Libri dalla categoria Antica Roma
La Forza della Meditazione
Che cos’è, perchè può renderci migliori
Autore/i: Goleman Daniel
Editore: Rizzoli
prima edizione, premessa e introduzione dell’autore, traduzione di Laura Santini.
pp. 252, Milano
Viviamo oggi in un mondo sempre più faticoso e frenetico, dove la nostra intelligenza serve soprattutto, se non solamente, a tenere sotto controllo un infinito numero di incombenze pratiche, banali, a volte meschine.
Eppure, culture lontane dalla nostra come quelle orientali hanno già sviluppato un efficace antidoto contro questo impoverirsi dell’esperienza quotidiana: è quella capacità di entrare in un diverso stato di coscienza nota con il nome di meditazione, che ci permette di sviluppare l’affettività e le facoltà irrazionali, ampliando le nostre capacità percettive nei confronti della realtà. Con il suo consueto talento divulgativo, Daniel Goleman esplora la varietà delle tecniche meditative e le loro caratteristiche, scrivendo un libro indispensabile per chiunque sia impegnato in una ricerca spirituale: e sottolinea gli aspetti comuni dei vari modelli di meditazione, dimostrando la verità di quell’antico detto Zen che afferma: ”Dai tempi dei tempi non ci sono mai stati due cammini. Quelli che sono arrivati hanno tutti camminato lungo la stessa strada”.
“Questo libro rappresenta la base sistematica per giungere ad apprezzare l’universalità del viaggio spirituale.” (Ram Dass)
Daniel Goleman, già insegnante di psicologia a Harvard, e collaboratore scientifico del ”New York Times”. I suoi articoli compaiono su riviste e giornali di tutto il mondo. Il suo ultimo libro, Intelligenza emotiva, ha rappresentato uno dei più clamorosi casi editoriali degli ultimi anni: pubblicato in venticinque paesi, si è affermato in tutte le classifiche di vendita. In Italia, dove lo ha tradotto Rizzoli, ha raggiunto in. un anno le quattordici edizioni.
Federico II Imperatore
Autore/i: Kantorowicz Ernst Hartwig
Editore: Garzanti Editore
traduzione dal tedesco di Gianni Pilone Colombo.
pp. 792, 1 tavv. b/n f.t., Milano
Stupor mundi fu detto dai contemporanei Federico II di Svevia, l’unico degli imperatori germanici del medioevo, insieme al Barbarossa, che occupi un posto riconosciuto nella nostra storia e subito ci rimandi a immagini evidentissime: la disfatta inflittagli nel 1248 dai popolani di Parma, la città di quel Salimbene che lo paragonava a un drago funesto; gli splendori della corte di Sicilia, consacrati dalla lirica della «prima scuola», di cui il sovrano medesimo era mecenate; i castelli di Puglia, gli arcieri musulmani, le donne dell’harem, le cacce col falcone, illustrate nel suo trattato, il più ricco che ci resti in materia.
Immagini romantiche, però. E confluenti verso un’interpretazione convenzionale, che confina Federico in una luce araldica di crepuscolo: per chiudere con lui il conflitto secolare tra impero e chiesa, e inaugurare invece il decollo della civiltà borghese mercantile culminante nel rinascimento.
L’opera di Kantorowicz, definitiva, rimuove ogni luogo comune. Qui l’imperatore non è segnacolo di una fase storica schematizzata, ma si muove internamente a un complicato gioco d’azioni e di reazioni. Di lui viene rivelata, duplice e sconcertante, l’anima insieme feudale e «illuminata»: il senso feroce del potere, e lo scetticismo che a, esso poneva di continuo un limite invalicabile.
Ma Kantorowicz non fa della psicologia.
Riesce nel compito propostosi perché mantiene l’opportuno equilibrio tra il riconoscimento del ruolo personale di Federico come fabbricatore di storia e l’imponente materiale documentario – qui riportato per la prima volta nella sua integrità – dell’ambiente sociale e culturale, da Lubecca alla Palestina, che condizionò quell’operato. Un metodo del quale gli sviluppi storiografici ultimi confermano tutta la validità.
Ernst Hartwig Kantorowicz, nato & Poznan (Polonia) nel 1895, insegnò a Francoforte (1950), poi a Berkeley (1940) e a Princeton (1951), dove morì nel 1963. Tra le sue opere. oltre a Federico II, imperatore, sono da annoverare Laudes regiae (1946), The king’s two bodies (1957) e Selected studies, pubblicato postumo nel 1965.
Il Melodramma e gli Italiani
Autore/i: Nicastro Aldo
Editore: Rusconi
prima edizione, prefazione di Quirino Principe, avvertenza dell’autore.
pp. 324, Milano
Il melodramma è il Giano bifronte della musica italiana: popolare ed aristocratico, vissuto con realismo da osteria e lunare nei suoi archetipi e simboli, «tutto nostro» ma ormai più conosciuto e coltivato oltre frontiera. Anche il bifronte titolo di questo libro rischia di essere letto in due modi, e più, forse, in quello meno giusto. Aldo Nicastro ci presenta un oggetto musicale, e il suo discorso riguarda la storia della musica e la musicologia, non la sociologia. Non si offre, qui, un ritratto degli italiani attraverso il melodramma; si mira a un’identificazione del melodramma storicamente italiano mediante l’unica categoria mentale capace d’identificarlo, ossia il suo rapporto con un’«italianità» omogenea e convincente nel suo modo d’essere. Ma il libro può benissimo apparire una bottega d’antiquario, nella quale si è irresistibilmente attratti; e una volta entrati, ci si accorge di essere circondati da cose vecchie che sembrano tesori, e da tesori che sembrano bric-à-brac. Che cosa significa la congiunzione presente nel titolo, o, in altre parole, qual è il rapporto, oggi, tra gli italiani e il melodramma? Si direbbe che gli italiani provino sovente, di fronte al melodramma, un forte imbarazzo.
Nicastro divide il suo libro in cinque grandi parti: Rossini, il romanticismo (culminante in Donizetti e Bellini), Verdi, il verismo, Puccini. Una costruzione bene architettata, dovuta a una causa che il lettore troverà certo rasserenante, così come troverà refrigerante e limpido l’effetto: questo libro non è una raccolta-collage di saggi prima sparsi, è invece un disegno unitario e pensato come tale da cima a fondo. Questo carattere accosta Il melodramma e gli italiani ai saggi musicali «a tesi», tutti costruiti su una centrale idea generatrice, quali è possibile trovare soprattutto nella cultura francese: i saggi di un Machabey o di un Landormy. Rigoroso, il libro di Nicastro risulta perciò impietoso la sua parte, anzi, spesso, decisamente duro e puntuto, nonostante l’educatissima conversazione dell’autore. D’altra parte, dobbiamo ringraziare quegli appuntiti strumenti se queste pagine ci si rivelano, con vantaggio per il lettore, un ricco manuale d’idee; se comincia ad esser chiaro quale sia la cianfrusaglia, nella storia del melodramma, e quali siano le suppellettili preziose; se a un certo punto Mercadante ci si rivela imprevedibilmente «europeo», e Bellini affine a Chopin, e Donizetti confinante con territori weberiani, e Verdi ultima maniera manda un aroma di vecchi legni, e il dominio pucciniano limitrofo agli imperi musicali di Debussy e di Richard Strauss. Nicastro, che non vuole «far colpo», è meticoloso: mostra anche il già noto, procede con ordine, espone notizie e idee acquisite. Tuttavia, preferisce sempre mostrare di esse la faccia nascosta, ed è per questo che, aprendo il cassetto in cui era stato frettolosamente riposto il melodramma, ci cadono nelle mani tante novità.
Aldo Nicastro è nato a Catania nel 1936 e vive a Roma. Critico musicale, ha curato per la Radiotelevisione cicli su Beethoven, Mahler, Puccini e un’ampia serie di rubriche d’informazione. Nel campo, che è suo specifico, del teatro d’opera ha pubblicato saggi specialistici su guide ed enciclopedie musicali.
Il Grande Libro delle Devozioni Popolari
Culto dei santi, ex voto, medaglie, pellegrinaggi, preghiere particolari, reliquie, scapolari… In 600 voci, l’origine e il diffondersi delle tante forme di devozione che hanno segnato la storia della cristianità.
Autore/i: Walsh Michael
Editore: Edizioni Piemme
introduzione dell’autore, traduzione di Franco Calandriello.
pp. 438, Casale Monferrato (AL)
Venerare reliquie e santi in genere, recitare particolari preghiere di intercessione, compiere pellegrinaggi, indossare medaglie e scapolari, …sono solo alcune delle tante forme di devozione che si sono tramandate nei secoli. Devozioni largamente diffuse tra il popolo che hanno lasciato la loro impronta nella Chiesa, nei libri di storia e nei manuali di preghiera.
Comprenderne l’origine, collocarle nel contesto storico e sociale in cui sono nate e si sono affermate, spiegarne la vera funzione all‘interno della vita della Chiesa: sono questi alcuni degli aspetti a cui Il grande libro delle devozioni popolari dà una risposta. Circa 600 voci che ci aiutano a comprendere parole, gesti e tradizioni che accompagnano la nostra vita.
Michael Walsh Nato a Newcastle nello Staffordshire nel 1937, ha conseguito la laurea in filosofia, teologia e storia. Avviato alla carriera bibliografica dagli studi svolti sulla vita e sugli scritti di sant’Agostino, ricopre il posto di bibliotecario presso il Collegio Heythrop, nell’Università di Londra.
Occupatosi ampiamente di questioni religiose riguardanti il terzo mondo, è autore di vari libri, sia storici sia bibliografici, tra cui: I Papi. Una storia illustrata; La città del Vaticano; Le origini della cristianità; Il mondo segreto di Opus Dei.
Santità e Potere a Bisanzio
Autore/i: Patlagean Evelyne
Editore: Il Saggiatore
prima edizione, introduzione dell’autrice, traduzione di Giuseppe Gatto.
pp. 258, Milano
«Santità e potere. L’accostamento può intendersi in più sensi: il potere che la santità conferisce al santo su quelli che lo circondano o lo avvicinano; i rapporti che il santo e la santità intrattengono con i poteri sociali vigenti, a cominciare dal potere clericale o monastico già costituito; infine, il potere esercitato dai mediatori che sostengono la gestione religiosa e sociale delle santità viventi, passate, o anche leggendarie. Questi rapporti mettono tutti in gioco, per di più, spazi d’esercizio e di interferenze: il deserto, la campagna, la città, il monastero. Il problema così costituito si muove attraverso il tempo e lo spazio della cristianità antica e medievale, e anche oltre, fino ad oggi.
Gli studi raccolti qui, uno dei quali dà il titolo al volume, vertono su opere agiografiche di lingua greca. Ma si collocano nell’ambito di un lavoro generale compiuto da una generazione su questo motivo essenziale del discorso e del messaggio agiografici. Il problema si forma nella“ narrazione agiografica tradizionale, dopo aver raccontato la conquista della santità da parte dell’asceta, e poi il suo riconoscimento pubblico; da quest’ultimo nasce in effetti un primo rapporto tra santità e potere. L’uomo santo esercita da questo momento su quelli che lo circondano un potere che, nel modello antico, resta estraneo alle istituzioni, e che sembra a tutta prima il riflesso di una domanda collettiva: miracoli di guarigione o di sostentamento, intercessione, veggenza.
A guardare più da vicino, l’azione del sant’uomo tende a riprodurre, formalmente, il modello di Cristo. Ma è anche lo strumento di una censura, o per meglio dire di una pedagogia.
A questo potere fanno da tramite i monumenti autentici o immaginati di un santo defunto, o anche leggendario: tomba, reliquie, poi immagini; risiede quindi in effetti tra le mani dei mediatori che gestiscono il culto. E poi, al limite, come negli Atti apocrifi degli apostoli, si confonde totalmente con la narrazione che ne è fatta. La santità così costituita è indiscutibilmente un tratto originale e caratteristico delle società cristianizzate, e la sua emergenza può quindi contribuire a fissare, con altri segni, la soglia storica di ciò che chiamiamo Antichità cristiana.» (Dalla Introduzione di Evelyne Patlagean)
Evelyne Patlagean (Parigi 1932) insegna Storia della tarda Antichità e di Bisanzio all ’Università di Paris-X (Nanterre). E autrice di numerosi saggi, apparsi in particolare sulle riviste “Annales ES. C.” e “Studi medievali”, raccolti nel volume Structure sociale, famille, chrétienté à Byzance (1981). Ha pubblicato Pauvreté économique et pauvreté sociale a Bysance (1977), la cui traduzione parziale è uscita col titolo Povertà ed emarginazione a Bisanzio (Roma-Bari 1986). Ha collaborato alla Storia del Medioevo (vol. I, Torino 1984) e alla Vita privata (vol. I, Roma-Bari 1988).
Introduzione – Antica agiografia bizantina e storia sociale – Bisanzio e il suo aldilà. Osservazioni su alcuni racconti – Piangere a Bisanzio – Santità e potere – Il basileus assassinato e la santità imperiale – La storia della donna travestita da monaco e l’evoluzione della santità femminile a Bisanzio – Teodora di Tessalonica. Una santa monaca e un culto cittadino (IX-XX secolo) – Ricerche recenti e prospettive sulla storia del monachesimo italo-greco – I monaci greci d’Italia e l’apologia delle tesi pontificie.
Corso Superiore di Filosofia Yoga
Autore/i: Yogi Ramacharaka
Editore: La Bussola Editrice
prefazione di Franca Avvisati.
pp. 208, Roma
Colui che cerca in queste pagine delle emozioni strane o violente sarà deluso; ma colui che cerca in esse una guida per capire meglio se stesso e gli altri, per cercare una risposta soddisfacente e valida al problema della vita e dell’esistenza, per avere un mezzo per affrontare più serenamente e più coscientemente le contrarietà della vita quotidiana non potrà non essere entusiasta perché la validità dello Yoga sta proprio in questo.
Raccomandiamo al lettore di avvicinarsi a queste pagine con animo sgombro da pregiudizi o riserve mentali di qualsiasi natura esse siano. I risultati non potranno tardare a venire e con essi si potrà aprire una pagina nuova nel libro della vita che avrà ora un significato più affascinante, più confacente alla nostra «essenza» di esseri pensanti.
Storia del Cubismo 1907-1914
Picasso, Braque, Gris, Delaunay, Léger
Autore/i: Golding John
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prefazione e introduzione dell’autore, traduzione di Marco Chiarini.
pp. 252, 108 illustrazioni b/n f.t., Milano
Il cubismo rappresenta la più completa e radicale rivoluzione artistica dai tempi del Rinascimento. Dal punto di vista visivo è più facile superare la distanza dei trecentocinquant’anni che passano tra il Rinascimento e l’impressionismo che non quella dei cinquanta che intercorrono tra l’impressionismo e il cubismo: un ritratto di Renoir è più vicino a un ritratto di Raffaello che non a uno del Picasso cubista. Il cubismo fu creato da due artisti, Picasso e Braque: il primo «oscuro, eccessivo, rivoluzionario», il secondo «chiaro, misurato, borghese», attraverso complesse mediazioni coi «fauves» e Cezanne, col movimento del «Blaue Reiter» e l’opera di Klee e Chagall. A questi due grandi pittori si unirono poi Gris e Delaunay, Léger e Gleizes.
John Golding ricostruisce, con la passione dell’amatore e il distacco dello studioso, il magico momento della maturazione e dell’esplosione di questa concezione pittorica che ha rivoluzionato il modo di guardare le cose e di dipingerle: dalla prima manifestazione cubista al Salon des Indépendants del 1911, alla grande esposizione collettiva del 1912, «La Section d’Or», all’invenzione delle nuove tecniche del «collage» e del «papier collé», alla diffusione dello stile cubista in Francia e in Europa. Corredano il volume più di cento illustrazioni, attraverso le quali possiamo seguire la lettura attenta dei dipinti e la discussione puntuale delle impostazioni teoriche condotte dallo studioso inglese.
John Golding è nato in Inghilterra nel 1929. Insegna storia dell’arte a Città del Messico e collabora come critico d’arte a molte fra le più autorevoli riviste anglosassoni, come il «Burlington Magazine» e il «New Statesman».
Eusapia Paladino la Medium
Dalle testimonianze di illustri scienziati
Autore/i: Flammarion Camille
Editore: Messaggerie Pontremolesi
avvertenza dell’editore, traduzione di Luisa Mariani.
pp. 176, ill. b/n, Milano
Dall’avvertenza dell’editore:
«L’opera che qui presentiamo è tratta da uno studio di Camille Flammarion sui fenomeni, ai suoi tempi molto discussi, della medianità, dello spiritismo, delle forze occulte.
L’autore, vissuto tra il 1842 e il 1925, è un celebre scienziato, un astronomo di chiara fama, che non temette di sfidare il ridicolo occupandosi di fenomeni che molti studiosi definivano semplicisticamente ciarlatanerie da saltimbanchi, trucchi da prestigiatori.
Con molta serietà egli invece esaminò, attraverso una serie di sedute, condotte con rigore e scrupolo, le manifestazioni anche più straordinarie, formulando ipotesi scientifiche, confrontandosi con altri illustri professori, come lui attratti da questi misteri.
Nel libro che qui pubblichiamo, sono raccolte tutte le documentazioni, le ricerche, gli studi che il Flammarion compì di persona e di cui ebbe notizia, su quella famosa e straordinaria medium che fu Eusapia Paladino, una donna napoletana che sapeva far muovere tavoli e poltrone, far apparire mani e volti, far suonare strumenti musicali, e far volare per la stanza oggetti di ogni genere. Con la passione del ricercatore e la serietà dello scienziato, il Flammarion rifiuta di negare aprioristicamente l’evidenza, anche quando sembra assurda, e ipotizza la presenza di forze misteriose, ancora sconosciute alla scienza, ma non per questo da escludersi.
Né è tanto ingenuo da lasciarsi imbrogliare dai trucchi cui la medium a volte ricorre e che egli intuisce, scopre e svela al lettore.
Ma neppure questi inganni sono sufficienti a distoglierlo dalla ricerca, perché c’è sempre qualcosa di misterioso e di incomprensibile, che nessun inganno può spiegare, nessuna ipotesi scientifica può giustificare.»
Sono Stato Imperatore
L’Autobiografia dell’ultimo sovrano della Cina
Autore/i: Pu Yi
Editore: Bompiani
prima edizione, prefazione e cura di Francesco Saba Sardi.
pp. 288, nn. fotografie b/n f.t., Milano
Sono stato imperatore è l’amara, atroce confessione di un uomo, Aisin-Gioro Pu Yi, ultimo sovrano della Cina ed estremo erede della dinastia Ching.
Era salito sul trono della Città Proibita nel 1908, all’età di soli due anni. Tre volte aveva perduto il trono, due volte vi era stato rimesso, sullo sfondo di un’epoca gravida di nuvole tempestose, quella dei signori della guerra e delle invasioni straniere. Nel 1934 i giapponesi, che avevano occupato gran parte della Cina, ne fecero il sovrano fantoccio dell’impero del Manchukuo. Catturato dai sovietici, venne deportato nell’URSS e nel 1949 consegnato alle autorità della Cina popolare. Chiuso in un carcere speciale insieme con altri collaborazionisti e con il suo maggiordomo, innocente ma fedele servitore anche in quella circostanza, fu sottoposto a un processo di “rieducazione” basato sul metodo dell’autocritica sistematica. Ne uscì dopo dieci anni, e nel 1962 portò a compimento questa sua autobiografia, pubblicata lo stesso anno in cinese e nel 1964 in edizione inglese.
È un documento straziante, senza equivalenti almeno nel panorama letterario moderno. Pu Yi, uomo debole e imperatore per burla, investito di poteri e di responsabilità che era incapace di reggere, dopo essersi prestato a coprire i massacri e le depredazioni dei giapponesi, si è prestato anche a “convertirsi”, ed è uscito dal carcere nel 1959, utile simulacro, dimostrazione vivente della “superiorità” e “bontà” del regime comunista. Sul trono della Cina sedeva adesso il nuovo “imperatore” Mao Tse-tung, e i rapporti con l’URSS potevano ancora sembrare idillici, come idillica è la visione del comunismo cinese e internazionale fornita da Pu Yi: un’immagine tutta luci, senza nessuna ombra, e Pu Yi si dichiara finalmente felice, finalmente “libero”, finalmente “un vero uomo”, ora che è in grado – ha imparato a lavorare in carcere – di mantenersi da solo, di “contribuire alla costruzione del socialismo”. Questa patetica figura di Pinocchio orientale diventato un bravo bambino sarà travolta nel 1966 dalla rivoluzione culturale, quando la storia di nuovo cambierà e tutto quello che l’ex imperatore ha imparato in carcere non servirà a nulla di fronte ai ragazzi col libretto rosso, che lo assaliranno, sbeffeggeranno, picchieranno. Morirà un anno dopo, probabilmente senza aver capito nulla, emblema forse di una condizione umana universale.
Questo è un libro affascinante e quanto mai istruttivo: non soltanto per le vicende che narra, per il quadro che fornisce della vita nella reggia ancora medievale della Città Proibita con i suoi eunuchi, le stravaganti cerimonie, la vita chiusa in un bozzolo dorato e soffocante, ma anche e soprattutto perché permette di toccare con mano la realtà del potere, la grande favola di cui Pu Yi è stato il protagonista e la vittima. Come ogni favola,°anche questa contiene una morale: sì, il potere è implacabile, e implacabilmente ha saputo, in ogni sua versione – monarchica, repubblicana, nipponica, comunista – servirsi dell’imbelle Pu Yi, diventato, da uomo “libero”, giardiniere e poi storico ufficiale del comunismo cinese, suo esaltato propagandista, e rimasto sempre un personaggio fuori della vita, costretto a recitare su un palcoscenico troppo grande per lui. (Francesco Saba Sardi)
La Leggenda di Maometto in Occidente
Autore/i: D’Ancona Alessandro
Editore: Salerno Editrice
a cura di Andrea Borruso, introduzione dell’autore.
pp. 156, Roma
Maometto (circa 571-632) e stato protagonista, durante il Medioevo, di due contrastanti filoni leggendari: mentre l’Oriente arabo-islamico, infatti, tributava al Profeta ogni onore e gloria, esaltandone le infinite virtù morali (dolcezza e clemenza, umiltà e rettitudine, generosità e indulgenza, ecc.), l’Occidente cristiano faceva del grande fondatore della religione islamica l’empio ricettacolo di ogni vizio e turpitudine.
Alessandro D’Ancona, l’illustre storico della letteratura italiana (1833-1914), dedicò a questo argomento il fondamentale saggio, pubblicato nel 1889, che qui si ripropone. In pagine ricche di brio, lo studioso ricostruisce con rara perizia ogni particolare della leggenda di Maometto in Occidente, inseguendo fatti e personaggi, spesso di pura fantasia, attraverso un manipolo di testi italiani e francesi dei primi secoli: da Guiberto (o Gerberto) di Nogent a Pietro il Venerabile, da Martin Polono a Jacopo da Varagine, fino a Brunetto Latini, a Dante, a Fazio degli Uberti.
Emerge da questa ricognizione un dato paradossale: ad una eccezionale fioritura di miti e leggende popolari riguardanti Maometto corrisponde una desolante ignoranza, mista ad avversione preconcetta e odio teologico, delle sue vicende biografiche e dei suoi insegnamenti; mentre il sovrapporsi di rami diversi della tradizione leggendaria aumenta la confusione e inquina sempre più la verità storica. Cosi, di volta in volta, egli è pagano o cristiano, illetterato o dotto, monaco o diacono, mago, impostore, seminatore di scismi, varia con disinvoltura nome e nazionalità, è infine protagonista di morti diverse, ma sempre atroci e ignominiose.
Una leggenda, dunque, multiforme, sfaccettata, dai mille intrecci, che il D’Ancona illustra, con maestria e sensibilità, in un saggio ancor oggi prezioso punto di riferimento per chiunque voglia documentarsi sulla ricezione della figura di Maometto nell’Europa medievale.
Filosofia della Massoneria
Autore/i: Di Bernardo Giuliano
Editore: Marsilio Editori
prima edizione.
pp. 160, Venezia
L’indagine qui svolta si propone di dare una risposta ai seguenti quesiti: esiste una filosofia della Massoneria? esiste un’antropologia massonica? in quali documenti tale antropologia trova una sua codificazione? Il pensiero massonico non è espressivo di una filosofia, se per filosofia si intende un sistema completo comprendente la totalità degli ambiti di cui tradizionalmente la riflessione filosofica si occupa. Esso è sorretto, però, da una precisa filosofia pratica concernente l’uomo, la sua natura e le sue finalità. Il nucleo essenziale della filosofia pratica massonica è costituito, perciò, dall’antropologia massonica. Nel corso della sua storia, anche il pensiero massonico ha elaborato un discorso intorno all’uomo, giungendo a precisarne e codificarne alcune caratteristiche fondamentali, le quali costituiscono, nel loro insieme, gli elementi tipici dell’antropologia massonica e sono raggruppabili nella quintupla (Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza, Segreto iniziatico). Tra di esse, la libertà e la trascendenza rappresentano le due nozioni principali intorno alle quali ruota l’intero sistema antropologico massonico. Da ciò segue che un massone non può essere né ateo né condividere una visione integralista del suo pensiero. Tali conclusioni teoriche sono suffragate dalle fonti storiche della Massoneria. Tali fonti consistono nelle Costituzioni di Anderson, nei Landmarks e nelle Dichiarazioni. Malgrado la loro molteplicità e la difficoltà della loro interpretazione, un pensiero unitario, sicuro e stabile è comunque in esse individuabile.
Il presente libro vuole essere un primo contributo nella direzione della sistemazione razionale del pensiero massonico. L’esigenza di tale ricostruzione teorica è, d’altra parte, di particolare attualità in un momento storico come il nostro in cui, accanto al desiderio di tornare alle origini del pensiero massonico, si avverte anche il bisogno di assicurare a esso contorni precisi tali da renderlo non confondibile con altri che con l’idealità massonica nulla hanno a che fare.
Giuliano Di Bernardo è professore ordinario di Filosofia della scienza all’Università di Trento. È autore di numerosi studi di logica deontica e di filosofia delle scienze umane, fra i quali sono, in particolare, da ricordare Introduzione alla logica dei sistemi normativi (1972), L’indagine del mondo sociale (1979) e Le regole dell’azione sociale (1983).
Massoneria e Religioni
Autore/i: CESNUR – Centro Studi sulle Nuove Religioni
Editore: Editrice Elle Di Ci
a cura di Massimo Introvigne, introduzione di Mons. Giuseppe Casale.
pp. 224, Leumann (Torino)
Che cos’è la massoneria? Come è nata? Quali sono le sue relazioni con la religione, la politica, l’economia? Perché la Chiesa vieta ai fedeli cattolici di farne parte? Esclusa la «doppia appartenenza» insieme alla Chiesa e alla massoneria, è possibile un dialogo fra cattolici e massoni? A questi delicati interrogativi – troppo spesso affrontati in chiave semplicemente apologetica o polemica – rispondono specialisti di discipline diverse. Massimo Introvigne espone, in una panoramica sintetica ma completa, che cos’è la massoneria e che cosa nella massoneria «fa problema» per i cattolici. Lo storico Marco Tangheroni va al di là dei miti e delle leggende in tema di rapporti tra Templari e massoneria. Lo storico Michael W. Homer, lo specialista di nuove religioni don Ernesto Zucchini e lo psichiatra Ermanno Pavesi valutano l’influenza della massoneria nelle origini di tre nuovi movimenti religiosi moderni: i mormoni, i testimoni di Geova e il mesmerismo (a sua volta precursore sia dello spiritismo che della psicoanalisi). Infine, uno specialista della dottrina sociale della Chiesa – Giovanni Cantoni – e due vescovi – mons. Josef Stimpfle, arcivescovo emerito di Augusta e noto specialista del tema, e mons. Giuseppe Casale, arcivescovo di Foggia-Bovino – passano in rassegna il magistero della Chiesa cattolica sulla massoneria (i cui testi più importanti dal Settecento ad oggi sono riprodotti in appendice al volume), sottolineando l’impossibilità della «doppia appartenenza» e valutando le possibilità di un dialogo.
Massimo Introvigne, dirigente nazionale di Alleanza Cattolica, è direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni). E autore di tredici volumi e curatore di altri nove in tema di nuova religiosità e magia contemporanea fra cui gli enciclopedici Le nuove Religioni (Milano 1989) e Il cappello del mago (Milano 1990), e i recenti Il ritorno della gnosticismo (Milano 1993) e Storia del New Age 1962-1992 (Piacenza 1994). In questa stessa collana ha curato le opere collettive Lo spiritismo (1989), I nuovi movimenti religiosi. Sette cristiane e nuovi culti (con Jean-François Mayer ed Ernesto Zucchini, 1990), Le nuove rivelazioni (1991), L’Europa delle nuove religioni (con Jean-François Mayer, 1993).
La Vera Massoneria
Autore/i: D’Olivet Fabre
Editore: Manilo Basaia Editore
introduzione e note critiche di Léon Cellier, traduzione dal francese di Barbara Pavarotti.
pp. 148, Roma
Antoine Fabre nasce a Ganges (Hèrault) nel dicembre del 1767 – Nel 1789 è a Parigi, prende il nome di Fabre d’Olivet (d’Olivet era il nome di sua madre), inizia a collaborare a raccolte poetiche e fa rappresentare il «Gènie de la Nation», opera rivoluzionaria – Nel 1790 entra nelle fila dei Giacobini – Nel 1797 fonda due giornali: «L’lnvisible» e il «Palladium de la Constitution». Attorno alla fine del secolo avviene la svolta della sua vita. Dopo una crisi religiosa e intellettuale inizia a lavorare su quelle che poi saranno le sue opere più importanti: la «Langue Hébraique Restituée» e «l’Histoire philosophique du genre humain» – Nel 1824 fonda un nuovo culto: la «Theodoxie universelle» – Improvvisamente, il 27 maggio 1825, muore per un attacco di apoplessia – Il suo «Santuario» muore con lui.
Nella «Vera Massoneria», d’Olivet espone alcune eccezionali teorie sulle tre potenze dell’Universo, sul ternario umano, sul «regno ominale», sulle diverse forme di culto e sulla scienza dei numeri – L’insieme del pensiero dottrinario di Fabre d’Olivet viene denominato «Teodoxia Universale» e rappresenta un originale insegnamento di tipo tradizionale che, secondo il suo interprete, gli era stato rivelato dallo spirito di una certa Egeria (giovane donna che aveva amato intensamente prima della sua prematura morte). Nel caotico mondo dello spiritismo europeo dell’inizio del diciannovesimo secolo, l’azione di Fabre d’Olivet – estrinsecandosi nella costituzione di un apposito «Santuario» – rappresenta forse l’unico serio tentativo di trasformare l’imperante teosofia in una reale «via della conoscenza».
I Martiri del Libero Pensiero
Corso pubblico di lezioni
Autore/i: Barni Giulio
Editore: Bastogi Editrice Italiana
prefazione dell’autore, traduzione di Gustavo Frigyesi.
pp. 276, Foggia
Le ”dieci lezioni” contenute in questo ”corso pubblico” svolto nella sala del Gran Consiglio di Ginevra da Giulio Barni, professore dell’Accademia della città svizzera, s’intitolano ad altrettanti semplici nomi:. a cominciare da Socrate, per giungere ad Abelardo, Bruno, Galileo, Rousseau. Questi personaggi, attraverso un lungo arco di secoli, rappresentano i tentativi dell’uomo – alcuni tragicamente conclusi – di opporsi al potere politico e ideologico in nome dei più alti ideali di libertà e di autonomia della coscienza.
L’insegnamento che si può trarre da quest’opera e che è applicabile anche al mondo contemporaneo, è duplice: anzitutto che la società non è interamente affrancabile finché dominatore è lo ”spirito teocratico”; in secondo luogo, che la ”filosofia” e la libera coscienza hanno anch’esse i loro testimoni esemplari, i loro martiri, accanto a quelli ispirati dallo spirito religioso.
Il libro del Barni si inscrive nel filone più vivo della pubblicistica laica, riuscendo convincente pure nella lingua che conserva le cadenze del parlato, ed ha quindi un più facile accesso alla simpatia del lettore moderno.
La Fine del Mondo Antico
Autore/i: Mazzarino Santo
Editore: Rizzoli
prima edizione, avvertenza e premessa dell’autore.
pp. 208, Milano
Il mondo antico: la civiltà classica greca e romana, un’esperienza politica, filosofica, spirituale durata più di duemila anni e che ha inciso come poche altre sulla struttura di quella che oggi viene definita «civiltà occidentale». Il mondo antico: un mondo che, raggiunto il suo apice con l’impero romano, era riuscito a unificare un continente – l’Europa – e a occupare la totalità dell’Africa settentrionale e larga parte dell’Asia minore. L’impero romano: un impero che sembrava invincibile e destinato a durare in eterno, ma che, al contrario, anche al suo interno nutriva quei germi, quei «nemici», che ne avrebbero prodotto la dissoluzione e con essa la fine di un mondo.
In questo libro, ormai diventato un vero e proprio classico della storiografia, un punto di riferimento obbligato per chiunque voglia capire che cosa fu e significò in realtà la caduta dell’impero romano, Santo Mazzarino, uno dei maggiori studiosi dell’antichità di tutti i tempi, analizza capillarmente le cause di quello che sembrava essere un evento impossibile ad avverarsi. Pagine limpide, inquiete, appassionanti, popolate da personaggi come Costantino il Grande, che ufficializza il culto cristiano; Giuliano, in seguito definito «l’Apostata», che sogna un impossibile ritorno alla cultura ellenistica; Giustiniano, che coordina quello straordinario lavoro che portò alla redazione del Corpus iuris civilis. Pagine drammatiche, dove vengono affrontati i grandi temi della lotta religiosa, della schiavitù, della libertà e della democrazia, della terribile e implacabile lotta tra città e campagna.
Un libro denso, ricco difatti; un libro scritto da un grande studioso che però possedeva come pochissimi altri l’arte di saper scrivere, quel prezioso dono di scrittura che ha consentito e consente anche ai non specialisti di affrontare e conoscere quell’affascinante esperienza, unica nella storia dell’uomo, che fu quel mondo che chiamiamo «classico».
Santo Mazzarino, nato a Catania nel 1916, si laureò giovanissimo e divenne ben presto professore ordinario di Storia greca e romana all’Università di Catania e, in seguito, di Storia romana all’Università La Sapienza di Roma. Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, ha ottenuto numerosi altri riconoscimenti in Italia e all’estero per la sua originale opera di studioso. E morto a Roma nel 1987. Tra i suoi Libri ricordiamo (oltre a L’impero romano, 1956, e al monumentale“ Pensiero storico classica, 3 voll., 1966), Stilicone (1942), Dalla monarchia allo stato repubblicano (1945), Fra Oriente e Occidente (1947), Introduzione alle guerre puniche (1948), Aspetti sociali del IV secolo (1951), che verranno presto ripubblicati da Rizzoli.
Il Loto e la Croce
Autore/i: Pallis Marcos
Editore: Rusconi
traduzione dall’inglese di Elsa Codronchi Torelli.
pp. 240, Milano
Marcos Pallis insegna in questo libro a percorrere uno stretto ciglio di rupe: evitando il baratro del sincretismo, mostra quale linguaggio può sovvenirci se vorremo unire piuttosto che dividere, cioè portare lo sguardo più alle assonanze che alle dissonanze tra la tradizione buddista e quella cristiana.
«Il libro di Marcos Pallis», scrive Cristina Campo, «opera una misura ideale di mediazione, che si vale di figure simboliche universali, gettando archi e ponti di luminose similitudini tra i più remoti paesaggi di dottrine e tradizioni». L’autore parla legittimamente del buddismo, essendo vissuto a lungo nell’Oriente. Alpinista esperto, nel 1933 ha condotto una spedizione nell’Himalaya occidentale, durante la quale ha preso contatto con la popolazione e la religione buddista del Tibet e ha cominciato ad apprenderne la lingua. Nel 1936 ha organizzato una seconda spedizione, seguita nel dopoguerra da un lungo soggiorno nel Tibet indipendente, dove è rimasto fino all’invasione cinese. Durante la permanenza in Tibet, Pallis non solo assimilò la cultura locale, ma diffuse presso i lama le opere dell’Occidente che potevano illustrare il carattere decadente della civiltà europea. La sua personalità multiforme, non solo di linguista e conoscitore delle grandi tradizioni religiose ma anche di musicista, gli consente quell’apertura che spesso è negata a chi è chiuso nella sua specialità. Essendo nel contempo greco e inglese, per la nascita e l’educazione stessa è portato a comprendere in profondità culture e spiritualità diverse.
In particolare, la conoscenza del buddismo e del cristianesimo gli permette di correggere molte contraffazioni divulgate da volgarizzatori non autorizzati, prevenzioni razionalistiche e confusioni sincretistiche. In questo libro, soffuso di sofferenza per una tradizione torturata a morte, Pallis ricostruisce l’immagine di una civiltà integrale, introduce il lettore occidentale alla conoscenza di un paese che è stato per secoli un centro di influenza religiosa.
Dallo Yoga alla Rosacroce
Autore/i: Scaligero Massimo
Editore: Perseo
pp. 240, Roma
Dallo Yoga alla Rosacroce non è un’autobiografia convenzionale: resterebbero delusi i lettori che la leggessero soltanto per soddisfare la loro curiosità o per apprendere notizie. Il libro è il racconto di un’esperienza durata l’intera vita, vita che a sua volta – lo si vede chiaramente fin dal titolo – non ha avuto per Scaligero altro senso se non la conduzione stessa di tale esperienza.
Sommario:
- I. La mediazione originaria
- II. Seminario solare
- III. J. Evola
- IV. Il sentiero della Rosacroce
- V. Essenza dello Yoga
- VI. Antroposofia
- VII. Giovanni Colazza
- VIII. La «maya» politica
- IX. «Regina Coeli»
- X. Hegel, Gentile, Aurobindo e la «Filosofia della Libertà»
- XI. Shakti e Logos
- XII. Del comunicare la Scienza dello Spirito
- XIII. Yoga e Rosacroce
- XIV. Deità ostacolatrici
- XV. Magia sexualis
- XVI. Secretum inviolabile
- Indice dei nomi
Massimo Scaligero (1906-1980), libero ricercatore dello spirito, formatosi agli studi umanistici, li integrò con una conoscenza logico-matematica e filosofica, e con una pratica empirica della fisica. Studioso di Nietzsche, di Stirner e di Steiner, approdò attraverso lo Yoga e lo studio delle Dottrine Orientali a una sintesi personale che gli diede modo di riconoscere in Occidente il senso riposto dell’Ermetismo e il filone aureo di un insegnamento perenne, riconducente alla “Fraternitas” dei Rosacroce.
Nello studio, nell’aiuto verso coloro che, assetati di conoscenza, si rivolgevano a lui, annullò se stesso, la sua carriera, le ambizioni personali, per essere sempre sereno soccorritore di tutti. Personalità instancabile e guida di gruppi spirituali, collaborò anche a importanti riviste, tra cui la prestigiosa East and West. Le Edizioni Mediterranee hanno pubblicato questi suoi testi: Guarire con il pensiero, L’uomo interiore, Kundalini d’Occidente, Meditazione e miracolo, Iside-Sophia la dea ignota, Reincarnazione e Karma e Tecniche di concentrazione interiore.
Il Potere della Kabbalah
Una tecnologia per l’anima
Autore/i: Berg Yehuda
Editore: TEA – Tascabili degli Editori Associati
introduzione dell’autore, traduzione di Ma Anand Tea Pecunia e Daria Restani.
pp. 304, nn. ill. b/n, Milano
Le risposte definitive alle domande fondamentali dell’esistenza umana; i segreti della Kabbalah svelati in modo semplice e chiaro da una delle massime autorità dell’argomento.
Immaginate che esista un’antica e misteriosa saggezza che ha influenzato filosofi, scienziati e grandi individui spirituali di ogni tempo: Mosè, Platone, Gesù, Shakespeare, Newton? Immaginate che in un tempo molto lontano una ristretta cerchia di saggi sia riuscita a comprenderla e l’abbia tramandata in testi che sono rimasti nascosti per duemila anni. Immaginate infine che questa prodigiosa saggezza possa svelare i segreti dell’universo, dare una risposta a ogni domanda, risolvere ogni dilemma. Tale saggezza esiste, ed è stata effettivamente tenuta segreta per gran parte della storia dell’umanità: è la Kabbalah. Con questo libro Yehuda Berg, tra le massime autorità sull’argomento, rivela e spiega in modo semplice e chiaro il complesso delle dottrine esoteriche e mistiche della Kabbalah, di quel sapere che, oggi, è la prima e più alta fonte d’ispirazione nell’ambito della ricerca spirituale e dell’auto-aiuto.
Il Santo Graal
La storia vera oltre la leggenda
Autore/i: Goodrich Norma Lorre
Editore: Rusconi
introduzione e avvertenza dell’autrice, traduzione dall’inglese di Bruno Amato.
pp. 416, Milano
Per Richard Wagner e Steven Spielberg il Graal è un calice; per quelli che erano presenti alla caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. era un libro scritto da Gesù, per i primi cristiani europei un reliquiario contenente gli avambracci della Madonna e della Maddalena, per i francesi di oggi, infine, un culto degli zingari.
Ma che cos’era, esattamente, il Graal? La nave e l’altare di Perceval? Il calice usato da Gesù Cristo nell’ultima cena? Una pietra che aveva il potere di donare l’eterna giovinezza?
Per rispondere a questo interrogativo secolare, Norma Goodrich ha intrapreso un’avventura assai ambiziosa, seguendo il Graal nel suo itinerario dalla conquista della Spagna da parte di popolazioni semitiche dell’Africa, fino a San Pietro a Roma, al castello del Graal di re Artù e al rifugio in Spagna Ca quel tempo Aragona) durante le persecuzioni dei cristiani volute dall’imperatore Valeriano. L’autrice ne ricostruisce la storia e la leggenda, scrostando tutte le fantasie e le mitologie che si sono stratificate su questo tesoro così suggestivo e riportando gli autentici fatti storici di uno degli oggetti più venerati della religione cristiana.
Il culto del Graal fu costretto alla clandestinità dall’Inquisizione, dal mutare delle sorti politiche, dalle persecuzioni religiose, dai feroci nazionalismi, dai massacri delle crociate, e dai roghi degli eretici in Francia. Ma, nonostante tutte le avversità, il Santo Graal continua a riaffiorare, dall’Inferno di Dante al Parsifal di Wagner, fino agli orrori del nazismo hitleriano.
Ne Il Santo Graal Norma Goodrich passa attraverso secoli di storie contraddittorie, separando i fatti dalla fantasia e, per la prima volta, rivelando la vera e definitiva storia del Santo Graal.
Norma Lorre Goodrich è professor emeritus al Claremont College, autrice di Il mito della Tavola Rotonda, Il mito di Merlino, Il mito di Ginevra, Priestesses, Ancient Myths e Medieval Myths. Vive con il marito nei dintorni di Los Angeles.
Life Force
Trattato di autoguarigione
Autore/i: Houston Jean
Editore: Casa Editrice Meb
presentazione di Pierluigi Lattuada, prefazioni dell’autrice.
pp. 320, Padova
Si tratta di un testo che si inserisce autorevolmente nella corrente New Age, che negli ultimi anni sta caratterizzando con crescente successo tutti i filoni dello spiritualismo e dell’interesse per l’esoterico e le culture orientali.
Questo libro evidenzia il modo attraverso il quale si è svolta l’evoluzione dell’umanità nella consapevolezza terrestre – uno stato di equilibrio tra la mente e il corpo, il maschio e la femmina, la società e l’individualismo – e il nuovo rapporto con la Terra intera.
Come possono in modo semplice uomini e donne imparare a pensare, provare sentimenti e conoscere in modo costruttivo, diventare più creativi, e aspirare realisticamente a ridimensionare la propria consapevolezza? In questo studio dello sviluppo umano, filosofico, psicologico, attento alla cultura storica, Jean Houston invita i lettori a sperimentare per loro stessi quelli che considera i cinque stadi dell’evoluzione culturale e individuale.
Il lettore apprende il senso del remoto culto agli dèi nella rivelazione dei periodi storici. Il libro indica anche le direzioni utili per i processi che, da soli o in gruppo, si possono usare per viaggiare attraverso gli stadi dello sviluppo umano.
Un testo davvero originale, curioso, che spinge il lettore a ridimensionare il proprio pensiero basandosi sulle informazioni e sugli spunti di riflessione che la storia continua – e continuerà in modo ciclico – a fornire, osservando il passato con l’intenzione di comprendere in modo più approfondito il significato di ogni singolo passo affrontato dall’uomo nel suo lungo e interminabile processo di sviluppo.
Jean Houston è nota a livello internazionale per i suoi studi di psicologia e filosofia. E consulente alle Nazioni Unite. E direttore della Foundation Mind Research a Pomona (New York). Ha pubblicato una quindicina di libri sulla salvaguardia dei popoli indigeni, alcuni dei quali di grande successo negli Stati Uniti. Per la Meb (sempre nella collana Olos) recentemente è già uscito La pace interiore (scritto dalla Houston in collaborazione con Margaret Rubin).