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Libri dalla categoria Ebrei

La Comunicazione Non-Verbale

La Comunicazione Non-Verbale

Autore/i: Autori vari

Editore: Editori Laterza

introduzione di Tullio De Mauro, premessa e introduzione generale di Robert A. Hinde, traduzione di Raffaele Simone.

pp. 576, nn. illustrazioni b/n, Bari

Tra le forme di comunicazione, quella verbale ha suscitato finora l’interesse maggiore se non addirittura esclusivo; solo negli ultimi anni si è venuto sottolineando quanto importante e vasta sia l’area della comunicazione non-verbale.
Questo libro, al quale hanno portato specifici contributi biologi, etologi, zoologi, linguisti, antropologi, critici d’arte, è stato organicamente ordinato da R. A. Hinde al fine di offrire, nella forma forse fino ad oggi più sistematica, i risultati acquisiti nei vari campi di ricerca. Il confronto tra la comunicazione umana e quella animale, la comunicazione vocale negli uccelli, le informazioni ricavabili delle esibizioni dei mammiferi, la comunicazione non-verbale nel bambino, nel malato di mente, e la sua importanza nel teatro e nell’arte, sono solo alcuni fra gli argomenti di questa trattazione. Per la sua completezza e varietà essa consente quindi per un verso una lettura in chiave interdisciplinare e per l’altro permette un primo approccio panoramico al problema della comunicazione non-verbale.
Nell’Introduzione all’edizione italiana, Tullio De Mauro allarga ulteriormente l’orizzonte tematico del libro. Per trovare una nuova, più precisa definizione delle loro caratteristiche specifiche, egli mette a confronto il linguaggio verbale e i linguaggi della comunicazione non-verbale.

Miracoli con il Pranic Haeling

Miracoli con il Pranic Haeling

L’antica arte di guarire con le mani

Autore/i: Choa Kok Sui

Editore: Macro Edizioni

prefazione di Eric B. Robins, introduzione Choa Kok Sui, traduzione di Francesca Sanpaoli.

pp. 352, nn. illustrazioni b/n e illustrazioni a colori f.t., Diegaro di Cesena (FC)

Il prana può essere utilizzato come strumento di guarigione energetica: bilancia, armonizza e trasforma i processi energetici del corpo in maniera immediata ed estremamente potente. Ciò è possibile grazie al Pranic Healing, spiegato in questo libro da Master Choa Kok Sui.
Prana è un termine Sanscrito che significa forza vitale.

Master Choa Kok Sui, ingegnere chimico, uomo d’affari di grande successo, autore e Maestro di fama internazionale è conosciuto in tutto i mondo da un vasto pubblico. Ha studiato e sperimentato personalmente per oltre vent’anni i principi esoterici e esoterici di guarigione e di meditazione. I suoi volumi sono stati tradotti in 17 diverse lingue e i suoi insegnamenti sono diffusi in oltre 30 paesi. Master Choa ha fondato l’Institute for Inner Studies e la World Pranic Healing Foundation a Manila.

Master Choa rivela in questo straordinario libro, i segreti della guarigione pratica, un tempo gelosamente custoditi da antichi maestri. Il suo metodo di insegnamento semplice, esperto nella Terapia Energetica. Con questo libro imparerete a percepire l’Energia, le auree e i chakra e, soprattutto, a manipolare il grana a fini terapeutici. I risultati saranno spesso veri e propri miracoli, miracoli con il Pranic Healing.

Ecco alcuni tra i più interessanti temi trattati:

La percezione dell’Energia pratica
Gli 11 chakra maggiori
La legge del Karma
Le regole fondamentali della terapia pratica
Come evitare il contagio eterico in terapia
Tecniche pratiche di terapia pratica
Terapia di comando
Autoguarigione
Invocazioni e Terapia con Energia Divina

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Prefazione
Introduzione

La natura del Pranic Healing

La natura del Corpo Energetico

Pranic Healing elementare

Pranic Healing intermedio

Autoguarigione pratica e guarigione pranica invocativi

Guarigione pranica a distanza

Testimonianze

Meditazione sui cuori gemelli

Appendici
Corsi sulle scienze interiori
Centri ed organizzazioni di Pranic Healing
Letture raccomandate

Indica Analitico

L’Alce Sacro

L’Alce Sacro

I miti della natura degli Indiani Pueblo

Autore/i: Tyler Hamilton A.

Editore: Rusconi

prima edizione, premessa dell’autore, traduzione dall’inglese di Grazia Maria Griffini.

pp. 316, Milano

Nella redazione degli Indiani Pueblo, il Grande Alce è l’animale sacro per eccellenza. Altro e poderoso, fornito di imponenti corna, l’alce viene considerato come il «massimo protettore» della caccia al quale affidarsi per impetrarne la benevolenza. Tuttavia, come documenta Hamilton A. Tylor in questa sua profonda analisi, presso i Pueblo ogni creatura è sacra in quanto appartenente a un medesimo «palpito vitale». Al grandioso pantheon dei Pueblo assurge anche il bisonte, esotericamente unito all’adorazione del Sole, assieme al cervo, apportatore della pioggia estiva, e al tasso, che si associa all’inverno, ai fuochi, alla medicina. In una variegata scala di valori, diventano animali-dèi anche l’orso, il puma, il coyote, l’umile coniglio e l’agile antilope, alla quale è concesso ritornare alla vita dopo essere stata uccisa dai cacciatori. Secondo la concezione cosmica dei Pueblo, la vita non si esaurisce nella sfera biologica, ma si espande anche nei fenomeni del soprannaturale. Con l’Alce sacro, Tylor compie una esplorazione globale dell’universo animistico pueblo dove ogni essere vivente ha una sua precisa collocazione e dove gli animali deificati sono in grado di plasmare il destino degli uomini. Sulla scorta dei racconti orali e dei reperti archeologici, Tylor esaminai trasparenza il pensiero religioso di un gruppo etnico che è sicuramente il più evoluto nell’area tra Arizona e il Nuovo Messico. Sorretti da una fervida cultura non scientifica e da un forte potere immaginativo, i Pueblo hanno delineato un’inesauribile gamma di leggende che – come opportunamente sottolinea l’autore de L’alce sacro – ha sorprendenti analogie con i miti del mondo classico mediterraneo.

Hamilton A. Tylor, nato in California, ha frequentato l’Università di Berkeley. Profondo studioso degli Indiani Pueblo, si è interessato in modo particolare alle loro usanze e al modo con il quale hanno definito la loro posizione nel mondo. Tylor è autore di altre opere su questo gruppo di pellerossa, fra cui Pueblo Gods and Myths.

Antonin Artaud – Il Teatro e il Ritorno alle Origini

Antonin Artaud – Il Teatro e il Ritorno alle Origini

Un approccio antropologico

Autore/i: Borie Monique

Editore: Nuova Alfa Editoriale

unica edizione, prefazione all’edizione italiana di Ferdinando Taviani, traduzione di Michela Scolaro. titolo originale: Antonin Artaud – Le théàtre et le retour aux sources.

pp. XXXIX-306, Bologna

Da questo lavoro, di grande originalità d’approccio, emerge un diverso Antonin Artaud, che non è più il “pazzo” o il “letterato”, punti estremi dell’agiografia artaudiana, bensì un antropologo che si dedica all’esplorazione approfondita delle “fonti”: fonti immaginarie o, piuttosto, fonti dell’immaginario, “mondi perduti” come le Galapagos della leggenda, fonti storiche (Roma e la Siria di Eliogabalo), i miti delle origini e, infine, territori reali come quello dei Tarahumaras.
Il pensiero degli etnologi diviene uno sfondo particolarmente adatto per lasciar emergere le tracce di quei nudi viaggi che nell’adesione al teatro realizzano la possibilità di non aderire a dottrine.
Artaud appare sullo sfondo della letteratura etnologica e dell’antropologia culturale come un poeta nel senso serio della parola: uno specialista della precisione, un fabbro della lingua e dei concetti. Non un fantasioso inventore di metafore, non un visionario, non un sognatore ad occhi aperti oppure – come si dice per indorare la pillola – un utopista. Non un profeta invaso e scosso dal suo dio.
Questo saggio di Monique Borie, pubblicato in Francia nella prestigiosa collana Bibliothèque des Idées delle edizioni Gallimard, costituisce uno dei punti più alti della saggistica artaudiana, restituendo all’opera dell’autore de Il Teatro e il suo Doppio una coerenza e una profondità che la “leggenda” e le polemiche del passato hanno spesso impedito di cogliere.

Monique Borie, docente all’Institut d’Etudes Théatrales de la Sorbonne Nouvelle, ha dedicato la maggior parte della sua attività di ricerca al teatro contemporaneo, studiato con gli strumenti delle scienze umane e in particolare dell’antropologia. Interessata al rapporto tra le grandi esperienze teatrali degli anni sessanta e il pensiero mitico, ha pubblicato presso le edizioni Nizet Mythe et théatre, une quéte impossible?, oltre a studi su Grotowski, il Living Theatre e P. Brook.

Le Donne, i Cavallier, l’Arme, gli Amori

Le Donne, i Cavallier, l’Arme, gli Amori

Viaggio per viali e sentieri della letteratura percorsi e ripercorsi a suo tempo fino agli esami e lungo i quali la memoria nostalgica e un pò ironica ama riandare

Autore/i: Due Anonimi

Editore: U. Mursia Editore

presentazione di Giuseppe Pontiggia, con la guida di Roberto Fedi.

pp. 238, illustrazioni b/n, Milano

Ci sono cose che resistono all’usura del tempo e della memoria. Come certi versi, martellanti o morbidi, che ogni tanto riaffiorano dal passato scolastico: “Nel mezzo del cammin di nostra vita…, Chiare, fresche e dolci acque…, Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori: che è poi il titolo di questo libro. Molti avranno sentito, chissà quante volte, la curiosità di andare più in là, di sapere o di ricordarsi meglio che cosa ci fosse dietro, senza però annoiarsi con il vecchio manuale di scuola finito chissà dove in soffitta, e senza essere presi per mano come bambini; anzi, se possibile, divertendosi un pò. Bene, questo libro è per loro. Che ci crediate o no, infatti, si può parlare di letteratura in modo rigoroso anche senza far morire di noia. Lo sappiamo che per decenni, generazioni di studenti, è stato fatto credere il contrario (e gli strumenti di dissuasione non mancavano: programmi di cemento armato, manuali micidiali, terminologie da iniziati, estetismi da svenimento…). Una congiura bella e buona, fatta apposta per lasciar fuori dalla festa gli intrusi.
In questo libro il lettore troverà il modo di soddisfare le sue curiosità, aiutando la memoria a dare un volto a quei fantasmi che si chiamano Dante, Petrarca, Boccaccio, Cecco Angiolieri, Poliziano, Lorenzo il Magnifico, Machiavelli, Ariosto; e ancora San Francesco, Jacopone da Todi, Sacchetti, Guinizzelli, i giullari anonimi… Come dire, le basi della nostra storia e della nostra cultura, di cui è giunto il momento di riappropriarsi leggendone le vicende come in un romanzo (e con qualche strizzata d’occhio un pò impertinente, diciamolo pure).[…]

A Ogni Morte di Papa

A Ogni Morte di Papa

I Papi che ho conosciuto

Autore/i: Andreotti Giulio

Editore: Rizzoli

quarta edizione, introduzione dell’autore.

pp. 182, nn. illustrazioni b/n f.t., Milano

Giulio Andreotti è certamente uno scrittore che sa farsi leggere con piacere, per la vivacità dello stile, anche quando affronta severi temi storici, come quelli sulla vita di Pio IX e gli ultimi decenni dello Stato Pontificio, da lui trattati nella Sciarada di Papa Mastai e in Ore 13: il ministro deve morire.
Di ancor più gradevole lettura, se possibile, riuscirà quindi questo A ogni morte di Papa perchè qui “si tratta” spiega l’Autore di bozzetti vissuti nelle circostanze più diverse e raccontati in assoluta semplicità, con l’intento di contribuire alla cronaca di un secolo che ha già iniziato il suo quarto quarto”.
Una “cronaca” quindi, ma di interesse eccezionale, perchè eccezionale è il “cronista” e altrettanto eccezionale è la posizione da cui ha potuto osservare gli avvenimenti: prima come dirigente di Azione Cattolica, Presidente del Fuci e giornalista, poi come uomo politico, ministro e capo di governo italiano. Grazie a tali incarichi egli ha potuto conoscere da vicino sei Papi e molti personaggi, ecclesiastici e laici, italiani e stranieri che hanno operato nella Roma vaticana o con essa hanno avuto rapporti di carattere religioso, culturale, politico. Di questi ultimi Andreotti racconta particolari interessanti, aneddoti divertenti e inediti. Altri episodi su cui si sofferma altrettanto volentieri riguardano persone meno note e gente del popolo, perchè è attraverso di esse che egli può e vuole ricostruire il clima generale e il tessuto autentico di una città come Roma che, nelle vicende, più tristi che liete, di questi ultimi quarant’anni, ha trovato, spesso nei Papi, un sicuro punto di riferimento.
È naturale, quindi, che egli dedichi a questi ultimi la maggior parte delle sue annotazioni e riflessioni. Lo fa con mano discreta, da studioso attento a non esprimere  valutazioni che precedano troppo presto un giudizio storico definitivo, ma anche da “cronista” sensibile che, pur nella diversità delle caratteristiche personali, ha apprezzato, dei “suoi” Papi, la costante comune della forte carica di umanità, della fedeltà alla missione ricevuta, del coraggio morale e fisico.
Questi alti contrassegni Andreotti li ritrova specialmente in alcuni momenti salienti dei vari pontificati: nella resistenza di Pio XI ai soprusi fascisti a danno dell’Azione Cattolica; nell’atteggiamento di Pio XII a difesa dei principi cristiani insidiati dall’ateismo e dal neopaganesimo; nell’impegno di Giovanni XXIII e di Paolo VI per la predisposizione e la realizzazione del Concilio; nei viaggi apostolici di Paolo VI; nello spiccato, anche se brevissimo impegno pastorale di Giovanni Paolo I; e infine nell’energica difesa da parte di Giovanni Paolo II dei valori, anche cristiani, della libertà e della dignità umane.
Dello stesso Autore: Concerto a sei voci, Edizioni La Bussola, 1946; Pranzo di magro per il Cardinale, Longanesi, 1954; De Gasperi e il suo tempo, Mondadori, 1965; La Sciarada di Papa Mastai, Rizzoli, 1967; I Minibigami, Rizzoli, 1971; Ore 13: Il ministro deve morire, Rizzoli, 1975; Ha fondato ed ha diretto la rivista “Concretezza”, edita dall’Editore Angelo Rizzoli.

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Introduzione

1) Benedetto XV

2) Pio XI

3) Pio XII

4) Giovanni XXIII

5) Paolo VI

6) Giovanni Paolo I

7) Giovanni Paolo II

Alberto da Giussano

Alberto da Giussano

Tra mito e storia

Autore/i: Carpinello Mariella

Editore: Rusconi

prima edizione.

pp. 160, Milano

Uomo d’arme e prode cavaliere, paladino dei Lombardi nella lotta contro il Barbarossa, capitano della Compagnia della Morte nella battaglia di Legnano: è la sintesi estrema di Alberto da Giussano, una figura di grande rilievo nelle vicende italiane ed europee del XII secolo.
Resta tuttavia ancora senza risposta il quesito posto da tanti studiosi e rinnovato da Mariella Carpinello in questa sua opera: Alberto da Giussano è un personaggio storico? Oppure è una creazione di fantasia, emblema delle autonomie comunali, valenza delle aspirazioni di un intero popolo? Glia annalisti del tempo, scrive Mariella Carpinello nella sua ineccepibile documentazione, non riportano il nome di Alberto da Giussano. Solo un secolo e mezzo più tardi, un frate domenicano ne delinea il ritratto su idealistici schemi religiosi e cavallereschi. Né maggiore plausibilità hanno le creazioni letterarie di autori come Carducci. Eppure, figura d’invenzione o personaggio reale, nel contesto della sua epoca e della sua civiltà, Alberto da Giussano è un’immagine assolutamente verosimile. Nel suo panorama analitico, Mariella Carpinello compendia le frasi che portarono alla battaglia di Legnano. La salita al trono germanico di Federico I di Hohenstaufen è il primo capitolo di un intreccio storico che vide lo svolgersi delle contese tra i Comuni e l’Impero in Italia, in merito ad annose questioni di tributi, i primi focolai di ribellione, gli interventi armati del Barbarossa, il giuramento forse a Pontida dei Comuni padani, fino allo scontro, il 29 maggio 1176, nel quale Federico I, sconfitto, si diede alla fuga. Da allora ebbe inizio l’epopea di Alberto da Giussano, il vincitore.

Mariella Carpinello è nata a Novi Ligure nel 1954. Laureata in Filosofia, vive e lavora a Roma. Hacollaborato con la Rai come autrice di testi per programmi culturali. Presso Rusconi ha pubblicato Lucrezia d’Este, Duchessa di Urbino (1988) e Benedetto da Norcia (1991).

Il Cielo e il Mondo

Il Cielo e il Mondo

Commento al trattato «del cielo» di Aristotele

Autore/i: Buridano Giovanni

Editore: Rusconi

prima edizione, introduzione, traduzione, sommari e note di Alessandro Ghisalberti, in sovracoperta: La luna, particolare di una tavola del De Sphaera Estense (Modena, Biblioteca Estense).

pp. 484, Milano

Un libro di scienza o, meglio, di filosofia della scienza del Trecento, cioè dell’età di Dante e di Petrarca, aiuta a penetrare nel pensiero dei medievali, a comprendere il loro modo di vedere il mondo, a capire una mentalità diversa dalla nostra e la lontananza che ce ne separa. È come visitare un paesaggio nuovo e affascinante, anche se, in questo caso, molto più semplice e modesto, più familiare e domestico del nostro. L’immagine medievale dell’universo, del cielo, dei corpi celesti sopra di noi, e della terra immobile al centro, stravolge però le nostre abitudini copernicane e galileiane. E, partendo da Galileo, oggi siamo giunti ormai ben lontani anche da lui, ad una cosmologia inquietante, nell’ambito della quale avvertiamo estraneità e solitudine. Già Pascal scriveva di provare spavento di fronte al silenzio eterno degli spazi infiniti.
Il libro di Buridano su Il cielo e il mondo ci riporta ad una visione precopernicana e vive ancora dell’antropocentrismo “domestico” di Aristotele, già avviato però verso quella che verrà chiamata la rivoluzione scientifica moderna. Nel pensiero di Buridano, nato nell’Artois o forse in Piccardia verso la fine del Duecento, maestro nella facoltà delle arti di Parigi, e per due volte (nel 1328 e nel 1340) rettore della grande università parigina, l’eliocentrismo fa la sua comparsa come un’ipotesi, a favore della quale, tuttavia, militano molti argomenti. La troviamo espressa in questo libro, ma non sostenuta e professata dall’autore. La possibilità d’un mondo «più grande» dell’attuale, oppure dell’esistenza di più mondi in uno spazio infinito, rientra pure nell’ambito dell’onnipotenza divina, è una eventualità possibile perché non comporta contraddizione. Troviamo qui un’applicazione della dottrina dell’onnipotenza assoluta di Dio, formulata da Ockham, e poi sfruttata dall’ockhamismo, movimento al quale anche il nostro autore appartiene, nel corso d’una revisione dei principi aristotelici. Pensiero originale di Buridano è la teoria dell’impetus, a spiegazione sia del moto accelerato dei gravi, sia del moto violento dei proiettili, sia della meccanica dei corpi celesti. Questa è per lui una teoria reale, verificata nei fatti, non una pura ipotesi, e appare orientata a segnare un netto distacco dai principi della fisica di Aristotele ed un avvicinamento al pensiero moderno.
La teoria dell’impetus costituisce molta parte del libro – qui per la prima volta presentato in traduzione italiana -, che è un commento sotto la veste di « questioni» alla lettura del De caelo di Aristotele, il medesimo testo aristotelico che, in altra forma e con ben altro esito, verrà preso di mira da Galileo nel Dialogo sui massimi sistemi.

Il Segno Zodiacale dello Scorpione

Il Segno Zodiacale dello Scorpione

Nelle tradizioni occidentali dall’antichità greco-latina al Rinascimento – L’esemplare analisi critico-storica di un simbolo astrologico, nelle sue permanenze quasi atemporali e nelle sue variazioni culturali.

Autore/i: Aurigemma Luigi

Editore: Giulio Einaudi Editore

prima edizione, introduzione dell’autore, traduzione di Liana Aurigemma, titolo originale: Le signe zodiacal du Scorpion dans les traditions occidentales de l’antiquité gréco-latine à la Renaissance.

pp. XIV-252, 78 illustrazioni b/n, 1 tavola b/n f.t., Torino

È possibile considerate l’astrologia come un fatto di cultura, come un linguaggio che formuli a suo modo innumerevoli osservazioni sui caratteri e sui comportamenti umani?
Si può legittimamente sperare di giungere a decifrare un tale linguaggio, e a misurare così i tempi propri all’evoluzione del livelli della psiche collettiva che esso esprime? E a chiarire i rapporti tra questi ritmi temporali e quelli propri ad altri fattori socio-culturali, per esempio economici o religiosi? La risposta ad interrogativi come questi e subordinata all’analisi metodica della massa sterminata di testimonianze millenarie, pervenuteci in uno stato di disordine grandissimo. A sua volta essa prepara e condiziona, tramite un simile ordinamento dei materiali astrologici secondo la loro profondità e importanza relative, la possibilità che si affronti un giorno in modo serio il problema della validità oggettiva dell’astrologia, cioè il problema della correlazione, che l’astrologia sostiene, tra le coordinate spazio-temporali e le qualità proprie agli esseri e agli avvenimenti che si manifestano in tali coordinate. La vastità del campo ha costretto Luigi Aurigemma, che gode di una doppia qualità di storico e di psicoanalista, a limitarsi ad uno solo dei simboli astrologici in questione: quello del Segno zodiacale dello Scorpione.
Al termine di una ricerca che copre un periodo di circa due millenni, Aurigemma constata nel modo di risentire il simbolo dello Scorpione la presenza di tonalità variabili e particolari ad ognuno dei grandi momenti della storia dell’Occidente. Queste variazioni si organizzano attorno ad un nucleo di significati di permanenza sufficientemente grande perché sembri legittimo di vedervi la figurazione di un’esperienza collettiva, endopsichica e concreta nel contempo, indefinitamente rinnovata, carica di una densità affettiva enorme, capace di darle una permanenza al limite del metastorico. Aurigemma crede di poter definire una simile esperienza collettiva da un lato come la profondissima ansia dell’uomo di fronte al pericolo che un’improvvisa emergenza lo aggredisca e uccida in lui l’essere cosciente, socializzato, spirituale. D’altro lato come la percezione, al di là di simili paure, della ricchezza creatrice e della fecondità di quanto è sepolto negli abissi della sua istintività.
L’opera si serve d’una vastissima documentazione manoscritta e a stampa. La ricca documentazione fotografica che vi si trova integrata come una forma di linguaggio essenziale alla percezione dei valori simbolici, è quasi interamente inedita.

Luigi Aurigemma, nato nel 1923, vive da trent’anni a Parigi, dove è analista didatta della «Société Francaise de Psychologie Analitique» e ricopre funzioni di ricerca nella divisione di Storia della Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Psicoanalista e studioso di problemi di analisi psicologica e di scienze sociali, è impegnato a curare l’edizione italiana delle Opere di Carl Gustav Jung. Il presente volume è frutto di un decennale lavoro nel campo del simbolismo astrologico.

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Introduzione

I. Lo Scorpione nella tradizione greco-latina
I. Mitologia astronomica e esperienza concreta
2. Tolomeo
3. Marco Manilio e Firmico Materno
4. Fisiognomonia e tradizione ermetica
5. Le immagini dello Scorpione nelle pratiche magiche

II. Lo Scorpione nella tradizione arabo-giudaica
I. L’astrologia araba dal IX al XII secolo
2. Il contributo giudaico: ’Abrāhām ibn’Ezrā

III. Lo Scorpione nella tradizione del Medioevo cristiano
I. Un simbolismo generalmente negative. Cenno storico
2. Bartolomeo Anglico, Guido Bonatti, Andalo Di Negro

IV. Lo Scorpione nella tradizione del Rinascimento
I. L’astrologia nella cultura e nella vita
2. La poesia astrologica
3. Gerolamo Cardano, Johann Schöner, Johannes ab Indagine
4. I «Calendriers des bergers»
5. La medicina astrologica
6. Le immagini dello Scorpione nelle pratiche magiche

Conclusione

Bibliografia
Indice analitico
Indice del nomi

La Élite del Potere

La Élite del Potere

Autore/i: Wright Mills Charles

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

traduzione dall’americano di Paolo Facchi, titolo originale: The Power Elite.

pp. 416, Milano

Nel concetto ideale l’élite del potere si identifica con un gruppo ristretto di individui che detengono il potere per i propri meriti o in virtù delle forze sociali di cui sono espressione, o per l’una cosa e l’altra. Questo libro del Mills, attraverso una minutissima analisi della struttura del potere nella società americana, svela, attraverso le cortine fumogene dei notabili di provincia, della haute metropolitana, della café society, delle celebrità del mondo dello spettacolo e dello sport, degli stessi “tecnici”, la coordinazione di una classe i cui massimi rappresentanti si tramandano il potere di padre in figlio, di zio in nipote, di suocero in genero. In quest’organizzazione rientrano i massimi dirigenti politici, i ricchi dei grandi gruppi economici, gli alti gradi militari: le istituzioni diventano una specie di bene ereditario e la burocrazia governativa si trasforma in docile strumento dell’élite del potere: il vecchio meccanismo della libera competizione democratica ne viene completamente esautorato e la bilancia delle forze sociali si riduce a un sogno romantico. La situazione sembra senza via d’uscita; di fatto, Mills non avanza alcuna proposta di soluzione, ma la sua denuncia ha una validità storica e moralistica.

La « Locuzione Artificiosa »

La « Locuzione Artificiosa »

Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell’età del manierismo

Autore/i: Autori vari

Editore: Bulzoni Editore

unica edizione, premessa e cura di Giulio Ferroni e Amedeo Quondam.

pp. 444, Roma

Dalla premessa di Giulio Ferroni e Amedeo Quondam:
Questo volume intende offrire una raccolta di materiali spesso di difficile reperimento, se non sconosciuti, su cui avviare un’analisi dell’esperienza della lirica in un tratto parziale e determinato storicamente della cultura italiana nell’età del manierismo. Questa scelta è fondata sulla constatazione che la definizione precisa di un fenomeno così complesso e articolato come è il manierismo (soggetto a discussioni appassionate e a contestazioni talvolta troppo frettolose) passa necessariamente attraverso la ricognizione documentata e la ricostruzione anche minuta delle situazioni culturali delle diverse zone geografiche italiane.
La scelta di Napoli deriva sia da precedenti esperienze di studio, sia dalla possibilità di seguirvi un discorso letterario omogeneo basato sul sostanziale privilegiamento del genere lirico, che costituisce l’esperienza più vistosa, anche in senso quantitativo, della produzione poetica nel Regno, in un arco cronologico che si situa nella seconda metà del Cinquecento.
L’articolazione dell’antologia in due parti distinte (teoria ed esperienza), ma strettamente collegate, permette di tracciare in modo analitico un percorso storico che tenga conto non soltanto – secondo gli schemi antologici tradizionali – della diretta attività lirica, ma ne individui il continuo e problematico rapporto con un contesto teorico.
Le due parti sono state curate, rispettivamente: la prima da Giulio Ferroni, la seconda da Amedeo Quondam. Le introduzioni generali ai due settori vanno necessariamente integrate – specialmente per quanto concerne notizie e riferimenti biobibliografici – con le premesse ai testi.
Nei casi in cui un autore sia presente in tutt’e due le parti (Minturno, Pellegrino, Cortese) le notizie biobibliografiche sono date soltanto nella prima ricorrenza. Per quanto riguarda i criteri d’annotazione dei testi, occorre rilevare il diverso comportamento nelle due parti: i testi di teoria necessitano infatti d’un commento che non soltanto ne segnali le referenze problematiche e le citazioni, ma sia in grado di situarne la collocazione all’interno della tradizione teorica cinquecentesca, con una particolare attenzione alla chiosatura di termini tecnico-retorici specifici di questa tradizione; i testi lirici sono stati invece corredati d’una semplice spiegazione lessicale (che non va oltre l’indicazione d’usi sinonimici più praticabili, cercando di confinare quindi il «commento» al livello minimo di controllo della polivalenza e ambiguità della scrittura poetica), che a tratti si risolve in interventi di scioglimento di situazioni sintattiche intricate; sono state infine indicate le eventuali occasioni o destinatari dei testi.
L’antologia è dedicata all’amico Riccardo Scrivano, che ci ha introdotto ai problemi del manierismo e della cultura cinquecentesca, e ha sempre seguito il nostro lavoro con attiva presenza di discussioni, di preziosi suggerimenti e, talvolta, di amichevole quanto proficua polemica.

La Mediazione Linguistica

La Mediazione Linguistica

Il rapporto pensiero-linguaggio da Leibniz a Hegel

Autore/i: Tagliagambe Silvano

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

prima edizione, premessa dell’autore, in prima di copertina: particolare di una miniatura del Breviario Grimani.

pp. 312, Milano

Quale legame sussiste tra la parola e la costruzione del concetto o, se si preferisce, tra il linguaggio in cui una teoria è espressa e la griglia categoriale entro la quale essa, si organizza? La necessità, evidenziata dal dibattito epistemologico più recente, di tener conto del fatto che ogni sistema linguistico, oltre che come codice destinato alla comunicazione, si presenta anche come modello della realtà a cui si riferisce, vale a dire come sistema di simulazione che riproduce la particolare idea che degli oggetti designati e dei rapporti tra di essi hanno i parlanti, ha riportato alla ribalta il determinismo linguistico, la concezione, cioè, secondo la quale il linguaggio stabilisce rigorosi confini di pensiero per le persone che lo parlano, confini che possono essere superati solo entrando in un altro. Ne è scaturita, come prima e più importante conseguenza, l’apertura di una falla consistente nella convinzione dell’invarianza delle teorie rispetto alle traduzioni dei linguaggi. Se le parole hanno connotazioni diverse in contesti diversi e per differenti individui e gruppi e se, d’altra parte, non si dispone di mezzi sub-linguistici neutrali per i nostri resoconti, capaci di proporsi come parametri di valutazione attendibili della correttezza della traduzione, ne risulta inevitabilmente che quest’ultima richiede sempre degli aggiustamenti che alterano la comunicazione. Questa conclusione è la diretta conseguenza della difficoltà di risolvere in maniera soddisfacente il problema del rapporto semantico mediante il reperimento di elementi in grado di “reggere” convenientemente il ruolo di intermediari tra ordine ontologico e ordine linguistico.
L’attualità di questa tematica ha indotto l’autore del presente volume a ripercorrere la storia del problema della mediazione linguistica a partire dal momento di maggiore tensione teorica verso la ricerca di una characteristica universalis capace di “esprimere tutti i linguaggi come uno solo”, per dirla con le parole di Thomas S. Kuhn. Passando attraverso la fase di problematizzazione del rapporto semantico, in seguito alla dissoluzione della metafisica esemplaristica, compiuta da Locke, e alla conseguente rinuncia ad assumere le forme sostanziali come elemento che può fungere da sostegno della corrispondenza tra universo reale e universo di discorso, l’analisi si sviluppa proponendo una “rilettura” dei dibattiti filosofici del ’700 alla luce del problema della mediazione linguistica, per concludersi con una originale interpretazione della dialettica hegeliana, considerata come risposta alle questioni sollevate dal rapporto tra il pensiero e il linguaggio.

Silvano Tagliagambe è nato a Legnano nei 1945. Si è laureato all’Università di Milano con L. Geymonat e ha poi seguito un corso di specializzazione in fisica all’Università Lomonosov di Mosca sotto la guida del professor Jakov Petrovič Terleckij. Successivamente è stato più volte ospite dell’Istituto di filosofia dell’Accademia delle scienze dell’URSS ove ha compiuto una serie di ricerche sulla storia della scienza e sull’epistemologia sovietiche, culminate nella pubblicazione di: ME. Omelyanovskij, V.A. Fok ed altri, L’interpretazione materialistica della meccanica quantistica. Fisica e filosofia in URSS (Feltrinelli, Milano 1972); I rapporti tra scienza e filosofia in URSS (in L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. VII, Garzanti, Milano 1976); prefazione a J. Huxley, La genetica sovietica e la scienza (Longanesi, Milano 1977) e Scienza, filosofia, politica in Unione Sovietica. 1924-1939 (Feltrinelli, Milano 1978) Attualmente insegna Storia della filosofia contemporanea e Filosofia della scienza all’Università di Cagliari.

Il Complesso di Cenerentola

Il Complesso di Cenerentola

La segreta paura delle donne di essere indipendenti

Autore/i: Dowling Colette

Editore: Longanesi & C.

seconda edizione.

pp. 224, Milano

Profili di donne; donne sole, sposate, fidanzate. Alcune hanno un lavoro e una carriera, altre non sono mai spinte al di fuori delle mure domestiche; vi sono sofisticate donne di città e semplici contadine; vedove e divorziate. La sola cosa che hanno in comune è che, virtualmente, ciascuna di esse agisce molto al di sotto delle proprie capacità naturali, vivendo in una sorta di limbo del proprio operare. Aspettando. In questa “attesa” risiede il complesso di Cenerentola, quel sistema di desideri repressi, ricordi e attitudini distorte che ha la sua origine nell’infanzia, nella credenza acquisita da bambine, secondo la quale vi sarà sempre qualcuno, un altro, una persona più forte, a sostenerle e proteggerle.
Tale credenza è qualcosa che nelle donne (al contrario di ciò che avviene nei maschi) non va mai perduto. Essa agisce in modo sotterraneo, seguendo la donna nella sua vita adulta e dando come risultato i diversi tipi di timori reconditi e di scontentezze.[…] Il complesso di Cenerentola causerà un vero e proprio “shock da riconoscimento” in ogni donna che abbia sabotato il proprio futuro o che abbia temuto di restare sola. Affrontare deliberatamente tale timore e venire alle strette con esso è il primo passo verso la vera indipendenza.

Storia del Teatro Italiano – 2 Volumi

Storia del Teatro Italiano – 2 Volumi

Volume 1: Dal Medioevo al Cinquecento – Volume 2: Dall’Età Barocca al Novecento

Autore/i: Apollonio Mario

Editore: Rizzoli

nuova edizione integrata, prefazione di Sisto Dalla Palma.

vol. 1 pp. 776, vol 2 pp. 984, cofanetto editoriale, Milano

Nella prima parte dell’opera, partendo dalle pratiche rituali dei culti pagani e cristiani, per cogliere ogni costruttivo valore drammatico nei primi drammi liturgici, nel mimo popolare, nella lauda, si giunge a caratterizzare da un lato la sostanza teatrale della Sacra Rappresentazione, dall’altro a chiarire l’origine della commedia italiana. Da questa base prenderà poi risalto la storia del teatro rinascimentale, nel richiamo costante alla società italiana del XV e XVI secolo: si entra così nel vivo della storia della nostra scena portando un positivo contributo alla conoscenza del mondo morale e artistico del tempo. Un panorama che investe, nella sua complessità, commedia, tragedia e melodramma: dalle buffonerie dei saltimbanchi alla commedia di corte del Cinquecento, dalla tradizione letteraria della commedia alla tragedia, per giungere agli inizi di un glorioso capitolo del nostro teatro: La Commedia dell’Arte e il melodramma.
L’opera è completata da un’Appendice contenente varianti e integrazioni che Apollonio stava preparando per una nuova edizione, mai portata a termine a causa della sua prematura scomparsa.
La seconda parte di questo lavoro illumina, con chiarezza e qualità sintetica, la storia del teatro moderno, con una ricerca che non ha soste, tanto si espande per la via aperta dell’evoluzione dei generi teatrali nel Settecento e nell’Ottocento.
Iniziando con un esauriente capitolo sulla Commedia dell’Arte, l’autore si sofferma sul teatro dell’opera, sviluppando tutti i motivi di cui sono ricchi i capitoli concernenti Metastasio e la drammaturgia letteraria. Dopo aver affrontato il teatro goldoniano, la “Storia” di Apollonio giunge alle sue conclusioni nell’esame delle forme assunte dalla poesia drammatica in oltre un secolo di civiltà artistica italiana, da Alfieri a Pirandello, in un disegno che non trascura il dramma musicale italiano dell’Ottocento.
In appendice si riporta una Parte quinta dedicata al teatro del Novecento, un ampio approfondimento che Apollonio stava preparando in vista di una nuova edizione, lavoro bruscamente interrotto a causa della sua improvvisa scomparsa.

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Volume I – La Drammaturgia Medievale – Dramma sacro e minimo
Il teatro del Cinquecento – Commedia, Tragedia, Melodramma
Appendice – Varianti e integrazioni (a cura di Fabrizio Fiaschini)

Volume II – Il Teatro dell’Età Barocca
Il Teatro dell’Età Romantica
Appendice – Età dei “Mass-Media” (a cura di Fabrizio Fiaschini)

La Fiaba di Magia in Sicilia

La Fiaba di Magia in Sicilia

Autore/i: Autori vari

Editore: Sellerio Editore

cura e introduzione di Renato Aprile.

pp. 248, 24 tavole a colori f.t., Palermo

Come nell’intuizione dei romantici, conoscere la vocazione fiabesca di un popolo è conoscerne, in un qualche modo forte, l’anima. Questo volume offre una cospicua rassegna delle favole di magia siciliane – racconti di sortilegi e prodigi, metamorfosi, prove -, scelte non soltanto nella loro più significativa, e alta, produzione, ma insieme nella tipicità e specificità dei tratti caratteristici della cultura popolare siciliana. Così, a soffermarsi appena su quel che la Sicilia attraverso le fiabe del suo popolo dice di sé, il volto appare – l’immagine di se stessa, l’«anima» – di una Sicilia essa prossima al suo mito, come nei secoli si è sedimentato. Terra di irriducibili contrasti arcaici; centro di un mondo culturale di alta sapienza narrativa, ma repentinamente caduta nell’isolamento che ne ha conservato la purezza tradizionale di figure e modelli narrativi, sopravvivenza di un remoto sostrato mitico, nella rivestitura delle stratificazioni delle più diverse civiltà; la luce e gli inferi del mito greco e Egeo, punico e cretese, gli elaborati splendori della fiaba araba, le saghe e le angosce celtico-normanne.

Il Vero Libro della Sublime Virtù del Cavo e del Vuoto

Il Vero Libro della Sublime Virtù del Cavo e del Vuoto

Autore/i: Lieh Tzu

Editore: TEA – Tascabili degli Editori Associati

introduzione e cura di Fausto Tomassini, in copertina: Decorazione di un vaso bronzeo cinese del VI-V sec. a.C.

pp. IX-152, Milano

«Nulla val più della quiete e nulla val più del vuoto. Nella quiete e nel vuoto trovi la tua dimora, nel prendere e nel dare perdi il tuo posto.»

Si sa ben poco della vita di Lieh-tzu, lo straordinario maestro del Tao protagonista dell’opera Il Vero Libro della Sublime Virtù del Cavo e del Vuoto. Visse probabilmente fra il V e il IV secolo a.C., ebbe una moglie e moltissimi allievi. I suoi detti e le sue meditazioni avevano la forza di cambiare radicalmente il corso di intere esistenze, eppure nessuno più di Lieh-tzu spregiava il sapere umano e l’orgoglio che ne deriva. La sua familiarità con il Tao gli aveva insegnato che una scienza che ha un reale valore non può essere espressa dalle parole umane, e coincide con lo stesso Tao. Come da una folgore, il saggio è attraversato da una sublime intuizione: l’equivalenza dell’essere e del non essere. La sua mente è uno specchio in cui i segreti del mondo si riflettono spontaneamente, per questo è in grado di guarire, di volare, di conoscere il futuro e il passato. Ma è in grado anche di non fare nulla di tutto ciò. Da questa sapienza negativa derivano poteri immensi, la cui manifestazione esteriore può essere facilmente scambiata per l’opera dei maghi. E di maghi e magie, verità paradossali e incanti sorprendentemente realistici, sono ricche le storie contenute in questo libro, ambientate in un paesaggio fiabesco fitto di boschi e montagne sacre, cascate e rupi scoscese, padiglioni di principi e rifugi di mendicanti. Brevissimi racconti che sono altrettante illuminazioni sulla via del Tao.

La Nostra Risurrezione

La Nostra Risurrezione

«Credo la risurrezione della carne, la vita eterna»

Autore/i: Gelabert Ballester Martín

Editore: Edizioni San Paolo

traduzione dallo spagnolo di Marco Gambarino.

pp. 96, Cinisello Balsamo (MI)

Ci sono tre domande fondamentali e ineludibili a cui ogni essere umano deve rispondere per sapere chi è: cosa posso conoscere? cosa devo fare? cosa mi è permesso sperare? Il presente libro vuole aiutare a rispondere alla terza domanda.
Domandare cosa possiamo sperare equivale a farsi domande sul senso della vita, su ciò che mi fa vivere, mi emoziona e mi dà coraggio.
Nel suo livello più radicale la domanda si scontra necessariamente con la morte. È qui che la risposta cristiana mostra tutta la sua originalità. Forse in altre questioni ci può essere coincidenza tra cristiani e non cristiani. Ma quando si tratta di confrontarsi con la morte, le strade divergono ed è necessario scegliere, perché qui siamo rimandati a quanto è proprio e originale del cristianesimo: la risurrezione di Gesù, il primo di una lunga lista di fratelli (cfr. 1Cor 15,23; Col 1,18).
Parlare della risurrezione di Gesù significa parlare della nostra risurrezione, del nostro futuro, della nostra destinazione finale, della vita eterna che ci aspetta.

Martín Gelabert Ballester è nato nel 1948 a Manacor (Isole Baleari) ed e religioso domenicano. Laureato in teologia all’Università di Friburgo (Svizzera), insegna teologia fondamentale e antropologia teologica alla Facoltà di Teologia di Valencia, di cui è decano. Ha pubblicato su varie riviste numerosi articoli di teologia ed è autore di una quindicina di libri.

Hatha – Yoga

Hatha – Yoga

Storia – Teoria – Tecniche

Autore/i: Isidori Frasca Rosella

Editore: E.S.A. – Edizioni Scientifiche Associate

introduzione dell’autrice, in copertina: sigillo in pietra della valle dell’Indo raffigurante una figura accovacciata, forse un dio.

pp. 96, nn. Illustrazioni b/n, Roma

Dall’introduzione dell’autrice:
«[…] Lo yoga preso nel suo insieme può essere considerato una ginnastica fisica e mentale, una scienza, un’arte, una filosofia, persino una forma sui generis di religione.[…] Questi appunti per un corso di lezioni dirette agli studenti dell’I.S.E.F., sono nati dalla rielaborazione di alcune tra le più note pubblicazioni relative allo yoga, ed hanno uno scopo eminentemente divulgativo dell’origine, delle caratteristiche e degli obbiettivi di un particolare tipo di yoga, lo Hata-Yoga, che è essenzialmente un organico complesso di esercizi respiratori e ginnici.[…] Gli yogi per primi, già circa seimila anni fa, si sono resi conto che l’equilibrio psichico non può prescindere, anzi è conseguenza diretta, di quello fisico; e che esso va ricercato in una corretta e sana conduzione di vita, affiancata da un “uso” del proprio corpo naturale e razionale. Già parecchi secoli prima che i Romani parlassero di una “messaggi sana in corpore sano”, dunque, il popolo indù aveva compreso l’importanza che riveste il benessere fisico ai fini di un perfetto equilibrio psichico.

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Introduzione

Parte I
L’Occidente e lo Yoga
Yoga e archeologia
Il Sanscrito
Il periodo pre-classico
Il periodo classico
Il periodo post-classico
L’età moderna
Finalità dello Yoga

Parte II
I vari tipi di Yoga:

  • Il Karma-Yoga
  • Il Rāya-Yoga
  • L’Jñāna-Yoga
  • Il Bhakti-Yoga

Lo Hata-Yoga:

  • La leggenda
  • Le fonti storiche
  • Obbiettivi-Caratteristiche
  • Il “corpo sottile (sūksmaśarīra)
  • Il prāna
  • I nādīs
  • I chakras
  • Kundalinī-śakti
  • Le fasi dello Hatha-Yoga
  • Il prānāyāma:
  • La respirazione
  • Gli stadi della respirazione yoga
  • Gli esercizi di visualizzazione meditativa -I mandala
  • La enstasi (samādhi)
  • I “sei atti” (sat-karman)
  • L’O M
  • Esercizi di riscaldamento dei muscoli e propedeutici delle āsanas
  • Suryanamaskar (saluto al sole)
  • La “presa di coscienza”
  • Shavāsana (rilassamento corporeo)
  • Le ãsanas
  • I mudrãs (gesti simbolici)
  • Le bhandhas (contrazioni)
  • Illustrazione di ãsanas, mudrãs e bhandhas
  • Bibliografia

Dal Segno al Suono

Dal Segno al Suono

per una preistoria del linguaggio

Autore/i: Suleimenov Olzhas

Editore: Sandro Teti Editore

prefazione e introduzione di Aldo Ferrari, traduzione di Paolo Ognibene, in copertina «La stele di Naram -Sin o stele della Vittoria» 2254-2218 a.C..

pp. 416, Roma

Dal segno al suono è un viaggio nella preistoria delle parole, alla ricerca della loro origine. In queste pagine si narra, come in un romanzo, della parentela tra segni e suoni attraverso un’ardita indagine linguistica. Lontano da un’ottica eurocentrica, l’autore kazako di lingua russa ci spinge a riconsiderare le teorie linguistiche tradizionali: il risultato è un «ambizioso tentativo di ricostruzione della storia culturale dell’umanità sub specie Eurasiae» e una storia del linguaggio come mai se ne sono lette finora.

Olzhas Suleimenov, scrittore, poeta, politico e diplomatico kazako, è nato nel 1936 ad Almaty. Negli anni Ottanta divenne celebre in Urss per lo straordinario successo di vendite del suo libro Az i Ja, e per aver fondato un movimento ecologista che si batté per la chiusura del poligono di Semipalatinsk, dove venivano sperimentate le bombe atomiche sovietiche. Quando il Kazakhstan divenne indipendente, fu nominato ambasciatore prima a Roma e poi presso l’Unesco a Parigi. È autore di numerose pubblicazioni e presidente della fondazione Cultura.

Aldo Ferrari. Insegna lingua e letteratura armena e Storia del Caucaso presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È responsabile dei programmi di ricerca “Russia/Vicini orientali” e “Caucaso/Asia centrale” dell’Ispi di Milano, nonché vicepresidente dell’Associazione per lo studio in Italia dell’Asia centrale e del Caucaso (Asiac). Tra le sue pubblicazioni: La foresta e la steppa. Il mito dell’Eurasia nella cultura russa (2003); Breve storia del Caucaso (2007).

La Scrittura della Storia

La Scrittura della Storia

Autore/i: De Certeau Michel

Editore: Editoriale Jaca Book

edizione italiana a cura di Silvano Facioni, prefazione all’edizione italiana dell’autore, traduzione dal francese di Anna Jeronimidis.

pp. XXVIII-386, illustrazioni b/n, Milano

Accade a volte di rivalutare figure precorritrici, illuminate, profetiche, che nel proprio tempo erano state distrattamente percepite o apprezzate in modo parziale. Ciò accade a distanza di secoli, più difficilmente di decenni, ancor più difficilmente di soli trent’anni. È questo il caso di Michel De Certeau che, nonostante non fosse uno studioso censurato o posto in ombra, attende ancora sguardi e studi capaci di portarne alla luce rigore e forza teorica.
La volontà di abbattere gli steccati che separano e rendono incomunicabili la storia e l’antropologia, la mistica e le pratiche del quotidiano, la psicoanalisi e la filosofia ha caratterizzato una ricerca inquieta e all’incrocio di frontiere, condotta con passione ed esattezza ma anche (o forse per questo) difficilmente situabile nei rigidi paradigmi che governano le discipline storiche: sarà in seguito all’incontro con l’insegnamento di Jacques Lacan che si approfondirà la riflessione sulla scrittura come luogo di incontro con un reale altrimenti inafferrabile e insostenibile.
Negli anni Sessanta e Settanta – agitati da rivolte non sempre consapevoli dei loro stessi moventi – de Certeau diviene dunque il discreto ma insostituibile punto di riferimento per colleghi, studenti, riviste: i meccanismi e i feticci dell’ideologia che influenzano anche la scrittura della storia e impediscono di pensare “un altro mondo possibile” rappresentano uno degli snodi teorici del percorso di questo maestro, ma sono anche la ragione profonda e inconfessata di molte delle incomprensioni che accompagneranno la sua esistenza.
La scrittura della storia sovverte ordini, procedure, metodi che costringono le epoche e le idee in pacifiche classificazioni censurando più radicali questioni: che cosa vuol dire affidare alla scrittura il rapporto con il proprio passato? Qual è il prezzo di una pratica del sapere che voglia sottrarsi al venefico potere dell’ideologia, da qualunque parte esso provenga?
Dalla mistica religiosa del XVII secolo alle rotture instauratrici imposte dall’Illuminismo, dal linguaggio della possessione demoniaca alla finzione de L’uomo Mosè e la religione monoteistica (in cui Freud viene riletto a partire dagli esiti più significativi della ricerca lacaniana), l’indagine compiuta da de Certeau insegue il destino della scrittura e quello della storia, l’inafferrabile nodo che tiene uniti il reale e le sue maschere, la parola dello storico e quella dei suoi assenti interlocutori, l’accadere degli eventi e i discorsi che producono. Cammino sempre incompiuto del desiderio che non può fare a meno di esprimersi, che non può fare a meno di «prendere la parola».

Michel De Certeau nasce a Chambéry il 17 maggio 1925. Dopo una solida formazione in filosofia, lettere classiche, storia e teologia, entra nella Compagnia di Gesù nel 1954 e viene ordinato sacerdote nel 1956. Insegna in varie Università a Parigi, in America Latina e negli Stati Uniti e collabora costantemente con varie riviste, tra cui Études e la Revue des Sciences Religieuses. A partire dal 1964 partecipa attivamente all’École freudienne de Paris fondata da Jacques Lacan. Nel 1984, dopo aver insegnato per sei anni nell’Università della California, rientra a Parigi per insegnare Antropologia storica delle credenze all’École des Hautes Études en Science Sociales. Muore a Parigi il 9 gennaio 1986. Tra le sue opere principali ricordiamo: Le Mémorial de Pierre Favre (1960), La Prise de parole (1974), Politica e mistica (Jaca Book, 1975), L’Invention du quotidiane 1 e 2 (1980), La Fable mystique XVI-XVII siècle (nuova edizione in preparazione presso Jaca Book).