Libri dalla categoria Civiltà Slava
Il Re Sole
Vita privata e pubblica di Luigi XIV
Autore/i: Gerosa Guido
Editore: Edizione Mondolibri
pp. 520, Milano
Incoronato re a cinque anni, Luigi XIV assume il potere nel 1661, appena ventitreenne: guiderà la Francia per oltre mezzo secolo, portando il paese a dominare la vita politica e culturale europea.
Forse non pronunciò mai la famosissima frase «Lo Stato sono io», ma senza dubbio agì seguendo questo principio.
Durante il suo regno piegò e umiliò i nobili, verso i quali nutriva un sordo rancore dal tempo della rivolta della Fronda; disegnò il modello perfetto di monarchia assoluta, concependo l’idea di un dispotismo che anticipava quello illuminato del Settecento; perfezionò la struttura istituzionale dello Stato, accentrando i poteri e le ricchezze a Parigi; promosse l’industria e la marina; conquistò nuove terre.
Non si occupò tuttavia soltanto di politica e di economia. Amante di ogni espressione artistica, fu un generoso mecenate: aprì accademie, incoraggiò artisti, protesse Racine, Boileau, La Fontaine, Molière, Madame de Sévigné. Il suo capolavoro fu Versailles, dove chiamò alcuni fra i più grandi architetti, scultori e pittori d’Europa a realizzare la splendida reggia e i meravigliosi giardini.
Nonostante l’indiscutibile primato raggiunto in quegli anni dalla Francia, non mancò chi, come Saint-Simon e i maestri della storiografia romantica, da Michelet a Lavisse, lo denigrò e creò la sua «leggenda nera», imputandogli le troppe guerre, i saccheggi e i disastri economici che avrebbero in seguito dato luogo alla Rivoluzione del 1789.
Guido Gerosa, giornalista e autore di importanti biografie storiche, traccia in queste pagine uno straordinario ritratto del Re Sole l’infanzia solitaria, l’educazione politica sotto la guida di Mazzarino, la ferma opera di governo, la passione per l’arte, ma anche l’infelice matrimonio con Maria Teresa infanta di Spagna, gli intrighi amorosi, la movimentata vita di corte ricostruendo, oltre alla figura del più grande tra i sovrani francesi, un’intera epoca.
Guido Gerosa, nato a Fiume, si è laureato in legge all’università degli Studi di Milano. Giovanissimo, ha iniziato a collaborare al quotidiano «La Notte». Inviato speciale e corrispondente dagli Stati Uniti per «Epoca» e «L’Europeo» negli anni Sessanta e Settanta, è stato direttore di «Epoca» e vicedirettore del «Giorno». Dal 1987 al 1992 è stato senatore della Repubblica.
Ha pubblicato numerosi libri, fra cui ricordiamo: I cannoni del Sinai (1975), Carlo V(1990) e Napoleone (1995). E morto a Milano il 15 febbraio 1999.
Principesse e Cortigiane
Le più belle dell’Ottocento
Autore/i: Innocenti Marco
Editore: U. Mursia Editore
introduzione dell’autore.
pp. 278, nn. foto b/n, Milano
Rivoluzionarie appassionate o affascinanti simboli della reazione, spregiudicate o devote amanti, nevrotiche o crudeli, misteriose o ingenue: sono le donne dell’Ottocento, anima inquieta di un secolo di guerre e rivoluzioni. Principesse e cortigiane, artiste e intellettuali, danzatrici e spie, sono donne tragiche e coraggiose che la storia ufficiale ha relegato sullo sfondo di un secolo ricco di eventi e di cambiamenti ma dominato dagli uomini. Come in romanzo scorrono le loro storie: Maria Waleska, la piccola polacca che amò Napoleone e l’ambigua Mata Hari; la tragica Carlotta d’Asburgo e l’avventurosa Lola Montez, l’inquieta Lou Salomè e la devota Rosina; la colta George Sand e la strepitosa Sarah Bernardt. E ancora: Maria Sofia di Borbone, affascinante simbolo della Restaurazione; Emma Hamilton, trasgressiva e provocatrice; Paolina Bonaparte e l’infelice Sissi. Eroine che hanno vissuto oltre i limiti consentiti della loro epoca e che hanno lasciato tracce indelebili nella Storia.
Marco Innocenti, nato a Milano, giornalista, è articolista del «Sole 24 Ore». Studioso di attualità politica internazionale e di storia contemporanea, ha pubblicato con Mursia molti titoli sull’Italia del Ventennio. Si è occupato di biografie nei saggi: Le signore del fascismo (2001), Edda contro Claretta (2003), Sognando Meazza (2006) e Quando il calcio ci piaceva più delle ragazze (2008). Con Enrica Roddolo ha pubblicato Belle da morire (2002) e Fascino (2004); con Laura Levi Manfredini Le Stelle di Parigi (2005) e Gli anni folli (2007).
Il Libro degli Insegnamenti di Lao-tzu
Autore/i: Cleary Thomas
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
introduzione dell’autore, traduzione di Claudio Lamparelli.
pp. 240, Milano
Gli ultimi insegnamenti sul Tao – La Via – rivelati da Lao-tzu, l’autore del Tao Te Ching, uno dei classici della letteratura mondiale. Lao-tzu, leggendario saggio dell’antica Cina, mostra che il coltivare la semplicità e la spontaneità e essenziale sia all’individuo illuminato, sia al leader saggio. Un’opera senza tempo, che si rivolge anche al lettore contemporaneo come un classico dell’arte di vivere. La prima traduzione italiana del testo cinese Wen-tzu, finora sconosciuto in Occidente, che i cinesi considerano come uno dei grandi classici dell’antico Taoismo, per l’estrema comprensibilità delle sue massime spirituali e la singolare eleganza stilistica.
«Raddrizza il corpo, unifica la visione, e l’armonia del cielo arriverà. Concentra la conoscenza, rettifica le tue valutazioni, e lo spirito giungerà a dimorare in te. Allora avrai a disposizione la Virtù e potrai seguire la Via.»
Thomas Cleary, Ph. D. e docente all’Università di Harvard di Lingue e civiltà dell’Asia orientale, è un seguace del Buddhismo, e ha vissuto sei anni in Giappone. Ha tradotto oltre trenta tra i più importanti testi sacri cinesi e giapponesi. Tra le sue opere, sono state pubblicate in edizione Oscar: Il libro dell’equilibrio e dell’armonia, un saggio sui principi del Taoismo, e L’arte giapponese della guerra.
Importanza di Vivere
Autore/i: Lin Yutang
Editore: Longanesi & C.
prefazione dell’autore, traduzione di Piero Jahier.
pp. 512, Milano
Apparso nel 1937, questo libro si collega idealmente al successivo Importanza di capire come un’unica guida al pensiero e al comportamento moderni filtrati attraverso le esperienze del passato e i frutti della grande filosofia orientale. Ma, a differenza dell’altro libro, che assumerà la forma di un’antologia ragionata, questo Importanza di vivere – splendidamente tradotto in italiano da uno scrittore quale Piero Jahier – si configura come un ininterrotto discorso dell’autore sui temi della vita e del suo «godimento», un contributo omogeneo e personale che pure attinge dalle più illustri come dalle più oscure fonti del pensiero « classico» (orientale in genere, cinese in particolare). Letture le più disparate, ricordi vissuti in prima o in terza persona, esperienze e riflessioni si intrecciano a comporre una summa che risponde a interrogativi fondamentali della nostra esistenza e che ci insegna ora a sopportarne le inevitabili costrizioni, ora ad assaporarne in modo più consapevole le possibilità e i frutti. I temi toccati – la nostra eredità animale, la nostra essenza umana, la vita come una festa, l’importanza di oziare, il godimento della casa o della natura o della cultura, il piacere di viaggiare, i rapporti con la divinità o semplicemente « l’arte di pensare» – sono gli stessi che ciascuno di noi sente di poter o voler indagare, alla ricerca di una pienezza e di una serenità che paiono costantemente sfuggirci. Temi che solo attraverso opere come questa di Lin Yutang ci è possibile cogliere in tutta la loro complessità e insieme in tutta la loro straordinaria vitalità.
Lin Yutang (1895-1976), scrittore cinese, ha studiato a Shanghai, a Harvard, a Lipsia, e ha insegnato filologia inglese presso l’Università di Pechino. Nel 1936 si è trasferito a New York, poi a Parigi, indi ancora negli Stati Uniti. Si è affermato in Occidente con brillanti raccolte di saggi (Il mio paese e il mio popolo, )935), con romanzi (Momento a Pechino, 1939; Quartiere cinese, 1948; Una vedova, una monaca e una cortigiana, 1951), con fortunate antologie (La saggezza della Cina e La saggezza dell’India, 1952). Nel 1984 questa stessa collana ha riproposto il suo Importanza di capire.
Cavalli e Cavalieri
Nella mitologia greca
Autore/i: Sestili Antonio
Editore: Firenze Atheneum
introduzione dell’autore.
pp. 240, nn. ill. b/n, Scandicci (Firenze)
Divinità equestri della mitologia greca – I cavalli della mitologia greca – I cavalieri della mitologia greca.
La posizione centrale, se non proprio dominante, della figura del cavallo nella cultura greca è confermata dalla quantità di opere letterarie, pittoriche e scultoree in cui essa è variamente rappresentata. Spesso il cavallo è evocato come attributo di dei (Atena, Poseidone…) e come creatura fantastica dalle molteplici nature. Attraverso un’attenta e accurata analisi testuale delle più importanti opere classiche l’autore propone un racconto interessante e ampiamente documentato.
Antonio Sestili è nato ad Allumiere, in provincia di Roma, e vive a Grosseto. Laureato in Lettere classiche all’Università di Perugia e docente di Latino e Greco nei Licei classici, ha insegnato oltre che a Roma anche a Viterbo e Todi. Pratica l’equitazione, è Giudice nazionale ed è stato proprietario e allevatore di cavalli. Ha pubblicato versioni greche per i Licei classici: Askemata e Kadmos; è coautore delle antologie di letteratura greca Armonia (3 voll.) e Nuova Armonia (3 voll.) e dell’opera La Letteratura Greca (3 voll.); è inoltre autore di Polis. Società e politica della Grecia antica e delle edizioni commentate di: Omero, Odissea (libro VI); Platone, Critone; Demostene, Sulla pace; Euripide, Medea; Euripide, Troadi; Sofocle, Antigone. Con questa Casa editrice ha pubblicato Cavalli e cavalieri nel mondo antico e L’equitazione nella Grecia antica.
Il Brahmanesimo
Il cuore del pensiero religioso vedico
Autore/i: Angelillo Maria; Mucciarelli Elena
Editore: Xenia Edizioni
pp. 126, Milano
Uno dei momenti fondamentali nella storia dell’India è stato il periodo vedico e in particolare il brahmanesimo, sua espressione religiosa. Questo testo ne traccia l’evoluzione dalle origini fino all’ingresso nell’induismo.
I nuovi concetti introdotti dal brahmanesimo sono quelli del dharma (ciò che ciascuno ha il dovere di fare) e del karma, su cui si basa la dottrina della reincarnazione.
Nel brahmanesimo si svilupparono le tecniche dell’ascesi yoga con l’obiettivo di realizzare l’identità fra l’atman (coscienza individuale) e il brahman (coscienza cosmica). Sul piano sociale s’irrigidì il sistema delle caste, che si moltiplicarono e si specializzarono.
Il Gioco delle Passioni
Dinamiche dei rapporti amorosi
Autore/i: Carotenuto Aldo
Editore: Bompiani
prefazione dell’autore.
pp. 368, Milano
L’intento ambizioso perseguito da Aldo Carotenuto nel suo ultimo lavoro, è quello di offrire ai lettori di ogni fascia d’età un’avvincente e preziosa indagine del mondo delle relazioni, dei sentimenti e dei rapporti interpersonali. Si tratta di un saggio prezioso e fruibile, rivolto a quanti abbiano mai avvertito affiorare nel loro animo interrogativi in merito alle passioni umane, al senso della sofferenza, e alle tante dinamiche che movimentano il regno delle emozioni. Partendo dal presupposto che il nostro benessere psicofisico e il nostro disagio interiore dovrebbero essere letti alla luce del rapporto con gli altri e dei legami che riusciamo a imbastire nel mondo, l’autore illustra le strategie migliori per affrontare e risolvere le problematiche e la sofferenza relative all’universo delle passioni umane. Nei momenti più angoscianti dell’esistenza, quando, per ragioni di vario tipo, ci troviamo immersi in particolari difficoltà, in situazioni di disagio, quando si ha la sensazione di essere precipitati in un abisso cupo e senza fine, la presenza della persona amata al nostro fianco e fondamentale, una vera e propria “ancora di salvezza” a cui aggrapparci con fiducia. Le relazioni con gli altri, però, in particolar modo quelle amorose, si rivelano fonte di sofferenza, di un dolore così acuto da indurre la persona a una chiusura sterile e forzata. Delizia e tormento delle nostre vite, dunque, i rapporti interpersonali hanno realmente su di noi potere di vita e di morte. l meccanismi che regolano questo genere di dinamiche hanno radici profondissime, che giungono fin negli abissi della nostra anima.
Aldo Carotenuto, psicoanalista, è tra le figure più significative dello junghismo italiano e internazionale. È membro dell’American Psychological Association e presidente del Centro Studi di Psicologia e Letteratura. Professore di Psicologia della Personalità all’Università di Roma, ha scritto oltre trenta libri, alcuni dei quali tradotti nelle maggiori lingue europee e in giapponese. Fra le sue ultime opere segnaliamo nelle nostre edizioni: Eros e Pathos, Amare e tradire, La chiamata del daimon, La nostalgia della memoria, La strategia di Peter Pan, Riti e miti della seduzione, Le lacrime del male, L’eclissi dello sguardo, Vivere la distanza, Il lascino discreto dell’orrore, Attraversare la vita, Breve storia della psicoanalisi, Il fondamento della personalità, Diario di una segreta simmetria, L’ultima medusa, L’anima delle donne.
L’Impero di Cindia
Cina, india e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone
Autore/i: Rampini Federico
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
introduzione dell’autore.
pp. 376, 2 cartine b/n, Milano
Sono tre miliardi e mezzo. Sono più giovani di noi, lavorano più di noi, studiano più di noi. Hanno schiere di premi Nobel per la scienza. Guadagnano stipendi con uno zero in meno dei nostri. Hanno arsenali nucleari ed eserciti di poveri. È «Cindia»: Cina e India, il dragone e l’elefante. Cindia non indica solo l’aggregato delle due nazioni più popolose del pianeta: è il nuovo centro del mondo, dove si decide il futuro dell’umanità. Tutto il meglio e tutto il peggio dipende da loro. Le speranze di progresso così come i rischi di catastrofi, il riscatto dalla miseria e la guerra all’inquinamento, la libertà o la repressione, la salvezza o l’orrore: la partita del XXI secolo si gioca qui.
In totale, Cindia e i suoi paesi satelliti (le cosiddette «tigri asiatiche», ma anche il Giappone in una nuova fase di crescita economica) sono cinque volte la popolazione dell’intero continente europeo inclusa la Russia, otto volte l’Unione europea allargata a 25 membri, 13 volte gli abitanti degli Stati Uniti. Più di metà dell’umanità è concentrata in quest’area, ed è questa la metà che cresce. Cresce sia demograficamente che economicamente.
Il dragone e l’elefante si apprestano a riconquistare il posto che appartenne loro per millenni: quello delle due civiltà più antiche, più ricche, più avanzate durante gran parte della storia dell’umanità.
Riemergono infatti, dopo una parentesi di decadenza, due universi che hanno un passato di 5000 anni, una tradizione storica sconosciuta perfino agli europei. Due nazioni che hanno a lungo primeggiato nella scienza e nella tecnica, che hanno dato al mondo alcuni dei più sublimi tesori dell’arte, dove sono nate grandi religioni e importanti filosofie laiche.
Oggi vi è però fra loro una differenza radicale che ne fa due modelli alternativi. L’India è la più vasta democrazia esistente al mondo, un esempio di pluralismo e di tolleranza unico per un paese di quelle dimensioni. Anche la Cina sprigiona un fascino irresistibile, ma di segno opposto: è il più imponente modello di Stato autoritario, funzionale e modernizzatore, che ha saputo in pochi decenni traghettare dalla miseria al benessere 300 milioni di persone.
Federico Rampini si spinge oltre i confini della Cina, per raccontare, in una collezione di storie di vita quotidiana, di ritratti di grandi capitalisti di cui noi ignoriamo persino il nome, e di racconti di viaggio, questo enorme impero nascente. E per cercare di rispondere a una delle domande chiave del nostro futuro: Cina 0 India? Oppure Cindia? Vincerà la ricetta cinese, quella indiana, o un misto fra le due? E con quali conseguenze per il resto del mondo? Come ha giustamente dichiarato Bill Gates: «Tutti mi chiedono che ne sarà della sfida tra Cina e India. Io mi preoccupo di più della nostra sfida contro Cina più India».
Federico Rampini, corrispondente della «Repubblica» da Pechino, ha esordito come giornalista nel 1979 scrivendo per «Rinascita». Già vicedirettore del «Sole 24 Ore» e capo della redazione milanese della «Repubblica», editorialista, inviato e corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco, ha insegnato alle università di Berkeley e Shanghai. È autore di numerosi saggi, tra cui Le paure dell’America (Laterza 2003), Tutti in uomini del presidente. Bush e la nuova destra americana (Carocci 2004), San Francisco Milano (Laterza 2004), Il secolo cinese (Mondadori 2005). Nel 2005 ha vinto il Premio Luigi Barzini per il giornalismo.
Storia del Pensiero Economico
Teorie del valore e della distribuzione da Adam Smith ad oggi
Autore/i: Dobb Maurice
Editore: Editori Riuniti
traduzione di Fabrizio Grillenzoni e Carlo Argenti.
pp. 288, Roma
Sommario:
- Sull’ideologia
- Adam Smith
- David Ricardo
- La reazione contro Ricardo
- John Stuart Mill
- Karl Marx
- La «rivoluzione jevonsiana»
- La ripresa del dibattito
- Un decennio di fervore critico
Nota al secondo paragrafo del nono capitolo
Indice analitico
Comunicazioni di Massa
Autore/i: Autori vari
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
prima edizione, a cura di Pio Baldelli.
pp. 512, Milano
I meccanismi e le tecniche ,gli strumenti e i prodotti, le notizie e i messaggi dei mass-media, la comunicazione di massa radicata nel concreto della storia in una prospettiva politica.
In questo volume:
Arte e consumo di massa – Biblioteca come strumento della comunicazione di massa – Circuiti di diffusione alternativa Città e comunicazione – Comizio – Computers – Controinformazione e comunicazione – Cultura di massa – Design – Divismo e modelli di comportamento – Editoria alternativa – Editoria di massa – Evidenza dell’immagine – Fabbriche del linguaggio – Fascismo e comunicazione di massa – Fotografia – Fumetto – Giallo poliziesco – Identificazione e paticità – Ideologia della scienza e mass-media – Imprese multinazionali e mass-media – Indice di gradimento – Industria sportiva e agonismo di massa – Informatica – Kitsch – Libro di testo Linguaggio cinematografico – Linguaggio dei quotidiani sportivi – Linguaggio televisivo – Manipolazione informativa Messaggio latente – Museo – Processo fondamentale della comunicazione – Scritta murale – Scuola e «massificazione» Segnaletica – Stampa femminile – Stampa pirata – Stampa quotidiana – Teatro – Trucchi del linguaggio verosimile – Televisione a circuito chiuso – Videocassette – Volantinaggio d’immagini.
La Società Carceraria in America
Contributi teorici e ricerche empiriche sull’istituzione carceraria statunitense (1961-1969)
Autore/i: Rauty Raffaele
Editore: La Nuova Italia
unica edizione, introduzione dell’autore.
pp. 232, Firenze
L’analisi dell’istituzione carceraria svolta dalla sociologia struttural-funzionalista statunitense raggiunge nel corso degli anni sessanta, anche al di là dell’opera di Goffman, i livelli più alti della propria elaborazione teorica ed empirica tentando di esplicitare i processi di legittimazione, la composizione culturale, le aggregazioni sociali in azione nel carcere. Proprio a questa altezza, nella pur approfondita analisi della “società” carceraria, dei suoi meccanismi e dei ruoli interiorizzati dai suoi componenti maschili e femminili, lo struttural-funzionalismo evidenzia però il proprio limite e la propria inadeguatezza congenita a cogliere il nesso tra assetto sociale capitalistico, organizzazione del controllo sociale e dinamiche istituzionali e ad oltrepassare così l’orizzonte integrazionale. Le figure atomizzate dell’universo carcerario, confinate nell’ambito della propria adesione o meno alla cultura dell’istituzione, sono così private della propria reale identità di proletariato e sottoproletariato, prevalentemente negro e di provenienza urbana, prodotto in espansione della crisi sociale che scuote gli Stati Uniti muovendo dallo scacco indocinese.
La crisi di questa analisi, alla fine degli anni sessanta, segna l’apertura di un processo interpretativo che restituisce all’istituzione la sua dimensione storica e la sua funzione emarginante e criminogena.
Raffaele Rauty si è laureato a Firenze in Antropologia Culturale ed è contrattista presso l’Istituto di Studi Sociali dell’Università di Perugia. Ha scritto sui temi della cultura popolare (Cultura popolare e marxismo, Roma, Editori Riuniti, 1976), della criminalità, delle istituzioni carcerarie e delle lotte dei detenuti. Collabora a «Democrazia e Diritto» ed a «La Questione Criminale».
La Mappa della Vita
L’interpretazione del codice genetico
Autore/i: Dulbecco Renato
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
nuova edizione ampliata, introduzione dell’autore.
pp. 248, Milano
Nel 1986, in un articolo pubblicato sulla rivista americana “Science”, Renato Dulbecco lanciò una proposta che a qualcuno sembrò una pazzia, ad altri un sogno, ma che tuttavia, grazie al suo prestigio, sfociò in breve tempo in una serie di progetti di ricerca. Lo scienziato aveva avuto l’idea di decodificare il codice genetico dell’uomo, ovvero leggere e trascrivere quel lunghissimo messaggio di tre miliardi di lettere che costituisce il “libretto di istruzioni” per formare, far crescere e riprodurre un essere umano. Un’idea che, solo vent’anni fa, sembrava appunto il sogno di un visionario. E invece il nuovo millennio è iniziato proprio con la pubblicazione della mappa del genoma umano, un traguardo che è stato annunciato dagli scienziati come una svolta storica, una vera rivoluzione.
Le novità che derivano da questa straordinaria impresa sono grandissime sia sul piano delle conoscenze acquisite sia sul piano delle applicazioni. il padre dell’ingegneria genetica le spiega in questo libro, un’opera curiosa, che contiene informazioni inaspettate, e affascinante, perché mostra le straordinarie possibilità che si aprono per la medicina del futuro. Quanto alle prime, si scoprirà per esempio il modo di “lavorare” dei geni, collegati fra di loro attraverso una complessa rete di informazioni, e la loro interazione con l’ambiente. Sul fronte delle conseguenze, lo scienziato prefigura i nuovi metodi della medicina rigenerativa, che opererà non più cercando farmaci, ma modificando direttamente le proteine responsabili della disfunzione nell’organismo, e preannuncia un momento non lontano in cui certe malattie verranno estirpate definitivamente riparando i “pezzi” difettosi del DNA.
“La mappa della vita” è anche un libro che farà discutere, perché l’autore si schiera per difendere il diritto della sperimentazione contro i limiti che si vorrebbero porre per motivi etici o politici. Se da una parte si devono sempre valutare criticamente l’utilità e la validità degli interventi di manipolazione, dall’altra, afferma lo scienziato, bisogna considerare che l’ingegneria genetica può fornire una soluzione ai problemi di alcune terribili malattie, della fame e del sottosviluppo di tanti paesi poveri. Può insomma spianare il cammino verso un mondo migliore. Ma, trattandosi appunto di una rivoluzione, la biotecnologia mette necessariamente in discussione la nostra cultura e i nostri valori. Ecco perché, secondo Dulbecco, occorre cogliere questa importante occasione per gettare le basi di un nuovo contratto tra scienza e società.
Renato Dulbecco è nato a Catanzaro nel 191 Dopo la laurea in medicina, la campagna di Russia come ufficiale medico e l’esperienza partigiana, nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti. Si stabilisce prima a Bloomington, nell’Indiana, poi in California, per lavorare al prestigioso Caltech (California institute of Technology) e infine a San Diego, dove entra a far parte del nuovissimo Salk institute, del quale è tuttora presidente. Nel 1975 gli è stato conferito il Premio Nobel per la medicina per i suoi studi sulle cellule tumorali. Per Sperling & Kupfer ha pubblicato “I geni e il nostro futuro”, “Ingegneri della vita” e l’autobiografia “Scienza, vita e avventura”.
Autorità Pubblica e Chiesa nell’Età Feudale
Autore/i: Lemarignier Jean-François
Editore: Jouvence Società Editoriale
a cura di Cinzio Violante, traduzione di Pietra Manes.
pp. 264, ill. b/n, Roma
È il primo dei tre volumi di cui si compone la sintesi generale dell’autore sulle istituzioni in Francia nel Medioevo. La trattazione prende le mosse dalla filosofia del diritto e dalla filosofia politica dei Greci, dalle strutture politiche e amministrative dell’impero romano, dai primordi cristiani e dall’organizzazione della Chiesa nei primi secoli, per fermarsi alla fine del secolo IX, quando comincia a formarsi un regno di Francia.
Le istituzioni vengono considerate, più che nei loro aspetti tecnici, nel loro sviluppo e quindi in rapporto con i mutamenti della società e dell’economia, con i movimenti delle idee sia dei pensatori che dei ceti dominanti, nonché con il più lento evolversi della mentalità della gente comune: tratti di una visione della società e della cultura, valida non per la sola Francia ma per l’intera cristianità occidentale.
Jean-François Lemarignier (1908-1980), professore alla Faculté de droit di Lille e di Parigi, poi alla Sorbona, ha lasciato una impronta particolare nella storiografia medievistica per la capacità di cogliere le interconnessioni fra le strutture politiche e quelle ecclesiastiche. A parte alcuni fondamentali saggi che hanno fatto epoca (L’hommage en marche, 1945; L’exemption monastique e la réforme grégorienne, 1950; Structures monastiques et structures politiques en France, 1957»), le sue opere principali sono: la sua tesi all’École des Chartes sui privilegi monastici normanni fino al 1140 (1937), il volume Le gouvernement royal aux premiers temps capétiens (1966) e la sintesi generale dei suoi studi che qui si presenta.
Mostri e Prodigi
Autore/i: Paré Ambroise
Editore: Salerno Editrice
a cura di Massimo Ciavolella, introduzione dell’autore.
pp. 208, 77 tavv. b/n, Roma
Il “mostro” ha da sempre occupato un posto privilegiato nell’immaginario umano, per il misto di repulsione e di (morbosa) attrazione suscitato nelle persone “normali”. Secondo Aristotele, il mostro «appartiene alla categoria […] dei fenomeni contrari alla natura», considerata nel suo corso ordinario; mentre per Varrone «i mostri sono quelli che noi vediamo nascere contro Natura».
Come che sia, l’interesse per il mostruoso, il deforme, lo “strano” continuò ininterrotto attraverso i secoli, fino a divenire nel Rinascimento un vero e proprio genere letterario.
Il libro che ora si pubblica – in prima traduzione italiana – si pone dinanzi al mostruoso in un’ottica completamente diversa.
Pubblicato nel 1573, con il titolo Des Monstres et Prodiges, dal medico francese Ambroise Paré – forse il più grande chirurgo del Cinquecento, da taluni considerato addirittura il padre della chirurgia moderna, vissuto tra il 1510 e il 1590 -, questo trattato non indulge al fantastico gratuito. L’analisi del mostruoso è condotta invece da un punto di vista rigorosamente scientifico: al Parè non interessa stupire, quanto piuttosto indagare, su un piano il più concreto possibile, le cause che hanno indotto la Natura a deviare dalla norma, producendo forme abnormi.
Viene cosi offerta al lettore una vasta enciclopedia di avvenimenti curiosi e meravigliosi: mostruose nascite sia umane che animali, esseri bizzarri, aborti, fenomeni naturali allora incomprensibili. Paté intreccia aneddoti, spiegazioni scientifiche, immagini quasi oniriche in un racconto sempre teso, ravvivato da una lingua e da uno stile semplici e immediati, aperto persino a insospettabili prospettive “sociologiche”, nella sezione dedicata ai falsi mendicanti.
Un libro davvero particolare, un aureo trattato a metà tra medicina e superstizione, impreziosito da 77 tavole n.t., riproducenti altrettanti mostri e prodigi.
Processo agli Imbecilli
introduzione dell’autore.
Autore/i: Benoist Jean-Marie
Editore: Editoriale Nuova
traduzione di Maria Gallone.
pp. 160, Milano
Una legione d’uomini tutti uguali e tutti egualmente mediocri si moltiplica, insinuando i suoi tentacoli nella stampa, nell’istruzione, nella politica e nella cultura.
Sono gli «imbecilli» ai quali Jean-Marie Benoist fa il processo, i «nuovi maestri» che pretendono d’imporre un sapere rozzo e semplificato, strumento di tirannia, spettro livellatore di uniformità.
La creazione di una manodopera intellettuale, anonima e intercambiabile, è il traguardo di tutti i regimi che cercano il consenso delle masse. I «nuovi maestri», saccenti quanto stupidi, muovono brutalmente all’attacco delle diversità insite nel corpo sociale, tentando di far tacere ogni voce singola, di soffocare con il peso del gruppo o della massa ogni individualità. Manager senz’anima, maniaci dell’organizzazione; progressisti che impongono nuovi dogmi e nuovi rituali in dispregio della tradizione; pedagoghi dell’amnesia che trasformano i giovani in perfetti ingranaggi dell’apparato.
Costoro – nell’illusione di una società senza classi o vagheggiando la presa di potere della tecnocrazia – sono pronti a servire qualsiasi padrone, si tratti del materialismo volgare prodotto dalla società filistea, o dell’ultima onda d’assalto dell’ideologia eretta a religione di Stato. Questo pamphlet, lucido e graffiante, è una voce vigorosa di non conformismo, che si inserisce nel filone di Dostoevskij e di Bernanos.
Jean-Marie Benoist, prima attaché “culturale all’ambasciata francese a Londra poi assistente di Claude Levi-Strauss, si definisce «compagno di strada» dei nouveaux philosophes, dei quali è stato la personalità più matura e autonoma. Tra i suoi numerosi saggi politici e filosofici, il più noto è Marx est mort (1970), che ha iniziato la demistificazione del dogmatismo ideologico.
Toccato dal Fuoco
Temperamento artistico e depressione
Autore/i: Redfield Jamison Kay
Editore: Longanesi & C.
prefazione di Giovanni B. Cassano, traduzione dall’americano di Antonio Serra.
pp. 400, ill. b/n, Milano
«Noi del mestiere siamo tutti pazzi», diceva Byron di se stesso e dei suoi amici poeti, «alcuni sono affetti da gaiezza, altri da melanconia, ma tutti siamo più o meno toccati.» Ma esiste davvero un legame tra il genio (pittorico, musicale, poetico) e la follia? E da dove nasce l’immaginazione artistica, ribollente crogiolo di creatività in cui si fondono tormento ed eccitazione, umori tempestosi e sfrenata ebbrezza? A queste domande risponde Toccato dal fuoco, affascinante viaggio sul mare inquieto dell’arte e dei suoi rapporti con quella che un tempo si definiva la «bella follia» e che oggi invece viene più obiettivamente – e dolorosamente – chiamata malattia maniaco-depressiva. Basandosi sugli stupefacenti progressi della genetica, delle neuroscienze e della farmacologia, ma anche su uno straordinario lavoro di ricerca degli indizi sparsi (e a volte occultati) nelle opere, nelle lettere, nei diari di Vincent Van Gogh, Robert Schumann, Ernest Hemingway, Virginia Woolf e di molti altri artisti, la nota psichiatra Kay Redfield Jamison individua infatti i presupposti biologici ed ereditari della depressione, li rintraccia nelle tormentate vicende biografiche di personaggi spesso giudicati con eccessiva superficialità «stravaganti» o «irrequieti», e spiega come quella particolare intensità solare e ombrosa al contempo che associamo al temperamento artistico sia in effetti solo l’aspetto più evidente di una strenua lotta ingaggiata contro la malattia maniaco-depressiva, una lotta febbrile e dalla quale non è facile uscire vincitori. Toccata dal fuoco è dunque un percorso all’interno delle menti più alte della nostra cultura, un’analisi dei loro misteri e delle ossessioni più profonde, ma soprattutto, come afferma Giovanni B. Cassano nella prefazione, «un passo significativo verso la comprensione di uno dei disturbi che più diffusamente affligge l’umanità».
Il saggio fondamentale di una nota psichiatra americana che indaga il rapporto tra il genio e la depressione. La più penetrante analisi sul legame tra arte e follia.
I «selvaggi umori» di lord Byron
La «bizzarra frenesia» di Robert Schumann
Il «soffio di melanconia» di Henry James
L’«eccitata immaginazione» di Herman Melville
La «formidabile pazzia» di Virginia Woolf
La «vigliaccheria» di Ernest Hemingway
La «radice del male» di Vincent Van Gogh
Lo «spleen» di Hector Berlioz
Le «visioni tormentate» di Shelley
Il «cervello surriscaldato» di William Blake
La «strana alchimia» di Edgar A. Poe
Kay Redfield Jamison è docente di psichiatria alla prestigiosa Johns Hopkins University School of Medicine. Autrice, insieme con Frederick Goodwin, del trattato Manic-Depressive Illness, considerato fondamentale per la comprensione dei disturbi dell’umore, ha ricevuto anche molti premi e riconoscimenti per aver curato alcuni seguitissimi special televisivi sul rapporto tra la depressione e le arti.
La Donna al Tempo delle Cattedrali
Civiltà e cultura femminile nel Medioevo
Autore/i: Pernoud Régine
Editore: Rizzoli
introduzione dell’autrice, traduzione di Maria Gabriella Cecchini.
pp. 300, Milano
«La donna al tempo delle cattedrali» è la ricostruzione della storia delle donne nel Medioevo, che, secondo l’autrice, coincide con una fase storica in cui la presenza femminile si afferma con caratteri di autonomia e di potere in vari ambiti (cultura, religione, politica, vita sociale). In questo senso, l’età feudale, fino agli inizi del secolo XVI, si pone come momento intermedio e alternativo rispetto all’età classica ed a quella borghese, ambedue caratterizzate dal predominio maschile e da una cultura sociale tendente ad annullare la diversità femminile, assimilandola al modello maschile egemonico. Ai tempi feudali le ragazze diventavano maggiorenni a dodici anni, due anni prima dei maschi, e soltanto nel Seicento la donna ha dovuto obbligatoriamente prendere il cognome del marito. Questo studio sistematico condotto attraverso una folla di esempi concreti non si lascia sfuggire nessun aspetto delle attività femminili nel corso del periodo feudale e medievale: dall’amministrazione dei beni ai mestieri e al commercio; dal campo del pensiero a quello della letteratura e anche della politica; ci sono scrittrici, educatrici, feudatarie, quelle che animarono le corti d’amore e quelle che hanno ispirato i romanzi cavallereschi.
Régime Pemoud, autorevole studiosa del Medioevo, conservatore degli Archivi nazionali di Parigi, è autrice di numerose opere storiche sul periodo medievale rivolte, in particolare, alla posizione della donna nella società. Dei suoi libri ricordiamo: «I Santi nel Medioevo» (1986), «Storia della borghesia in Francia» (1986), «Riccardo Cuor di Leone» (1989).
Il Sogno della Permanenza
L’evoluzione della scrittura e del numero
Autore/i: Bara Bruno G.
Editore: Bollati Boringhieri Editore
prima edizione, prefazione dell’autore.
pp. 144, riccamente illustrato a colori e b/n, Torino
Un libro illustrato per adulti: guidandoci in un viaggio affascinante che a partire dall’arte preistorica ripercorre le grandi civiltà egizia, fenicia, greca, indiana e araba, Bruno C. Bara ricostruisce e documenta attraverso una ricchissima scelta iconografica l’invenzione della scrittura. Un capitolo finale è dedicato all’evoluzione del numero dalle origini fino alla cultura dell’età moderna. L’idea di fondo della comunicazione come costruzione comune di significato permette all’autore di sviluppare una teoria della scrittura come comunicazione «situata» – con caratteristiche sia extralinguistiche (vedi i geroglifici) sia linguistiche (vedi l’alfabeto) – e «permanente», cioè trasmissibile, con l’ausilio di elementi esterni offerti dall’ambiente: dalle pietre agli odierni supporti elettronici. Grazie all’invenzione della scrittura, gli esseri umani possono sfuggire alla caducità della loro condizione: le scoperte e le conquiste di ogni generazione si conservano per quelle future, realizzando il «sogno della permanenza».
Bruno G. Bara, laureato in medicina e specializzato in psicologia clinica, insegna Psicologia della comunicazione presso la Facoltà di psicologia dell’Università di Torino. Dirige il Centro di Scienza Cognitiva dell’Università e Politecnico di Torino, l’annesso dottorato di ricerca in Scienze cognitive, e le Scuole di formazione in psicoterapia cognitiva di Como, Torino e Genova.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo, nelle nostre edizioni: Scienza cognitiva (1990; trad. ingl. Cognitive Science, 1995; nuova ed. Il metodo della scienza cognitiva, 2000), Pragmatica cognitiva (1999; trad. ingl. Cognitive Pragmatics, 2006), Il sogno della permanenza. L’evoluzione della scrittura e del numero (2003) e Dinamica del cambiamento e del non-cambiamento (2007).
Storia della Letteratura del Terrore
Il «gotico» dal settecento ad oggi
Autore/i: Punter David
Editore: Editori Riuniti
prima edizione, prefazione dell’autore, traduzione di Ottavio Fatica.
pp. 382, Roma
La critica letteraria ha a lungo sottovalutato il genere gotico e poi la letteratura del terrore. Questo libro testimonia di una nuova sensibilità della critica colta verso questo genere, con una strumentazione teorica che contrae un debito esplicito soprattutto con la cultura psicoanalitica.
Ma l’intento di Punter è anche quello di introdurre il lettore al genere e di porlo nelle condizioni migliori per coglierne gli aspetti oggi più attuali. Si inizia così con il considerare le origini della narrativa gotica e col seguirne gli sviluppi nel periodo “classico” (Radcliffe, Lewis) e romantico (Blake, Coleridge, Shelley, Byron, Keats), nella reinterpretazione fornita dagli autori americani (Hawthorne, Poe) e dagli scrittori più vicini al decadentismo (Stevenson, Wilde, Wells), nei classici racconti di fantasmi, fino alle “moderne percezioni del barbarico” e al cinema dell’orrore: una storia completa, che usa una metodologia interdisciplinare, e che culmina in una teoria del gotico e in un’analisi della funzione di questo genere nella cultura contemporanea.
David Punter insegna letteratura inglese all’università di Bristol. Tra le sue opere ricordiamo: The hidden script. Writing and the unconscious (1985); The romantic unconscious. A study in narcissism and patriarchy (1990); William Blake (1996); A companion to the Gothic (2000); Postcolonial imaginings: fictions of a new world order (2000).
Prefazione
Introduzione: le dimensioni del “gotico”
Le origini della narrativa gotica
Sentimentalismo, Poesia dei cimiteri, Il sublime, Tobias G. Smollett, Horace Walpole, Clara Reeve, Sophia Lee
I romanzi gotici classici
Ann Radcliffe e Matthew Lewis
“Gotico” e romanticismo
William Blake, Samuel T. Coleridge, Percy B. Shelley, George G. Byron, John Keats, John Polidori, Mary Shelley
La dialettica della persecuzione
William Godwin, Charles R. Maturin, James Hogg
Il “gotico”, la storia e le classi medie
Walter Scott, Edward Bulwer-Lytton, George Payne Rainsford James, William Harrison Ainsworth, George William Reynolds
Il “gotico” americano degli inizi
Charles Brockden Brown, Nathaniel Hawthorne, Edgar Allan Poe
Il “gotico” e il romanzo sensazionale
Charles Dickens, Wilkie Collins, Sheridan LeFanu
Il “gotico” e il decadentismo
Robert Louis Stevenson, Oscar Wilde, Herbert G. Wells, Bram Stoker, Arthur Machen
Il tardo “gotico” americano
Ambrose Bierce, Robert W. Chambers, Howard P. Lovecraft
L’ambivalenza della memoria
Henry James e Walter De la Mare
Formalismo e significato nel racconto di fantasmi
Arthur Conan Doyle, Herbert G. Wells, Algernon Blackwood, Montague Rhodes James, David Lindsay
Il “gotico” nel cinema dell’orrore 1930-1980
Moderne percezioni del barbarico
Mervyn Peake, Isak Dinesen, John Hawkes, Joyce Carol Oates, James Purdy, William Burroughs, Thomas Pynchon, James G. Ballard, Robert Coover, Angela Carter
Verso una teoria del “gotico”
Bibliografia
Indice dei nomi
La Porta Grigia
Le leggende del 3000 E. V.
Autore/i: Felix-Morris
Editore: Edizioni Era Incontro
prima edizione, prefazione di Ludovico Fulci.
pp. 192, Roma
Un uomo sopravvive alla fine del mondo. Il suo nome è Rolando.
Rolando consegna ai posteri il racconto della sua vita e una ampolla contenente il seme dell’uomo.
L’ampolla e la storia vengono ritrovati dopo migliaia di anni da un gruppo di pochi sopravvissuti che hanno, però, completamente perso l’aspetto umano e, governati da un’intelligenza artificiale, navigano nello spazio da secoli e secoli. Le loro cellule vengono continuamente rigenerate e il loro corpo adattato alle esigenze dell’ambiente. Hanno perfino dimenticato che cosa è la morte e perso le funzioni riproduttive. Poi, la scoperta del prezioso dono di Rolando…
Felix-Morris. Un autore a due, a più facce, per un libro scritto a più mani.
Si tratta ovviamente di uno pseudonimo, come impone la migliore tradizione di una letteratura (della letteratura) intesa come gioco alchemico di fantasia e realtà. Di essa potrebbero rintracciarsi matrici non immediate, ma certo nobili e suggestive, rispondenti a un piano narrativo suscettibile di almeno tre sviluppi: storico, simbolico e fantascientifico. È un difficile approdo a cui prelude un mestiere già collaudato in precedenti esperienze letterarie e giornalistiche, che rivela comunque un’affinità di intenti e di convinzioni. Lo dimostra l’impianto stesso del racconto che ha una sua continuità nella vicenda del protagonista – Rolando simbolo perenne di una umanità alla ricerca continua di se stessa. Perciò convivono in Felix-Morris almeno due vene poetiche.
L’una di marca surrealista l’altra di cronista sensibile interprete della tradizione hassidica, che risultano entrambe trasfuse in quest’opera, in cui l’Autore si interroga alla ricerca di una risposta rasserenatrice sugli obliqui destini del mondo.