Libri dalla categoria Reich Wilhelm
Libertà Soggettiva e Libertà Oggettiva nella «Filosofia del Diritto» Hegeliana
Autore/i: Marini Giuliano
Editore: Bibliopolis
pp. 104, Napoli
Sommario:
- Il metodo filosofico e lo stato
- Lo sviluppo della sostanza etica a forma infinita
- La libertà formale e lo stato
Verso una Nuova Saggezza
Conversazioni con Gregory Bateson, Indira Gandhi, Werner Heisenberg, Krishnamurti, Ronald David Laing, Ernest F. Schumacher, Alan Watts e altri personaggi straordinari
Autore/i: Capra Fritjof
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
prefazione dell’autore, traduzione di Libero Sosio.
pp. 304, Milano
Le conversazioni presentate in questo libro coprono un arco di tempo che va dal 1969, l’anno dell’esperienza mistica della danza di Shiva che diede poi origine al Tao della fisica, al 1982, l’anno della pubblicazione del Punto di svolta. I personaggi “intervistati” da Capra sono i “padri” della nuova visione del mondo: dal fisico Werner Heisenberg, al conoscitore e divulgatore del buddismo zen Alan Watts e al saggio indiano J. Krishnamurti, al quale Capra riconosce esplicitamente “un’influenza decisiva” sul suo pensiero, a Geoffrey Chew e David Bohm (che, prendendo l’avvio della fisica quantistica, contribuirono al conseguimento di una visione globale della realtà), a Gregory Bateson (il cui concetto sistemico della mente è considerato da Capra uno dei primi tentativi riusciti di superare la frattura cartesiana fra sostanza estesa e sostanza pensante), a Stanislav Grof e R. D. Laing (i due grandi psichiatri, che, al di là delle loro differenze sui piani del temperamento e delle idee, condividono un “profondo interesse per la spiritualità orientale e una fascinazione per i livelli «transpersonali» della coscienza”), a Carl Simonton e Margaret Lock (che aiutarono Capra a formulare una nuova cornice concettuale per un approccio olistico alla medicina), a E.F. Schumacher (che in Piccolo è bello elaborò una nuova prospettiva sull’economia, sull’ecologia e sulla politica) e a Hazel Henderson (che aiutò Capra a riconoscere la connessione profonda fra ecologismo e femminismo). A queste interviste si aggiunge quella con un altro personaggio,straordinario del nostro tempo, Indira Gandhi, tre anni prima della sua tragica morte.
In questa galleria di ritratti troviamo alcuni fra i protagonisti più straordinari del “mutamento di paradigma” attualmente in corso in varie discipline: la meta del lungo viaggio in cui questi protagonisti, uomini e donne, sono impegnati, è l’affrancamento da una visione del mondo meccanicistica e riduzionistica che ha condotto la nostra civiltà a un vicolo cieco e che minaccia di esaurire, in uno sviluppo dissennato, le risorse del nostro pianeta: una nuova saggezza che consenta di vedere i problemi in un’ottica più globale, l’unica che possa Suggerire soluzioni autentiche, ispirate all’interesse generale e non agli interessi particolaristici di gruppi o paesi privilegiati.
Fritjof Capra (Vienna, 1939), fisico austriaco, ha compiuto ricerche nella fisica delle alte energie in varie università europee e americane. Si occupa anche delle implicazioni, filosofiche e non, della scienza moderna. È fondatore e direttore del Center for Ecoliteracy a Berkeley, California. Ha pubblicato opere di grande successo a livello mondiale, come Il Tao della fisica (Adelphi, 1982), Il punto di svolta. Scienza, società e cultura emergente (Feltrinelli, 1984), Verso una nuova saggezza (Feltrinelli, 1988), L’universo come dimora. Conversazioni tra scienza e spiritualità (con Steindl-Rast; Feltrinelli, 1993), La rete della vita (Rizzoli,1997) e L’anima di Leonardo. Un genio alla ricerca del segreto della vita (Rizzoli, 2012).
Nietzsche
Per una mitologia
Autore/i: Bertram Ernst
Editore: Società Editrice Il Mulino
introduzione ed edizione italiana a cura di Lea Ritter Santini, traduzione di Martha Keller.
pp. 486, Bologna
Il libro di Bertram, maturato in una cerchia intellettuale dominata da Stefan George e da Thomas Mann, uscì nel 1918 nelle edizioni dei «Blätter für die Kunst»: nel 1929 aveva raggiunto la settima edizione. Riproporlo oggi significa riconoscere non solo la sua straordinaria importanza nella storia della ricezione letteraria dell’opera nietzscheana, ma anche il suo valore di biografia simbolica di una generazione di scrittori, dove ai luoghi della storia – Weimar, Venezia, Eleusi – rispondono le figure del mito personale – Arione, Giuda, Napoleone, Claude Lorrain, Socrate – promosse a formule evocatrici di configurazioni estetiche ed ideologiche. In questo «Nietzsche» raccontato per emblemi il lettore di oggi ritroverà, con Thomas Mann, il carattere «profondamente musicale, la tecnica filologica vibrante di sentimento e di poesia, le ripetizioni delle citazioni come motivo strutturale e conduttore… lo sguardo d’insieme sull’opera di una vita esteriormente cosi dispersiva». Ma soprattutto potrà scoprirne una qualità trascurata dai suoi primi lettori: la modernità della tecnica letteraria, non lontana da quella di Walter Benjamin che confessava l’ambizione di scrivere un libro fatto solo di citazioni.
Ernst Bertram nacque a Elberfeld (Wuppertal) nel 1884. Amico fraterno di Thomas Mann, legato, sia pure indirettamente, al circolo di Stefan George, Bertram accede alla carriera accademica dopo il successo del libro su «Nietzsche» (1918), a giudizio di molti una delle opere più importanti scritte in Germania nella prima metà del secolo. Nel 1919 è professore a Bonn e dal 1922 a Colonia. Morì a Colonia nel 1957.
I Veda – 2 Volumi
Mantramañjarĩ – Testi fondamentali della rivelazione vedica
Autore/i: Panikkar Raimon
Editore: Rizzoli
edizione italiana a cura di Milena Carrara Pavan, traduzione dall’inglese di Alessandra Consolaro, Jolanda Grandi, Milena Carran Pavan.
vol. 1 pp. XL-626, vol. 2 pp. XXXIII-627-1192, ill. b/n, Milano
Con la parola Veda, che significa in sanscrito “il Sapere”, si indica un corpus di letteratura religiosa fra i più antichi dell’umanità, certamente il più antico, oltre che unico, del suo genere: la straordinaria varietà e complessità dei testi che ne fanno parte, la profonda e per certi versi ancora inesplorata dottrina e l’altissimo valore spirituale della sua speculazione, espressa spesso con immagini di rara suggestione poetica, ne fanno un bene prezioso e irrinunciabile per tutti gli uomini. Purtroppo, però, se si escludono le Upaniṣad, che costituiscono l’ultima porzione della rivelazione vedica, ben poco di questi antichissimi testi e stato fino a oggi tradotto in lingua italiana.
Questa antologia di Raimon Panikkar non solo contribuisce a colmare una grave lacuna, ma offre un ulteriore motivo di interesse, delineando un percorso ideale fra il primo germinare della vita e il suo pieno compimento nella libertà di una vita nuova; essa si presenta non tanto come «un libro sulla filosofia o sulla spiritualità hindū», quanto piuttosto come «una testimonianza della rivelazione vedica intesa come disvelamento delle profondità che ancora risuonano nel cuore dell’uomo moderno, cosicché egli possa diventare più consapevole della sua eredità» e «come un invito ad appropriarsi dell’esperienza fondamentale dell’uomo vedico».
Con questa moderna, agile e meditata traduzione dei passi più significativi delle Sacre Scritture degli hindù – non esclusa la Bhagavad-gītā, che rappresenta, secondo il celebre pensatore Śaṅkarācārya, la quintessenza di tutti i Veda – Panikkar ne ha illuminato, per così dire, la straordinaria modernità, facendone uno strumento di riflessione personale, di meditazione e di preghiera per il lettore contemporaneo, nella prospettiva della percezione diretta della Realtà universale in quella che egli ama chiamare «visione cosmoteandrica». (Stefano Piano)
Ciò da cui gli esseri sono nati,
ciò per cui, quando sono nati, essi vivono,
ciò in cui, morendo, essi entrano,
quello devi desiderare conoscere:
quello e Brahman. (TU III, 1)
«Questo Brahman, sorgente e fine di ogni cosa, non è un “essere” separato, non è solo all’inizio e alla fine del pellegrinaggio ontico Brahman è il culmine e il fine dell’intero mondo vedico, delle sue preghiere, dei suoi inni e sacrifici e delle aspirazioni in essi contenute. E il centro profondo della nostra esistenza (sat), cioè la coscienza (cit) e anche la gioia (ānanda) …»
Raimon Panikkar (Barcellona 1918), considerato fra i maggiori pensatori della nostra epoca, partecipa di una pluralità di tradizioni: indiana ed europea, hindū e cristiana, scientifica e umanistica. E laureato in chimica, filosofia e teologia.
Ha tenuto corsi e lezioni in molte università in Europa (Madrid, Roma, Edinburgh-Gifford Lectures), in Asia (Vārāṇasī, Bangalore, Chennai) e America (Harvard, California). E membro dell’Istituto internazionale di Filosofia e della Commissione dell’Unesco per il dialogo interculturale. Vive ora ritirato sulle montagne della Catalogna dove continua la sua vita attiva e contemplativa.
Ha scritto numerosi libri e articoli su argomenti che vanno dalla filosofia della scienza a metafisica, teologia e religione comparate. Tra le sue opere più recenti apparse in italiano si segnalano: Trinità ed esperienza religiosa dell’uomo, 1989; Il silenzio di Dio. La risposta del Buddha, 1992; La nuova innocenza, 1996; L’esperienza di Dio, 1998; La pienezza dell’uomo. Una cristofania, 1999/2000; Mito, fede ed ermeneutica, 2000; L’esperienza filosofica dell’India, 2000; L’incontro indispensabile: dialogo delle religioni, 2001.
La Dottrina dell’Immortalità della Teologia Orfica
Autore/i: Bachofen Johann Jakob
Editore: Rizzoli
introduzione, traduzione e note di Umberto Colla.
pp. 320, Milano
Prendendo la spunto dal ritrovamento, in un ipogeo di Canosa di Puglia, di un vaso policromo del III secolo a.C. raffigurante le varie tappe dell’anodos, ossia del ritorno dell’anima alla sua patria celeste secondo la dottrina pitagorica, Bachofen in questa Dottrina dell’immortalità della teologia orfica (1867) offre un ampio e affascinante quadro della religiosità orfica e delle sue successive, divergenti manifestazioni, dalla severa purezza dell’ars bene vivendi et bene moriendi della Scuola Italica alla travolgente sensualità del culto di Dioniso. Le sue fonti, in questo itinerario, non sono solo letterarie (anche se all’analisi di alcuni scritti di Plutarco, Porfirio, Cicerone e Macrobio sono dedicate pagine indimenticabili), ma soprattutto artistiche: sono le innumerevoli testimonianze della pittura vascolare e della scultura funeraria, le cui figurazioni simboliche e mitologiche Bachofen, fedele a una sensibilità tardo-antica (principalmente neoplatonica e neopitagorica), interpreta come espressioni di un unico pensiero insieme cosmologico e religioso. La speciale attenzione dedicata al fenomeno dionisiaco, ai culti misterici, all’arte funeraria e perciò alla presenza della morte nella vita antica, in stridente opposizione rispetto alla concezione «olimpica» della grecità allora dominante nelle scuole, potrebbero far pensare a Bachofen come a un precursore di Nietzsche. In realtà Nietzsche, negli anni giovanili del suo insegnamento a Basilea, nel periodo in cui concepì e scrisse la Nascita della tragedia, ebbe modo di conoscere e frequentare l’autore del Mutterrecht: ma lo studioso di Basilea, nel suo saldo e pacato conservatorismo, non condivise le intemperanze del suo giovane amico. Note di Umberto Colla.
Johann Jakob Bachofen (Basilea 1815-1887) è stato uno storico e sociologo svizzero. Si è avvalso di vastissime conoscenze filologiche e archeologiche per tentare una ricostruzione della storia delle culture e delle religioni antiche, giungendo a risultati di grande originalità nel Saggio sul simbolismo funerario degli antichi (1859).
Diario di Viaggio di un Filosofo
Cina, Giappone, America
Autore/i: Keyserling Hermann
Editore: Neri Pozza Editore
traduzione e cura di Giovanni Gurisatti.
pp. 384, Vicenza
Abbandonate le atmosfere rarefatte e contemplative del suo soggiorno in India, magistralmente rievocate nel primo volume di questo diario-romanzo filosofico comparso per la prima volta in Germania nel 1919, Keyserling descrive in queste pagine le tappe successive del suo itinerario e della sua corrispondente metamorfosi interiore, fedele alla massima indiana secondo cui «prima di diventare matura per la beatitudine del sapere, l’anima deve attraversare tutte le esperienze, poiché non vi è altra via che questa». Ecco dunque la necessità di vincere il fascino dell’India e di confrontarsi anche con ciò che essa non è e non può essere: con la concretezza e la moralità sociale della Cina tradizionale – posta radicalmente in crisi dalla rivoluzione repubblicana in corso nel 1912 – con la comprensione estetica della natura e la duttilità culturale del Giappone, e infine con il pragmatismo, il progressismo e il democratismo americani.
«Perché mai – si chiede infatti Keyserling – tutti i pregi dovrebbero risiedere in un solo popolo? I popoli della terra si contemplano l’un l’altro. L’umanità è un’orchestra polifonica, e il filosofo ne ascolta l’accordo d’insieme». Solo in virtù di questo ascolto, il filosofo errante, alla fine della sua metamorfosi, potrà proporsi di indurre l’umanità occidentale a realizzare di fatto ciò che l’India ha solo conosciuto nel medium della psiche: un mondo assolutamente solidale, in cui i vari tipi di fede e di cultura, anziché contrapporsi e distruggersi a vicenda, impareranno a considerarsi complementari e a fecondarsi reciprocamente, diffondendo sulla terra una sublime «sinfonia dello spirito».
Hermann Keyserling (1880-1946) fondò a Darmstadt la Scuola della saggezza, la cui attività ebbe un’enorme risonanza nella Germania weimeriana. Autore prolifico e versatile, subì la censura e l’ostracismo nazista. Tra le sue opere, Philosophie als Kunst e Das Buch vom Ursprung.
Emozioni e Desideri in Cina
La riflessione neoconfuciana dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo
Autore/i: Santangelo Paolo
Editore: Editori Laterza
introduzione dell’autore.
pp. 220, nn. ill. b/n, Bari
Questo libro, che costituisce un notevole contributo alla storia delle civiltà, fornisce un’analisi tra le più penetranti del modo in cui si è configurata in Cina l’opposizione tra ragione e passioni. Mostra quanto, in questo campo di grande importanza per la psicologia individuale e i sentimenti religiosi come per la vita sociale, le tradizioni cinesi differiscano dalle nostre.
Lungi dal contrapporre il cuore alla ragione in un conflitto drammatico, la Cina ha considerato l’uomo, prodotto del cosmo, come dotato dalla nascita di impulsi innati verso il bene, che è importante conservare e sviluppare attraverso l’educazione e l’apprendimento dei riti. Di qui discende la permanente preoccupazione di fare dell’individuo, mediante un sapiente controllo delle emozioni, un essere perfettamente integrato nell’universo e nella società. Ne deriva anche che al posto del senso individuale del peccato, così familiare alle tradizioni cristiane, troviamo in Cina un senso acuto della responsabilità sociale.
E in questo quadro generale che si sviluppano le riflessioni appassionate e talvolta assai originali dei grandi pensatori che Paolo Santangelo ha avuto il merito di presentare per la prima volta al lettore italiano. (Jacques Gernet)
Paolo Santangelo, professore ordinario di Storia della Cina presso l’Università “L’Orientale” di Napoli sino all’ottobre 2007 e di Storia dell’Asia Orientale presso la Facoltà di Studi orientali della Sapienza Università di Roma sino al 2012, si occupa di antropologia storica dell’Asia Orientale. Attualmente dirige un progetto internazionale sulla rappresentazione delle emozioni e degli stati d’animo attraverso l’esame di documenti della Cina moderna, i cui risultati sono presentati, oltre che in numerosi articoli, anche in una serie di volumi in Italia e all’estero. Dirige la collana “Emotions and States of Mind in East Asia” presso la casa editrice Brill e cura la serie “Ming Qing Studies”.
Anatema di Zos
Discorso agli ipocriti – in appendice il Libro dei Satiri
Autore/i: Spare Austin Osman
Editore: Coniglio Editore
introduzione di Alessio Trabacchini, traduzione di Silvana Pedrini.
pp. 112, nn. ill. b/n, Roma
«E voi cerchereste la salvezza? Salvezza forse del vostro intestino malato; credenze distorte: desideri perversi. I vostri precetti presi a prestito e le preghiere sono fetore per tutte le buone narici!»
«Siate maledetti, voi che verrete perseguitati a causa mia. Poiché io vi dico che sono la pura CONVENZIONE, la malvagità totale, la perversione, e niente di buono – per voi»
«Senza ipocrisia o paura voi potrete realizzare i vostri desideri. Chi, dunque, infrangerà le regole e vivrà nella trasgressione sarà in sintonia con il Cielo»
Anatema di Zos, pubblicato nel 1927 dall’artista e occultista inglese Austin Osman Spare, è un testo violento e pericoloso, arcaico e di sconvolgente attualità. Uno sfogo rabbioso e gonfio d’amarezza contro il moralismo, la religione ufficiale, le convenzioni estetiche e sociali lanciato per bocca di Zos, alter ego dell’autore dagli ostentati attributi satanici. Ma Zos non è l’Anticristo che inganna e perverte, non pontifica da un pulpito, ma urla da un recinto di capre. Questo “diavolo” rifiuta di ammaestrare e insulta la folla dei seguaci, in una prosa violenta e ossessiva che si apre a improvvise accensioni poetiche.
Come in William Burroughs e in Antonin Artaud, dietro la ferocia c’è la rivendicazione ostinata di una libertà profonda, il segno di una visione complessa e originale che anticipa le ansie e le utopie del presente.
Il testo qui proposto è accompagnato dalla versione originale inglese, e seguito da Un libro di satiri (A book of Satyrs, 1907), sequenza di immagini allegoriche che anticipa in forma grafica i temi e lo spirito dell’Anatema.
Completano il volume un testo introduttivo di Kenneth Grant, esecutore letterario di Spare, e una postfazione in versi del poeta Antonio Veneziani.
Austin Osman Spare (Londra, 1886-1956) fu artista e stregone. Raggiunse giovanissimo il successo e, altrettanto rapidamente, lo perse a causa della devozione al suo credo occulto, della vita sregolata e del rifiuto intransigente del moralismo e delle convenzioni sociali. Nei suoi libri la sperimentazione grafica e verbale è anche il veicolo per una visione filosofica e per una pratica magica assolutamente originali.
La Saggezza del Sutra del Loto
Autore/i: Ikeda Daisaku
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prefazione di Roberto Baggio, traduzione di Monica Rossi.
pp. 192, Milano
Su quali valori e su che pratica quotidiana fondiamo le nostre esistenze? Quali prospettive ci attendono nel futuro? L’umanità sarà in grado di comprendere finalmente l’importanza irrinunciabile della pace? Daisaku Ikeda risponde con la millenaria saggezza del Sutra del Loto, una delle opere fondamentali del canone buddhista Mahayana. Un testo complesso e stratificato che Ikeda, grazie alle sue doti di educatore e comunicatore, propone in un’interpretazione facilmente accessibile, una lettura nella quale anche le parabole più dense di significati simbolici si sciolgono in un commento limpido ed efficace. Un percorso sapienziale con il quale il grande maestro guida i suoi lettori attraverso le verità più profonde della vita, commentando tutti i capitoli del Sutra del Loto in una serie di volumi di cui questo è il primo.
Il Fachirismo Indiano e le Yoghe
Autore/i: Sedir Paul
Editore: Giuseppe Brancato Editore
premessa e note di Leonardo Gana.
pp. 128, ill. b/n, Catania
Sommario:
- Premessa
- Il Fakiro
- Costituzione dell’uomo
- Generalità sullo Yoga
- Lo Yoga
- Karma-Yoga
- Bhakti-Yoga
- Hatha-Yoga
- I fenomeni del fachirismo
- Filosofia dello Yoga
- Samkhya e Raja Yoga
- Conclusione
Meditazione Zen e Preghiera Cristiana
Autore/i: Enomiya Lassalle Hugo
Editore: Edizioni Paoline
introduzione dell’autorem versione di Armando Gonella.
pp. 256, ill. b/n, Roma
Sarà vero, come qualcuno ha affermato,che tra le innumerevoli alienazioni dell’uomo d’oggi c’è anche la ”nevrosi da religione”? Sono Comunque sempre più numerosi coloro che si accalcano attorno ai guru, ai maestri yoga e zen per farsi condurre mediante le tecniche della respirazione, le posizioni corporali e soprattutto attraverso la concentrazione e il vuoto della coscienza alla contemplazione dell’assoluto, forse alla esperienza di Dio. E il cristiano si interroga. Potrà anch’egli abbandonare con animo Sereno antiche dimore,quelle pratiche e meditazioni che non lo convertono più, per migrare verso nuove spiagge, dove potrebbe essere grande il rischio che non solo la sua coscienza ma persino Dio venga a confondersi col ”nulla”, col “vuoto”, con le terre dell’oblio? Ma e confortante costatare che i maestri spirituali, i grandi mistici del passato hanno, come i saggi zen, percorso i sentieri della solitudine, della discesa nel profondo, delle notti oscure dei sensi per correre incontro alla luce di Dio posseduto e amato.
Le esperienze di Bonaventura, di M. Eckhart, di Giovanni della Croce dovrebbero convincerci che lo zazen o meditazione zen può rivelarsi un ottimo mezzo per riportare anche noi, inesorabilmente segnati dall’incredulità e dall’esteriorità del nostro tempo, sulle vie di una preghiera profondamente rinnovata e capace di rinnovare noi, per farci evangelici testimoni nel mondo di una luce riconquistata.
Hugo Enomiya Lassalle, gesuita, è nato a Nieheim (Germania) l’11 novembre 1898. Arrivò per la prima volta in Giappone nel 1929 e vi ha insegnato lingua tedesca alla Sophia University, lavorando al tempo stesso in campo sociale nei sobborghi di Tokyo, fino al 1938. In seguito, fino al 1968, oltre il lavoro missionario, ha insegnato tedesco alla Hiroshima University e alla Cadetschool; poi religione comparata alla Music University Elisabeth a Hiroshima, fino a oggi. Dal 1968 vive e lavora al Centro zen dl Shinmeikutsu.
vicino a Tokyo.
Pubblicazioni: Zen – Weg zur Erleuchtung, Vienna 1975. 5ᵃ ed. [trad. it. Zen, via verso la luce, Edizioni Paoline]; Zen-Buddhismus, Colonia 1974, 4ᵃ ed.; Weg zur Gotteserfahrung [Meditazione come via all’esperienza di Dio], Colonia 1974, 4ᵃ ed.; Zen unter Christen. Eine Einführung [introduzione alla meditazione zen], Einsiedeln 1975; Erfahrungen eines Christen mit der Zenmeditation [Esperienza di un cristiano con la meditazione zen], Francoforte s. M. 1975.
Il Figlio Cinese di Dio
Storia di un profeta guerriero e della sanguinosa rivolta dei Taiping
Autore/i: Spence Jonathan D.
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, prefazione dell’autore, traduzione di Maria Cristina Leardini.
pp. 458, nn. ill. e cartine b/n, Milano
«La mia mano ha il potere che uccide in cielo e interra: decapitare i malvagi, risparmiare i giusti e lenire il dolore del popolo.» Così dice Hong Xiuquan, quando, nel 1837, si risveglia dal Sogno che l’ha incoronato figlio di Dio, fratello minore di Gesù. Il Padre celeste, che indossa una veste nera con un dragone e un alto copricapo, e ha la bocca nascosta da una folta barba dorata, lo ha incaricato di uccidere i demoni malvagi (la dinastia Qing regnante) ”che allontanano la Cina e le sue genti dalla retta via. ”, intorno a Hong e alla sua fede si raccoglie un esercito sempre più numeroso e organizzato, quell’Armata celeste che, avanzando vittoriosa nella Cina meridionale e centrale, arriva a creare il Regno Celeste taipihg, della «Grande Pace», e sceglie come capitale Nanchino, il cuore della più ricca provincia cinese. Per undici anni Hong, il Re Celeste, lo governerà, difendendolo dalle truppe imperiali e dai nemici interni, e conducendo grandiose campagne militari in direzione di Pechino, il «covo del demonio», alla ricerca della vittoria risolutiva.
Lo stato di guerra permanente, la lotta ai traditori, l’applicazione della legge marziale, nonché di regole ascetiche e proto comuniste, la ricerca incessante di reclute e scorte per sostenere l’enorme sforzo bellico dei Taiping e, infine, la sanguinosa distruzione del Regno Celeste a opera delle armate dei Qing provocheranno,«per carestia, per fuoco o spada», oltre venti milioni di morti.
Generato dall’incontro fra la cultura mistica e visionaria della Cina dell’Ottocento e il cristianesimo portato in Estremo Oriente dai missionari occidentali, per lo più battisti, il sogno di Hong, frutto di un’erronea traduzione del Vecchio Testamento, si afferma in una Cina politicamente instabile, governata da una dinastia in declino, preda di pirati e banditi, spinta dagli occidentali al traffico e al consumo di oppio e dai mercanti di armi ai nuovi mezzi bellici della rivoluzione industriale.
Nel Figlio cinese di Dio Jonathan D. Spence, uno dei più autorevoli sinologi occidentali, ricrea la febbrile atmosfera di quel periodo e ritrae, in un affresco di grande fascino, eserciti in lotta, audaci incursioni strategiche, prolungati assedi, eroiche resistenze, ma anche il caos e l’orrore che accompagnarono l’affermazione dell’Armata celeste. La conclusione di questa incredibile avventura, sanguinaria e affascinante insieme, è tutta nelle ultime parole che Gesù, per bocca di Yang Xiuqing, Re dell’Est dei Taiping, dice a Hong: «La città del vostro Dio è data alle fiamme. Non c’è modo di salvarla».
Jonathan D. Spence è nato in Inghilterra nel 1936. Dal 1959 vive negli USA, dove insegna storia all’università di Yale. Ha pubblicato numerosi saggi sulla Cina, fra cui ricordiamo: Imperatore della Cina. Autoritratto di K’ang-his (Adelphi, 1986), Il palazzo della memoria di Matteo Ricci (Il Saggiatore, 1987), Enigma di Ha (Adelphi, 1992) e Girotondo cinese (Fazi Editore, 1997).
Storia di Dodici Manoscritti
Autore/i: De Hamel Christopher
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, introduzione dell’autore, traduzione di Massimo Parizzi e Chiara Rizzo.
pp. 672, interamente e riccamente ill. a colori e b/n, Milano
Non succede spesso di aprire un libro e di iniziare uno straordinario viaggio nel tempo e nello spazio. Di imbattersi, pagina dopo pagina, in vicende di cui serbiamo una sbiadita memoria o di cui si conservano solo labili tracce. Di incontrare potenti sovrani e monaci avventurosi, studenti goliardi e devote principesse. Di passare dalle nebbie cupe d’Irlanda all’inebriante tepore della Spagna moresca, dal mistico silenzio delle colline toscane al vociare sboccato delle taverne tedesche.
Ebbene, Storia di dodici manoscritti di Christopher de Hamel, uno dei massimi esperti mondiali di codici miniati, ci accompagna in questo viaggio sfogliando e analizzando alcuni tra i più affascinanti e preziosi manoscritti medievali. Dal Vangelo di Sant’Agostino, testimonianza dell’arrivo del cristianesimo in Inghilterra alla fine del VI secolo, al Codice Amiatino, la più antica Bibbia a noi pervenuta; dal Libro di Kells, simbolo iconico della cultura irlandese, al Libro d’Ore di Giovanna di Navarra, che solleticò la bulimia predatoria di Hermann Göring. Ma anche i Carmina Burana, noti soprattutto per la trasposizione musicale che ne fece il compositore tedesco Carl Orff, o gli Aratea di Leida, straordinario trattato di astronomia in versi e simbolo della rinascita carolingia della prima metà del IX secolo, o il Semideus Visconti, manoscritto umanista dedicato all’arte della guerra saccheggiato dai francesi nel 1499 dopo la conquista di Milano. E altri ancora.
Sfogliare un manoscritto medievale, spiega de Hamel, vuol dire in primo luogo ammirarne le illustrazioni, annusarne l’odore, toccare con mano tutta la sua magnificenza e fragilità. Ma osservarne le abrasioni, i rammendi, le sfumature di colore, le legature, i pigmenti, così come i danni prodotti dal tempo, dall’umidità, dai topi, dall’incuria e dall’ignoranza degli umani, vuol dire anche ricostruirne le secolari vicende, i vagabondaggi, i passaggi di mano. Vuol dire risalire lungo la catena dei proprietari che lo hanno acquistato, rubato, custodito, ammirato, dimenticato, venduto. Ritornare alla temperie culturale e spirituale nella quale ha visto la luce. Dare un nome allo scriba che lo ha copiato o al miniaturista che lo ha illustrato. Rintracciare il monastero che lo ha prodotto, gli scaffali delle biblioteche sui quali si è coperto di polvere o gli itinerari che ha dovuto seguire per arrivare a volte ai limiti estremi del mondo conosciuto. Perché intorno a ogni manoscritto si intrecciano infinite storie – di abati ambiziosi e di collezionisti, di malfattori e di avventurieri, di artisti e di dittatori – e perché ogni manoscritto ha una propria storia da raccontare.
«Habent sua fata libelli» scriveva Terenziano Mauro nel XIII secolo. Il destino di Storia di dodici manoscritti è quello di meravigliarci e stupirci per la sua incantevole bellezza.
Christopher de Hamel insegna al Corpus Christi College di Cambridge ed è bibliotecario presso la Parker Library, una delle più importanti collezioni di manoscritti della Gran Bretagna. Membro del Comitato internazionale di paleografia latina, è autore di numerosi saggi, tra cui Manoscritti miniati (1987), A History of Illuminated Manuscripts (2002) e The Book. A History of The Bible (2005). Storia di dodici manoscritti ha vinto il premio Duff Cooper nel 2016 e il premio Wolfson History nel 2017.
Yoga Meditazione Magia
Autore/i: Scaligero Massimo
Editore: Teseo
prima edizione.
pp. 244, Roma
“Un insegnamento riguardo alla capacità di riconoscere la «via», o il «maestro», ci viene dalla storia di Narota, asceta tibetano del X secolo, che, durante il noviziato, errando di contrada in contrada alla ricerca del proprio maestro, Tilopa, si lascia sfuggire una serie di occasioni di ritrovarlo, perché ogni volta incontrandolo non lo riconosce: giunge talora persino a scagliarglisi contro. Narota viene giocato dai più legittimi stati d’animo, in quanto il maestro gli va incontro in vesti inaspettate, non rispondenti al cliché che egli se ne è fatto, epperò non appagante il suo sentimento umano: che è dire la sua brama. Non diversamente si comportano oggi coloro che cercano lo Spirito nella forma con cui preventivamente se lo sono rappresentato o l’hanno appreso nei testi: lo respingono, se si, presenta nella veste da essi non prevista.
Questo non riconoscere il maestro, o avversarlo, tuttavia, è positivo dal punto di vista intemporale dello Spirito, poiché comporta che tutta la vita del discepolo sia una continua correzione del suo discernimento: che in tal modo diverrà un giorno strumento della scelta cosciente.[…]”
Bhakti Yoga
Autore/i: Swami Vivekananda
Editore: Napoleone Editore
introduzione dell’autore.
pp. 176, Roma
Nârada, spiegando agli aforismi sul Bhakti Yoga scrisse: «Bhakti significa amore totale verso la divinità. Se un uomo raggiunge questo amore, ama tutti gli altri uomini.
Non odia nessuno. La sua vita diventa piena e felice… ma non riusciremo mai a raggiungere questo amore totale della divinità, finchè proveremo desideri mondani. Questo amore nasce là dove non attecchiscono più passioni terrene».
Lo Zohar
Alle origini della mistica ebraica
Autore/i: Hayoun Maurice-Ruben
Editore: Editoriale Jaca Book
prefazione all’edizione italiana di Patrizio Alborghetti, prefazione dell’autore, traduzione dal francese di Carlo Dezzuto.
pp. 348, Milano
La cabala, la grande corrente mistica ed esoterica dell’ebraismo, ha conosciuto una fioritura considerevole alla fine del XIII secolo. All’origine dell’infatuazione: lo Zohar. Etimologicamente, è il Libro dello splendore, un trattato esoterico ebraico la cui influenza arriverà a eguagliare quella del Talmud. La paternità di questo commentario in aramaico dei principali passi del Pentateuco è attribuita, principalmente, a Mošeh di León (1240-1305).
Come è nato lo Zohar? Perché fu scritto, e da chi? Qual è il suo messaggio, il suo significato? Come una letteratura simile, dato che si tratta propriamente di un corpus costituito da testi diversi, ha potuto superare i secoli senza ostacoli, cristallizzarsi intorno a un nocciolo duro, darsi un titolo generico stabile, arricchirsi di contributi ulteriori e giungere a far concorrenza alla supremazia del Talmud, dove sono pure consegnati per iscritto niente meno che il vissuto e il pensiero degli Ebrei per circa mezzo millennio?
Nel rispondere a questi interrogativi, Maurice-Ruben Hayoun ci permette di comprendere meglio la natura e l’originalità di questo testo affascinante e di collocarlo in rapporto ad altre correnti del pensiero ebraico.
Maurice-Ruben Hayoun, scrittore e filofofo, è autore di un’opera feconda e già classica sul pensiero ebraico. Dottore in lettere, insegna all’Università di Strasburgo e collabora al «Monde des livres». Di Hayoun la Jaca Book ha già pubblicato Averroé e l’averroismo (2005), Maimonide, l’altro Mosè (2003), I filosofi ebrei del Medioevo (1994).
L’Atto di Volontà
La volontà viene al centro della personalità umana, come la funzione psicologica più aderente all’Io. Viene, inoltre, strettamente collegata all’esperienza del Sè e quindi considerata come l’elemento fondamentale su cui è imperniato il metodo di autorealizzazione.
Autore/i: Assagioli Roberto
Editore: Casa Editrice Astrolabio
prefazione dell’autore. traduzione italiana di Maria Luisa Girelli.
pp. 216, Roma
Il male, dice Assagioli, non sta nella tecnologia ma nell’uso che ne fa l’uomo, ed è quindi necessario sviluppare i poteri interni dell’uomo, fra i quali la volontà, che ha delle risorse immense, in gran parte ancora ignorate dalla psicologia moderna. Questo libro rappresenta il maggior lavoro finora dedicato a ricondurre la volontà umana al centro della psicologia, dell’educazione e della vita di ogni giorno.
In quest’opera l’autore compendia un approfondito e ispirato studio sull’origine, la funzione e lo sviluppo della volontà. Inizialmente Assagioli stacca la volontà dall’angusto preconcetto volontaristico, che la interpreta come funzione autorepressiva, per porla al centro della coscienza individuale come ’esperienza fenomenica, talvolta spontanea, ma sempre e comunque provocabile. Successivamente ne definisce qualità e funzioni, svincolandola dal pregiudizio deterministico, che la vuole interamente soggiogata al carro delle motivazioni inconsce, per ridarle dignità e potere autonomi e coscienti, prerogative insopprimibili della dimensione umana. Approfondendo l’indagine ne rivela gli aspetti transpersonale e universale, collegandola così all’esperienza supercosciente, ritenuta fondamentale nel processo autorealizzativo della psicosintesi. In seguito dà un’interpretazione ’anatomo-fisiologica’ dell’atto volitivo suddividendolo in sei stadi e rivelandone il meccanismo d’azione, fino a presentarci l’uso della volontà come un vero e proprio metodo autorealizzativo. Tutta l’opera è permeata da un alto valore intuitivo unito a un’esemplare chiarezza di esposizione, che la rendono facilmente comprensibile ed estremamente pratica nella sua utilizzazione.
Goethe
Autore/i: Citati Pietro
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione.
pp. 600, Milano
Il volume dedicato a Goethe da Pietro Citati – noto finora come autore di alcuni casuali articoli dove cercava, come dice Sainte-Beuve, di insinuare «un po’ di fisiologia e un po’ di lirismo» nella critica letteraria – è insieme un libro scientifico e un libro di immaginazione. Da un lato, come ogni onesto studioso, Pietro Citati ha indagato le fonti, specialmente classiche e bibliche, del Meister e di quella sublime enciclopedia letteraria che è il Faust II: ha studiato i personaggi, gli episodi, i versi, le metafore, le allusioni, tentando di ricostruire la rete di rapporti e di relazioni che forma la ramificata struttura di questi due libri quasi incomprensibili. In primo luogo, la sua monografia e dunque una specie di commento interlineare: una «chiave», che aprirà alcune porte, rimaste finora chiuse o socchiuse, del Faust II e del Meister.
Alla fine di questo lavoro esegetico, Pietro Citati si è provato a raccontare le sue interpretazioni, come se stesse raccontando le avventure di D’Artagnan e di Athos, di Aramis e di Porthos, inseguiti dalle guardie di Richelieu mentre inseguono i gioielli della regina attraverso la Francia, l’Inghilterra e i mille paesi del sogno. Ha drammatizzato invece di analizzare: ha colorito invece di dimostrare pazientemente, impiegando le stesse immagini e le stesse parole di Goethe e delle sue fonti, e richiamando così intorno al testo la ricchezza e l’alone della letteratura antica e moderna. Appena chiuderà l’ultima pagina di questo libro, il lettore potrà dire di avere sfogliato sia una copia del Faust II i e del Meister, fedele come uno specchio, oggettiva come un’opera di scienza: sia una specie di romanzo cavalleresco, figlio della variopinta immaginazione, che discorre di Goethe come potrebbe parlare di maghi, ippogrifi e cervi volanti.
Quando scrisse il Meister e il Faust, Goethe sperava di essere letto dai vivi e dai morti, dai dotti e dagli ingenui, dagli angeli e dai diavoli. Anche questo libro su Goethe vuole rivolgersi a tutto il pubblico dei lettori. Lo studioso di letteratura tedesca dovrebbe trovarvi qualche nuova interpretazione. L’amante dei libri classici scorgerà Elena, Ermete ed Apollo passeggiare tra i mostri leggendari dell’antichità – Sfingi e Grifoni, Lamie e Formiche, Empuse e Forciadi -, sullo sfondo di uno scintillante, armonioso Zodiaco; e l’anima devota conoscerà il canto degli arcangeli, le tenui, morbidissime strofe degli angeli, e l’ultimo volto assunto-, nella storia del mondo, da Satana. Chi ama il teatro potrà assistere agli spettacoli, ai giochi d’aria e di fuoco di Goethe-Proteo: chi ama la Natura, ammirerà i cespugli di biancospino, di hibiscus e di rododendro splendere follemente lungo le strade della Sicilia e spalliere di rose cinnamonee e francofurtane arrampicarsi sopra le mura della casa di Goethe: il lettore sentimentale scioglierà le proprie lacrime sulla sorte infelice di Mariane e sugli amori di Wilhelm; e tutti leggeranno – così almeno si augura l’autore, così soprattutto si augura l’editore – senza perdere – il filo, senza perdere il fiato, domandandosi: «Faust verrà salvato?», «Wilhelm incontrerà l’amazzone?», «Che succederà a Homunculus?», come se stessero davvero cavalcando, sopra una sella malferma e insieme ad un astuto e bugiardo moschettiere guascone, verso la lontana, forse irraggiungibile città dove abitano i simboli, le immagini, e le ombre dei poeti di genio.
Pietro Citati è nato a Firenze nel 1930: ha vissuto molti anni a Torino: ha studiato a Pisa: ha insegnato a Monaco di Baviera e a Roma. Ora vive metà dell’anno a Roma, e metà nella campagna toscana. È critico letterario del «Giorno»: dirige, insieme ad altri studiosi, una collana di Scrittori greci e latini di prossima pubblicazione presso l’editore Mondadori.
Autobiografia di uno Yogi
Autore/i: Paramahansa Yogananda
Editore: Casa Editrice Astrolabio
prefazione di W. Y. Evans-Wents, traduzione a cura della Self-Realization Fellowship.
pp. 452, nn. tavole b/n f.t., Roma
Tradotto in dodici lingue, letto da milioni di lettori, pubblicato per la prima volta in Italia nel 1951, è un libro ancora vivo e più che mai richiesto dopo oltre cinquant’anni di presenza in libreria. È la prima volta che un autentico yogi indiano ha scritto la storia della sua vita per i lettori occidentali, spiegando con chiarezza scientifica le leggi sottili ma precise per mezzo delle quali gli yogi operano miracoli e ottengono il dominio di sé. Questa nuova edizione completa, riveduta in base alla nuova edizione americana, mantiene la traduzione originale ma la integra con tutte le aggiunte volute dallo stesso Yogananda dopo la prima edizione del 1946, e contiene una nuova introduzione della Self-Realization Fellowship, dove viene spiegato a fondo il lungo lavoro di revisione fatto da Yogananda stesso e i criteri in base ai quali è stato stabilito il testo dell’edizione definitiva. Anche l’apparato iconografico è stato notevolmente ampliato: circa ottanta fotografie, alcune rare e inedite, che documentano la vita di questo straordinario guru.
Mandarini e Cortigiane
Autore/i: Autori vari
Editore: Editori Riuniti
introduzione e cura di Giuliano Bertúccioli, tavole tratte da un «libro illustrato di primavera».
pp. 208, XII tavv. a colori f.t., Roma
Ricordanze, memorie, appunti sono queste antiche composizioni cinesi sospese fra il diario e l’idillio, prove di bravura o intime confessioni di letterati che erano o aspiravano a diventare mandarini. I testi qui presentati sono stati tutti scritti in un arco di tempo che va dal XVII al XVIII secolo: tempo di passaggio fra due grandi dinastie, epoca quindi di sensibili mutamenti, di sussulti, di nostalgie. E una letteratura delicata, fatta di minute annotazioni, dove il particolare vale a evocare un’atmosfera, una mentalità, una società cosi lontane dalla nostra, ma tanto poeticamente suggestive e palpabili.
Il volume è arricchito da una serie di immagini tratte da un «libro illustrato di primavera». Cosi erano detti dai cinesi quei libri con illustrazioni a carattere erotico: si riteneva che le figure avessero il magico potere di tenere lontane le disgrazie e, al tempo stesso, istruissero le giovani spose ancora ignare delle arti dell’amore.
Chang Tai, Mao Hsiang, Ch’en P’ei-chih, Yü Huai, Eremita della Fonte delle Perle, Shen Fu, Anonimo, Li Yü.