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Sentieri in Utopia

Sentieri in Utopia

Titolo originale: Pfade in Utopia

Autore/i: Buber Martin

Editore: Edizioni di Comunità

seconda edizione, traduzione dal tedesco di Amerigo Guadagnin, collana: Saggi di cultura contemporanea 72, in copertina: Martin Buber nel 1981.

pp. 108, Milano

«Non è lecito definire utopistico qualcosa in cui non abbiamo ancora messo alla prova la nostra forza. Io dichiaro la mia fede nella rinascita della comunità. Una collettività organica non si comporrà mai di individui, bensì soltanto di comunità piccole e piccolissime: un popolo è comunità nella misura in cui ha un contenuto comunitario», Martin Buber.

Questo libro è nato dal proposito di esporre geneticamente la concezione di quello che Marx e i marxisti hanno chiamato «socialismo utopistico», e in particolare il postulato, ad esso proprio, di un rinnovamento della società mediante il rinnovamento del suo tessuto cellulare. Mi sono preoccupato, non di presentare il panorama dello sviluppo di un’idea, bensì di tracciare l’immagine di un’idea nel suo sviluppo. Nella costruzione di un simile quadro, come per i quadri in genere, c’era da risolvere un problema di base: che cosa si doveva omettere? Mi è sembrato che della poderosa materia potesse trovar posto nel quadro soltanto ciò che era essenziale per l’esame dell’idea. Non sono importanti le strade di accesso, ma la via in cui esse finiscono per sboccare.
Occorreva fra l’altro gettare uno sguardo, sia pure rapido, sui tentativi di realizzare l’idea: tentativi arditi, ma problematici. Dopo di che si poteva far posto a un’esposizione critica dell’atteggiamento teorico e pratico del marxismo verso la concezione del rinnovamento strutturale, un atteggiamento a cui all’inizio del libro si poteva appena accennare, a guisa d’introduzione. Poi, da questo angolo visuale, dovevo parlare del tentativo la cui conoscenza diretta ha fornito l’impulso alla nascita di questo libro; naturalmente non ne ho fatto una descrizione o un resoconto, ma l’ho semplicemente esaminato nella sua intima connessione con l’idea: come un tentativo che non è fallito. Un capitolo conclusivo riassume la mia posizione personale, dato che altrimenti si sarebbe dovuto andare a cercarla fra le righe. A questo punto era il caso di accennare al significato dell’idea per il momento attuale nel mondo. (Martin Buber)

Martin Buber è nato a Vienna nel 1878 e morto a Gerusalemme nel 1965. Ha studiato alle Università di Vienna, Berlino, Lipsia e Zurigo. Fondò con altri la Judischer Verlag in Germania e diresse prima il periodico «Der Jude» dal 1916 al 1924 e poi il periodico «Die Kreatur» dal 1926 al 1930. Insegnò scienza della religione all’Università di Francoforte fino al 1933, e nel 1938 lasciò la Germania per l’Università ebraica di Gerusalemme, dove ha insegnato sociologia generale. Di Martin Buber le Edizioni di Comunità hanno pubblicato «Il principio dialogico», «L’eclissi di Dio», «Immagini del bene e del male».

L’Iran e la Filosofia

L’Iran e la Filosofia

Titolo originale: L’Iran et la Philosophie

Autore/i: Corbin Henry

Editore: Guida Editori

prefazione di Stella Corbin, traduzione di Pierluigi Venuta.

pp. 216, Napoli

Quest’opera, che riunisce conferenze e saggi inediti di Corbin ricostruisce il cammino di un pensatore che abbracciò l’avventura dell’orientalismo per «rimettere in comunicazione» due culture, l’Oriente e l’Occidente, e che, durante tutta la sua vita, si sforzò di vincere le barriere tra scienza delle religioni e ricerca metafisica.
Studio del fatto religioso, interpretazione dell’evento visionario, le pagine di Corbin ci svelano i segreti della teoria della conoscenza del sufismo e del viaggio nell’anima del profetismo islamico. Corbin si batte per l’affermazione di una categoria dell’«iranismo», il riconoscimento della specificità del sostrato iranico all’interno del «comun denominatore» islamico al quale spesso si tende ad assimilarlo, e perché si apra finalmente in filosofia il «capitolo dell’iranologia». Attingendo al patrimonio della gnosi islamica sciita, il grande filosofo e orientalista francese ci prospetta insondate affinità fra l’avventura filosofica e l’esperienza del mistico, ma anche – in particolare nei coinvolgenti saggi della seconda parte del testo – suggestive analogie fra alcuni aspetti della tradizione sciita e momenti spesso fondamentali della cultura occidentale di stampo cristiano.

Henry Corbin, iniziato da Étienne Gilson alla filosofia medievale, è ritenuto il più grande studioso occidentale di mistica islamica. Tra le sue opere apparse in Italia: Corpo spirituale e terra celeste, L’immagine del tempio, Il paradosso del monoteismo. In programma nelle nostre edizioni un’altra sua opera fondamentale: L’uomo e il suo Angelo.

Storia Sociale della Patata – Alimentazione e Carestie dall’America degli Incas all’Europa del Novecento

Storia Sociale della Patata – Alimentazione e Carestie dall’America degli Incas all’Europa del Novecento

Titolo originale: The History and Social Influence of the Potato

Autore/i: Salaman Redcliffe Nathan

Editore: Garzanti Editore

prima edizione, edizione riveduta a cura di J.G. Hawkes, prefazione dell’autore, nota del curatore, avvertenza dell’editore, collana: Collezione storica, in sopraccoperta: I mangiatori di patate (1885) di V. Van Gogh.

pp. 436, numerose illustrazioni b/n, Milano

«Un monumento insuperato di erudizione e di simpatia umana»: così Eric Hobsbawm ha definito questo «classico» della storiografia economica. L’indagine di Salaman si muove su due piani: il primo colloca la patata entro gli schemi della classificazione botanica, si appunta sui modi e le forme della coltivazione, ne registra la diffusione del mondo; il secondo valuta invece gli effetti che l’adozione della patata produsse nei sistemi agrari e nel regime dietetico delle popolazioni nel corso della storia.
Facile da coltivare, resistente ai climi più rigidi, la patata, importata in Europa dall’America nel corso del Cinquecento (insieme al mais e al pomodoro), ha finito per assumere, a partire dal Sette e dall’Ottocento, un ruolo decisivo nell’alimentazione delle persone, specie negli strati più umili, e in particolare nell’area germanica e slava, nelle isole britanniche e in Irlanda: basti pensare che la grande carestia irlandese del 1847, provocata dalla crisi dei raccolti della patata, provocò oltre mezzo milione di morti.
Lo studio di Salaman, che spazia dall’antropologia all’archeologia alla storia agraria, incrocia molteplici campi dell’esperienza storica: ricostruisce i caratteri originari dei sistemi agrari dei vari paesi,-riporta in luce la profonda commistione degli interessi agrari con quelli politici, restituisce scorci della vita materiale dei ceti più poveri; riconduce infine l’analisi dei comportamenti alimentari alle forme dell’immaginario collettivo.

Redcliff Nathan Salaman nacque a Londra nel 1874 e morì nel 1955.
Medico di formazione, collaborò con il celebre genetista William Bateson pubblicando numerosi studi scientifici sulla patata (Phytophthora infestans, 1908; Potato varieties, 1926). Intorno agli anni quaranta Salaman, uomo dai vasti interessi e dalle attività multiformi (fu tra i promotori dell’Università ebraica di Gerusalemme) estese il suo campo di ricerca alla storia economica e sociale indicando, con opere precorritrici come The influence of the potato on the course of Irish history (1944) e soprattutto con The history and social inflnence of the potato (ora per la prima volta tradotto in italiano) nuovi, inesplorati percorsi di ricerca.

L’Anima in Trappola – Come Ho Vinto gli Attacchi di Panico

L’Anima in Trappola – Come Ho Vinto gli Attacchi di Panico

Il Panico. Che cos’è, come riconoscerlo, come vincerlo

Autore/i: Cultrera Valentina

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

seconda edizione, prefazione di Gianna Schelotto, collana: Ingrandimenti.

pp. 108, Milano

«Tutto comincia in un giorno qualunque, a tradimento. Un improvviso malore, una misteriosa sensazione di allarme, un invincibile senso di inadeguatezza si insinuano senza motivi apparenti nella vita di una persona che fino a quel punto si era ritenuta serena; una come gli altri. L’attacco di panico, perché di questo si tratta, assale la sua vittima dandole la sensazione penosissima che sta per accadere qualcosa di terribile, una catastrofe che non potrà essere evitata. Di fronte a questa eventualità il cuore si mette a pulsare senza controllo, le idee si affollano spaventose nella mente, la gola si chiude, il respiro sembra mancare…
In questo libro si compie un viaggio, ma in realtà, per gran parte della lettura, si vive una sensazione di assedio. All’inizio, ogni passo che il protagonista fa verso la guarigione si conclude con un insuccesso, come se il “malato” si trovasse al centro di un labirinto che apre tante strade, ma tutte senza sbocco. È solo negli ultimi capitoli che si coglie la dinamicità del percorso, quando, stanco di fidarsi troppo di altri, il protagonista, faticosamente, debolmente, con mille incertezze, si affida prima a se stesso, poi – come in uno specchio – a chi, avendo patito le sue stesse pene, sa perfettamente di cosa si stia parlando…
Il viaggio del “dappista” (questo termine sembra già di per sé una condanna) è un pellegrinaggio che riguarda tutti, e forse proprio per questo, leggendo queste pagine accorate, si è colti da sentimenti insoliti e contraddittori… E così può accadere a chi legge di assumere, suo malgrado, lo stesso atteggiamento dei tanti amici e parenti che l’autrice ha descritto. Una reazione che sta tra la fuga e il fastidio; tra l’affetto e la negazione. È difficile, leggendo, sottrarsi alla speranza di non incontrare mai “malati” di questo genere, non tanto per la loro sofferenza quanto per la propria. Da qui scaturisce forse la maggior qualità del libro; quella di far sentire direttamente, da una parte l’angoscia del paziente, dall’altra il disagio di chi è “normale”…
Questo libro è davvero un’avventura: comincia là dove inizia l’ansiosa incertezza di essere troppo “gravi” per guarire o, al contrario, di essere troppo sani per capire.»
(Dalla prefazione di Gianna Schelotto)

Valentina Cultrera, nata a La Spezia nel 1966, laureata in filosofia, è stata vittima del panico per otto lunghi anni. A questa sconvolgente esperienza era dedicato il suo primo libro, Panico (Guaraldi, 1992). Nel 1991 ha fondato la LIDAP (Lega Italiana per il Disturbo da Attacchi di Panico), di cui è presidente.

Squadrone Bianco – Storia delle Truppe Coloniali Italiane

Squadrone Bianco – Storia delle Truppe Coloniali Italiane

Massaua 1885 – Cheren 1941 la drammatica e silenziosa epopea delle truppe indigene africane che affiancarono il nostro esercito nella realizzazione di un sogno ambizioso e fugace: l’impero coloniale italiano

Autore/i: Quirico Domenico

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

prima edizione, premessa dell’autore, in sovraccoperta: Il principe di Piemonte visita in Somalia il Villaggio Duca degli Abruzzi, aprile 1928.

pp. 362, numerose tavole b/n f.t., Milano

5 febbraio 1885: a Massaua, remoto porto del mar Rosso ai margini dell’impero turco, sbarca, sotto un’opprimente calura, un piccolo contingente di soldati italiani. Inizia allora, tra equivoci, velleità espansionistiche da grande potenza e miseri finanziamenti, l’avventura del nostro colonialismo. Mezzo secolo di sanguinose vittorie e plateali sconfitte, di eroismi e crudeltà di cui solo in piccola parte furono protagoniste le nostre truppe.
Le colonie, in realtà, vennero conquistate, difese e perse da eserciti di indigeni assoldati come mercenari e guidati da ufficiali italiani. Giunti dal Sudan e dallo Yemen, andarono a formare battaglioni in cui convivevano uomini delle etnie più diverse: tigrini, etiopi, somali, libici. Si batterono bene e con coraggio, in cambio di una paga modesta, di una divisa e di un fucile, sottoposti a una disciplina implacabile, dove ai ceppi si affiancava il curbasc, la frusta di pelle di ippopotamo. Di fede cristiana o musulmana, animista o pagana, ognuno di loro poteva pregare il suo dio in perfetta libertà. Si fecero uccidere a migliaia affrontando le turbe fanatiche seguaci del Mahdi, un precursore di bin Laden che voleva cacciare gli empi colonialisti dalle terre del Profeta; a Adua molti di loro furono mutilati dal negus Menelik per tradimento; in Libia diedero la caccia agli inafferrabili guerriglieri del deserto; nel 1935 arrancarono sulle ambe etiopiche per aprire la strada ai soldati di Mussolini.
I generali li giudicavano con degnazione, talvolta con disprezzo, considerandoli utili ma vergognandosi di dover dipendere, per vittorie e medaglie, da quei «selvaggi». Che pure furono sempre fedeli all’Italia, anche quando tradirla sarebbe stato più semplice e meno pericoloso.
Questa epopea dimenticata, di cui Domenico Quirico ripercorre le fasi più esaltanti e drammatiche con stile personalissimo e non privo di amara ironia, offre una delle chiavi per comprendere i legami complessi, e contraddittori, che il colonialismo crea tra «padroni» e indigeni. E la storia dei reparti africani si intreccia con quella, altrettanto tragica e dimenticata degli ufficiali che al loro fianco si batterono da Dogali a Cheren, ultima battaglia dell’effimero impero italiano: due realtà lontanissime accomunate dalla dura necessità della guerra, che, al di là delle gerarchie militari e delle differenze razziali, mette in scena un unico dramma umano.

Domenico Quirico, giornalista, ha seguito per «La Stampa» le più drammatiche vicende africane degli ultimi vent’anni, dal Mozambico al Congo, dalla Somalia all’Algeria. Autore di una Storia dell’unificazione europea (Agorà 1998), sta curando una ricerca sugli aspetti meno conosciuti del colonialismo italiano.

Il Trauma della Nascita – Sua Importanza per la Psicoanalisi

Il Trauma della Nascita – Sua Importanza per la Psicoanalisi

Titolo originale: Das Trauma der Geburt und seine Bedeutung für die Psychoanalyse

Autore/i: Rank Otto

Editore: SugarCo Edizioni

prefazione di Francesco Marchioro, premessa dell’autore, traduzione di Elena Ponsi.

pp. 232, Carnago (Varese)

Pubblicato nel 1924, questo testo, famoso per le implicazioni che doveva avere nella teoria dell’inconscio, segna il distacco di Rank dalla società psicoanalitica viennese e dall’ortodossia freudiana.
Il «trauma della nascita», e cioè il trauma che il bambino subisce al momento del distacco dal ventre materno, rappresenta per Rank la sola esperienza reale decisiva, talmente decisiva da determinare l’intero futuro psichico dell’individuo.
Il significato della sessualità e i conflitti psichici sono dunque spiegabili alla luce di questo evento a cui vanno ricollegati nevrosi, psicosi, perversioni, nonché i miti, i riti e le manifestazioni religiose ed estetiche. Una tale elaborazione teorica si spinge al di là dell’Edipo e della prospettiva filogenetica.
È comprensibile, pertanto, che l’opera di Rank, benché Freud all’inizio l’avesse accolta in maniera tutt’altro che sfavorevole (si tratta – aveva commentato – del più importante progresso dalla scoperta della psicoanalisi), dovesse cadere sotto l’accusa di eresia.
Un’eresia che avrebbe però fortemente influenzato psicanalisti fra i maggiori come Géza Roheim, Melanie Klein ed Elvio Fachinelli.

Otto Rank, 1884-1939, nacque a Vienna ed entrò a far parte giovanissimo degli intimi di Freud. Segretario, fin dall’inizio, della Società Psicoanalitica Viennese, fu redattore, insieme ad Hanns Sachs, della rivista “Imago” e direttore dell’”Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse”.

La Figura del Don Giovanni – La Funzione Sociale dell’Arte Poetica

La Figura del Don Giovanni – La Funzione Sociale dell’Arte Poetica

Titolo originale: Die Don Juan-Gestalt

Autore/i: Rank Otto

Editore: SugarCo Edizioni

prefazione, traduzione e cura di Francesco Marchioro.

pp. 126, Carnago (Varese)

Rank analizza l’inquietante figura di Don Giovanni, il leggendario cavaliere spagnolo Don Juan Tenorio, prototipo del seduttore, alla luce della psicoanalisi freudiana, mettendola in relazione con il mito dell’eroe, il doppio e le fantasie filogenetiche. Suggerisce la tesi che questa figura altro non sarebbe se non la proiezione dell’artista stesso, dei suoi sensi di colpa, dei suoi complessi edipici e delle sue angosce di morte.

Otto Rank, 1884-1939, nacque a Vienna ed entrò a far parte giovanissimo degli intimi di Freud. Segretario, fin dall’inizio, della Società Psicoanalitica Viennese, fu redattore, insieme ad Hanns Sachs, della rivista «Imago» e direttore dell’«Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse».

Flyda degli Abissi – Le Glauche Avventure della Donna Sirena

Flyda degli Abissi – Le Glauche Avventure della Donna Sirena

Titolo originale: Les Glauques Aventures de Flyda des Mers

Autore/i: Bonaparte Marie

Editore: Red Edizioni

prima edizione, prefazione di Silvia Montefoschi, traduzione dal francese di Carla Sborgi, illustrazioni di Giuliano Collina, collana: Immagini del profondo 1.

pp. 96, illustrazioni b/n, Como

È il bacio di una sirena, sul petto troppo caldo di Flyda, che trasmette alla fanciulla questa forma inquietante.
Ma il rito non basta per fermarne il cuore e le pene d’amore che lo agitano.

Le onde, figlie di Orizzonte, creatore d’inganni, baciano i piedi di Flyda, la figlia del pescatore, e le parlano dell’ignoto, della speranza. Così, quando il saggio marito scelto dal padre la caccerà di casa, saranno le stesse onde a portarla al Sud, con il suo marinaio innamorato, e saranno ancora loro ad accoglierla in grembo quando vorrà morire. Prima però occorre diventare come le sirene, imprevedibili creature dal cuore immobile, scintillanti alla luce della luna.
Ma il cuore di Flyda riprende a battere anche tra le onde del mare, nelle grotte che celano gli abbracci instancabili, senza calore e senza divieti, delle più belle fra le creature. E poiché ciò non è consentito a una sirena, Flyda tornerà alla terra, al faro dal raggio temuto dalle creature marine. Inquieta, irriducibile.

Marie Bonaparte, Meine Liebe Prinzessin (Mia amata principessina), come la chiamava il suo analista e maestro Sigmund Freud nelle molte lettere a lei indirizzate, è una dei protagonisti della storia della psicanalisi fra i più ricchi di fantasia.

Marie Bonaparte riproduce qui il pregiudizio dell’uomo che la donna non possa fecondare il mondo con il pensiero da essa stessa prodotto, concepito nel suo rapporto diretto con lo Spirito…
(Dalla prefazione di Silvia Montefoschi)

Incontro con l’Androgino – L’Esperienza della Completezza Sessuale

Incontro con l’Androgino – L’Esperienza della Completezza Sessuale

Titolo originale: The Androgyne. Fusion of the Sexes

Autore/i: Zolla Elémire

Editore: Red Edizioni

traduzione dall’inglese di Augusto Sabbadini (Shantena), collana: Immagini del profondo 75.

pp. 96, numerose illustrazioni b/n, Como

Quando la mente si innalza al di sopra dei nomi e delle forme, non può che toccare il punto in cui anche le divisioni sessuali vengono superate.

Né uomo né donna, ma uomo e donna insieme: questo è l’androgino. Fanciullo malioso, nel mito greco assunse in un solo nome, Ermafrodito, quello dei divini genitori, Ermes e Afrodite, e si fuse in un liquido abbraccio con una ninfa. Ma non è solo fra gli dei della Grecia che troviamo una traccia inquietante della differenza negata. Nel vertiginoso resoconto che Elémire Zolla ci offre in questo libro, l’androgino è una costante nella cultura di tutti i popoli, traspare nelle immagini leonardesche di san Giovanni Battista, assume le vesti di personaggi letterari come l’Orlando di Virginia Woolf, dona una fisionomia indimenticabile agli sciamani di Castaneda. Da tutti emana un fascino che, a ben guardare, è lo stesso di tanti “eroi del nostro tempo”: il divo del rock o del cinema, la modella di una pubblicità di moda…
Fascino, inquietudine, turbamento: questo è il modo di agire di un archetipo. Quello dell’androgino ci svela una verità intima e profonda: l’elusività della sessualità umana.

Elémire Zolla è saggista tra i più eclettici del panorama culturale italiano. Studioso di dottrine esoteriche e della tradizione mistica, ha pubblicato numerose opere. Un omaggio a Elémire Zolla e alle sue vastissime ricerche è il volume La religione della Terra, che raccoglie contributi di filosofi, etnologi, storici da tutto il mondo: a cura di Grazia Marchiano, è pubblicato da red edizioni.

Evento Pasquale – Trinità e Storia

Evento Pasquale – Trinità e Storia

Genesi, significato e interpretazione di una prospettiva emergente nella teologia contemporanea. Verso un progetto di ontologia trinitaria

Autore/i: Coda Piero

Editore: Città Nuova Editrice

unica edizione, prefazione di Carmelo Nigro, premessa e introduzione dell’autore.

pp. 216, Roma

La riflessione teologica – ancor prima la vita stessa di fede – ha bisogno di unità, di semplificazione, di «concentrazione», se non vuole perdersi nel frammentarismo dispersivo e inconcludente. Essa deve aprirsi perciò alla ricchezza della diversità. Il volume di Piero Coda si presenta come un tentativo di risposta a questa esigenza di «concentrazione» della fede nel luogo culturale contemporaneo.
Il tema non è infatti una periferica quaestio disputata, ma una rinnovata prospettiva ermeneutica sull’intero mistero cristiano, che viene scoperta e disegnata nel nesso dinamico e vitale tra mistero pasquale e mistero trinitario, visto come il centro propulsore della storia di Dio con gli uomini. L’emergere teologico di questa prospettiva, esaminato nelle diverse confessioni cristiane, risponde in particolare all’esigenza urgente di «proiettare una luce nuova» sull’orizzonte complesso del mistero cristiano – come ha auspicato di recente la Commissione Teologica Internazionale. Solo cosi l’umanità contemporanea, sulla quale sembra incombere una «notte oscura epocale e collettiva» (Giovanni Paolo II), di cui l’autore ricostruisce con originalità la genesi e il significato, ritrovato il centro della fede, si potrà aprire ad accogliere in modo nuovo e più pieno la vita di Dio-Trinità fra gli uomini (cap. 1).
Il centro di una fede-vita parlante all’uomo contemporaneo è sempre più, per la teologia contemporanea – secondo l’autore -, il Cristo crocifisso e abbandonato che rivela e dona agli uomini, nel suo Spirito, Dio come Amore trinitario. Da qui nasce l’impegno ad elaborare oggi – grazie a una rinnovata analogia amoris, disegnata sul tronco della tradizione teologica cattolica in dialogo col moderno pensiero dialettico, come via atta a dischiudere le profondità di Dio e dell’uomo rivelate nell’evento pasquale (cap. 2) – un’ontologia fondamentale dell’amore come senso risolutivo dell’essere. Alla luce di una tale ontologia trinitaria, l’uomo-persona può essere pensato (e vissuto) come pericoresi, analogamente a quanto è delle Persone divine, cioè come dono reciproco – accolto e offerto in una sempre nuova e sempre aperta unità-nella-distinzione-di-sé a Dio e ai fratelli, in un cammino di crescente comunione (cap. 3).

Piero Coda è nato a Torino nel 1955. Laureato in filosofia presso l’Università della medesima città con uno studio sull’originalità dell’ontologia esistenziale di Jacques Maritain (cf. i saggi Percezione intellettuale dell’essere e percezione confusa di Dio e Croce e ontologia), sta attualmente completando gli studi di teologia con una ricerca sulle radici teologiche della filosofia hegeliana, presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, dov’è anche Assistente di Teologia fondamentale. Ha pubblicato vari saggi teologici sulla rivista «Nuova Umanità» (Un nuovo capitolo nella storia della teologia?; Creazione Croce Trinità; Analogia del Cristo e dello Spirito; Analogia Trinitatis), e collaborato al «Corso di teologia per laici» pubblicato dall’Editrice Città Nuova. Sacerdote dal 1982, unisce all’attività di studio e alla collaborazione al Centro Sacerdotale del Movimento dei Focolari l’impegno pastorale nella diocesi di Frascati.

Il Regno Sacro – Alla Ricerca del Vero Re Artù

Il Regno Sacro – Alla Ricerca del Vero Re Artù

Titolo originale: The Holy Kingdom

Autore/i: Gilbert Adrian G.; Wilson Alan; Blackett Baram

Editore: Edizioni Corbaccio

prologo degli autori, traduzione dall’inglese di Elisa Frontori.

pp. 448, illustrazioni b/n, numerose tavole a colori e b/n f.t., Milano

La Britannia non fu mai interamente conquistata dai romani, ma conservò la propria cultura e interagì con Roma legando le sue famiglie reali a quelle dei Cesari attraverso una politica di matrimoni. Con l’arrivo di Giuseppe d’Arimatea in Britannia, i suoi re si convertirono al cristianesimo e nell’isola prese forma un movimento di resistenza che per più di un secolo respinse le forze responsabili del crollo europeo nel Medioevo. Un periodo in cui si distinsero due re britanni, entrambi di nome Arturo, la cui vita e le cui imprese elaborate dai poeti medioevali si fusero in quella che divenne la figura leggendaria di re Artù. Avanzando una tesi audace, basata su quarant’anni di ricerche e su antichi documenti storici, e sfidando le molte convinzioni perpetuate da una Chiesa che ha perso i legami con le sue radici molto tempo fa, gli autori rivelano l’ubicazione delle tombe di entrambi gli Artù, il luogo dove è nascosta la vera croce di Cristo, e l’esistenza di una corrente storica segreta che collega i nostri giorni ai misteri di Artù e del Sacro Graal.

Adrian Gilbert è autore e coautore di numerosi libri. Corbaccio ha già pubblicato I re pellegrini, Il mistero di Orione e Le profezie dei Maya, gli ultimi due anche in edizione Mandala.

Alan Wilson e Baram Blackett studiano i fondamenti storici della leggenda arturiana da più di quarant’anni e hanno pubblicato diversi libri sull’argomento.

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Prologo

  1. Il re che fù e che sarà
  2. Il patrimonio segreto del Galles
  3. Il cartulario di Llandaff
  4. Le stele perdute dei re eroi
  5. Comincia la ricerca
  6. L’invasione della Britannia
  7. I romani in Britannia
  8. Il piccolo monastero reale dei cristiani
  9. La croce di Cristo
  10. Il regno pirata e la successione di Costantino
  11. L’imbroglio di Glastonbury
  12. Alla ricerca di Artù I
  13. La chiesa sul monte
  14. Artù II, sovrano di Glamorgan
  15. L’arrivo del re d’Africa
  16. La città perduta
  17. Morte d’Arthur
  18. La dinastia del Sacro Graal

Epilogo

  • Appendice 1: La stele di Bruto
  • Appendice 2: Sommario dei ritrovamenti degli scavi del 1990 nella chiesa di St.Peter’s-super-Montem
  • Appendice 3: Il grande porto di pietra e le dighe gallesi
  • Appendice 4: Gli antenati di Owain, figlio di Hywell Dda, principe di Dyfed

Glossario
Bibliografia scelta
Elenco delle illustrazioni
Ringraziamenti
Indice dei nomi

La Pedagogia Francescana

La Pedagogia Francescana

Autore/i: Bettoni Efrem

Editore: Armando Armando Editore

avvertenza dell’autore, collana: I problemi della pedagogia.

pp. 192, Roma

Sommario:

Avvertenza
Introduzione
Concretezza e umanità della pedagogia francescana

Capitolo Primo
I presupposti sistematici della pedagogia francescana

Paragrafo I: Il posto dell’uomo nell’universo. Paragrafo II: La prerogativa dell’uomo è la libertà. Paragrafo III: Il momento dell’intelletto e il momento della volontà nell’educazione

Capitolo Secondo
L’insufficienza della filosofia: scienza e sapienza

Paragrafo I: I limiti dell’indagine razionale. Paragrafo II: Il primato della teologia in R. Bacone e in Duns Scoto. Paragrafo III : «Scientia» e «Sapientia»

Capitolo Terzo
De reductione omnium artium ad theologiam

Paragrafo I: L’insegnamento di San Bonaventura. Paragrafo II: Le scienze al servizio della teologia nel pensiero
di R. Bacone

Capitolo Quarto
Il maestro divino e il maestro umano

Paragrafo I: Efficacia e limiti dell’illuminazione divina. Paragrafo II: L’importanza del maestro umano. Paragrafo III: Come si esplica l’insegnamento

Capitolo Quinto
L’anima dell’educazione è l’amore

Paragrafo I: La lezione di San Francesco, Paragrafo II: L’ideale francescano dell’educatore. Paragrafo III: Coerenza sistematica

Conclusione

Nota bibliografica: Fonti. Studi

Indice dei nomi

Gli Aborigeni Australiani

Gli Aborigeni Australiani

Titolo originale: The Australian Aborigines

Autore/i: Elkin A. P.

Editore: Giulio Einaudi Editore

prefazione di Vinigi Grottanelli, prefazioni dell’autore, traduzione di Vinigi L. Grottanelli ed Ernesta Cerulli, collana: Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici.

pp. XXVII-362, 15 tavole b/n f.t., Torino

La fortuna dell’opera di A. P. Elkin, giunta alla sua terza edizione in lingua inglese, è da ricercarsi non soltanto nel suo valore scientifico ma nella lucida descrizione di una società umana la cui civiltà, lontanissima dalla nostra, si è trovata all’improvviso a contatto con la colonizzazione europea e di questa è venuta lentamente assorbendo elementi e forme, pur restando nella sostanza la stessa. Appunto del modus vivendi tradizionale degli aborigeni australiani Fautore ha ricostruito uno schema, suggestivo non soltanto agli occhi degli etnologi ma che offre anche ai non specialisti la visione di un mondo sconosciuto ai più e ricco di fascino: dalla vita nomade dei cacciatori e raccoglitori della steppa, con i loro metodi tecnicamente «primitivi» ma che denotano una profonda conoscenza della natura che li circonda, alle grandi cerimonie iniziatiche, celebrate collegialmente con riti e danze che si tramandano ininterrottamente dalla grande epoca degli eroi mitici, tutta la storia degli aborigeni australiani è delineata in una prosa scarna, efficacemente mantenuta nell’accurata traduzione italiana.
Pagine piene di interesse narrano le origini mitiche degli usi e costumi attuali che sono una ripetizione di quanto avveniva nella «eterna epoca del sogno», nella quale personaggi eroici dai caratteri soprannaturali vissero sul continente australiano dando origine all’umanità attuale, nella quale ininterrottamente tornano a reincarnarsi. I «ritratti» di questi esseri mitici, più o meno schematicamente dipinti entro caverne, vengono «rinfrescati» ogni anno, nel corso di cerimonie per assicurare la riproduzione delle specie animali e vegetali.
Una nota sulle arti, la musica e la danza e una felice scelta di poesie, nelle quali animali c firmamento c oceano sono sentiti come partecipi della natura e delle qualità umane, completano il libro. Questo si chiude con un monito, rivolto particolarmente a quei funzionari coloniali che sono maggiormente a contatto con gli indigeni, perché sappiano comprenderne la mentalità e non operino forzature inopportune, specie in quei settori ove l’indigeno è rimasto più tradizionalista, preservando quasi inalterati atti e costumi della «eterna epoca del sogno».

A. P. Elkin ha studiato a Sydney e a Londra. Dal 1927, per conto del Consiglio australiano delle Ricerche, conduce indagini tra le popolazioni aborigene di quel continente e in Nuova Guinea. Professore di antropologia nell’Università di Sydney tra il dicembre 1932 e il maggio 1956, è ivi ora professore emerito.
Dirige la rivista «Oceania» dal 1933. Tra le sue opere, oltre quella qui tradotta, ricordiamo: Aboriginal Men of High Degree, Social  Anthropology in Melanesia, Citizenship for the Aborigines in Melanesia, Totemism. The White Australia Policy, etc.

La Mente Immutabile – Scritti di un Maestro Zen a un Maestro di Spada

La Mente Immutabile – Scritti di un Maestro Zen a un Maestro di Spada

Titolo originale: The Unfettered Mind

Autore/i: Takuan Sōhō

Editore: Luni Editrice

a cura di William Scott Wilson, traduzione dall’inglese di Paola Gonnella.

pp. 128, Milano

Takuan Sōhō fu un monaco zen di altissimo lignaggio.
Perché un monaco buddhista, che ha assunto come uno degli impegni fondamentali della propria esistenza quello di non uccidere, scrive un testo sulla Via della Spada, dedicandolo a un Maestro in questa stessa Via, il suo intimo amico Yagyu Munenori?
È uno di quei casi in cui, nel quadro di una cultura tradizionale, un’arte o una pratica, un mestiere, sono, nel loro stesso svolgersi, simbolici di un insegnamento metafisico.
La morte non è soltanto quell’episodio certo e inevitabile che tutti ci attende come fine del nostro peregrinare su questa terra, e come tale impersonale e rimandato a data da destinarsi. È un nemico che ci sfida in ogni istante della nostra vita e che ci sconfigge – ne siamo consci o meno – ogni volta che siamo disattenti, ogni volta che ci lasciamo sfuggire la vita tra le dita per investire tutti noi stessi, fino al limite delle forze, in ciò che dobbiamo fare.

Questo è il punto di contatto tra lo Zen e la Spada.
Takuan utilizzò una frase che è diventata proverbiale tra i samurai: «Lo Zen e la Spada sono la stessa Via».
Ogni istante della vita quotidiana di ognuno è in realtà un duello con un nemico mortale e implacabile, che non consente esitazioni. E, viceversa, ogni duello di samurai dev’essere combattuto senz’odio né rabbia, nella calma: la mente non deve bloccarsi, non deve lasciarsi catturare dai pensieri o dalle sensazioni che cose e avvenimenti suscitano in noi.
Tra pensiero e azione non dev’esserci spazio neppure per il passaggio di un capello. Questo è l’insegnamento di Takuan, e, forse, di tutto lo Zen. Se pensiero e atto sono tutt’uno, il risultato non sarà mai la morte – neanche in un duello tra samurai – ma la vita e l’Illuminazione.
Vittoria e sconfitta, orgoglio e paura, sono soltanto sogni.
Forse questo volle affermare Takuan un’ultima volta, quando tracciò sulla carta l’ideogramma «yume» («sogno»), poi ripose il pennello e morì.

Takuan Sōhō (1573-1645) fu un monaco giapponese, una delle figure più rilevanti del buddhismo zen della setta Rinzai. Nato in una famiglia di agricoltori, entrò nell’ordine dei monaci zen all’età di 12 anni. Divenuto abate nel 1638, intimo amico del nuovo shogun Iemitsu Tokugawa, del quale guadagnò stima e protezione, fondò a Edo il tempio Tōkaiji. L’opera più importante di Takuan è quella tradotta per le nostre edizioni, e La mente immutabile è dedicata all’arte della spada, intesa come arte marziale e cammino spirituale. Secondo la leggenda, fu maestro del più celebre samurai del Giappone, Miyamoto Musashi; fu anche calligrafo, pittore e maestro della cerimonia del the.

Il Lume Eterno – Un’Opera Rarissima l’Ultima del Grande Alchimista

Il Lume Eterno – Un’Opera Rarissima l’Ultima del Grande Alchimista

Titolo originale: Dissertation sur une lampe antique trouvée a Münich en l’annèe 1753

Autore/i: De’ Sangro Raimondo Maria

Editore: Bastogi Editrice Italiana

introduzione di Gian Carlo Lacerenza, traduzione dall’originale francese di Elita Serrao, collana: Biblioteca massonica.

pp. 104, illustrazione b/n, Foggia

Raimondo Maria De’ Sangro (1710-1771), Principe di San Severo, Grande di Spagna e Gentiluomo di Camera presso la corte di Carlo di Borbone, fu il primo Gran Maestro regolare della Massoneria napoletana e unificò le Logge sotto un unico indirizzo scozzese dividendone le attività in quattro settori che andavano dall’evocazione eonica all’alchimia.
Colpito dalla scomunica papale, rinunziò al gran mae¬strato, dedicandosi agli studi e alla ricerca ermetica. Morì intossicato dai suoi stessi composti chimici in circostanze misteriose.

L’Esperienza Interiore – Note sulla Contemplazione

L’Esperienza Interiore – Note sulla Contemplazione

Titolo originale: The Inner Experience

Autore/i: Merton Thomas

Editore: Edizioni San Paolo

cura e introduzione di William H. Shannon, traduzione di Paolo Pellizzari.

pp. 328, Cinisello Balsamo

«Come mi sbagliavo nel considerare la contemplazione solo parte della vita!… Per un contemplativo tutta la sua vita è contemplazione» (Thomas Merton)

L’esperienza interiore è la prima edizione completa e autorizzata dell’ultimo lavoro di Thomas Merton. Si tratta di un manoscritto che egli aveva sempre avuto l’intenzione di rivedere, ma che non riprese mai in mano fino al 1968 quando integrò nel testo brevi ma importanti «correzioni e aggiunte». Attingendo alla sua esperienza cristiana, ma anche agli scritti e tradizioni orientali che influenzarono in modo così significativo i suoi scritti nell’ultimo decennio della sua vita, Merton presenta la contemplazione in tutta la sua ampiezza; e mette in luce come la contemplazione non sia semplicemente una parte della vita, ma la vita nella sua interezza.

Questo, che è l’ultimo suo grande lavoro a essere pubblicato, ci presenta un Merton degno di essere annoverato fra i grandi maestri di spirito e carico di umanità.

Storia Economica del Mondo Antico

Storia Economica del Mondo Antico

Titolo originale: An Ancient Economic History

Autore/i: Heichelheim Fritz M.

Editore: Editori Laterza

introduzione di Mario Mazza, prefazioni e introduzione dell’autore, traduzione di Sergio Sciacca.

pp. LXXIII-1256, Bari

Dall’introduzione dell’autore
“L’età in cui viviamo rivela chiaramente quanto sia aleatoria la posizione anche delle classi ritenute più stabili di ogni nazione civilizzata, dall’Asia orientale alle Americhe, dalla Russia all’Australia, e in quale misura dipendano tutte da condizioni economiche di cui non sono responsabili e che difficilmente possono essere modificate dall’iniziativa individuale. Le intricate linee della storia mondiale non corrispondono alla capricciosa natura dei singoli individui; al contrario, di solito si svolgono secondo regole precise, tendendo verso un fine ultimo universale determinato dalla sua stessa genesi storica e dalle particolari tendenze dell’epoca. Lo storico contemporaneo che si renda conto di questa realtà non può esser più soltanto uno specialista: deve bensì affrontare la sfida di un importante compito sociale.
Di conseguenza una trattazione della storia dell’economia antica non può limitarsi soltanto ad elencare criticamente il materiale documentario, anche se è inconcepibile una ricerca scientifica che non sia basata su fonti di informazione sicure e attentamente esaminate. A quanti ritengono importante il tentativo di trovare una causa delle traversie della nostra esistenza, questo libro offre dunque la possibilità di riflettere sulla posizione che occupiamo nella storia mondiale. A ciò contribuiranno i materiali raccolti e l’importanza annessa a determinati fattori. Nel XX secolo molti stanno combattendo, su diversi fronti, una battaglia la cui posta è la sopravvivenza della nostra civiltà, che minaccia di decadere e crollare. C’è da sperare che il presente libro possa essere di qualche utilità per quegli «intellettuali militanti» che intendono dedicare il loro lavoro alla difesa di qualcuno dei cardini basilari della civiltà occidentale.[…]”

Storia del Mondo Antico

Storia del Mondo Antico

Titolo originale: A History of the Ancient World

Autore/i: Rostovtzeff Mihail Ivanovič

Editore: Sansoni Editore

introduzione di Arnaldo Momigliano, nota dell’editore, prefazioni dell’autore, traduzione di M. L. Paradisi, collana: Superbiblioteca Sansoni.

pp. XLI-852, numerose tavole b/n f.t., numerose cartine ripiegate b/n f.t., Firenze

A 47 anni nel 1918 Michele Rostovtzeff (1870-1952) lasciava la Russia. Anche se la Università di Oxford gli offriva tosto un rifugio provvisorio, i primi anni dell’esilio erano per lui, come per quasi tutti gli esuli, un periodo di incertezza, sofferenza, difficile riorientamento. A considerare definitivo il distacco dalla patria non poteva rassegnarsi che dopo anni (circa 1918-1922) di vane attività negli ambienti dei fuorusciti. Solo intorno al 1923 Rostovtzeff giunge a un nuovo equilibrio. Appunto nel 1923 egli presenta nel Musée Beige le linee maestre di quella che sarà la sua interpretazione della caduta dell’impero romano nella Storia Sociale ed Economico dell’Impero Romano del 1926. Siffatta interpretazione, secondo cui, come è noto, un esercito «rosso» di contadini distrusse la civiltà urbana dell’impero, era generalizzata sino al punto di rappresentare un interrogativo per ogni civiltà. Rostovtzeff si domandava se mai una civiltà avrebbe potuto resistere all’urto delle masse. Ma la domanda non sarebbe stata fatta se l’autore non avesse sentito una ammirazione illuministica, ingenua e calda, per la civiltà dell’impero romano – e implicitamente, dunque, per la civiltà borghese del sec. XX che le era considerata simile. Se la pagina finale della Storia Sociale era pessimistica, essa conchiudeva una descrizione dell’impero in cui per centinaia di pagine Rostovtzeff aveva insistito sulla varietà, ricchezza e attraenza della vita urbana nell’impero. Quali che fossero le ombre del futuro, una civiltà a cui valesse la pena di collaborare era esistita nell’Europa dei primi due secoli dell’impero; esisteva di nuovo, esisteva ancora e tanto più, nell’Europa occidentale e nell’America del ventesimo secolo…
Proprio mentre si conchiudeva il periodo di transizione tra l’Europa e l’America, negli anni di riassestamento dell’esule nel nuovo mondo, Rostovtzeff stendeva la Storia del Mondo Antico. La stendeva significativamente ancora in russo – l’ultima sua grossa opera nella lingua materna – e la pubblicava dapprima, nel 1924, a Berlino, dove aveva uno dei suoi centri l’emigrazione anti-bolscevica.
L’opera fu tradotta in inglese da J.D. Duff (Oxford, 1926-27, in due volumi), poi in bulgaro, tedesco e olandese: alla versione inglese deve la sua fortuna. In verità, se il testo era russo, esso rappresentava la materia di insegnamento di uno dei corsi nella Università di Wisconsin, e poi a Yale, e quindi era anche estrinsecamente legato alla nuova condizione di Rostovtzeff… E sorprendente quanto informativo, anche nel senso più banale della parola, rimanga il testo di Rostovtzeff. Lo notavo soprattutto rileggendo i capitoli dedicati a Roma arcaica che pure ora, nel mezzo dei nuovi scavi e della nuova controversia sulle origini di Roma, continuano a dire l’essenziale. A parte ogni altra considerazione, è stato Rostovtzeff a introdurre quel tipo di storia sociale ed economica largamente fondato su materiale archeologico che ancora oggi prevale.
(dall’Introduzione di A. Momigliano)

Fra Oriente e Occidente – Ricerche di Storia Greca e Arcaica

Fra Oriente e Occidente – Ricerche di Storia Greca e Arcaica

Autore/i: Mazzarino Santo

Editore: Rizzoli

introduzione di Filippo Cassola, premessa dell’autore, in copertina: Sfinge votiva (530 a.C. ca.), Atene, Museo dell’Acropoli.

pp. XIX-476, Milano

In quale misura la civiltà greca affonda le sue radici nelle antiche culture e imperi dell’Asia? È questo il multiforme problema che Santo Mazzarino ha affrontato in Fra Oriente e Occidente, risalendo alle origini di un tema che sottende tutta la nostra storia: il rapporto fra Oriente e Occidente, di cui la guerra di Troia e le Termopili costituiscono solo gli episodi più noti.
Nella brillante ed erudita esposizione di uno dei massimi studiosi dell’antichità, ritroviamo il fascino di un tempo lontano e difficilmente decifrabile: l’aurora della grecità e della polis, l’epoca in cui si afferma faticosamente la costituzione come principio legislativo, mentre l’invenzione dell’alfabeto si diffonde lungo le vie del commercio.
A poco più di quarant’anni dalla prima edizione di Fra Oriente e Occidente, sono numerose le pagine che mantengono intatta la loro straordinaria vitalità: per esempio, la serrata polemica – ancora attuale – contro l’opinione che il termine e il concetto di «tirannide» vengano ai greci dalla Lidia; la vera e propria scoperta di una grecità «barbarizzata» e periferica, ma non per questo meno importante; l’intuizione dell’esistenza di colonie greche in Tunisia, Arabia e Andalusia; e i memorabili capitoli dedicati all’origine e al significato delle parole «Asia» e «Ioni» e all’evoluzione del rapporto Europa-Asia dalle antiche invasioni dell’età del bronzo allo scontro con l’impero persiano.
Muovendosi con documentato acume in una sottile rete di indizi, utilizzando le suggestioni dei poemi epici e le indicazioni della filologia, attingendo alle testimonianze archeologiche e artistiche, rileggendo la memoria dei miti, Santo Mazzarino ricostruisce meticolosamente lo scontro e l’incontro tra i due mondi diversi, che sembrano assumere a tratti il carattere di una più vasta comunità culturale per poi rivelare inconciliabili specificità e differenze. Fino a cogliere – nella scoperta dell’esigenza isonomica da parte delle città-stato – la nascita dell’Occidente e insieme la realtà più profonda dell’anima greca.

Santo Mazzarino, nato a Catania nel 1916, si laureò giovanissimo e divenne ben presto professore ordinario di Storia greca e romana all’Università di Catania e, in seguito, di Storia romana all’Università La Sapienza di Roma. Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, ha ottenuto numerosi altri riconoscimenti in Italia e all’estero per la sua originale opera di studioso. È morto a Roma nel 1987. Tra i suoi libri ricordiamo L’impero romano (1956) e il monumentale Pensiero storico classico (3 voll., 1966). Rizzoli sta riproponendo all’attenzione dei lettori alcune delle opere più significative di Santo Mazzarino: dopo La fine del mondo antico (1959, 1988) e Fra Oriente e Occidente, verranno prossimamente ripubblicati Stilicone (1942), Dalla monarchia allo stato repubblicano (1945), Introduzione alle guerre puniche (1948), Aspetti sociali del IV secolo (1951).

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Introduzione
Premessa

  • I. Per la storia e l’impostazione del problema
  • II. La storia di un nome
  • III. Yauna
  • IV. Mermnadi ed Eraclidi
  • V. Cittadini e vassalli
  • VI Commerci fenici e colonie greche
  • VII. L’altra via fra Oriente e Occidente
  • VIII. Conclusione

Appendici
Note
Addendum

Indici

  1. Indice delle fonti
  2. Indice analitico
  3. Autori moderni citati

L’Uomo alla Soglia – Crisi Biografiche e Possibilità di Sviluppo

L’Uomo alla Soglia – Crisi Biografiche e Possibilità di Sviluppo

Titolo originale: Mens op de Drempel

Autore/i: Lievegoed Bernard

Editore: Natura e Cultura Editrice

prima edizione, introduzione dell’autore.

pp. 288, Alassio (SV)

I saldi confini, entro i quali la nostra coscienza si è sviluppata fin dall’inizio dei tempi nuovi, cominciano a sciogliersi sempre di più. Soprattutto il confine della propria interiorità, che divide i profondi e scorrenti processi tra il corpo e l’anima, sono diventati permeabili. Sconosciute, costrittive forze si insinuano nella nostra coscienza, causando angoscia o depressione e disturbano l’uomo nello sviluppo della sua libera individualità. Questo libro vuole favorire la formazione antroposofica dell’uomo, gettare una luce in quegli ambiti ai quali non ha accesso la nostra comune coscienza. “L’autentica origine della nostra miseria o desolazione non giace al di fuori di noi stessi, ma in noi stessi; noi ci avviciniamo all’incontro con quella forza della nostra interiorità, che ci guida: – uomo, conosci te stesso. Ho il coraggio di vedere come tu sei!” (B.C.J. Lievegoed)

Bernard Lievegoed è nato nel 1905 a Sumatra (ex colonia olandese), ha studiato medicina, specializzandosi in psichiatria. Nel 1931 ha fondato l’istituto per l’insegnamento della pedagogia differenziale, del quale fu direttore fino al 1951. Nel 1954 ha fondato l’NPI (istituto pedagogico olandese) a Zeist e nel 1971 la Libera Università a Driebergen (sempre in Olanda). L’Associazione degli editori olandesi gli ha conferito nel 1983 “La penna d’oro”. È conosciuto in Germania per aver pubblicato in quel paese: “Crisi di sviluppo e possibilità di vita”. Questo libro ha riscosso un largo successo”.