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Libri dalla categoria Malvagità

Archeologia Eretica

Archeologia Eretica

Le scoperte che sconfessano l’archeologia ufficiale

Autore/i: Bürgin Luc

Editore: Edizioni Piemme

prima edizione, prefazione e introduzione dell’autore, traduzione di Fabrizia Fossati.

pp. 182, nn. foto e tavv. b/n f.t., nn. ill. b/n, Casale Monferrato (AL)

Ciò che non si riesce a negare, viene ignorato.
Ciò che non si riesce a catalogare, viene accantonato.
Ciò che non si riesce a spiegare, viene dichiarato falso.
In archeologia, storia, antropologia un gran numero di errori attende ancora di essere riconosciuto.
Rompendo il muro del silenzio, centinaia di reperti ripudiati ci sussurrano la loro storia straordinaria.
Ascoltiamoli.

Mummie egizie nel Grand Canyon. Una camera segreta nella piramide di Cheope. Una carta orografica vecchia di milioni di anni. Incisioni di dinosauri che secondo gli esperti risalgono all’età della pietra. Documenti vaticani sull’esistenza dell’Eldorado. Una rampa di lancio di cinquemila anni fa. Un osservatorio preistorico. Migliaia di manufatti in oro e in pietra che paiono opera di una civiltà sconosciuta.
Sono centinaia i reperti e i monumenti che mettono in discussione le nostre attuali conoscenze e imbarazzano la scienza ufficiale. Il più delle volte non ne viene divulgata neppure l’esistenza.
Luc Bürgin è andato a caccia di questi reperti insoliti, li ha scovati, analizzati, catalogati, ha raccolto documenti, testimonianze e una notevole documentazione fotografica. Costruendo come in un puzzle, tassello dopo tassello, un’immagine del nostro passato più remoto molto diversa da quella che ci e stata raccontata.

Luc Bürgin è nato a Basilea. Giornalista presso la «Schweizer Wochenzeitung», e autore di alcuni saggi di successo. In Italia ha pubblicato Errori della scienza (Bompiani) e Archeologia misterica (Piemme).

I King Illustrato

I King Illustrato

Autore/i: Li Yan

Editore: Luni Editrice

prefazione di Emilio del Giudice, introduzione di Vanessa Passoni, edizione italiana a cura di Nan Xin Zhi e Vanessa Passoni, in copertina: Tai Chi (Il Grande Principio), circondato dagli otto Kua.

pp. 488, interamente e riccamente illustrato con 384 disegni a china b/n, Milano

Il Libro dei Mutamenti, o I King, è il più antico testo metafisico della Cina. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, ma gli eruditi ritengono che la sua compilazione, nelle sue linee generali, sia stata completata all’inizio della Dinasta degli Zhou (ca. XI sec.-221 a.C.).
Inizialmente basato su un sistema di divinazione che usava gli 8 trigrammi fondamentali (gruppi di linee intere e spezzate), in seguito venne ampliato mediante l’elaborazione del sistema di permutazioni su 64 paia di trigrammi e arricchito, nel corso dei secoli, da commentari.
La pretesa del Libro dei Mutamenti, o I King, è quella di dare la mappatura dei movimenti e sviluppi (i «mutamenti») di tutti i fenomeni dell’universo, non «obiettivamente», come esige il punto di approccio della scienza occidentale moderna, ma nel loro nesso inscindibile con l’Uomo, la sua volontà, la sua azione, e quindi il suo destino.
Benché sia sempre stato visto dai Cinesi come un’opera metafisica in se stessa completa, è sempre stato anche un libro di divinazione, consultato da Imperatori, uomini di Stato e generali durante tutta la storia cinese, ma anche diffusissimo a livello popolare.
Venerato da Confucio, l’I King venne incluso tra i Cinque Classici del Confucianesimo. Fu uno dei pochi libri risparmiati dall’Imperatore Chin Shi Huangdi (259-210 a.C.) quando ordinò che i libri pubblicati sotto le Dinastie che lo avevano preceduto fossero bruciati. Un libro, quindi, che ha avuto un’ininterrotta influenza sul pensiero e la cultura cinesi attraverso i millenni, fino ai giorni nostri.
L’edizione illustrata che Luni Editrice ha il piacere di presentare è il risultato di molti anni di lavoro del Dr. Li Yan, che ha interpretato con magnifici disegni e in Cinese moderno i 64 esagrammi con le loro permutazioni e con i testi di commento che vi si connettono, convinto che proprio l’intuitività della raffigurazione permettesse di superare la concettualizzazione dei commenti scritti e desse accesso all’elemento arcaico e primordiale dell’I King, che sono gli esagrammi e il mutevole valore delle loro linee.
Il lettore italiano ha così, per la prima volta, la possibilità di una comprensione intuitiva e di una facile memorizzazione di questo antichissimo testo oracolare, enigmatico per sua stessa natura.

Li Yan è nato nel 1943 a Pechino. Professore all’Istituto Centrale di Arti e Mestieri, è vicepresidente della Società per gli Studi sull’I King, Direttore del Museo Li Kuchan, e, come esperto di calligrafia e pittura cinesi, è consulente per la casa d’aste degli oggetti d’arte di Pechino.

La Mitologia Primitiva

La Mitologia Primitiva

Autore/i: Lévy-Bruhl Lucien

Editore: Newton Compton Editori

introduzione dell’autore, traduzione di Salvatore Lener.

pp. 304, 4 tavv. b/n f.t., Roma

In linea con l’analisi di «Psiche e società primitive», Lucien Lévy-Bruhl si spinge ne «La mitologia primitiva» all’interno del mondo magico-animistico dei primitivi, indagandone e classificandone i personaggi. le tipologie, le fantasiose e sorprendenti vicende. Uomini e animali che continuamente trasmigrano gli uni negli altri, incantesimi, metamorfosi, visite e apparizioni delle divinità sulla terra trovano nel «tempo in cui non esisteva il tempo» la loro prima origine e la loro ragion d’essere: la mitologia primitiva non conosce la contraddizione, o meglio non le dà peso.
Così, se da un lato, con il rigore positivistico dello scienziato, Lévy-Bruhl rievoca per il lettore le fiabesche presenze, le esotiche figure di un bestiario come sognato attraverso le generazioni, dall’altro va documentando la sua ipotesi di un carattere pre-logico della mentalità primitiva. Solo l’intervento costante della «categoria affettiva del soprannaturale», infatti, consente – quanto è, per l’irreversibile evoluzione della civiltà, negato alle culture occidentali moderne – una profonda «partecipazione mistica» dell’uomo alla primordiale, incontaminata natura che lo circonda.

Atalanta Fugiens

Atalanta Fugiens

Autore/i: Maier Michael

Editore: Edizioni Mediterranee

introduzione e cura di Bruno Cerchio, con descrizione in notazione moderna delle 50 fughe.

pp. 320, 50 ill. b/n, Roma

«Ricevi dunque in un solo libro quattro specie di cose: composizioni allusive, poetiche, allegoriche; emblemi nel venereo rame incisi e di venerata grazia adorni; verità chimiche secretissime che l’intelligenza tua sonderà; infine musiche delle più rare: fà buon uso di ciò che t’è qui dato». Così Michael Maier, uno dei più significativi «operatori» ermetici dell’epoca rosicruciana, medico, filosofo e musicista presenta la sua «Atalanta Fugiens». E l’accorto lettore si renderà conto, col solo sfogliarlo, di come l’Atalanta si configuri quale testo di «traduzione» alchemica tutto teso a formulare, nella sua ampiezza, e per il suo invito ad una prima decifrazione estetica, un’opera di estremo equilibrio barocco. Questo perché in Maier il gusto ed il brivido spirituale della conoscenza ermetica si sposano felicemente ad una volontà ermeneutica che compara, giustapponendo, varie formule espressive. E saranno l’epigramma, l’incisione, la fuga musicale, i vari possibili gradini d’intendimento della «crisopeia». Gli epigrammi, ma soprattutto i discorsi che chiosandoli li accompagnano, sono tutti «ambientati», secondo la tendenza propria dell’epoca, a collegare il mito all’alchimia e, con essa, spiegarlo svelandolo, Maier disincantato lettore di miti, ne intravede il possibile, per lui certo, velame alchemico e ne propone, aprendo la strada ai futuri Pernety, l’ampia qualità e disponibilità analogica; facendo della mitologia greca una «metafora in divenire» che permetta una decifrazione reciproca alle tappe dell’«opera alchemica». Le incisioni, gli emblemi, opera di Merian, forse il massimo, il più noto senz’altro tra gli incisori alchemici, portano spessore immaginativo, ottico, al «sogno» della comprensione ermetica, operando con un modello iconologico d’indole, più che di data, barocca. Si tratta d’incisioni che, com’è d’uso nell’epoca, offrono una solida fedeltà al dettato dell’epigramma, traducendo obbedientemente in immagini, fotografando per così dire, la velata lettera del testo e non lo spirito intimo, lasciato all’arguzia caritatevolmente intellettiva del lettore. Ma a proporre «L’Atalanta» come mirabile compendio nel panorama alchimistico del tempo, panorama denso della temperie illuministico-utopistica del rosacrucianesimo, è l’apparato musicale che conforta il libro e ne fa un’opera unica e irripetuta. Si tratta di cinquanta fughe genialmente costruite sugli epigrammi, ricche di dottrina e di astuzie musicali, naturalmente coerenti e conseguenti alla descrizione epigrammatica e alle bellurie iconologiche degli emblemi. Bruno Cerchio che ha curato con amorosa intelligenza questa prima versione italiana dell’Atalanta ha anche trascritto con moderna notazione le fughe. Proprio questa insolita parte musicale può diventare approccio stimolante, comunque decisamente nuovo, per una lettura che ricordi come tutta l’espressione musicale possa proporsi come autorizzato ingresso ad una visione del mondo esoterica nel senso più ampio e meno sciatto del termine.

Michael Maier (1568-1622) fu dottore di filosofia e medicina, alchimista, mistico e probabilmente membro della confraternita dei Rosacroce. Circa le sue origini, le fonti non sempre sono concordi. Alcuni ritengono fosse figlio di Joahnn Maier, un ufficiale del duca di Holstein. Altre fonti invece riportano che suo padre fosse un tale Petrus Maier, un orafo a servizio del governatore danese dello Schleswig Holstein. Un parente di sua madre, un medico ben conosciuto a Gdansk e Koenisberg, finanziò i suoi studi. Nel 1587 Michael Maier frequentò l’Università di Rostock, nel 1589 quella di Nuremberg, dal 1589 al 1591 fu a Padova e nel 1592 all’Università di Francoforte ove conseguì la Laurea in Lettere; nel 1596 all’Università di Bologna e nel 1596 all’Università di Basel, dove conseguì la Laurea in Medicina e Chimica. Non è dato sapere dove conseguì la Laurea in Filosofia. Terminati gli studi, continuò i suoi viaggi per l’Europa, mantenendosi grazie all’esercizio della professione medica e della chirurgia, oltre che dell’insegnamento. Pare che prima del 1600 fosse presso la corte di Rodolfo II, e scrivano nella Cancelleria Germanica. Nel 1601 cominciò la pratica medica presso il Whit Lion Inn a Gdansk, e nel 1608 tornò a Praga. Nel 1612 divenne medico ordinario al servizio di Rodolfo, ma la sua carica sembrerebbe essere stata onoraria, in quanto il suo nome non appare nei libri contabili del palazzo. Il suo stemma di famiglia fu reso nobile da Rodolfo, che lo nominò Hofpfalzgraf (Conte Palatino). Un incarico questo che assommava alla qualifica di ufficiale imperiale, la funzione di supervisione sulle Università, con la prerogativa di poter conferire dottorati e titoli post-accademici.

La Terra è Salute

La Terra è Salute

Dall’acqua e dalle rocce i minerali che curano

Autore/i: Gianluca Bruttomesso; Mauro Fanelli; Umberto Solimene

Editore: Red Edizioni

prefazione di Massimiliano M. Corsi.

pp. 112, Milano

Il libro approfondisce le numerose possibilità di cura insite nelle risorse minerali, con un approccio rivoluzionario.
L’idea di Mauro Fanelli di utilizzare le rocce vulcaniche per fini terapeutici nasce nel 1985: ripetute trivellazioni nel bacino vulcanico del lago di Bolsena gli hanno permesso di classificare oltre 700 campioni di rocce differenti prelevate fino a 60 m di profondità (e perciò incolumi da inquinamento) e di individuarne l’uso applicativo più appropriato. Analoga ricerca e stata svolta per le acque sorgive, le cui componenti minerali vengono attivate, originando i minerali vulcanici bioattivati. Numerosi riscontri clinici dimostrano lo straordinario valore di tali ricerche.

Gianluca Bruttomesso, giornalista e scrittore, e addetto stampa della Federazione mondiale del termalismo e della climatoterapia.

Mauro Fanelli, biologo, dirige i laboratori di ricerca di Geomedical (VT). Da anni si dedica allo studio dei minerali e delle acque del bacino vulcanico del lago di Bolsena.

Umberto Solimene dirige il Centro di ricerche in Bioclimatologia medica, biotecnologie, medicine naturali e talassoterapia dell’Università degli Studi di Milano.

La Cucina Macrobiotica Zen

La Cucina Macrobiotica Zen

Autore/i: Abehsera Michel

Editore: SugarCo Edizioni

introduzione dell’autore, traduzione di Marisa Sanfelice.

pp. 240, Milano

Che cosa è la cucina macrobiotica zen? La risposta suona quanto mai semplice: è il modo di preparare i cibi, dosato su un profondo rispetto degli ingredienti vegetariani che non esclude tuttavia pesce e pollo come ingredienti secondari, usato dai monaci buddisti i quali, grazie anche a questo tipo di alimentazione, sono fra gli uomini più longevi della terra. Trasmessa all’autore dal grande maestro giapponese Ohsawa, questa antica arte zen di selezionare e bilanciare gli ingredienti contiene il segreto della macrobiotica (termine coniato dallo stesso Ohsawa dal greco antico: macro, grande, e bio, vitalità) che è quello di produrre l’equilibrio cosmico dello yin e dello yang, un equilibrio che, nella tradizione orientale, consente al soggetto una vita saggia spiritualmente e fisicamente felice.
Grazie a questo libro – di facile consultazione e dedicato ai non iniziati – il lettore sarà in grado di prepararsi da solo oltre duecento deliziosi piatti, molti dei quali sconosciuti sino a oggi nel mondo occidentale, e godrà del piacere di mangiare cibi sani e al tempo stesso appetitosissimi. Un lessico in appendice fornisce le definizioni dei termini per aiutare il lettore nella preparazione dei piatti.
«È meglio mangiare i cibi che si trovano da tempo nella storia biologica. Essi allargano la capacità di pensiero, il che significa memoria».

Michel Abehsera è un noto studioso di culinaria oltre che di religioni orientali.

Papago Woman

Papago Woman

Riti e vita quotidiana d’una tribù nel racconto della figlia di un capo

Autore/i: Underhill Ruth M.

Editore: Claudio Gallone Editore

prima edizione, nota di Elémire Zolla, commento e traduzione di Fedora Giordano.

pp. XXXIX-120, Milano

«Noi non conosciamo gli indiani Papago, perché sono una delle poche tribù contro le quali il governo degli Stati Uniti non ha mai combattuto» ebbe a dire l’antropologa Ruth M. Underhill. Una delle più note autobiografie femminili raccolte tra gli indiani d’America negli anni Trenta, ci consente di osservare attraverso gli occhi di Chona, figlia di un capo, la vita quotidiana, i rituali di fertilità e di guarigione, le cerimonie per la guerra, le iniziazioni femminili del “Popolo del Deserto”. Gli indiani Papago hanno mantenuto intatta la loro cultura e celebrano ancor oggi i loro riti, grazie al fatto di avere come unica ricchezza cactus, fichi d’india, fagioli e di vivere lontano dalle strade battute dai cercatori d’oro e dai rancher.
Un classico dell’antropologia e della letteratura femminile americana viene oggi proposto per la prima volta al pubblico italiano, nella traduzione e con il commento di Fedora Giordano.

Ruth M. Underhill (1884-1984), etnologa e scrittrice, allieva di Franz Boas alla Columbia University. Lavorò a lungo tra le comunità indiane del sud-ovest degli Stati Uniti prima di occupare la cattedra di etnologia presso l’Università del Colorado. I suoi numerosi studi sulle tribù Papago sono ritenuti fondamentali sia negli ambienti scientifici che tra gli indiani, che la onorano come conservatrice della loro memoria.

Fedora Giordano (Roma, 1946) ha studiato a Roma e negli Stati Uniti. Già assistente di Elémire lolla all’Università La Sapienza, è professore… di Letteratura Angloamericana all’Università. di Torino.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo la cura di Ishmael Reed, Mambo jumbo, Etnopoetica. Le avanguardie americane e la tradizione orale indiana e Gli indiani d’America e l’Italia.

Storia dell’Economia Sovietica

Storia dell’Economia Sovietica

Autore/i: Dobb Maurice

Editore: Editori Riuniti

seconda edizione riveduta e aggiornata, prefazione e introduzione dell’autore, traduzione di Valfrido Bacci e Giuseppe Garritano.

pp. 572, Roma

La storia dello sviluppo economico dell’Unione Sovietica è uno dei momenti di maggior interesse della nostra epoca, poiché rappresenta il primo caso della storia in cui si sia messa in atto una economia socialista. Si può dire che essa abbia per gli storici e gli economisti del nostro tempo lo stesso interesse che lo sviluppo della Francia dopo il 1789 ha avuto per gli storici, i teorici della politica e gli economisti del secolo scorso. Inoltre è l’unico esempio di trasformazione di un paese arretrato in paese industriale tecnicamente avanzato, avvenuta, con una rapidità senza uguali, sotto la guida di un piano economico valido per tutto il paese. Nell’ultima edizione di quest’opera, apparsa per la prima volta nel 1928 col titolo Russian economic development since 1917, Maurice Dobb (la cui recente scomparsa ha lasciato un Vuoto difficilmente colmabile nel campo degli studi storici ed economici) aveva esteso l’argomento fino alla ricostruzione seguita al secondo conflitto mondiale, e nella prefazione da lui appositamente scritta per” l’edizione italiana, che qui riproponiamo al lettore, aveva aggiornato l’opera fino al 1971.
Tra le altre opere di Maurice Dobb da noi pubblicate: Problemi di storia del capitalismo, 1972; Teoria economica e socialismo, 1974; Economia del benessere ed economia socialista, 1975; Storia del pensiero economico, 1974.

Ikebana Pratico

Ikebana Pratico

L’arte di disporre i fiori secondo le sei più famose scuole giapponesi

Autore/i: Kudō Masanobu; Banti Pereira Jenny

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

prima edizione, in sopracoperta: un ikebana di Sōfū Teshigahara.

pp. 304, interamente e riccamente illustrato a colori e b/n, Milano

L’ikebana, l’arte della composizione dei fiori, e antico di mille anni.
Nato come offerta al Buddha, diventato elemento caratterizzante della cultura giapponese, e oggi largamente praticato anche in Occidente.
Questo libro, oltre all’affascinante racconto della storia dell’arte dell’ikebana fino alle sue variegate forme attuali, e un panorama delle sei principali scuole giapponesi, delle quali offre le notizie stilistiche e tecniche fondamentali per poter “fare ikebana”.
Centoquindici magistrali composizioni, lette nel loro significato artistico e didatticamente analizzate mediante la scomposizione delle fasi successive necessarie alla loro creazione, fanno del libro un valido strumento per accostarsi alla pratica di quest’arte.

Disporre fiori, foglie, rami in un vaso associati secondo regole cariche di significati simbolici e ambizioni estetiche è un’arte le cui origini si rintracciano un millennio addietro e la cui storia si intreccia con lo sviluppo della cultura giapponese, con il suo particolare rapporto con la natura di antiche radici animistiche – ne è un indizio il nome di quest’arte, ikebana, traducibile con “fiori viventi” – con il suo sorprendente raffinato senso della composizione dello spazio del ritmo. La storia dell’ikebana annovera momenti, tendenze, scuole, generi analogamente alla storia della pittura, artisti e maestri che hanno elaborato poetiche e che in tempi recenti – dopo il coinvolgimento della cultura giapponese nelle situazioni e nelle problematiche della cultura occidentale hanno dialogato con acuta intelligenza creativa con le tematiche dell’arte moderna, anche con i movimenti di avanguardia.
Questo libro che si basa su oltre un centinaio di opere, raffinati capolavori di ikebana, delle sei principali scuole attuali (Ikenobō, Ohararyu, Sōgetsuryu, Kōryu, Mishōryu, Ryuseiha), si propone due scopi: esporre in tutte le sue molteplici sfaccettature il senso di quest’arte, in rapporto con la cultura che l’ha prodotta, avviandone la c0mprensione oltre un’epidemica sensazione di gradevolezza, e consentirne la pratica attraverso l’analisi tecnica delle opere, la graduale ricostruzione delle composizioni nella sua manualità operativa, fase dopo fase, e nell’esposizione dei precetti degli stili.

Jenny Banti Pereira si interessa di ikebana dal 1955. In diversi soggiorni in Giappone approfondisce lo studio dell’ikebana classico e della scuola Ohara, oltre a quello dell’arte e cultura giapponese.
Nel 1959 fonda la prima sezione europea della scuola di ikebana Ohara. Nel 1970 le viene conferito il titolo tecnico più alto della scuola Ohara, First Master. Dal 1976 e consigliere della Association of European Teachers of Ikebana, e dal 1978 Honorary Advisor. Nel 1976 riceve il più alto grado onorifico della scuola Ohara, Grand Master, per la prima volta dato a un europeo. Nel 1977 il Centro Ikebana, creato da Jenny Banti Pereira, diventa associazione didattico culturale. Dal 1979 e presidente dell’European Ohara Teachers Association. Nel 1980 è invitata a partecipare alla mostra Junin Ten, che si tiene ogni ventiquattro anni, a cui partecipano le scuole di ikebana più importanti, rappresentate da opere dei capiscuola. Dal 1958 ha tenuto numerose mostre, personali e collettive, in Italia e all’estero.

Masanobu Kudō, nato nel 1924, oggi il più autorevole critico e storico dell’ikebana, cominciò a interessarsi alle arti tradizionali giapponesi mentre studiava la storia culturale dell’Estremo Oriente all’università di Kyoto. Da allora si occupa di ricerche nel campo dell’arte della disposizione dei fiori, e nel 1969 diventa direttore della Japan Ikebana Arts Association; ha partecipato alla progettazione, supervisione e stesura di numerosi testi sull’ikebana.

La Via del Samurai

La Via del Samurai

Autore/i: Mishima Yukio

Editore: Bompiani

prefazione di Francesco Saba Sardi, introduzione di Kathryn Sparling, prologo dell’autore, traduzione dall’inglese di Pier Francesco Paolini, in copertina: un samurai nell’atto di indossare l’armatura.

pp. 200, ill. b/n, Milano

Scritto nel 1967, tre anni prima dello spettacolare suicidio rituale di Mishima, La Via del samurai è una personale interpretazione dello Hagakure, testo sacro della precettistica samurai. Ma il commento dei grandi temi etici della tradizione – forza d’animo, azione, passione e amore (anche omosessuale) – diventa occasione per un’esplicita denuncia della società nipponica contemporanea uscita sconfitta dalla seconda guerra mondiale, contro la cui corruzione Mishima rilancia il proprio modello di cultura, consapevolmente anacronistico, individualista e asociale.
E comunque soprattutto su un passaggio dello Hagakure che lo scrittore si sofferma: ”La Via del samurai è la morte… Per essere un perfetto samurai, è necessario prepararsi alla morte da mane a sera, giorno dopo giorno”.
Più che un libro “politico”, La Via del samurai è in effetti – come del resto gran parte della narrativa di Mishima – una straordinaria meditazione sulla morte, in cui i principi dello Zen sembrano a volte contaminati dall’heideggeriano Sein zum Tode (Essere per la morte).

«Che t’Importa di ciò che Dice la Gente?»

«Che t’Importa di ciò che Dice la Gente?»

Altre avventure di uno scienziato curioso

Autore/i: Feynman Richard P.

Editore: Zanichelli Editore

prima edizione, raccolte da Ralph Leighton con una sua prefazione, traduzione di Sylvie Coyaud.

pp. 240, nn. foto e ill. b/n, Bologna

«Prima che nascessi, mio padre disse a mia madre: “Se è un maschio, sarà uno scienziato”».
E scienziato lo divenne davvero Richard Feynman, uno dei maggiori fisici del nostro secolo e vincitore del Nobel. Come i lettori di «Sta scherzando, Mr. Feynman!» già sanno, Feynman è stato il contrario dello scienziato accademico distaccato dal mondo. Fu invece uomo d’insaziabile curiosità e sempre disponibile a qualsiasi «deviazione» dal percorso già tracciato.
A una ricchezza di vita che ha dell’incredibile in Feynman si unisce, per nostra fortuna, una meravigliosa capacità di narrarla.
Feynman morì il 15 febbraio 1988 dopo una lunga lotta contro il cancro. Nel corso del suo ultimo anno di vita preparò, insieme all’amico Ralph Leighton, il manoscritto di questo libro che può quindi venir considerato un pó il suo testamento spirituale.
Due figure emergono su tutte le altre: quella della prima moglie Arlene, morta giovanissima, e quella del padre, che, dice Feynman, gli insegnò a pensare.
La seconda parte del libro è dedicata al racconto dell’indagine seguita all’esplosione del Challenger nel gennaio 1986. In queste pagine si mostra tutto ciò che precedette e seguì il clamoroso colpo di scena televisivo dell’esperimento con cui Feynman mise sotto accusa i sistemi di controllo della NASA.
Arriviamo così a scoprire attraverso gli occhi di un grande scienziato la confusione e i fraintendimenti che hanno portato la NASA a scrivere una delle pagine più tristi dell’esplorazione umana del cosmo.
Attraverso le parole di Feynman possiamo rivivere il momento in cui la causa del disastro venne rivelata al mondo intero con un semplicissimo, elegante esperimento: un pezzo di gomma tuffato in un bicchiere di acqua ghiacciata.

«”La pubblicazione di “Sta scherzando, Mr. Feynman!” ci costringe ad alcune spiegazioni preliminari.
Primo: il protagonista è quello del libro precedente, ma le ’avventure di uno scienziato curioso’ sono diverse: alcune sono allegre, altre tragiche, è certo però che per la maggior parte del tempo Mr. Feynman NON sta scherzando -anche se spesso è difficile a dirsi.
Secondo: i racconti di questo libro non si collegano l’uno all’altro come in “Sta scherzando…” dov’erano articolati cronologicamente per fornire una parvenza di ordine. (E alcuni lettori si fecero perciò l’idea, sbagliata, che si trattasse di un’autobiografia). Quanto a me, ho una motivazione semplice: da quando ho sentito per la prima volta i racconti di Feynman, ho avuto voglia di condividerli con altri.
Infine, la maggior parte di queste storie non mi sono state raccontate mentre suonavamo insieme la batteria. È andata invece così.
La prima parte, “Uno scienziato curioso”, inizia col descrivere l’influenza delle persone che più hanno contribuito a formare la personalità di Feynman – suo padre, Mel, e il suo primo amore, Arlene. Il racconto iniziale è tratto da “Il piacere di scoprire le cose”, un programma della BBC prodotto da Christopher Sykes. La storia di Arlene, da cui è preso il titolo del libro, per Feynman è stata dolorosa da raccontare. L’ho messa insieme in dieci anni, da sei brani diversi. Una volta terminata, a Feynman piacque molto. Era felice di condividerla con altri.
Le altre avventure feynmaniane della prima parte, anche se di tono più allegro, sono state incluse perché non ci sarà mai un secondo volume di “Sta scherzando…”. Feynman era particolarmente fiero di “È semplice come contare fino a… “, e ogni tanto pensava di trasformarlo in un vero e proprio articolo di psicologia. Le lettere dell’ultimo capitolo sono state gentilmente fornite da Gweneth Feynman, Freeman Dyson e Henry Bethe.
La seconda parte, “Mr. Feynman va a Washington”, è purtroppo l’ultima grande avventura di Feynman. È più lunga del solito, perché rimane di grande attualità (versioni più brevi sono state pubblicate su «Engineering and Science» e su «Physics Today», e sono state riprese da riviste specializzate in molti paesi). Non è stata pubblicata prima perché, dopo aver fatto parte della Commissione Rogers, Feynman venne sottoposto a una terza e a una quarta operazione, oltre ai raggi, all’ipertermia e ad altre terapie.
La battaglia di Feynman contro il cancro durò più di un decennio, e si concluse il 15 febbraio 1988, due settimane dopo l’ultima lezione al Caltech. Ho voluto aggiungere uno dei suoi discorsi più eloquenti e stimolanti, “Il valore della scienza”, come epilogo.”» (Dalla prefazione di Ralph Leighton)

Richard Philipp Feynman nasce l’11 maggio 1918 a Far Rockaway, vicino a New York.
Compie i suoi studi dapprima al MIT (Massachusetts Institute of Technology) e poi a Princeton. Dal 1943 al 1946 collabora al Progetto Manhattan a Los Alamos.
Nel 1946 va ad insegnare a Cornell, dove rimane fino al 1951. Nello stesso anno si trasferisce al Caltech (California Institute of Technology).
Dopo una decennale lotta contro il cancro si spegne il 15 febbraio 1988 a Los Angeles.
Nel 1965 è stato insignito del premio Nobel per la fisica a riconoscimento dei suoi contributi nel campo dell’elettrodinamica quantistica.
Di fondamentale importanza anche le ricerche da lui condotte nel campo dell’interazione debole insieme a Murray Cell-Man.

Ralph Leighton, musicista amico di Feynman, vive e lavora a Pasadena, California.

Vocabolario delle Istituzioni Indoeuropee

Vocabolario delle Istituzioni Indoeuropee

Volume secondo – Potere, diritto, religione

Autore/i: Benveniste Emile

Editore: Giulio Einaudi Editore

edizione italiana a cura di Mariantonia Liborio.

pp. VIII-290-534, Torino

Come tutti i grandi linguisti, Emile Benveniste possiede in misura eminente il senso della realtà: il fatto linguistico gli interessa in quanto parte di questa realtà, per ricostruirla nel suo divenire.
Questo interesse vitale ha portato Benveniste a contatto con le discipline più vive nel campo delle scienze umane, dalla logica formale alla psicoanalisi all’antropologia. Sfruttando a fini teorici la sua vastissima erudizione e la pratica nel campo della grammatica storico-comparata, lo studioso ha accostato ai suoi lavori più strettamente filologici una serie di interventi di carattere più generale, inserendosi con grande autorità nella discussione teorica che tocca tutti gli aspetti del problema lingua.
In questo Vocabolario (1969), Benveniste è arrivato a precisare il significato primario dei termini studiati, per scrostarne lo spessore d’uso e per riportare alla luce insiemi lessicali coerenti, articolati intorno a una nozione centrale che permette di avvicinarsi al «senso».
Questa delicata operazione di interpretazioni, accostamenti, ricostruzioni è fondata sulla capacità di ricostituire il quadro economico e sociale di cui la lingua è espressione. «In questa ricerca delle origini – scrive Mariantonia Liborio nella nota che accompagna la presente edizione – si fanno spesso scoperte di grande interesse, non solo linguistico. Concetti individuali per eccellenza, come l’identificazione di sé o il concetto di libertà, si rivelano per esempio singolarmente dipendenti dalla sfera sociale. L’analisi di Benveniste, che spesso rovescia-posizioni acquisite, mette in luce con una certa insistenza il fatto che “è la società, sono le istituzioni sociali che forniscono i concetti in apparenza più personali”».

Emile Benveniste (Aleppo 1902 – Parigi 1976) ha sempre vissuto e studiato a Parigi, dove è stato Directeur d’études della sezione di Scienze storiche e filologiche dell’École Pratique (dal 1927) e poi professore al Collège de France (dal 1937). E autore di diciotto opere e centinaia di articoli, tra cui Origines de la formation des noms en indo-européen (1935), Problèmes de linguistique générale (trad. it. Il Saggiatore, 1971 e 1974).

Rivarol

Rivarol

Massime di un conservatore

Autore/i: Jünger Ernst

Editore: Ugo Guanda Editore

traduzione di Brunello Lotti e Marcello Monaldi.

pp. 136, Parma

Nato nel 1753, fuggiasco da Parigi nel 1792 («Dov’è il grand’uomo?» chiesero gli uomini del Terrore bussando alla sua porta «lo vogliamo accorciare un po’»), esule in Belgio fino al 1794, poi in Germania dove morì nel 1801 (consumato «tanto dall’incessante attività spirituale quanto dai piaceri», Antoine de Rivarol appartiene a pieno diritto alla folta e scintillante schiera dei moralisti francesi. Su Jünger, che lo ha tradotto in tedesco e ha curato questa scelta di massime, egli ha esercitato una forte attrazione, indicata dalla ricchezza e dall’originalità della sua personalità. Per Jünger, Rivarol è lo scrittore che in nome dei valori formali ha rischiato la frammentarietà, l’incompletezza, che ha costantemente perseguito la perfezione stilistica, toccandola spesso nella concisione delle sue massime, delle sue definizioni. E il dandy, capace però di scelte assolute, mai riducibili a una religione dell’apparenza. E, soprattutto, il «pensatore della conservazione» in un’epoca rivoluzionaria.
Nel lungo saggio che precede le Massime, Jünger si chiede che significato possa avere oggi «un autore morto da centocinquant’anni, che cercò di affrontare come singolo la Rivoluzione allo stato nascente, per il nostro tempo, cioè per un tempo in cui questa Rivoluzione si è consolidata». A tale quesito, lo scrittore risponde che l’attualità di Rivarol è nella struttura del suo pensiero.
«Tra i pensatori della conservazione Rivarol si distingue per la sua obiettività razionale. Per questo motivo la sua opera, non per le soluzioni ma per l’impianto del suo pensiero, offre stimoli a chiunque riflette su come vada formato un nuovo humus e creato qualcosa di permanente in una situazione di tabula rasa.» E aggiunge: «Egli resterà esemplare per l’intrepido e tuttavia ponderato atteggiamento con cui il singolo si contrappone alla corrente del tempo, che minaccia di tutto divorare e di cui solo pochi cuori e poche menti sono all’altezza». L’intransigenza morale, la chiarezza intrepida dello sguardo, lo spirito autenticamente conservatore, il senso profondo dello Stato, e insieme lo stile smagliante, la grazia suprema, la forza concentrata nell’espressione, la qualità inventiva, illuminante di una battuta: in queste massime, che si offrono all’intelligenza e al piacere del lettore di oggi, si rivela il «metallo puro» di uno scrittore.

Che cos’è la Metafisica?

Che cos’è la Metafisica?

(Con estratti della «Lettera su l’Umanismo»)

Autore/i: Heidegger Martin

Editore: La Nuova Italia

prefazione, traduzione e note a cura di Armando Carlini.

pp. 148, Scandicci (Firenze)

La metafisica è lo scandalo della filosofia: da un lato essa investe i massimi problemi ed è dunque la ragione medesima in vista della quale gli uomini hanno cominciato a fare filosofia; dall’altro è indefinibile e il suo stesso oggetto, benchè vanamente cercato, resta una perenne fonte di aporie. Nel luglio del 1929 Heidegger tenne all’Università di Friburgo, dov’era tornato come successore di Husserl, una prolusione in cui mostra in che cosa consista l’essenza della metafisica e come essa affondi le sue radici nell’esistenza dell’uomo. Sospeso tra l’essere e il nulla, l’uomo esperisce, nello stato d’animo fondamentale dell’angoscia, una motivazione originaria a interrogarsi circa il senso delle cose.

Fichte e l’Ideale di Umanità

Fichte e l’Ideale di Umanità

Tre lezioni

Autore/i: Husserl Edmund

Editore: Edizioni ETS

a cura di Francesca Rocci, in copertina: Pablo Neruda, Autoritratto, 1924.

pp. 96, Pisa

Di fatto nella miseria dei nostri tempi c’è solo una cosa che può sostenerci, rafforzarci, renderci davvero invincibili e «beati» in ogni sofferenza.
È lo spirito divino dell’idea, la consapevolezza degli ideali puri per la cui realizzazione esistiamo, gli ideali che hanno trovato nel nostro popolo tedesco i loro rappresentanti più nobili e più sublimi. (Husserl)

Nel marzo 1916 Husserl riceve la nomina a professore ordinario presso l’Università di Friburgo, riconoscimento che costituisce il coronamento della sua carriera accademica.
È in questa Veste che tenne, per la prima volta nel 1917, le sue lezioni su Fichte alla Facoltà di scienze politiche nell’ambito dei corsi per i partecipanti alla guerra dell’Università di Friburgo; in seguito le ripeté ancora due volte l’anno successivo, questa volta presso la Facoltà di filosofia.

La Scienza dello Yoga

La Scienza dello Yoga

Commento agli Yogasutra di Patañjali alla luce del pensiero moderno

Autore/i: Taimni I. K.

Editore: Ubaldini Editore

prefazione dell’autore, traduzione di Renato Pedio.

pp. 404, nn. ill. b/n, Roma

Intorno ad un nucleo minimo di insegnamenti fondamentali e genuini dello yoga si è sviluppato, nel corso di migliaia di anni, un coacervo di letteratura spuria composta di commenti ed esposizioni di sistemi minori della cultura yoga. Perciò il neofita meglio farà a limitarsi alla letteratura di base, così da evitare confusioni e frustazioni. Entro questa letteratura di base, gli yogasutra di Pantanjali spiccano come l’opera più autorevole e feconda, e in conseguenza della trattazione completa ed organica dell’argomento costituiscono il libro più adatto per uno studio approfondito e sistematico dello yoga.
Nessun argomento forse è avvolto nel mistero quanto la dottrina e la filosofia yoga. Molti hanno praticato la cultura fisica associata ad una scuola yoga: ma troppo spesso l’hanno fatto rinunciando agli insegnamenti più alti e più profondi dell’antichissima scienza. Questo libro offre un’esposizione chiara, intelligibile, dei punti di vista filosofico e spirituale che la sostanziano.
Potrà essere di utilità particolare agli studiosi occidentali perché la dottrina è presentata sia alla luce del pensiero antico che di quello moderno. L’autore ha fondato il proprio studio sui famosi Yogasutra di Patañjali, scritti molti secoli fa, chiarendone in numerosi punti i difficili concetti mediante analogie moderne. A ciò è riuscito perché è tanto profondamente versato nella filosofia e nella saggezza dell’India antica quanto altamente qualificato come scienziato moderno.

Il professor I. K. Taimni, induista, è nato in India. Ha studiato in Inghilterra laureandosi in chimica presso la London University nel 1928. Ha insegnato negli Istituti di specializzazione universitaria e compiuto opera originale di ricerca in campo chimico presso l’Università indiana di Allahabad per circa quarant’anni. I risultati di tali ricerche sono stati pubblicati in una cinquantina di articoli apparsi in tiviste scientifiche occidentali.
Altre opere del prof. Taimni sono: Self-Culture in the Light of Occultism, Gayatri, e Introduction to Hindu Symbolism.

Psicologi e Operai

Psicologi e Operai

Soggettività e lavoro nell’industria italiana

Autore/i: Rozzi Renato A.

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

presentazione dell’autore.

pp. 248, Milano

Gli psicologi sono diventati molto numerosi e sempre più importanti nelle applicazioni concrete della vita sociale. Ciò porta non soltanto a una ben diversa figura di psicologo, ma a farsi di nuovo tante domande generali e teoriche sulla psicologia. Questa mutazione nata nel sociale è particolarmente evidente allorché certi soggetti individuali e collettivi emergono con un nuovo aspetto politico. Per esempio gli operai o i malati di mente. Renato Rozzi si interessa degli operai nel momento del lavoro: anche la classe operaia è diventata soggettivamente e oggettivamente diversa e ha sempre più rapporto, nelle fabbriche o nelle istituzioni, con tutti coloro che si rifanno alle idee della psicologia, siano essi quelli che si considerano ancora professionalmente psicologi sia tutta quella vasta fascia di operatori sociali in cui sono compresi anche i sindacalisti.
In Psicologi e operai Renato Rozzi, seguendo le mutazioni degli operai nella fabbrica a partire dagli anni ’60, cerca di capire anche quanto sta accadendo oggi in tutto il corpo sociale. Rozzi cioè analizza comportamenti come il rifiuto del lavoro nel loro originarsi e situazioni come quelle che producono il nuovo tipo di fatica oppure gli sviluppi della psicologia clinica dal momento della selezione a quello degli interventi psicosociali. Ne escono certo molti interrogativi per il rinnovarsi del movimento operaio soprattutto nel suo momento politico-sindacale.

Renato Rozzi è nato a Cremona nel 1929. Si è laureato all’Università di Milano con una tesi sulla problematica della neutralità in Husserl e Freud. Ha lavorato come psicologo in un reparto psichiatrico, nella scuola, in un carcere per minorenni e soprattutto in una grande industria metalmeccanica. Ha insegnato psicologia all’Università di Milano, Trento e all’Università di Cosenza dove insegna tuttora. Ha pubblicato articoli su riviste, sempre su argomenti di psicologia applicata.

Giocare la Vita

Giocare la Vita

Storia del lotto a Napoli tra Sette e Ottocento

Autore/i: Macry Paolo

Editore: Donzelli Editore

pp. 144, Roma

«Napoli» e «lotto» sono due parole strettamente connesse nella nostra immaginazione. Il più classico tra i giochi d’azzardo – il gioco dei novanta numeri, ciascuno dei quali è associato, per il tramite della Smorfia-Morfeo, a un qualche significato onirico e simbolico – lega indissolubilmente cifre e sogni, calcoli e divinazione dei propri destini. E tutto questo ha in Napoli, nei suoi botteghini, nei palazzi, nei vicoli, la sede deputata, il luogo imprescindibile. Questo libro di Paolo Macry da una parte ricostruisce la storia di fenomeni sociali, culturali e istituzionali che hanno avuto indubbia rilevanza in gran parte dell’Europa sette-ottocentesca. Dall’altra, analizza il concreto intrecciarsi, nella pratica delle scommesse, di alcune categorie sulle quali le scienze sociali lavorano da tempo: la casualità e il calcolo, le aspettative «razionali» e i comportamenti «irrazionali», il rischio e l’utile economico, il materiale e l’immateriale. Sottesa a questo lavoro, colto e curioso, rigoroso e insieme partecipe, sta una convinzione: che nel dibattito così attuale tra strutture e culture, tra moderno e postmoderno, i temi della divinazione, del caso, del gioco, abbiano qualcosa da dire. Molto di più di quanto spesso non appaia. A Napoli il lotto costituisce un fenomeno capace di veicolare cultura e diventare idioma collettivo. Al tempo stesso, produce un circuito di ridistribuzione di risorse materiali, che è gigantesco, capillare e polverizzato. L’attenta considerazione di giocate e vincite mostra che alla fine i napoletani vincono poco ma vincono tutti e spesso, mescolando sapientemente la passione per i novanta numeri, l’esperienza personale, i limiti imposti da magri bilanci familiari e, se del caso, trucchi e sotterfugi. Lo Stato, quello borbonico, gestisce il tutto con grande accortezza, creando un clima fiduciario, assecondando la cultura del suo pubblico, cercando di limitare i propri rischi. Il lotto napoletano sarà fonte di grossi guadagni per l’erario e durerà nel tempo come nessun’altra lotteria che si conosca.

Paolo Macry insegna Storia contemporanea all’Università di Napoli. Tra i suoi lavori ricordiamo Ottocento. Famiglia, élites e patrimoni a Napoli, Torino 1988; La società contemporanea. Una introduzione storica, Bologna 19952, e con R. Romanelli e B. Salvemini, Le borghesie dell’Ottocento. Fonti, metodi, modelli per una storia sociale delle élites, a cura di A. Signorelli, Messina 1988. È autore della lezione sulle Classi sociali del Manuale di Storia contemporanea Donzelli.

Tecnica del Colpo di Stato

Tecnica del Colpo di Stato

Il più pericoloso manuale dei nostri giorni

Autore/i: Luttwak Edward N.

Editore: Longanesi & C.

presentazione dell’editore, premessa dell’autore, prefazione di S. E. Finer, traduzione dall’inglese di Bruno Oddera

pp. 288, 13 ill. b/n, Milano

Questo «manuale pratico», come lo definisce semplicemente l’autore, non mancò di suscitare l’esitazione e la diffidenza dei suoi primi editori a diffonderlo. Il perché è presto detto: dopo le prime pagine, chiunque si rendeva conto che il libro era un’autentica bomba, e anche se qualcuno, fuorviato dalla scrittura semplice e un po’ ironica, poteva considerarlo dapprincipio un «thriller» alla James Bond, si sarebbe poi facilmente e subito convinto che Luttwak scriveva su un argomento molto serio con estrema serietà. In termini elementari, il colpo di Stato, volere o no, è diventato un fenomeno della vita moderna (dal 1945 al 1968 se ne sono verificati settantacinque nel mondo) e ciò ci sprona a comprenderne e l’importanza e il significato.
Luttwak, nato a Arad in Transilvania, cittadino inglese dal 1967, che ha vissuto e lavorato in parecchi paesi, compresi quelli dell’Europa orientale, ce li spiega, riscuotendo l’ammirazione di esperti di storia moderna come Manuel Finer e Stephen Ambrose, che non esitano a chiamare il suo manuale un classico.

Edward Nikolai Luttwak (Arad, Transilvania, 1942) è uno dei più qualificati e brillanti studiosi nordamericani di storia militare e di problemi strategici. Insegna alla Georgetown University e al Georgetown Center of Strategic and International Studies di Washington ed è consulente governativo per la Difesa. Oltre a Strategia del colpo di Stato, fra le sue opere più importanti vanno ricordate: Dictionary of Modem War, The Israeli Army (in collaborazione con Dan Horowitz), The Political Uses of Sea Power, Strategie Power, The Grand Strategy of Roman Empire (La grande strategia dell’impero romano, Rizzoli 1981), The Grand Strategy of Soviet Union: Essence of Strategy.

Arturo Benedetto Michelangeli

Arturo Benedetto Michelangeli

Autore/i: Kozubek Lidia

Editore: L’EPOS Società Editrice

traduzione dal Polacco di Marco Bizzarini, discografia a cura di Stefano Biosa.

pp. 236, XII tavv. b/n f.t., Palermo

Arturo Benedetti Michelangeli (Brescia 1920 – Lugano 1995), uno dei pianisti più ammirati del XX secolo, ha inseguito per tutta la vita la perfetta manifestazione della bellezza artistica, raggiungendo risultati unici nel controllo del suono e nel meticoloso approfondimento dei testi musicali.
Artista schivo ed enigmatico, compassato ma non freddo, sempre personalissimo nel tocco, nemico dei, clamori giornalistici, diffidente nei riguardi delle incisioni discografiche, Michelangeli ha magistralmente interpretato capolavori di Mozart, Beethoven, Chopin, Schumann, Brahms, Debussy, Ravel. Da una sua allieva, la concertista polacca Lidia Kozubek, l’intenso ricordo di un Maestro fuori del comune e non classificabile in alcuna categoria estetica aprioristicamente determinata.
Arricchiscono il volume un saggio introduttivo di Marco Bizzarini e un’aggiornata discografia a cura di Stefano Biosa.

Lidia Kozubek (Poznan 1927), pianista, didatta e musicologa polacca, dopo gli studi all’Università Jagellonica di Cracovia e all’Accademia Musicale di Varsavia, ha frequentato dal 1958 al 1963 i Corsi internazionali di perfezionamento ed interpretazione pianistica tenuti ad Arezzo da Arturo Benedetti Michelangeli. Ha svolto attività concertistica in tutto il mondo e ha realizzato registrazioni radiotelevisive e discografiche. Docente all’Accademia Musicale “F. Chopin” di Varsavia, è stata anche visiting professor all’Academia Musicae Musashino di Tokyo.

Marco Bizzarini (Brescia 1966) è saggista, ricercatore e critico musicale. Laureato in Musicologia e diplomato in pianoforte, ha recentemente pubblicato la monografia Luca Marenzio: the career of a musician between the Renaissance and the Counter-Reformation (Ashgate Publishing) e l’edizione critica dei testi poetici delle cantate di Benedetto Marcello (Fondazione Levi). Collabora con il Dipartimento di Storia delle Arti Visive e della Musica dell’Università di Padova.

Stefano Biosa (Milano 1964) è specializzato in ricerche discografiche e documentarie su musicisti del Novecento. Autore di articoli sulla storia del jazz, coordina, insieme a Marco Bizzarini, il Centro di Documentazione “Arturo Benedetti Michelangeli” di Brescia.