Libri dalla categoria Etnologia
Il Libro Napoletano dei Morti
Dall’Unità d’Italia alla Prima guerra mondiale, Napoli
vive forse il suo periodo più splendido e più buio
Autore/i: Palmieri Francesco
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione.
pp. 192, Milano
Dall’Unità d’Italia alla Prima guerra mondiale, Napoli vive forse il suo periodo più splendido e più buio. Le vicende avventurose dei capitani stranieri, arrivati per difendere la Causa persa dei Borbone, s’intrecciano con quelle di camorristi celebri e dei loro oscuri rapporti con il nuovo Stato italiano. L’ex capitale si avvia verso il Novecento tra contraddizioni storiche e sociali, risolte nel sangue o in un paradossale risveglio culturale. Il suo esito sarà una Belle Epoque che germoglia dalla contiguità di delinquenti e artisti, tra sciantose e “facce patibolari”, fino al drammatico epilogo del processo Cuocolo, in cui finisce moralmente alla sbarra tutta quanta la città. Ma quando calerà il sipario giudiziario, mentre infuria la Grande Guerra, un clamoroso assassinio in Galleria rivelerà che la camorra non è stata sconfitta. Si è solo trasformata… A narrare l’intera vicenda è la voce intensa e inconciliata del poeta napoletano Ferdinando Russo, riprodotta con sottile abilità da Francesco Palmieri. Celebre al suo tempo e amato dalle donne, da giornalista don Ferdinando ha coraggiosamente denunciato la malavita ma è stato al contempo attratto dai codici antichi di coraggio della guapparia, fino a divenire guappo egli stesso e a darne prova. Russo cerca il fil rouge che collega i racconti dei Cantastorie napoletani su Rinaldo il Paladino alla tragica fine dei capitani borbonici, o al dramma di poeti e letterati la cui vita si è chiusa col suicidio. Questo nesso lo ritrova nell’ineffabile enigma della Sirena Partenope, la Nera, l’anima stessa di Napoli, che si rivela nel coltello dei camorristi o irretisce incarnata in quelle sciantose di cui fu vittima egli stesso – prima con un grande amore perso, poi sposando un’altra che invece non amò. Con disincanto lucido e appassionato, e per intercessione di un illustre alter ego letterario, Francesco Palmieri racconta, “come se ci fosse stato”, uno dei tratti più turbolenti e meno indagati della storia napoletana, offrendoci la trascinante ricostruzione di “un’epoca svanita” e di “amori e violenze invece intrinseci e perenni”: un’epopea durata circa sessant’anni, che ancora segna in volto la città e in cui affonda le radici l’attuale irredimibile Gomorra.
Francesco Palmieri è nato a Napoli nel 1962. Giornalista professionista dal 1988, cronista di nera “Giornale di Napoli” poi a “Paese Sera”, dal 1992 è all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia), dove è caposervizio della redazione Economia e coordinatore del portale Cina. Ha pubblicato i saggi Sole, Luna e Talia. Magia e misteri a Napoli (Società editrice napoletana, 1984), Vite pericolose. Uomini e fantasmi delle arti marziali (Settimo Sigillo, 2009), Maestro di Kung Fu e cultore di musica e pittura napoletana, vive a Roma dal 1987.
Il Martello delle Streghe
La sessualità femminile nel “transfert” degli inquisitori
Autore/i: Sprenger Jakob; Institor Heinrich (Krämer)
Editore: Spirali Edizioni
introduzione e traduzione dal latino di Armando Verdiglione, in copertina «L’omaggio al diavolo: il bacio rituale» da R.P. Guaccius, Compendium maleficarum – Milano 1626.
pp. 480, Milano
Il martello delle streghe è il testo ecclesiastico ufficiale della persecuzione contro le streghe. È scritto da due inquisitori domenicani, autorizzati dalla bolla Summis desiderantes affectibus promulgata da papa Innocenzo VIII. Costoro spiegano le ragioni dell’inquisizione, la procedura in ciascun “caso”, in ciascun negotium fidei, nella ricerca del “mostro eversivo”, del “complotto diabolico”, nella negazione della dissidenza delle donne e per spazzare via il sesso che è per loro sempre contronatura. Offrono esempi di massacri di donne mandate al rogo, sotto il principio dell’Esodo che “non bisogna lasciare in vita neanche una strega”, ritenuta rappresentante del sapere sessuale, della droga, divoratrice di bambini, operatrice di aborti.
Questo testo d’inquietante attualità vuole essere, nel progetto degli autori, anche un manuale contro la droga, a vantaggio della medicina sacramentale. Ma la negazione del femminile trae in un delirio politico gli inquisitori, travolti dalla fantasmatica della sessualità femminile fino all’allucinazione, alla pornografia, al romanzo d’amore, fino a dimenticare Dio, il diavolo, la genealogia, provocati dal corpo delle “streghe”.
Introduzione di Armando Verdiglione
PRIMA PARTE
- Esiste la stregoneria?
- Il diavolo collabora con lo stregone?
- C’è procreazione umana tramite i diavoli incubi e succubi?
- Quali diavoli diventano incubi o succubi?
- Da dove deriva il moltiplicarsi delle opere di stregoneria?
- Le streghe che si sottomettono ai diavoli
- Gli stregoni possono modificare le menti degli uomini spingendoli all’amore o all’odio?
- Gli stregoni possono impedire la potenza generativa o l’atto venereo? Questa stregoneria è compresa nella Bolla
- Le streghe possono operare tali prodigiose illusioni per cui sembri che il membro virile venga completamente staccato dal corpo?
- Le streghe possono agire sugli uomini in modo da trasformarli in forme bestiali con l’arte dei prodigi?
- Le streghe ostetriche in diversi modi uccidono nell’utero i concepiti, provocano l’aborto e, se non fanno questo, offrono ai diavoli i bambini appena nati
- Il permesso divino concorre alle stregonerie?
- Si chiarisce la questione dei due permessi divini che giustamente Dio accordò (a proposito del peccato del Diavolo, autore di ogni male, e a proposito della caduta dei progenitori) in conseguenza dei quali giustamente vengono permesse le opere degli stregoni
- Si considera l’enormità delle streghe. C’è qui tutta la materia predicabile
- Si dimostra che a causa dei peccati delle streghe spesso sono colpiti da stregoneria alcuni innocenti, anche se talvolta questo capita a causa dei loro peccati
- Si chiarisce in special modo la verità premessa paragonando le opere delle streghe con altre specie di superstizione
- A dimostrazione della questione XIV, si paragona la gravità del crimine a qualsiasi peccato dei diavoli
- Seguono indicazioni sul modo di predicare contro le cinque argomentazioni con cui i laici, a quanto sembra, provano che Dio non permetterebbe al diavolo e alle streghe tanto potere nell’infliggere le stregonerie
SECONDA PARTE – CONSIDERAZIONI SUL MODO DI FARE LE STREGONERIE E SUL MODO IN CUI SI POSSONO FELICEMENTE ELIMINARE
- A chi non può nuocere lo stregone
- I diversi modi con cui i diavoli attirano e allettano gli innocenti per mezzo delle streghe, per l’aumento di questa perfidia
- Continua sul modo della professione sacrilega
- Come si trasferiscono da un luogo all’altro le streghe
- Come le streghe si danno ai diavoli incubi
- Come in generale le streghe operino le loro stregonerie servendosi dei sacramenti della Chiesa. E come abitualmente impediscano la potenza generativa o anche arrechino altri difetti a qualunque altra creatura, eccettuati i corpi celesti
- Come le streghe sono solite impedire la potenza generativa
- Come le streghe sono solite togliere agli uomini i membri virili
- Del modo in cui le streghe trasformano gli uomini in forme bestiali
- Come (quando si operano queste trasformazioni dovute a prodigio) i diavoli penetrano nei corpi e nelle teste senza lederli
- In che modo i diavoli, attraverso le operazioni delle streghe, talvolta abitano sostanzialmente gli uomini
- Sul modo in cui le streghe possono in generale infliggere ogni genere di malattia, anche tra le più gravi
- Sul modo in cui le streghe sono solite infliggere agli uomini certe altre malattie particolari
- Sul modo in cui le streghe ostetriche arrecano i danni peggiori: o quando uccidono i bambini o quando, esecrandoli, li offrono ai diavoli
- Sul modo in cui le streghe arrecano danni di vario genere agli animali
- Sul modo in cui suscitano grandinate e tempeste e sono solite produrre fulmini sugli uomini e sugli animali
- Sui tre modi in cui gli uomini e non le donne vengono trovati infetti da stregoneria: in primo luogo sugli stregoni saettatori
- Sul modo di togliere e di curare le stregonerie
- Il rimedio della Chiesa contro i diavoli incubi e succubi
- Rimedi per coloro che sono stregati nella potenza generativa
- Rimedi per gli stregati per un amore o un odio disordinati
- Rimedi per quegli uomini cui vengono portati via i membri virili con l’arte. dei prodigi e che a volte sono trasformati in forme bestiali
- Rimedi contro gli ossessi in seguito a stregoneria
- Rimedi per esorcismi leciti della Chiesa contro qualsiasi malattia arrecata dalla stregoneria. Sul modo di esorcizzare gli stregati
- Rimedi contro le grandinate e per gli armenti stregati
- Rimedi contro certe occulte vessazioni dei diavoli
- TERZA PARTE – QUESTA PARTE RIGUARDA L’AZIONE GIUDIZIARIA, SIA NEL FORO ECCLESIASTICO SIA NEL FORO CIVILE, CONTRO GLI STREGONI E TUTTI GLI ERETICI
- Chi è il giudice competente per le streghe?
- Sul modo d’iniziare un processo
- Il numero dei testimoni
- La costrizione e l’esame ripetuto dei testimoni
- Le condizioni dei testimoni
- Se siano ammessi a testimoniare i nemici mortali
- In che modo bisogna continuare il processo. Come si devono esaminare i testimoni, al cospetto di altre quattro persone. Sul doppio interrogatorio dell’imputata. Atto primo
- In cui si chiariscono i vari dubbi e le risposte negative ottenute nei precedenti interrogatori. Atto secondo: occorre imprigionare l’imputata? Quando bisogna considerarla còlta in flagrante eresia delle streghe?
- Seguito della precedente. Il terzo atto del giudice: bisogna incarcerarla? Come bisogna arrestarla?
- Che fare dopo l’arresto e se le si debbano rendere manifesti i nomi di chi fa deposizione. Atto quarto
- In che modo si debba concedere la difesa con l’assegnazione di un avvocato. Atto quinto
- Che farà l’avvocato dal momento che non gli sono resi pubblici i nomi dei testimoni. Atto sesto
- Prosegue sullo stesso argomento spiegando più chiaramente come si scopra un’inimicizia mortale. Atto settimo
- Quali avvertenze deve avere il giudice prima degli interrogatori da allestire in carcere e in camera di tortura. Atto ottavo
- Sul modo di emettere sull’imputata una sentenza d’interrogatorio sotto tortura e in che modo debba essere interrogata il primo giorno; inoltre se si possa prometterle che avrà salva la vita. Atto decimo
- Continuazione dei tormenti; cautela e segni da cui il giudice può conoscere la strega e come deve premunirsi dalle loro stregonerie; in quale modo possano essere rasate dove tengono nascoste le loro stregonerie; insieme con dichiarazioni varie allo scopo di ovviare alla stregoneria del silenzio. Atto undicesimo
- A proposito del tempo e del secondo modo d’interrogare. Atto decimo: le cautele finali che il giudice deve osservare
- Sulla purificazione volgare, e sopra tutto sulla prova del ferro rovente, cui le streghe si appellano
- Come emettere la sentenza in sé definitiva
- In quanti modi si assume un sospetto in relazione all’emissione della sentenza
- Sul primo modo di emettere la sentenza
- Sul secondo modo di emettere sentenza su una persona denunciata e solo diffamata
- Sul terzo modo di emettere la sentenza su una persona diffamata e da esporre agli interrogatori
- Sul quarto modo di emettere la sentenza: contro un’imputata lievemente sospetta
- Sul quinto modo di emettere la sentenza: contro un’imputata gravemente sospetta
- Sul sesto modo di emettere la sentenza: contro un’imputata violentemente sospetta
- Sul modo di emettere la sentenza: contro una imputata sospetta o diffamata
- Sul modo di emettere la sentenza: contro un’eresia confessa, ma impenitente
- Sul modo di emettere la sentenza contro un’eresia confessa, ma recidiva sebbene penitente
- Sul modo di emettere la sentenza contro un’eresia confessa, ma impenitente, sebbene non recidiva
- Sull’eresia confessa, recidiva e impenitente
- Su colui che è stato provato e colto in flagrante errore, ma che ciò nonostante nega tutto
- Sul reo convinto ma” fuggitivo o che si è assentato in contumacia
- Che sentenza si debba emettere su una persona denunciata da un’altra strega bruciata o da bruciare
- Sul modo di emettere la sentenza contro una strega che toglie le stregonerie e anche contro le streghe ostetriche e gli stregoni saettatori
- Ultima parte, a proposito dei modi di emettere la sentenza sugli stregoni, se l’appello sia giustificato o fatto alla leggera
Manuale Critico di Psichiatria
con un Piccolo dizionario ragionato di psichiatria
Autore/i: Jervis Giovanni
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
introduzione dell’autore, in prima di copertina: Stampa di Schoen in cui il diavolo suona Lutero come una cornamusa (1535 c.), Gotha, Landesmuseum.
pp. 360, Milano
Esiste una nuova psichiatria? Che cos’è la psichiatria, come pratica e come teoria, nei suoi aspetti più tradizionali e, soprattutto, in quelli più attuali? Quali sono i suoi concetti, quali i problemi che pone? E su cosa ci interroga la follia. Chiederemo per il pazzo solo una maggior tolleranza comunitaria, e ne valorizzeremo il messaggio eversivo? O piuttosto, un problema del genere e mal posto?
Questo libro vuole essere un tentativo di spiegare la psichiatria: è in primo luogo un testo elementare di insegnamento e di studio. Ma è anche, sopratutto, il tentativo di smontare la psichiatria, di capire come funziona, di esaminarla pezzo per pezzo. Vi è qui lo sforzo di criticarla sulla base di esperienze pratiche molto concrete; di valutarne i valori e i falsi valori, i significati reali e le mistificazioni; e anche di darne un’interpretazione generale.
Negli ultimi anni, molte critiche alla psichiatria sono rimaste nel generico, o si sono limitate a denunciare gli aspetti più scandalosi dei manicomi. Così, fra una contestazione “anti-psichiatrica” e una psichiatria tutta tecnica e rassicurante, il passo, che può sembrare lungo, per molti è stato breve.
La risposta non può che essere la riapertura sistematica di un discorso critico più concreto su tutta la psichiatria: sulla sua storia, sui suoi metodi di cura, sulla psicanalisi, su concetti come la normalità, la psicosi, la nevrosi, il delirio: ma soprattutto, sul modo reale di comportarsi degli psichiatri nella loro attività professionale; e sulle teorie che essi elaborano a partire da queste attività.
La psichiatria è un problema politico: perché riguarda la vita quotidiana di tutti, e la vita quotidiana è anch’essa – che lo si voglia o no – un problema politico; perché è di fatto uno strumento nelle mani di chi detiene il potere nella società: perché le difficoltà psicologiche individuali sono in ultima analisi soprattutto il riflesso di contraddizioni sociali.
Ciò che si propone qui è che i temi e i problemi della psichiatria vengano tolti al monopolio di alcuni intellettuali e professionisti: che possano discuterne, con conoscenza di causa, anche infermieri, pazienti, studenti, quadri politici. Questo libro è una guida per la conoscenza dei temi e problemi in gioco; è una proposta per agire in campo psichiatrico; ed e l’invito a una discussione più allargata.
Giovanni Jervis (Firenze 1933), psichiatra, si occupa di psichiatria sociale e della interpretazione “politica del problema psichiatrico dal 1959. Ha lavorato a Roma a Gorizia, e dal 1969 al 1976 a Reggio Emilia. Collabora alle riviste “Quaderni Piacentini,”Inchiesta”, “Sapere”.
Per le edizioni Feltrinelli ha curato il volume I diritti del malato (1975), ha pubblicato la raccolta di saggi Il buon rieducatole e dirige la sezione “Discipline psicologiche e pratica Sociale” della collana I Nuovi Testi. Vive a Roma.
Storia del Libro
La via maestra dello spirito umano
Autore/i: Cuvelier Fernard
Editore: SugarCo Edizioni
prefazione di Carlo Bo, traduzione dal francese di Giulia Bontempi, in copertina: Arte moghul, XVII secolo, Fogg Museum of Arts, Cambridge.
pp. III-316, fotografie tavole e illustrazioni b/n f.t., Milano
Dalla prefazione di Carlo Bo:
«Questa storia del libro è una cavalcata quanto mai libera attraverso le vicende, le glorie e le insidie subite dal libro, una sorta di meditazione spigliata e sciolta, tale però da tenere viva l’attenzione del lettore… Ognuno di noi ha con il libro un rapporto del tutto personale e questo rapporto comincia subito con le prime esperienze, i primi incontri o soltanto con la propria occhiata che diamo alla copertina del sillabario. Poi tale rapporto continua, si modifica, si presta generosamente a una lunga serie di contrapposizioni e alla fine rappresenta un vero e proprio dossier della nostra umanità. Non conta il numero e neppure ha peso la qualità, tutto dipende dal grado di fantasia e dalla forza della nostra intelligenza; non basta, un libro può essere per un lettore una parola morta, per un altro può significare una specie di summa: in tutt’e due i casi, il libro è l’interlocutore principe del nostro cuore, funziona da tramite e, quando tale obiettivo è raggiunto, gran parte del nostro dovere è compiuta, nel senso che sentiamo di avere risposto a una proposta e un’offerta… L’uomo che legge, l’uomo che non vive senza libri è certo di poter opporre alla realtà che lo circonda una seconda e più vera realtà: alle cose dobbiamo contrapporre le idee, agli oggetti i pensieri. Che cos’è in fondo un libro, se non un frammento della seconda realtà sognata, ipotizzata, meditata? Tutte cose che stanno all’origine della lettura stessa. Il bisogno di leggere è prima di tutto il bisogno di restare con se stessi, di sostare per un attimo alla porta della verità…»
Fernand Cuvelier, vero bibliofilo, deve la sua formazione agli studi giovanili nei collegi gesuiti. Dopo aver completato il suo perfezionamento a Oxford si è dedicato anima e corpo, con notevole successo, al mondo dell’editoria. Attualmente dirige la libreria Libris a Bruxelles.
Vita d’Archeologo
Cronache dell’archeologia napoletana
Autore/i: Maiuri Amedeo
Editore: Rusconi
prima edizione.
pp. 220, 8 fotografie b/n f.t., Milano
Il lungo corridoio trapeziodale alto e solenna come la navata di un tempio, e la grotta a volta e a nicchioni, formavano un unico insieme. Era la Grotta della Sibilla…
L’archeologo Amedeo Maiuri, uno dei più illustri del Novecento, apre lo scrigno dei ricordi e racconta.
Nasce così questa scelta di saggi ed elzeviri nei quali l’autore riassume, con la compostezza e il calore tipici del grande ricercatore, tutta la sua esperienza umana e professionale.
A guidare Maiuri è sempre stata la preparazione scientifica e la cultura umanistica. Ma l’erudizione, come afferma l’autore in Vita d’archeologo, non sarebbe stata sufficiente senza quel febbrile entusiasmo che dà voce al silenzio dei millenni, decifra i messaggi dell’inesprimibile, porta a nuova vita le vestigia di un passato che ci aiuta a capire il presente.
Dopo i primi passi come epigrafista, Amedeo Maiuri entra nella Scuola archeologica di Roma e d’Atene. Esegue importanti lavori a Cretzi e a Rodi. Dà impulso a nuove tecniche negli scavi. Si dedica essenzialmente alla sua Campania: Ercolano, Stabia, Capua, Nocera, Pozzuoli. A Pompei libera dalla cenere e dai lapilli la statua di uno splendido giovane Dioniso. Diventa soprintendente al prestigioso Museo Nazionale di Napoli. Sono alcune fra le tappe di un percorso reso entusiasmante dalla continua tensione per la ricerca e la conservazione di quei tesori d’arte e cultura troppo spesso minacciati dall’incuria, dall’incompetenza, dall’avidità.
Una prosa di respiro classico, punteggiata di ironia e saggezza, consente ad Amedeo Maiuri di rendere visivamente plastici non soltanto i grandi templi, ma anche la più modesta pietra incisa, una fibula, un coccio d’argilla. Vita d’archeologo trasmette al lettore quel sottile brivido che sempre accompagna il ricercatore nel momento più alto: quando porta alla luce un nuovo reperto cui dare un nome, un’interpretazione e un posto nella Storia.
Amedeo Maiuri (1886-1963), archeologo tra i più completi e complessi del nostro secolo, deve la sua fama sia a importanti imprese archeologiche come la ripresa degli scavi di Ercolano e la scoperta della Grotta della Sibilla cumana, sia a libri largamente affermatisi anche al di fuori della cerchia specialistica. Ha diretto, dal 1916 al 1924, la missione archeologica italiana nel Dodecaneso, pubblicando le inedite epigrafi di quelle isole, illustrando le raccolte del museo da lui fondato a Rodi ed esponendo i risultati degli scavi a Jalisos. Direttore del Museo Archeologico di Napoli e soprintendente alle antichità della Campania e del Molise, ha ricoperto cariche amministrative e scientifiche su territorio ricchissimo di sollecitazioni e di prospettive, che ha riportato al centro dell’attenzione internazionale. I suoi studi sull’edilizia e le pitture pompeiane gli valsero la cattedra universitaria. I suoi numerosi elzeviri descrittivi e rievocativi, apparsi sulle colonne dei maggiori quotidiani italiani, lo ascrivono, a pieno titolo, tra i più fini ed prosatori novecenteschi. Presso Rusconi Libri è uscito Passeggiate campane (1990).
Il Buddismo Tibetano
Autore/i: Varenne Jean-Michel
Editore: SugarCo Edizioni
presentazione dell’autore, traduzione di Federica Galliera.
pp. 160, nn. illustrazioni b/n, Milano
Il buddismo è una medicina dell’animo. Esso si propone di guarire la sofferenza universale estirpando quella fondamentale forma di ignoranza che ci impedisce di raggiungere la verità ultima, profonda, metafisica. Per realizzare questo difficile travaglio interiore, i tibetani hanno elaborato un insieme di pratiche iniziatiche che permettono di esplorare sistematicamente tutti gli aspetti del corpo e della psiche.
I Riti del Costruire
Commenti alla leggenda di Mastro Manole・La Mandragola e i miti della “Nascita miracolosa”・Le erbe sotto la Croce…
Autore/i: Eliade Mircea
Editore: Editoriale Jaca Book
prima edizione italiana, prefazione di dell’autore, introduzione e traduzione di Roberto Scagno.
pp. XIX-188, Milano
La pregnanza e la centralità del ricco patrimonio mitico, simbolico e religioso delle culture popolari dell’Europa balcanica e in particolare di quella romena, quale «ponte» tra Oriente e Occidente, traspare in questi scritti eliadiani, frutto dell’attività di ricerca e d’insegnamento universitario in Romania prima dell’esilio, mai tradotti e non più ripubblicati in patria. Tra i modelli simbolici trasmessi dalla spiritualità arcaica e assimilati e trasfigurati dal Cristianesimo, viene qui illustrato il tema iniziatico del sacrificio creatore nei suoi molteplici rapporti e connessioni con i miti cosmogonici e antropologici colti e con le leggende popolari relative ai rituali di costruzione, alle piante della vita, alla valorizzazione della morte, alla reintegrazione armoniosa nel Cosmo.
Mircea Eliade, nato a Bucarest nel 1907 ha vissuto in India dal 1923 al 1932. Ha insegnato filosofia all’Università di Bucarest dal 1933 al 1940, nel 1945 è stato professore alla Sorbona e poi in diverse università europee. Dal 1957 è stato titolare della cattedra di storia delle religioni dell’Università di Chicago dove nel 1985 è stata istituita la cattedra «Mircea Eliade» a lui dedicata. L’autore è morto a Chicago il 22 aprile 1986.
Memorie di un Guerriero Cheyenne
Autore/i: Kum-Mok-Quiv-Vi-Ok-Ta Gambe di Legno
Editore: Rusconi
cura e premessa di Thomas B. Marquis, traduzione dall’inglese di Donatella Tippett Andalò.
pp. 292, carte geografiche b/n, Milano
Nel 1876 gli Indiani delle Pianure ottennero sul fiume Little Big Horn una clamorosa vittoria sugli yankees, uccidendo il generale Custer, chiamato da loro Capelli Lunghi. Nel 1922 Thomas B. Marquis, un medico del Montana, volendo conoscere la verità sulla famosa battaglia, si trasferì nella riserva dei Cheyenne settentrionali, dai quali riuscì a farsi raccontare lo storico episodio nei minimi particolari. Il narratore preferito di Marquis divenne Gambe di Legno, così chiamato perché in gioventù era uno straordinario camminatore. Questi dilatò il racconto della battaglia sino a trasformarlo nella storia dell’odissea del suo popolo costretto a poco a poco a rinunziare alla sua libertà e alle sue tradizioni a causa delle sopraffazioni dei Bianchi, e infine a vivere sottomesso nelle riserve.
Tuttavia Gambe di Legno non si è limitato a ricostruire fedelmente questa tragica storia, ma ci ha offerto, soprattutto nei capitoli iniziali, una preziosa descrizione dei costumi e dei riti della società cheyenne, che ebbero un ammiratore nello stesso generale Custer, il quale poco prima di morire scrisse: «Se fossi un Indiano, preferirei andare incontro al destino insieme con quelli del mio popolo che rimasero fedeli alle Pianure libere e aperte, piuttosto che rinchiudermi nei ristretti confini di una riserva e lì benedizioni della civiltà, mescolate senza limite o misura ai suoi vizi.»
Confucio
Autore/i: Dawson Raymond
Editore: dall’Oglio Editore
traduzione dall’inglese di Anna Colombo.
pp. 128, Milano
Chi mai ha dato forma alla civiltà del proprio paese più radicalmente di Confucio? Certo nessun’altra figura umana nel mondo è mai stata innalzata a modello d’un maggior numero di connazionali. Eppure quello che sappiamo di lui come uomo è vago ed evanescente e spesso contaminato di leggende; e i detti attribuitigli possono spesso sembrare oscuri, triviali o banali, all’occidentale che poco o niente sa della cultura cinese. Raymond Dawson risolve questi enigmi seguendo l’esempio d’una tenace tradizione cinese, per cui un pensiero originale s’esprime in forma di commento a un testo classico: in questo caso i Dialoghi, il testo confuciano più antico e più attendibile. Senza mai perdere di vista i dubbi ispirati dal testo, in esso tuttavia egli trova un corpo di pensieri la cui espressione pare riflettere le opinioni e aspirazioni d’una persona reale. Come dotti nelle aule d’esami dell’Impero cinese noi, considerando con lui le implicazioni di frammenti separati del pensiero del Maestro, vediamo come essi si costituiscano in un sistema sociale, etico e intellettuale ben caratterizzato; e, come avrebbe desiderato Confucio, tale studio è piacevole, né richiede addestramento o gergo specialistico. Diversamente però da quei dotti, noi possiamo vedere, non solo l’applicabilità delle massime al momento storico, ma anche la forza della loro influenza lungo tutti i due millenni e mezzo della loro validità, perfino in una Cina che formalmente le ha respinte.
Raymond Dawson è incaricato dei corsi di cinese all’università d’Oxford ed è membro dell’istituto Wadham. Tra i suoi libri, citiamo Il retaggio cinese, Il camaleonte cinese, L’Impero cinese e L’esperienza Cinese.
I Benandanti
Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento
Autore/i: Ginzburg Carlo
Editore: Giulio Einaudi Editore
prefazione e post-scriptum dell’autore.
pp. XVIII-260, Torino
Con questo volume (apparso in prima edizione nel 1966) Carlo Ginzburg ha ricostruito una vicenda sinora ignota, che getta nuova luce sul problema generale della stregoneria. I «Benandanti» – cosí si chiamavano nel Friuli, tra la fine del ’500 e la metà del ’600, i portatori di un culto della fertilità – si presentarono in un primo tempo come difensori dei raccolti contro le streghe egli stregoni.
Poi, in meno di un secolo, sotto la pressione degli inquisitori, eccoli inaspettatamente assumere i tratti degli odiati antagonisti. A Questa trasformazione ha probabilmente valore esemplare. Le diramazioni al di là delle Alpi delle credenze imperniate sui «Benandanti» consentono di avanzare un’ipotesi generale sul significato e le origini della stregoneria popolare.
«Il Ginzburg – ha scritto Alberto Tenenti su “Studi storici” – propone all’attenzione degli studiosi una massa di documenti che nessuno prima di lui aveva sfruttato. In un campo in cui le indagini sono cosi scarse e lo stesso ritrovamento di materiale nuovo è assai arduo, non si può non plaudire alla sua ricerca e annettere la più grande importanza alle serie archivistiche da lui messe in luce».
Carlo Ginzburg, nato a Torino nel 1939, insegna a Bologna. Oltre a vari saggi ha pubblicato presso Einaudi Il nicodemismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell’Europa del ’500 (1970), e nella «Biblioteca del Corpus reformatorum italicorum», I costituti di don Pietro Manelfi (1970). Un suo saggio è compreso nel vol. I della nuova Storia d’Italia Einaudi.
Storia della Magia – Maghi e Illuminati Nei Secoli
Occultismo – Spiritismo
Autore/i: Magre Maurizio
Editore: Editoriale Italiana
prefazione ed epilogo dell’autore.
pp. 224, Milano
Dalla prefazione:
“In ogni tempo un messaggio si è propagato dall’Oriente all’Occidente, simile all’acqua di un fiume benefico, per indicare agli uomini la via della perfezione. Talvolta, o per l’aridità del male, o per l’eccessivo ardore dell’ignoranza, il fiume si è inaridito e gli assetati non hanno ricevuto l’acqua liberatrice. Vi sono stati dei secoli in cui essi potevano attenere una sua goccia, portata loro nell’urna del proprio cuore da un uomo coraggioso. È avvenuto pure che l’acqua fluisse copiosa, ma che nessuno sapesse scorgere il letto profondo nel quale essa scorreva. Ho voluto scrivere la storia dei messaggeri eroici che hanno trasmesso il messaggio a rischio della loro vita nonostante l’odio dei cattivi, la collera dei volutamente ciechi, e malgrado un nemico ancor più terribile, la loro stessa debolezza.
Questa storia è incompleta perché ve ne sono altri che l’autore ignora. Essa non tratta la storia dei messaggeri più eletti, i fondatori di religioni. La loro vita e la loro dottrina sono ormai note; scrivere ancora su di loro non insegnerebbe nulla di nuovo. Mi sono invece risolto di trattare di maestri sublimi, ma più vicini a noi. Gli esseri troppo sublimi, ci sfuggono nella loro intima essenza; siamo tentati a considerarli come divinità e a non occuparci più di loro per la distanza che ce ne separa.[…]”
I Supplizi Capitali in Grecia e a Roma
Origini e funzioni delle pene di morte nell’antichità classica
Autore/i: Cantarella Eva
Editore: Rizzoli
premessa dell’autore, in copertina: «Coppa laconica con la punizione di Atlante e Prometeo», Città del Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco.
pp. 450, Milano
I sistemi penali occidentali moderni, quando prevedono la pena capitale, applicano a tutti i reati un unico tipo di esecuzione. Nel diritto greco e in quello romano dell’antichità classica, invece, esistevano le pene di morte: tanti tipi di esecuzione capitale, differenti secondo il reato da punire.
Un complesso sistema di supplizi che comprende atti elementari e sbrigativi (come la decapitazione con la scure o la partecipazione da una rupe) ma al tempo stesso cerimoniali di morte incredibilmente compositi. Ad esempio, a Roma, in età repubblicana, i parricidi, chiusi in un sacco, venivano caricati su un carro trainato da buoi neri, condotti sulle rive del Tevere e gettati in acqua; e nel sacco, insieme con il parricida, venivano chiusi anche un cane, un gallo, una vipera e una scimmia.
Qual era il significato di questi riti?
In questo studio Eva Cantarella affronta in modo sistematico un tema fondamentale nella storia dell’umanità: chiarire le ragioni simboliche, religiose e civili della scelta dei supplizi permette di spiegare aspetti diversi della società che li ha praticati. La ricerca si allarga quindi dal campo del diritto a quello della cultura, della religione, della politica e della storia delle istituzioni greche e romane. Nel corso dell’indagine molti aspetti della cultura e della vita in Grecia e a Roma rivelano dimensioni e risvolti inediti. «I supplizi capitali in Grecia e a Roma» consente, risalendo alle più lontane origini della «morte di Stato», di riflettere sulla sua funzione, fornendoci non solo elementi per valutarne il senso nella società classica, ma anche una prospettiva per giudicare con maggior equilibrio le posizioni in materia che ancora si contrappongono.
Eva Cantarella insegna Istituzioni di diritto romano e Diritto greco antico nella facoltà di Giurisprudetiza dell’Università degli Studi di Milano. Tra i suoi libri: «Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico» (1995) e «L’ambiguo malanno. La donna nell’antichità greca e romana» (1995), entrambi tradotti in varie lingue. Ricordiamo inoltre «Donne romane. Da Tacita a Sulpicia» (1996).
Lo Spirito del Rimedio Omeopatico – Ciò che il Male ha Detto
Autore/i: Grandgeorge Didier
Editore: Edizioni Proposte Nuove MIRDAD
presentazione del Dott. Claudio Viano, introduzione dell’autore, traduzione a cura di Cristiana Cattelan.
pp. 192, Torino
La conoscenza dello spirito del rimedio omeopatico ci da la chiave del conflitto in corso del malato…
L’obiettivo di questo libro è dunque di prendere in ordine alfabetico i principali rimedi omeopatici, insistendo sul loro nucleo psicologico centrale.
Quale è il significato della malattia? I nostri mali giungono per caso o sono il risultato di una logica della quale a noi rimane da scoprirne il significato nascosto?
Grazie a quest’opera, il Dottore Didier Grandgeorge ci permette di scoprire il filo conduttore che collega la sofferenza fisica ai nostri problemi psichici incoscienti. Rivelandoci lo spirito di un centinaio di rimedi omeopatici, ci offre la chiave che apre le porte del nostro inconscio.
Ad esempio, un bambino soffre di otite all’orecchio sinistro a ripetizione, parla molto durante gli episodi febbrili e si scopre costantemente. Il suo rimedio, Lachesis, corrisponde alla gelosia, in effetti, la sua mamma è in attesa da qualche mese del fratellino.
Un altro caso, quello di un uomo i cui capelli sono diventati prematuramente grigi. Soffre anche di un’ulcera alto stomaco. Il suo rimedio, Arsenicum album, ci riporta all’angoscia della morte, che sente dall’epoca della scomparsa di una persona cara.
Seguendo le pagine, la bellezza e la complessità dell’anima umana sono svelate attraverso la dottrina omeopatica.
Pediatra-omeopata, il Dottore Didier Grandgeorge è professore di insegnamento clinico omeopatico alla Facoltà di Medicina di Marsiglia. Nel 1980 ha fondato una Scuola hahnemanniana in Provenza, i cui lavori sono stati pubblicati sotto la sua direzione in due opere (L’homéopathie exactement, tomes I & II – L’omeopatia esattamente, tomo I & II). È nel 1970, durante i suoi studi alla Facoltà di Medicina di Lione, che scopre l’omeopatia. Durante la specializzazione in pediatria a Grenoble, conosce la Scuola hahnemanniana Dauphiné-Savoie, netla quale riceve una formazione omeopatica unicista.
La Mano Barometro della Salute
La chiromanzia medica, una scienza per diagnosticare in anticipo le malattie
Autore/i: Brandon-Jones David; Bennett Veronica
Editore: Siad Edizioni
introduzione degli autori, traduzione di Enrica Viziale.
pp. 176, nn. illustrazioni b/n, Milano
La chiromanzia medica, o dermatoglifia, è una scienza in rapida evoluzione. Recentemente equipes di studiosi tedeschi e americani hanno ottenuto risultati sbalorditivi nella diagnosi delle malattie, basandosi esclusivamente sull’osservazione dei palmi delle mani e delle piante dei piedi.
La mano umano si è rivelata, quindi, un barometro accurato e sicuro dello stato di salute presente e futuro, un sistema di allarme che indica, anche con anni di anticipo, malattie specifiche e zone di rischio. Se si presta, però, attenzione all’avvertimento e si fanno i passi necessari, il processo può essere rovesciato: con le cure adatte l’organismo si risana da solo e i segni premonitori sulle mani scompaiono.
In questo volume, l’autore, noto analista della mano, vi farà ripercorrere tappa per tappa, l’affascinante storia della dermatoglifia dal diciassettesimo secolo ai giorni nostri, la storia di una scienza troppo spesso confusa con «l’arte» dello zingaro o del ciarlatano, e che, al contrario, rappresenta un enorme potenziale a futuro beneficio dell’umanità.
Le Dimensioni dell’Impossibile
Le facoltà segrete dell’uomo nel mondo dei fenomeni paranormali
Autore/i: Pompas Manuela
Editore: Rizzoli
introduzione dell’autrice.
pp. 216, Milano
Leggere il pensiero, vedere al di là della dimensione spazio/tempo, prevedere il futuro e ricostruire il passato, guarire con le mani, agire sulla materia usando solo il pensiero: personaggi come Uri Geller, Matthew Manning, Roll, Cayce, Pasqualina Pezzolla ci dimostrano che tutto questo è realtà, anzi, è la strada attraverso cui passa l’evoluzione dell’uomo. Su questa strada ci accompagna Manuela Pompas, che ha raccolto in dodici anni di lavoro le testimonianze dei più noti sensitivi italiani e stranieri: un libro avvincente e completo, sempre in bilico tra la filosofia e la scienza, la fede e la verifica oggettiva. Un viaggio nel fantastico mondo del paranormale, dei fenomeni conosciuti e sondati dalla scienza e di quelli ancora ignorati. Ma sono proprio questi ultimi (spiritismo, medianità, viaggi nell’aldilà) ad aprire all’uomo orizzonti finora percepiti solo dalla fantasia.
Manuela Pompas, giornalista, insegna dal 1978 training autogeno, tecniche mentali per lo sviluppo delle facoltà psichiche, yoga. Esperta di parapsicologia e medicine eterodosse, è autrice, oltre che di numerose inchieste giornalistiche e televisive, di una serie di volumi divulgativi (I segreti dei sogni, Il dizionario dei sogni magici, Il futuro nelle carte e nei sogni, Come leggere il vostro futuro, L’oroscopo con le carte) e del libro Siamo tutti sensitivi (1980).
Fabio Mauri (1959-1969)
Autore/i: Autori vari
Editore: Studio d’Arte Toninelli
a cura di Cesare Vivaldi.
pp. 102, alcune su carta da lucido, molte illustrazioni in bianco e nero e a colori, Roma
Interventi e citazioni critiche di:
Emilio Villa
Gillo Dorfles
Guido Ballo
Maurizio Calvesi
Gino Marotta
Pierre Restany
Tommaso Trini
Sandro De Feo
Fabrizio Dentice
Achille Bonito Oliva
Ennio Flaiano
Fabio Mauri (1926-2009) è uno dei maestri dell’avanguardia italiana del secondo dopoguerra. Vive fra Bologna e Milano fino al ’57, poi si trasferisce a Roma. Nel ’42 fonda con Pier Paolo Pasolini la rivista “Il Setaccio”. Ha insegnato per vent’anni Estetica della Sperimentazione all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. È stato invitato alla Biennale di Venezia varie volte dal 1954 al 2015 e a dOCUMENTA(13) a Kassel.
La prima personale di Mauri nel ’55 alla Galleria Aureliana di Roma è presentata proprio dall’amico Pasolini. Alla fine del ‘57 realizza i primi “Schermi”, la sua versione del monocromo: la ricerca dell’azzeramento che impegna tutti gli artisti più avanzati in quel momento. Ma il monocromo di Mauri contiene già il discorso sul cinema. Lo schermo è la nuova vera “forma simbolica” del mondo e Mauri coglie questo fatto tempestivamente, immediatamente. La forma mentale dello schermo attraverserà tutta l’opera di Mauri. Nel 1964 inizia a riflettere sulla specificità della cultura europea e la individua nell’ideologia. “Ho ripensato la mia biografia e ho pensato che avevo conosciuto una realtà storica forte, la guerra. Avevo rimosso come un grande incidente tutto questo dolore, l’ho riaffrontato”, dice l’artista. Nascono qui le perfomance degli anni ’70 Che cosa è il fascismo, Ebrea, Gran Serata Futurista 1909 – 1939. La finzione è un ulteriore mezzo di complicità con gli spettatori nell’intento di ricreare una rete di sensazioni tra azione e pubblico. Dal quadro all’azione il passo risulta inevitabile. L’idea fuoriesce dai confini della tela, attraverso atti di un passato non ancora smaltito, e per sempre intollerabile. Emblematiche le due performances del 1971, Ebrea e Che cosa è il fascismo, quest’ultima, nasce a Roma per approdare poi a Venezia (1974), a New York (1979), a Prato (1993) e a Klagenfurt (1997). Al 1994, risale la sua prima retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), a cui ne seguirà una seconda nel 1997, alla Kunsthalle di Klagenfurt e una terza, nel 2003, a Le Fresnoy (Lille).
Nel 1968 con Balestrini, Sanguineti, Eco, Porta, Barilli, Filippini, Arbasino, Colombo, Manganelli, Giuliani, Costa, Celli, Guglielmi, Pagliarani, Mauri è tra i fondatori della rivista “Quindici”. Negli anni ’70 l’opera di Mauri si incentra sull’ideologia come soggetto/oggetto degli atti espressivi. Un’analisi critico-ideologica dei linguaggi: nasce il testo della performance Che cosa è il fascismo (1971, Edizioni Krachmalnicoff), seguito dai libri d’artista Linguaggio è guerra (1975, Marani Editore), e Manipolazione di cultura (1976, La Nuova Foglio). Nello stesso anno fonda la rivista d’arte “La Città di Riga” con Alberto Boatto, Maurizio Calvesi, Jannis Kounellis, Umberto Silva. Fabio Mauri intesse la dimensione della performance, allo spazio della storia. Resta indimenticabile l’utilizzo del corpo come schermo ne Il Vangelo di/su Pier Paolo Pasolini, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. E ancor più centrale è Che cos’è il fascismo, straordinaria performance presentata negli Stabilimenti Safa Palatino di Roma nel 1971, in coincidenza con un momento di grave tensione politica.
Di Mauri si possono enumerare importanti temi, formalizzati come opere: lo Schermo, i Prototipi, le Proiezioni, la Fotografia come Pittura, l’Identità sostanziale delle Strutture Espressive, il rapporto indelebile tra Pensiero e Mondo e tra Pensiero in quanto Mondo. L’opera di Mauri, complessa come un saggio storico, diviene un’autobiografia, unitaria nello svolgimento e molteplice nell’attenzione al mondo contemporaneo: un’analisi convissuta tra destino individuale e storia.
Nel 2009, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano lo nomina Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, e il 20 maggio dello stesso anno, appresa la notizia della scomparsa di Fabio Mauri, Napolitano invia un messaggio di partecipazione al dolore della famiglia nel quale si sottolinea che “l’intensa attività di creazione artistica sviluppata da Fabio Mauri nel segno di una ininterrotta ricerca e apertura al nuovo, e il suo impegno nel campo dell’organizzazione culturale (…) ne avevano fatto una figura di rilievo nel panorama dell’arte e della cultura italiana”.
Il Re Nero
Saggi di letteratura femminile tedesca
Autore/i: Treder Uta
Editore: Editori Riuniti
in copertina: Jiri Georg Dokoupil, La natura si lamenta dello stolto pittore.
pp. 198, Roma
Il titolo del libro è tratto da una poesia di Ingeborg Bachmann: “Amore: continente oscuro” – fin ora mai tradotta in italiano – che nella metafora del re nero e celebra i fasti della violenta bellezza dell’eros maschile.[…] I sette saggi di questo libro, che percorrono duecento anni di letteratura scritta da donne, indagano sulle ricche e contraddittorie strategie che le donne hanno elaborato per corrodere il preteso universalismo patriarcale alla ricerca di una cultura e di un’identità femminile “altra”.
[…] Scrittrici, in altre parole, che nelle loro opere hanno attinto al pensiero della differenza sessuale ancor prima che fosse sviluppato teoricamente.
Rilassarsi con la Sofrologia
Una serie di facili esercizi per vincere lo stress giornaliero
Autore/i: Boon Henri; Davrou Yves
Editore: Casa Editrice Bietti
unica edizione, introduzione degli autori, traduzione di Gabriele Tamburini.
pp. 144, nn. illustrazioni b/n, Roma
Waldberg, nel suo libro La foresta dello Zen, mette in evidenza questa frase: «Scrivere un libro sulla Zen sarebbe come scrivere sull’impossibilità di scrivere un libro sullo Zen».
Si potrebbe dire la stessa cosa a proposito della sofrologia: infatti non è possibile descrivere una tecnica, e comunque il linguaggio o lo scritto sono solo un mezzo che traduce la realtà in modo imperfetto.
Per questo, dopo molti anni, ci siamo chiesti se fosse utile scrivere un libro sulla sofrologia, e più in particolare un manuale pratico. Se è vero che esiste un principio di piacere, esiste pure un principio di realtà.
Nel corso delle nostre conferenze nelle province francesi e belghe, ci siamo trovati davanti un problema: molti ascoltatori ci ponevano questa domanda: «A chi mi devo rivolgere per praticare la tecnica sofrologica?». E purtroppo dovevamo rispondere sempre: «Nella vostra città non conosciamo persone competenti in materia».
Si deve quindi trascurare chi non ha a disposizione una guida, un maestro, oppure un centro specializzato? Certamente no!
Ecco perché abbiamo deciso di offrire al Pubblica un manuale pratico che supplisca il maestro – pur sempre insostituibile – al quale non possono rivolgersi.
È evidente che questo libro non sostituirà l’insegnamento e neppure il maestro, ma occorre tener conto della realtà e offrire uno strumento anche se imperfetto. Questa guida permetterà una certa apertura, una Presa di coscienza, e indurrà qualcuno ad approfondire la sofrologia, le tecniche di rilassamento, e i relativi Principi di filosofia. Questo, almeno, è quanto speriamo.
Rajah
In Malesia alla ricerca dell’incenso perduto tra sultani, maghe e poeti
Autore/i: Alliata Vittoria
Editore: Garzanti Editore
pp. 336, 2 cartine in b/n f.t., Milano
Rahija, la più illustre fra le sante musulmane, era solita trascorrere la notte in preghiera. A seguito di una grave malattia che l’aveva molto indebolita, rinunciò tuttavia alle devozioni notturne, recitando al levar del sole anche la parte del Corano destinata alla notte. “Ma ecco che a un tratto, durante il sonno, mi parve di essere sollevata e condotta in un parco meraviglioso. Mentre mi aggiravo stupefatta, vidi un uccello color smeraldo e una giovane che lo inseguiva per catturarlo. “Lascialo stare!”, esclamai. “In verità non ho mai visto cosa più bella”. “Ti mostrerò io qualcosa di più bello”, rispose, e prendendomi per mano mi portò al cancello di un palazzo che le si dischiuse innanzi, svelando una luce abbagliante. “Entra”, disse, e m’inoltrai in un luogo quale al mondo non ve n’è. Un gruppo di servitori ci accolse con incensieri fragranti d’aloe. “Profumate questa donna”, li esortò la mia compagna. Ma essi risposero: “Aveva la sua parte di ciò, e l’ha tralasciata”.
Rajah è un viaggio in Malaysia, oggi crocevia del miracolo economico dell’Estremo Oriente. Uno dei paesi più cosmopoliti del mondo: tredici stati, nove sultani, un re, cinquanta etnie diverse, cento e più culti, quattro alfabeti, trenta lingue. Un popolo sobrio e flemmatico che ha saputo sconfiggere guerriglie e vicini ostili (da Sukarno a Marcos). Nove sultani di stirpi leggendarie vi regnano con riti millenari ed efficacia manageriali, abiti d’oro zecchino e Rolls Royce gialle.
La Malaysia è anche il paese d’origine del Gaharu, fragrante legno aromatico, preziosissimo ed inaccessibile prodotto della giungla al centro di un giro d’affari di miliardi. La leggenda vuole che appartenga in signoria spirituale a un mitico eroe morto a Giava due secoli fa, in duello, che si trovi in alberi misteriosi che scompaiono al solo guardarli a meno di essersi preparati con apposite formule iniziatiche; sarebbe insomma il più enigmatico dei prodotti, elusivo di qualsiasi ricerca scientifica. Soprattutto non si riesce a capire da dove provenga. Per venire a capo, Vittoria Alliata intraprende un viaggio in cui incontra personaggi straordinari, ciascuno col suo tassello di verità: sultani, uomini politici, affaristi, cacciatori di teste Iban, maghi e stregoni, eremiti, danzatrici visionarie che si nutrono di gelsomino, donne intabarrate appollaiate su motociclette scarne e uomini in turbante che parcheggiano la Mercedes in palafitta.
Frugando nei risvolti di un’antica tradizione, l’Alliata penetra nell’alchemia dell’equilibrio della Malaysia moderna, intrisa di fondamentalismo, retta da ministri cristiani, buddisti ed indù, in contatto con quell’Occidente che, avendo persa la fede, vorrebbe impedire anche agli altri di credere. Pur nell’invasione di videotapes e cemento, emergono le vestigia di un mondo in cui “l’uguaglianza non era uniformità, la saggezza non era morale, la forza non era dominio, la civiltà non era progresso e il progresso non era sfruttamento”.
Ed ecco che all’iniziale viaggio di inchiesta, al reportage, si affianca l’itinerario mistico che interiorizza la meta esterna, in cui il Gaharu diviene simbolo di quella conoscenza sapienzale la cui ricerca è il filo conduttore di tutto il libro
Vittoria Alliata, siciliana, esperta del mondo islamico. Ha pubblicato In Digest(1973), Harem(1980), le Case del Paradiso(1983), Baraka (1984)
I) Dicono i malesi a proposito della creazione di Adamo
II) L’obbedienza trascina verso la luce
III) Il santo non è colui che attraversa l’aria
IV) Insieme si trasporta il fardello più grave
V) Cosa ha dunque trovato colui che ti ha perduto?
VI) O fratello, il tuo essere e l’immagine del tuo pensiero
VII) Quando apparirà il Dajjal (l’Anticristo), le donne
VIII) Quando la luna è piena, comincia a calare
IX) Se il coltello è corto
X) Desidero costruire un palazzo
XI) Allora egli (Alessandro il Bicorne) seguì un’altra via
XII) Se udite del Dajjal (l’Anticristo) badate a starne lontani
XIII) E allora emerge dalle onde cerulee un’isola
XIV) Perchè perde tempo? Perchè non si affretta a partire?
XV) L’uomo perfetto non è colui che compie miracoli
XVI) Abbiamo percorso al servizio dell’Inìmperatore Ming
XVII) Rompere con ogni attività, ritrovarsi dal mondo
XVIII) L’alto fato di Dio sarebbe rotto
XIX) Degli indiani portarono un elefante e lo esibirono
XX) Per gli iniziati, Dio fa parlare ogni minuzia
XXI) La malattia in sè è una cura
XXII) Non abbiamo che le frasche del tetto
XXIII) Yamadvipa ha una nobile montagna da cui nascono fiumi d’oro
XXIV) Gli dei erano nelle Isole a Nord del Mondo
XXV) In un piccolo regno di non densa popolazione
Glossario
Bibliografia
Ringraziamenti
Antiche Leggi – «Codici» del Vicino Oriente Antico
Autore/i: Saporetti Claudio
Editore: Rusconi
prima edizione, presentazione e introduzione dell’autore, in sovracoperta: Hammurapi, stele con il codice delle sue leggi (part.), Parigi, Museo del Louvre.
pp. 488, Milano
È vero che il «codice» più antico e quello di Hammurapi? Ma secoli prima altri sovrani avevano raccolto nei loro «codici» numerose disposizioni. È vero che le donne del vicino oriente antico non avevano alcun diritto? Eppure ricevevano doni, partecipavano all’eredita, si doveva loro rispetto. Anche dalla lettura degli articoli di legge può trasparire un mondo nuovo, vario, e pieno di sorprese.
Nell’intento di offrire agli studiosi di diritto – ma anche a chi crede che l’avvenire sia alimentato dal passato – un manuale di rapida consultazione dal quale poter attingere quei «codici» di leggi a noi pervenuti, pur se in parte frammentari, dal Vicino Oriente Antico, Claudio Saporetti presenta, in questo volume, in sintetiche traduzioni libere (ma tratte da originali traduzioni letterali) le leggi sumere, assire, babilonesi, includendo, accanto ad esse, quelle ittite e bibliche. Le due ultime appartengono a tutt’altro ambiente rispetto alle prime – anche se le affinità sono molte, anche se l’ittito e scritto in cuneiforme, e la Bibbia in una lingua semitica come l’accadico – ma nel complesso della legislazione del Vicino Oriente Antico esse rivestono una particolare importanza ed è sembrato utile e significativo metterle in parallelo con quelle mesopotamiche.
Si tratta di norme espresse una accanto all’altra, da noi chiamate «codici» ma impropriamente, perché in realtà sono qualcosa di diverso dalle nostre raccolte di norme giuridiche. Gli argomenti si succedono talvolta con scarsa attinenza tra loro ma, all’interno di ciascuno, gli articoli sono spesso coerentemente collegati, così come esiste una «coerenza», attraverso tempi e luoghi, tra «codice» e «codice».
C’era dunque un patrimonio generale e tradizionale di norme, o meglio ancora di modelli, a cui i vari «legislatori» hanno via via attinto: un patrimonio di documenti autentici e genuini che sono anche uno specchio, pur se talvolta un po’ deformante, della società. Nel loro complesso costituiscono uno strumento di studio e di lavoro incomparabile per avvicinare e comprendere quei mondi lontani, ricchi di sorprese.
Claudio Saporetti, nato a Fidenza, si è laureato all’Università Cattolica di Milano e al Pontificio Istituto Biblico di Roma con tesi in Assiriologia. Già Dirigente di Ricerca al Consiglio Nazionale delle Ricerche, insegna Assiriologia all’Università di Pisa. Epigrafista del Centro Scavi di Torino, con cui ha partecipato a varie missioni in Iraq, dirige i periodici «Geo-Archeologia» e «Analisi elettronica del Cuneiforme». Tra le sue pubblicazioni sul Vicino Oriente Antico e di natura non esclusivamente scientifica: Il diluvio (Palermo 1982), Le leggi della Mesopotamia (Firenze 1984), La storia del siciliano Peppe e del poveruomo babilonese (Palermo 1985), Elementare accadico (Palermo 1987), La terra tra i due fiumi (Torino 1989), Arad mitanguranni. Dialogo fra schiavo e padrone nell’antica Mesopotamia (Pisa 1990), Etana (Palermo 1990), Abolire le nascite. Il problema nella Mesopotamia antica (Roma 1993), Nergal ed Ereškigal. Una storia d’amore e di morte (Pisa 1995), Le torri di Babele (Pisa-Roma 1996). Presso Rusconi Libri ha pubblicato Come sognavano gli antichi. Sogni della Mesopotamia e dei popoli vicini (1996).