuminismo, la storia della antropologia e la filosofia francese contemporanea. Attualmente si occupa di filosofia della mente e di epistemologia delle scienze umane. Tra le sue opere principali ricordiamo: Il Tramonto dell’Illuminismo, La Ragione nascosta, Le Scienze dell’uomo nel ’700, Introduzione a Sartre, Filosofia e scienze umane nell’età dei lumi, Il pungolo dell’umano, L’enigma della mente.
Francesco Fonte Basso ha tradotto diversi testi di psichiatria francese dell’800 (fra cui Esquirol, Delle Passioni, a cura di M. Galzigna, Marsilio 1982). Attualmente sta lavorando intorno alla nascita della psichiatria in Francia in collegamento con l’Università di Firenze.
La Ninfomania ovvero il Furore Uterino
La ninfomania, come figura dell’eccesso, costituisce il bersaglio contro cui si indirizza una disciplina del corpo femminile consegnata alla autorità congiunta della famiglia e del medico. Ma Bienville dimostra, con prodigiosa ricchezza ditemi, come, normalizzando la donna, la scienza cerchi di stabilire un rapporto di dominio sulla natura tutta. Ciò che è in gioco è il conflitto tra i tempi del desiderio sessuale (legato alla fertilità, alle stagioni, agli astri, agli estri) e i tempi della cronologia sociale.
I due registri comportano modi diversi di rapportarsi al corpo, al mondo, agli uomini, di rappresentare la vita e la morte.
Il valore di questo testo consiste nel suo segnare un crinale tra un prima, rappresentato da una sessualità femminile coestesa alla natura, che solo il mito può esprimere, e un dopo, costituito da un corpo che contiene in sé la sessualità generativa della specie, la cui economia è consegnata alla gestione individuale.
Pena la follia, il corpo femminile si chiude, muto, a suggellare l’alterità nella forma dell’estraniazione.
Con la sua terapia «morale» Bienville consegna le mitiche Ninfe all’istituzione psichiatrica che sta approntando i suoi recinti per la contenzione dell’eccesso. Sarà poi l’interrogazione freudiana che cercherà di recuperare la sessualità femminile alla rappresentazione inserendola in un apparato psichico teso al controllo dell’impersonalità della pulsione. Un tentativo aperto che ha, tra i suoi esiti, quello del ritorno al mito.
Andrea Gloria Michler (Bolzano 1959), laureata in storia moderna presso l’università di Bologna nel 1982, prepara attualmente una tesi di dottorato in storia presso l’università di Paris VIII sulle strategie mediche e giuridiche messe in atto per regolamentare le sessualità ambigue in epoca moderna.
Silvia Vegetti Finzi è docente di psicologia dinamica presso il dipartimento di filosofia dell’università di Pavia. Studiosa di storia e di teoria della psicoanalisi, si è occupata, in particolare, dell’infanzia e del femminile. Da anni collabora con il Centro Culturale Virginia Woolf di Roma e con il Centro documentazione donna e la Libreria delle donne di Firenze. Tra le sue pubblicazioni: (con altri) Le culture del parto, Feltrinelli, 1985 e Storia della psicoanalisi, Mondadori, 1986.
La Malattia Morale
La follia – scriveva Esquirol agli inizi dell’Ottocento – è «malattia della civilizzazione», malattia morale per eccellenza; sulla scorta di questa assunzione, che implicava l’abbandono dell’antica teoria degli umori, ma anche una presa di distanze dall’approccio anatomo-patologico, Pinel ed Esquirol gettavano le basi, quasi due secoli fa, di una nuova disciplina medica, la psichiatria, che si affermava parallelamente alla costruzione dei primi manicomi. L’autore ricostruisce con forza e originalità il quadro della congiuntura teorico-istituzionale che ha reso possibile la nascita della psichiatria moderna, utilizzando, oltre ai testi scientifici, alcuni sondaggi compiuti nell’ambito dell’archivistica manicomiale: appunti, lettere, brevi memorie. I testi e l’archivio dunque: da queste due fonti emerge il profilo di una teoria che dipende, in una certa misura, proprio dalla seduzione che la parola del folle esercita sull’alienista. La psichiatria nasce in effetti come teoria – strettamente collegata alle filosofie dell’età romantica – ma anche come strategia dell’ascolto, e al tempo stesso come dispositivo di controllo e di disciplinamento: un dispositivo collegato alle istanze del diritto penale e del potere giudiziario, e perciò ricco di implicazioni di carattere politico. Gli stati soggettivi e le figure patologiche presenti nei testi di Esquirol e dei suoi allievi conosceranno grande fortuna nella psichiatria europea e nella psicoanalisi freudiana: schizofrenia, psicosi maniaco-depressiva, malinconia unipolare, sdoppiamento di personalità. E il loro influsso si farà evidente in molte manifestazioni della cultura figurativa e letteraria, nei quadri di Géricault, come nelle allucinate ed emblematiche vicende dei personaggi di Poe.
Mario Galzigna (dipartimento di studi storici della facoltà di lettere di Venezia) ha scritto vari saggi e articoli di epistemologia e di storia delle scienze, con particolare attenzione alla biologia e alla psichiatria. Ha pubblicato Conoscenza e dominio (Verona, Bertani, 1985). Per la Marsilio ha curato: L’archivio della follia, con Hrayr Terzian (1980), Esquirol, Delle Passioni ( 1982), Georget, Il crimine e la colpa (1984), e il volume di saggi La follia, la norma, l’archivio (1985 ). E direttore della rivista internazionale «BioLogica. Saperi della vita e scienze dell’uomo» e presso Marsilio, assieme ad Alessandro Fontana, dirige la collana «Il corpo e anima».
Delirio
La straordinaria testimonianza scientifica e umana di Ludwig Binswanger, il suo sforzo costante teso a sottrarre la psichiatria alle scienze naturali e a indirizzarla sempre più nell’alveo delle scienze umane, si concludono e insieme toccano il culmine con Delirio. Il libro, pubblicato nel 1965 , un anno prima della morte, rappresenta il punto di incrocio e di sintesi tra il discorso psicopatologico derivato da una lunga esperienza clinica, e il discorso filosofico ripreso dalla fenomenologia trascendentale dell’ultimo Husserl.
Non si può leggere quest’opera senza un profondo trasalimento interiore: le angosce e le contraddizioni, la miseria e la grandezza della psichiatria (di ogni psichiatria) rinascono in essa con un rigore assoluto e con una coscienza dolorosa del limite insuperabile insito in ogni conoscenza scientifico-naturalistica. Il testo di Binswanger scende nel cuore del problema, lo scuote e lo analizza con una mirabile capacità di discorso. Le ombre, le impenetrabili cavità, i segreti dell’esperienza delirante non ne risultano certo dissolti: ma la riflessione conduce assai vicini all’essenza stessa del delirio, come evento psicopatologico, come avvenimento storico-vitale, come umana possibilità, che incombe all’orizzonte dell’esistenza.
Ludwig Binswanger è nato a Kreuzlingen, in Svizzera, nel 1881. Si è laureato in medicina a Zurigo, ed è stato assistente, dal 1906 al 1908, della Clinica psichiatrica dell’università di Zurigo, diretta da Eugen Bleuler, e poi della Clinica psichiatrica dell’università di Jena, diretta dallo zio paterno Otto Binswanger. Ritornato a Kreuzlingen, nel 1911 ha assunto la direzione del «Sanatorium Bellevue», la casa di cura che era stata fondata dal padre e che sarebbe divenuta celebre sotto la sua guida. Tra le sue opere tradotte in italiano, ricordiamo Melanconia e mania, Boringhieri 1971, Il caso Ellen West e altri saggi, Bompiani 1973, e Per un antropologia fenomenologica, Feltrinelli 1984. Binswanger è morto nel 1966.
Anatomia della Malinconia
Secondo la definizione di Jean Starobinski, l’opera di Robert Burton (1577-1640) può essere considerata come una sorta di festino di Sardanapalo dell’erudizione classica: grande summa barocca, ineguagliato affresco enciclopedico di ciò che è stato detto e scritto sulla malinconia, a cominciare dagli autori più antichi.
Di The Anatomy of Melancholy (1621) è stata tradotta l’introduzione: sintesi programmatica – quasi un libro a se stante – che l’autore firma con lo pseudonimo di Democritus junior; di Democrito Burton vuole conservare il riso, il disincanto, la superiorità della distanza, il disprezzo accusatorio per la generale follia del mondo. Il riso solitario e dissacratore del malinconico sembra così, oltre che la spia di un malessere e di una patologia, anche lo strumento di una critica della società e dei suoi valori mondani. La malinconia, in questo testo, è una malattia universale; la proliferazione barocca delle citazioni e delle referenze non ’è soltanto lo strumento estrinseco di uno stile e di una retorica; è anche il tentativo di esaurire l’argomento, senza lasciare vuoti e lacune. Tutti i saperi dell’Occidente vengono rivisitati e sezionati, per poi ricomporsi nella fitta trama di un mosaico multicolore: dalla teologia alla medicina, dalla filosofia alla morale, dal diritto alla politica. Nel labirinto di Burton, l’angoscia esistenziale del malinconico diventa l’emblema della condizione umana: l’anatomia della malinconia è dunque, al tempo stesso, anatomia dell’uomo e anatomia del mondo.
Jean Starobinskj, laureato in filosofia e in medicina, insegna alla facoltà di lettere di Ginevra. E già conosciuto dal pubblico italiano per alcune delle sue opere: L’occhio vivente (Torino 1975), Tre furori (Milano 1978), 1789. I sogni e gli incubi della ragione (Milano 1981), La trasparenza e l’ostacolo (Bologna 1982), Montaigne. Il paradosso dell’apparenza (Bologna 1984). Ha pubblicato vari studi sulla malinconia.
Le Passioni e gli Errori dell’Anima
Alla fine del II secolo dopo Cristo, Galeno uno fra i maggiori medici dell’antichità e i più significativi protagonisti della razionalità scientifica greca – affronta i problemi cruciali dell’antropologia e dell’etica: il rapporto fra malattie del corpo e malattie dell’anima, la genesi e la terapia delle passioni, le origini e la correzione degli errori. Sullo sfondo del discorso galenico sta la secolare questione dei rapporti fra medicina e filosofia, e, all’interno di quest’ultima, l’altrettanto secolare conflitto fra platonismo e stoicismo nel campo dell’etica.
Nelle due opere morali qui tradotte le sole di questo tipo che ci siano pervenute – Galeno sperimenta una varietà di soluzioni non unificabili sistematicamente, ma proprio per questo dotate di uno straordinario interesse per l’ulteriore storia delle passioni e per la genealogia dell’antropologia. Le facoltà dell’anima rappresentano uno sforzo rigoroso di riduzione della patologia comportamentale a una base organica: le deviazioni dell’anima sono il risultato di disfunzioni somatiche, soprattutto cerebrali. Il medico è dunque responsabile dell’igiene mentale della società.
Lo scritto sulle Passioni e gli errori propone invece una pratica di controllo sociale delle passioni, destinata ad attivare meccanismi di autocensura «superegale»; quanto agli errori, la loro correzione è demandata a una terapia dei discorsi e dei pensieri da affidare a un uso generalizzato del metodo geometrico di matrice euclidea. La strategia galenica appare rivolta a un progetto di «modernizzazione» del soggetto antico, tale da metterlo in sintonia con le esigenze della matura società imperiale.
Mario Vegetti è titolare della cattedra di storia della filosofia antica all’università di Pavia. Il suo campo di ricerche include la storia del pensiero filosofico-scientifico greco, considerato prevalentemente secondo un profilo epistemologico, e la storia sociale delle ideologie antiche. Ha tradotto e commentato le opere biologiche di Ippocrate, Aristotele e Galeno; ha inoltre pubblicato Marxismo e società antica, Il coltello e lo stilo, Tra Edipo ed Euclide. E curatore di un’opera collettiva, Introduzione alle culture antiche, di cui è comparso il primo volume, Oralità scrittura spettacolo.
Martino Menghi ha curato l’edizione italiana di opere di storia sociale antica e si occupa attualmente di problemi di storia dell’antropologia greca e latina.
Storia delle Crociate – 2 Volumi
Autore/i: Michaud Joseph-François
Editore: Rizzoli
prefazione di Luigi Malerba, con 100 tavole di Gustave Doré.
vol. 1 pp. 386, vol. 2 pp. 387-764, 100 tavv. b/n, Milano
Sommario:
Prefazione
- Libro primo. Origine e progresso dello spirito delle Crociate (300-1095);
- Libro secondo. Partenza dei Crociati e loro viaggio nell’imperio greco e a traverso dell’Asia Minore (1096-1097);
- Libro terzo. Viaggio dei Crociati verso Antiochia e suo assedio (1097);
- Libro quarto. Gerusalemme – Assedio della santa città – Battaglia d’Ascalona – Considerazioni (1099-1103);
- Libro quinto. Storia del regno di Gerusalemme (1099-1146);
- Libro sesto. La Crociata di Luigi VII e di Corrado (1145-1149);
- Libro settimo. Il regno di Gerusalemme fino alla spedizione di Barbarossa (1151-1188);
- Libro ottavo. Dall’assedio di San Giovanni d’Acri fino al termine della terza Crociata (1187-1190);
- Libro nono. Fine della quarta Crociata – I tedeschi in Palestina (1193-1198);
- Libro decimo. La quinta Crociata – Le imprese dei Veneziani (1198-1203);
- Libro undicesimo. Dalla restaurazione di Isacco l’Angelo alla morte di Baldovino (1203-1206);
- Libro dodicesimo. Dalla morte d’Almerico fino alla resa di Damietta (1200-1221);
- Libro tredicesimo. Crociata di Federigo II – Crociata del re di Navarra (1222-1241);
- Libro quattordicesimo. I Tartari – Il Concilio di Lione – Prima Crociata di San Luigi (1242-1249);
- Libro quindicesimo. Dalla morte di Amauri fino alla resa di Damiata, fatta dai Crociati (1249-1250);
- Libro sedicesimo. Continuazione e fine della prima Crociata del re di Francia San Luigi (1250-1254);
- Libro diciassettesimo. Seconda Crociata del re San Luigi di Francia (1255-1271);
- Libro diciottesimo. Caduta delle colonie cristiane in Oriente (1271-1290);
- Libro diciannovesimo. Tentativi di nuove Crociate contro i Turchi (1291-1453);
- Libro ventesimo. Ultime Crociate contro i Turchi (1453-1590).
Appendice
Rapporto Caisse – È Possibile Guarire dal Cancro con le Erbe?
La vera storia di un infuso canadese contro il cancro e delle migliaia di vite che esso continua a salvare.
Autore/i: Thomas Richard
Editore: Edizioni La Goliardica Pavese
traduzione dall’inglese di Silvia Mariani.
pp. 198, ill. b/n e colori, Pavia
Rapporto Caisse presenta le vicende inerenti FlorEssence, un infuso di erbe rivelatosi incredibilmente efficace nella cura del cancro; una terapia assolutamente naturale che ha restituito la salute a migliaia di vittime del cancro molte delle quali – a giudizio dei medici – in fase terminale.
In Nordamerica FlorEssence è stato violentemente avversato dalla medicina ufficiale, ma da molti è stato definito una cura miracolosa; è stato propagandato da luminari della medicina e sperimentato all’interno di istituzioni mediche del massimo prestigio. Anzi, fu proprio uno dei più illustri clinici degli Stati Uniti e medico curante del presidente Kennedy, il Dr. Charles Brusch a contribuire al perfezionamento della formula originale, guarendo poi se stesso da un cancro intestinale con il solo uso di FlorEssence, e ottenendo “eccezionali risultati” con lo stesso su pazienti affetti da cancro nel suo ospedale, a Cambridge (Massachusetts).
Le testimonianze di guarigione e le dichiarazioni di illustri medici che abbiamo voluto accludere con traduzione a fronte, sono solo una minima parte di quelle realmente pervenute.
Rene Caisse, un’infermiera canadese, e la donna cui si deve l’eccezionale scoperta dell’antico infuso di erbe (oggi chiamato FlorEssence) usato dagli indiani Ojibwa come terapia anticancro.
A dispetto degli ostacoli frapposti dalle autorità Rene ha curato con successo migliaia di malati terminali per oltre cinquant’anni senza mai chiedere alcun compenso per i suoi servizi o tentare di trarre vantaggio dalla sua straordinaria scoperta.
“Posso sinceramente affermare che in molti casi sono riuscita ad arrestare il corso della malattia (cancro) mentre in altri casi più sfortunati ho potuto prolungare la vita. In realtà, nella totalità dei casi, il dolore e la sofferenza venivano alleviati (…)” (R. Caisse).
«I risultati da noi conseguiti su migliaia di pazienti di etnie, sessi ed età diversi affetti da ogni tipo di cancro dimostrano, al di là di ogni dubbio, che FlorEssence è una terapia contro il cancro. Inoltre, studi effettuati in laboratori degli Stati Uniti e del Canada rafforzano questa consapevolezza.» (dr Charles A. Brusch)
Richard Thomas, da dieci anni a questa parte, rinomato copywriter nel fiorente settore della salute e della forma fisica, spinto dall’ampliarsi delle sue prospettive spirituali, ha scelto recentemente di dedicare il proprio talento a opere di approfondita divulgazione di quelle che considera i più importanti e sconosciuti ritrovati nel campo della medicina naturale. Il Rapporto Caisse vuole essere il primo di una lunga e proficua serie di suoi contributi al fine di illuminare il pubblico sul miracolo divino della guarigione naturale. Richard Thomas vive in California, a Los Angeles, con la moglie, un gatto e due cani.
La Ricerca Antropologica
Venti studi sulle società primitive – Volume Secondo
Autore/i: Autori vari
Editore: Giulio Einaudi Editore
a cura di Joseph B. Casagrande, traduzione di Luciana Pecchioli.
pp. 676, Torino
Nel secondo volume:
Un riformatore del suo popolo di David G. Mandelbaum.
L’omda di Jan Cunnison.
Mnchona il calabrone, interprete religioso di Victor W. Turner.
Il mio «boy» Manta di Ethel M. Albert.
Lo stregone spaventato di Laura Bohannan.
Champukwi del villaggio dei Tapiri di Charles Wagley.
Ohnainewk, cacciatore eschimese di Edmund Carpenter.
Il mio interprete Crow di Robert H. Lowie.
Un uomo politico Navaho di Clyde Kluckhohn.
Jobn Mink, informatore Ojibwa di Joseph B. Casagrande.
Un soldato americano del pueblo di John Adair.
Un fabbricante di farmachi Seminole di William Sturtevant.
Le Parole di Gesù
Le Preghiere, i discorsi, i dialoghi e i suoi detti
Autore/i: Anonimo
Editore: Rizzoli
introduzione e cura di Piero Rossano, traduzione di Remo Costanzo.
pp. 320, Milano
Studiosi protestanti e cattolici del nostro secolo hanno indagato a fondo sulla trasmissione e la redazione delle parole di Gesù, giungendo a risultati, sostanzialmente condivisi e accettati.
Nella fissazione delle parole di Gesù si sarebbero succeduti tre stadi: il primo e quello che coincide con la vicenda storica sua e dei suoi discepoli; il secondo è quello della comunità primitiva formatasi dopo la Risurrezione e la Pentecoste, che ne raccolse, comprese e trasmise gli insegnamenti; il terzo è quello dei quattro evangelisti che tra gli anni 60 e 90 raccolsero e redassero per iscritto il materiale della tradizione evangelica, selezionandolo e organizzandolo, secondo un disegno corrispondente al fine e ai lettori ai quali si rivolgevano, non senza lasciarvi l’impronta della propria personalità. Le parole di Gesù sono state trasmesse e attestate nello specchio della comprensione dei discepoli, illuminata dalla fede. All’origine delle parole evangeliche di Gesù c’è una comunità che ha avuto, udito, e attesta perché ha creduto. Il problema storico e letterario degli ipsissima verba Jesu trova perciò soluzione facendosi strada tra l’impossibile illusione di un letteralismo ingenuo e il radicalismo preconcetto di chi vorrebbe riconoscere a Gesù soltanto quelle parole ed espressioni che presenterebbero discontinuità e rottura con il Giudaismo dell’epoca, e quelle che escluderebbero la fede dalla comunità postpasquale. Il Concilio Vaticano II ha espresso in una pagina della Costituzione dogmatica Dei Verbum (n. 19) una posizione calibrata sulla storicità dei Vangeli, e quindi delle parole di Gesù, una posizione che merita di essere conosciuta come documento del sentire della Chiesa cattolica oggi, che mira a contemperare le esigenze dal dialogo ecumenico tra le Chiese con quello della tradizione e della ricerca scientifica contemporanea.
Piero Rossano (1923-1991) è stato Vescovo Ausiliario di Roma per la cultura e Rettore della Pontificia Università Lateranense. Ha pubblicato diverse opere di esegesi biblica e di scienza delle religioni, tra cui il «Nuovo Testamento», Torino, UTET, 1963.
Il Papa non Eletto
Giuseppe Siri cardinale di Santa Romana Chiesa
Autore/i: Lai Benny
Editore: Editori Laterza
prima edizione.
pp. 424, Bari
Più volte sollecitato di candidarsi al papato, non eletto per pochi voti nell’ultimo conclave dell’ottobre 1978, Giuseppe Siri, cardinale a Genova, è stato indiscusso protagonista della vita della Chiesa per più di mezzo secolo.
Lo sviluppo della società nazionale, l’attenzione per il mondo sovietico, il rinnovamento delle istituzioni ecclesiastiche sono i temi che più lo hanno impegnato, e che sono stati alla base dei suoi intensi rapporti – per la prima volta divulgati in questa biografia – con religiosi, politici e diplomatici italiani e stranieri.
I diari del Concilio Vaticano II, redatti dal cardinale, consentono di approfondire i risvolti del grandioso avvenimento rivelandone inediti retroscena.
La biografia segue la traccia del racconto, fatto dal cardinale all’autore del libro, durante trenta anni di fiduciosa assiduità.
Benny Lai e giornalista e studioso della politica della Santa Sede. Ha pubblicato Vaticano sotto voce (Milano 1961), Vaticano aperto (ivi 1968), Montini (ivi 1969), La seconda Conciliazione (Firenze 1978), Finanze e finanzieri vaticani fra 1800 e il ’900. Da Pio IX a Benedetto XV (Milano 1979), e, per i nostri tipi, I segreti del Vaticano da Pio XII a papa Wojtyla (1984).
La Ricerca dell’Infinito – Teatro e Spiritualità in Francia
Autore/i: Autori vari
Editore: Ente dello Spettacolo – Edizioni Logos
unica edizione, a cura di Angelo Libertini e Claudio Siniscalchi.
pp. 140, Roma
«La ricerca dell’infinito» raccoglie gli atti di due importanti convegni: il primo riservato al «Teatro spirituale in Europa: Francia», e il secondo riguardante «Il mito di Jean Cocteau: lo spirito e la poesia».
Nella prima raccolta di interventi vengono analizzate, da studiosi italiani e francesi, le tematiche del teatro spirituale francese del Novecento, con riferimento ad un ampio ventaglio di autori, spaziando da Claudel a Bernanos, da Ionesco a Beckett, e anche con attenzione ad autori normalmente non considerati fra gli «spirituali», come Genet, Camus, Sartre.
La seconda raccolta, invece, propone una lettura dell’opera cinematografica e teatrale del geniale artista Jean Cocteau in una prospettiva inedita, che evidenzia l’afflato poetico di uno dei più eclettici e discussi autori del Novecento come inevitabile proiezione verso una dimensione spirituale.
Fra questi due contributi, un documento di eccezionale interesse, sconosciuto in Italia: gli stralci di alcune lezioni tenute dal grande attore Louis Jouvet al Conservatoire di Parigi fra il 1939 e il 1940, sul tema di Elvire (personaggio del Dom Juan di Molière) «toccata dalla Grazia».
Vita di Gesù Cristo
Autore/i: Ricciotti Giuseppe
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
con una introduzione critica, prefazione e introduzione dell’autore.
pp. 768, Milano
La vita di Gesù, sia dal punto di vista religioso che da quello puramente storico, ha sempre attratto e messo alla prova intelligenze di prim’ordine. Cosi se ne sono interessati, per esempio, uno Strauss, un Mauriac, un Loisy e altri, fino a Robert Aron, col recente Gli anni oscuri di Gesù.
E s’intende che ciascun autore vi ha messo implicitamente parte della propria personalità, saggiando tradizione, storia, leggenda e dando ai fatti e all’insieme quella che il Ricciotti chiama “coloritura”. Coloritura nella quale si manifestano necessariamente idee e convinzioni di chi scrive. In quanto a Ricciotti, ecco come chiarisce: «Ho voluto fare opera esclusivamente storico-documentaria: ho ricercato cioè il fatto antico e non la teoria moderna, la sodezza del documento e non la friabilità d’una interpretazione in voga; ho perfino osato imitare la nota “impassibilità” degli evangelisti canonici…
Ho mirato, dunque, a far opera di critica». Premessa giustificatissima dato che con il problema della predicazione di Gesù, si identifica quello dell’essenza stessa del Cristianesimo; da qui la necessità del vaglio accuratissimo delle fonti storiche, dell’abbondanza di riferimenti, di commenti a passi evangelici, delle esegesi eruditamente filologiche di cui quest’opera abbonda. La profonda analisi del variopinto mondo precristiano, del sincretismo religioso pagano di fronte alla mentalità assolutistico-religiosa della società ebraica del tempo (pur cosi variamente composita), l’attenzione dedicata a sette come quella degli Esseni (cui tanta importanza hanno dato le molteplici scoperte del Mar Morto), fanno della Vita di Gesù Cristo un classico della cristologia.
Giuseppe Ricciotti, nato a Roma nel 1890, è morto in quella città nel gennaio del 1964. Ordinato sacerdote nel 1915, cappellano degli Arditi durante la guerra 1915-18, decorato al valor militare, fu uno dei più noti studiosi di questioni orientali e di, storia del Cristianesimo primitivo. Insegnò alle università di Roma, Genova, Bari; fu redattore della Enciclopedia Treccani e iniziatore dell’Enciclopedia Cattolica. Traduttore della Bibbia (Libro di Geremia, Lamentazioni, Cantico dei Cantici) e di altri testi sacri, scrisse diverse opere storiche: Storia d’Israele, L’imperatore Giuliano l’Apostata, Paolo Apostolo, Gli Atti degli Apostoli, La “Era dei martiri” e altre. Ma l’opera che gli valse la notorietà in tutto il mondo fu appunto questa Vita di Gesù Cristo, edita nel 1941, la cui prima idea risale alla grande guerra, allorché l’Autore si trovò, gravemente ferito, in un ospedaletto da campo («Notte e giorno il vallone rintronava dello schianto delle granate, attorno a me gridavano feriti e rantolavano moribondi… pensai che, se fossi sopravvissuto, avrei potuto scrivere una Vita di Gesù Cristo…»).
L’Arte Giapponese della Guerra
Autore/i: Cleary Thomas
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
introduzione dell’autore, traduzione di Paola Pierani.
pp. 176, Milano
Per avvicinarsi alla complessa realtà giapponese è necessario analizzare a fondo i meccanismi che hanno regolato nel corso dei secoli l’etica militare del Giappone. La civiltà nipponica, infatti, ha radici tanto profonde nell’arte marziale che la forma mentis del guerriero è rimasta impressa nell’inconscio individuale e collettivo della nazione e determina ancora oggi le peculiarità caratteriali di questo popolo. Anche nel Giappone attuale le relazioni politiche e professionali, gli aspetti legati alla sfera sociale e culturale come pure le istituzioni e le arti si modellano sugli schemi del Bushido, il codice morale dei Samurai. Solo conoscendo la strategia bellica e la dottrina Zen a essa collegata sono comprensibili, ad esempio, atteggiamenti come l’Arte del vantaggio o tattiche come quella della mistificazione, tipiche della civiltà giapponese e quasi indecifrabili per gli occidentali. L’autore analizza i fondamenti dell’arte della guerra citando fonti originali – in particolare Il libro dei cinque anelli, uno dei testi cardine della letteratura Zen – e inquadrando il fenomeno anche da un punto di vista storico.
Fa’ uso della collera per confonderli, dell’umiltà per renderli arroganti, fa’ crollare i loro nervi con l’arguzia, sii fra loro motivo di discordia.
Attaccali quando sono impreparati, sferra il colpo quando meno se lo aspettano. Sii tanto sottile da essere informe, tanto silenzioso da essere impercettibile. Solo così potrai essere artefice del destino dei tuoi nemici. (Sun Tzu. L’arte della guerra)
Thomas Cleary è docente all’Università di Harvard di Lingue e civiltà dell’Asia orientale, è un seguace del Buddhismo. Ha vissuto per sei anni in Giappone. Ha tradotto oltre trenta tra i più importanti testi sacri cinesi e giapponesi. Tra le sue opere, sono state pubblicate per Mondadori: L’arte giapponese della guerra, I Ching, Il Dhammapada, L’essenza del Tao, Il libro degli insegnamenti di Lao-tzu, Il libro del comando e della strategia, Il libro dell’equilibrio e dell’armonia, La saggezza di Confucio.
Il Libro Tibetano dei Morti
La grande liberazione attraverso l’udire nel Bardo
Autore/i: Padmasambhava
Editore: Ubaldini Editore
nuova traduzione dal tibetano, commento e cura di Chögyam Trungpa Rinpoche e Francesca Fremantle, introduzione di Francesca Fremantle.
pp. 116, ill. b/n, Roma
Questo libro potrebbe essere anche chiamato “Il libro tibetano della nascita”, giacché non si riferisce alla morte come tale ma a un concetto di morte completamente diverso. É un “Libro dello spazio”. Lo spazio contiene nascita e morte, lo spazio crea l’ambiente in cui si agisce, si vive e si respira; è l’ambiente fondamentale che fornisce l’ispirazione di questo libro.
Il Bardo Thötröl appartiene a una serie di istruzioni sui sei metodi di liberazione: attraverso l’udire, attraverso l’indossare, attraverso il vedere, attraverso il ricordare, attraverso il gustare e attraverso il toccare. I testi di queste istruzioni furono composti da Padmasambhava e sepolti sui monti Gampo nel Tibet centrale, dove, più tardi, il grande maestro Gampopa fondò il suo monastero. Molti altri testi e oggetti sacri furono sepolti ovunque in vari luoghi del Tibet, e sono noti come terma, ‘tesori nascosti’.
Padmasambhava trasmise il potere di scoprire i terma ai suoi venticinque discepoli principali e i testi del Bardo furono scoperti da Karma Lingpa, incarnazione di uno di quei discepoli.
Liberazione qui significa che chiunque venga in contatto con questo insegnamento (sia con dubbi che a mente aperta) sperimenta, per il potere di trasmissione contenuto in questi tesori, un improvviso lampo di illuminazione.
Karma Lingpa apparteneva alla tradizione Nyingma, ma i suoi discepoli erano tutti di tradizione Kagyü. Egli trasmise i sei insegnamenti a DödölDorje, tredicesimo Karmapa, che a Sua volta li trasmise a Gyurme-Tenphel, ottavo Trungpa. La trasmissione di questi insegnamenti fu tenuta viva nei monasteri di Surmang, della linea di discendenza dei Trungpa, e da lì, di nuovo, essi si diffusero nella tradizione Nyingma.
Il Bardo Thötröl tratta della natura della mente e delle sue proiezioni – meravigliose o terribili, pacifiche o irate – che sembrano esistere oggettivamente e abitare nel mondo esterno. In particolare descrive queste proiezioni come appaiono immediatamente dopo la morte, molto più incombenti dal momento che la coscienza non è più ancorata e difesa dal suo legame con un corpo fisico. Il Bardo insegna a riconoscere queste forme terrificanti e seducenti e a raggiungere, grazie a tale riconoscimento, lo stato dell’illuminazione.
Chögyam Trungpa Rinpoche, nato in Tibet nel 1939 e morto negli Stati Uniti nel 1987, tra i primi maestri a presentare il buddhismo in lingua inglese, fu riconosciuto a un anno e mezzo come l’undicesima reincarnazione di Trungpa Tulku. Dopo aver completato gli studi nelle scuole Kagyü e Nyingma, divenne erede e maestro di meditazione dei lignaggi di Milarepa e Padmasambhava. Fuggito dal Tibet in seguito all’occupazione cinese del 1959, passò tre anni in India e poi si trasferì a Oxford, dove studiò religioni comparate, filosofia, psicologia, arte e lingue. Stabilitosi in America nel 1970, fondò numerose comunità contemplative buddhiste che facevano capo al Vajradhatu, l’organizzazione da lui istituita negli Stati Uniti, e la prima università americana di ispirazione buddhista, la Naropa University.
Magnificat
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
Autore/i: Dupuy Jacqueline
Editore: Edizioni Rem
presentazione di P. Gabriele M. Roschini.
pp. 176, Roma
Ciò che si vede,
ciò che si tocca,
ciò che si vive
sembra più reale
alla sensibilità dei nostri contemporanei
delle speculazioni
anche più logiche
e più elevate.
Questo libro
richiama l’esperienza concreta e quotidiana
d’una creatura perfettamente pura
in un mondo che non lo era.
La Vergine Maria.
Il Medio Evo
Le ha eretto cattedrali,
tutte le epoche
L’hanno onorata e pregata.
Spettava al nostro tempo
farla rivivere
e ascoltarla semplicemente
raccontarci
la Sua storia.
Autobiografia di Malcolm X
La testimonianza più drammatica sulla riscossa dei neri d’America
Autore/i: Malcolm X
Editore: Giulio Einaudi Editore
Redatta con la collaborazione di Alex Haley, introduzione, traduzione e note di Roberto Giammarco.
pp. XII-516, Torino
Sono bastati pochi anni a misurare l’importanza dell’esperienza che Malcolm X è riuscito a trasmettere ai neri d’America, che oggi guardano a lui come ad un autentico profeta. Prima di cadere assassinato nel 1965, Malcolm X riuscì a dettare ad un giornalista il racconto della propria vita: da rapinatore e trafficante di stupefacenti – attraverso la metamorfosi maturata in carcere – a leader politico prestigioso. Questa Autobiografia è una testimonianza drammatica dall’inferno di una condizione umana, un documento «politico» denso di implicazioni, una lettura sconvolgente.
Le Porte di Luce
La Pasqua – Il Wesak – La Grande Invocazione
Autore/i: Seven Rays Core
Editore: Edizioni Synthesis
prefazione dell’editore.
pp. 120, ill. b/n, Pinasca (TO)
La Pasqua, il Wesak e la Giornata Mondiale dell’Invocazione rappresentano il fulcro della nuova spiritualità, collegata ai Pleniluni.
- Il Plenilunio è l’apertura di una PORTA di comunicazione con i mondi spirituali.
- Ogni uomo e ogni donna possono, in questi momenti particolari, cooperare con i Grandi Esseri che guidano il destino dell’Umanità.
- Fra tutti i Pleniluni quello dell’Ariete, del Toro e dei Gemelli rivestono un’importanza speciale.
Un libretto di istruzioni su come vivere spiritualmente il NUOVO MILLENNIO.
Prefazione
I Pleniluni
Il Ritmo
Il Ritmo Mensile
Sinossi
Le Feste e il Ciclo
Il Solstizio d’Inverno e il Natale
– Il Perdono
– Piantare il Seme
La Pasqua
– Morte e Risurrezione di un Dio-Uomo
– Il Simbolo della Croce
– Il Passaggio
– Le Forze di Resurrezione
– La divulgazione
– Gli scopi del Wesak
– Dopo il 1946
– La decisione del Buddha
– Il 1981
– La nuova nota
– Riconoscimenti
– La Festa della Luce
– Cultura ed Educazione
– La Cerimonia dell’Acqua
La Giornata Mondiale dell’Invocazione
– La Grande Invocazione
– Risolve i problemi dell’Umanità
– Il significato
– Come si pronuncia
La preparazione alle Feste
La purificazione
Meditazione di gruppo per il plenilunio
Le note appropriate ad ogni segno zodiacale
Lessico schema di meditazione
Bibliografia
Un solo Wesak
Né Eva né Maria
Condizione femminile e immagine della donna nel Medioevo
Autore/i: Autori vari
Editore: Zanichelli Editore
introduzione e cura di Michela Pereira.
pp. 152, Bologna
Eva e Maria, peccatrice e madre del Salvatore, tentazione e ideale: è l’ambigua immagine medievale della donna. Ma, dietro l’immagine, chi erano nella realtà le donne, e come vivevano? La risposta a questa domanda non è scontata, e comunque non trova concordi gli studiosi: non solo su singoli particolari, ma sulle stesse linee di fondo della storia delle donne nel Medioevo. Alcuni ritengono che dall’Alto Medioevo, caratterizzato da una totale sottomissione delle donne all’istituzione familiare, si passi dopo l’XI secolo a condizioni di vita migliori (diminuzione dell’infanticidio femminile, allungamento della vita delle donne, ingresso nell’attività lavorativa, ecc.), e di conseguenza a una maggiore considerazione della figura femminile nella letteratura e nella coscienza comune (si pensi soltanto alla tematica dell’amor cortese). La maggiore attenzione portata alla trattatistica morale conduce invece altri studiosi a sottolineare la continuità di idee e atteggiamenti misogini (o addirittura il loro culminare e precisarsi nell’età della Scolastica), lungo tutto l’arco di questo periodo e oltre. Per spiegare queste divergenze così radicali, occorre tener presente che l’interesse per la storia delle donne si è rinnovato solo di recente e che i risultati delle ricerche sono ancora parziali. A ciò si aggiunge il silenzio quasi totale delle donne medievali (pochissimi scritti femminili ci sono rimasti), e quindi la necessità di utilizzare fonti prevalentemente maschili.
Questa antologia si propone di fare il punto sulla letteratura esistente sui vari aspetti della condizione femminile nel Medioevo: le donne nel lavoro e nella produzione, la loro condizione giuridica, la loro partecipazione alla vita della Chiesa e ai movimenti ereticali; le nascenti tematiche amorose, l’educazione delle donne, la presenza femminile nella letteratura, le opinioni di teologi e filosofi sulle donne, il ruolo della medicina nella determinazione dell’inferiorità femminile.
Il libro, che si apre con un’ampia introduzione, contiene brani di D. Herlihy, A. Lehmann K. Casey, M. Bellomo, R. Metz, B. M. Bolton, E. McLaughlin, R. Nelli, E. Power, R. Lejeuue, M. Th. D’Alverny, V. L. Bullough. Completa il volume un’ampia nota bibliografica ragionata.
Michela Pereira è ricercatrice di storia della filosofia presso la Facoltà di lettere dell’Università di Firenze. Si è occupata di vari aspetti della cultura filosofica e scientifica del Medioevo, fra cui la trattatistica sulle donne. Fa parte del Comitato di redazione di «Memoria. Rivista; di stona Selle donne».
Distruggere la Palestina
La politica israeliana dopo il 1948
Autore/i: Reinhart Tanya
Editore: Marco Tropea Editore
introduzione dell’autrice, postfazione di Ugo Tramballi, traduzione di Silvia Lalia.
pp. 256, 1 cartina b/n, Milano
Gli israeliani la chiamano guerra d’Indipendenza, i palestinesi Naqba, la catastrofe.
Lo Stato d’Israele nasce, nel 1948, con la cacciata di oltre settecentomila palestinesi dalle loro terre, a cui non hanno più fatto ritorno. Tanya Reinhart, giornalista e professoressa all’università di Tel Aviv, è cresciuta nella convinzione che quel peccato originale si potesse perdonare perché commesso per esorcizzare il timore di un nuovo olocausto.
Ma nel 1967, a seguito di una nuova guerra a vasto raggio che ha portato all’invasione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle alture del Golan – territori tutt’oggi occupati – Israele ha dimostrato di non accontentarsi della patria riconquistata. In preda a una sindrome da accerchiamento, la leadership politica non ha tenuto in conto le conseguenze di una simile operazione, ma lo scoppio della prima Intifada ha mostrato al popolo israeliano quanto fosse alto il prezzo di quella politica di occupazione militare.
Nel 1993, dopo il vertice di Oslo e la stretta di mano fra Rabin e Arafat, il ritiro dai Territori occupati e la formazione di uno stato palestinese sembravano imminenti. Non è stato così. Sette anni dopo, le condizioni dei palestinesi nella Striscia di Gaza erano nettamente peggiorate e tutte le speranze che gli accordi avevano alimentato erano svanite. Per Reinhart, gli anni successivi a Oslo – dal governo di Barak allo scoppio della seconda Intifada, passando per Camp David – costituiscono il periodo più buio dell’intero conflitto.
L’autrice ripercorre proprio quest’ultimo decennio per illustrare come la strategia messa in atto da Israele non vada interpretata alla stregua di una risposta al terrore o di una forma di autodifesa, ma come il risultato di un disegno architettato e attuato sistematicamente: l’espulsione completa del popolo palestinese dalla Terra Santa. Un disegno che risulta chiaro dalle stesse parole di Sharon, quando definisce l’attuale conflitto con i palestinesi come “la seconda parte della guerra del 1948”.
Distruggere la Palestina offre un’analisi basata su una puntuale ricostruzione dei fatti e sulle dichiarazioni degli esponenti politici dei due fronti. A raccontare la tragedia dei palestinesi è la voce di un’intellettuale israeliana che da anni si batte per contrastare i luoghi comuni imposti dalla propaganda e diffusi anche dai principali media occidentali.
“Oggi a Gaza la situazione è questa: seimila coloni israeliani occupano circa un terzo dell’area e un milione di palestinesi sono ammassati negli altri due terzi. Circondati da recinzioni elettrificate e postazioni militari, segregati dal mondo esterno, i territori di Gaza si sono trasformati in un enorme ghetto.”
“L’analisi implacabile di Tanya Reinhart non potrebbe essere più attuale. Una lettura che suscita riflessioni profonde.” (Noam Chomsky)
“Distruggere la Palestina è una critica radicale della politica di Israele nei confronti del popolo palestinese. Questo libro andrebbe letto da ogni americano che, forse senza saperlo, per trentacinque anni ha sovvenzionato l’occupazione militare di Israele.” (Edward W. Said)
“Il libro di Tanya Reinhart rivela l’inganno di cui sono stati vittime i palestinesi, spesso con il consenso della loro stessa autorità.” (Le Monde)
Tanya Reinhart, israeliana, è docente di linguistica alle università di Tel Aviv e di Utrecht. Dal 1993, dopo gli accordi di Oslo, scrive su temi di politica mediorientale. Tiene una rubrica bisettimanale sul maggiore quotidiano israeliano, Yediot Aharonot, e pubblica articoli su testate internazionali.
Il Fiume al Centro del Mondo
Autore/i: Winchester Simon
Editore: Neri Pozza Editore
traduzione di Stefano Di Marino.
pp. 448, ill. b/n, Vicenza
Vi sono fiumi che racchiudono simbolicamente la storia del paese che attraversano: uno di questi è certamente lo Yangtze, che scorre per tutta la sua lunghezza in territorio cinese. Il «Lungo Fiume» – così lo chiamano i cinesi – nasce tra le montagne ai margini del Tibet e percorre circa 6300 chilometri in terra aspra prima di sfociare nelle acque del Mar Cinese Orientale. Lungo il suo corso, incontra i paesaggi più disparati – incomparabili bellezze naturali insieme con spettrali reperti industriali – e accoglie le etnie più varie. Collegando il cuore interno della terra cinese a Shanghai, la metropoli della costa, lo Yangtze è la porta aperta della Cina sul mondo.
Seguendo il sogno del suo autore (risalire la corrente dello Yangtze – da Shanghai su per le pianure centrali fino alle pendici della catena himalayana – e ripercorrere a ritroso la millenaria storia cinese), questo libro ci conduce nell’anima stessa del Regno di Mezzo. Di volta in volta reportage, cronaca di costume, narrazione storica e racconto d’avventura, nelle sue pagine riviviamo, per esempio, gli anni dei difficili rapporti tra le compagnie commerciali europee e i mandarini manchu, l’atmosfera peccaminosa della Shanghai dominata dai gangster, lo stupro di Nanchino (il massacro perpetrato dagli invasori giapponesi nel ’37), e le feroci lotte all’interno del Partito Comunista durante la Rivoluzione Culturale.
Accanto a ritratti d’ambiente e racconti d’epica quotidiana (come la straordinaria caccia ai baiji, i delfini del fiume, la lotta immane per arginare le grandi piene estive, il tentativo di dominare lo Yangtze erigendo una nuova Grande Muraglia sulle sue acque, la grandiosa e contestatissima Diga delle Tre Gole) s’incontrano personaggi tragici o buffi ma sempre «veri», e luoghi di «culto» come il guado di Jiaopingdu, una delle tappe fondamentali della Lunga Marcia di Mao. Sempre, il racconto scorre tranquillo o turbinoso come il grande fiume che lo ispira, creando a sua volta un paesaggio di uomini, eventi e leggende che compongono il ritratto vivo e palpitante di un «pianeta» la cui Storia si specchia nelle acque del «suo» grande fiume.
«Un paese grandioso, un fiume leggendario, un viaggiatore appassionato, un libro memorabile». (Tiziano Terzani)
«La geografia umana e la storia si alternano in un racconto di grande fascino». (Diario)
«Un sogno realizzato, mix appassionante di reportage, cronaca di costume, narrazione storica e racconto d’avventura. E su tutto lo scorrere lento e inesorabile delle acque del fiume». (La Repubblica)
Simon Winchester, inglese, reporter di fama internazionale, vive oggi a New York, dopo aver soggiornato a lungo a Hong Kong, in Africa e in India. È autore di numerosi best-seller, tra cui The Sun Never Sets, Pacific Rising, The Professor and the Madman e The Map That Changed the World.