Libri dalla categoria Botanica
La Battaglia
Autore/i: Rambaud Patrick
Editore: Bompiani
terza edizione, traduzione di Egi Volterrani, in sovraccoperta: Edouard Detaille, Il generale Lassalle (part.).
pp. 226, Milano
“Ho deciso di iniziarvi a tutti gli orrori e a tutte le meraviglie di un campo di battaglia; la mia battaglia è Essling”.
Balzac sembra lavorare a lungo a questo romanzo: visita i luoghi degli eventi, incontra testimoni, prende appunti. Lo annuncia in una lunga lettera a Madame Hanska ma, preso da mille progetti, non scriverà mai il libro che lo ossessiona.
Perchè Balzac voleva raccontare Essling e non Marengo o Aboukir, Austerlitz o Wagram? Perchè voleva condurci alle porte di Vienna nel 1809, in compagnia di Napoleone? Perchè queste due giornate feroci in cui nessuno ha voglia di combattere, che lasciano quarantamila cadaveri nei campi di grano? Per capirlo non vedevo che una soluzione: varcare a mia volta il Danubio, cavalcare con Lannes e Masséna, rischiare i colpi di cannone austriaci. All’inizio è stata una domanda, poi una curiosità, alla fine una necessità. A cavallo! (Patrick Rambaud)
Patrick Rambaud è uno dei fondatori nel 1970, della rivista “Actuel”. Fra parodie, romanzi e opere collettive ha scritto una trentina di libri. Nel 1997, con questo romanzo, ha vinto il Premio Goncourt.
° Vienna nel 1809
° Cosa sognano i soldati
° Prima giornata
° Prima notte
° Seconda giornata
° Seconda notte
° Dopo l’ecatombe
Notizie storiche
Notizie bibliografiche
De profundis!
Nota del traduttore
L’Esoterismo Cristiano e San Bernardo
Autore/i: Guénon René
Editore: Arktos – Giovanni Oggero Editore
introduzione, traduzione e cura di Calogero Cammarata.
pp. 168, nn. illustrazioni b/n, Carmagnola
«Gli articoli riuniti nel presente volume sono dedicati, prevalentemente, a delle organizzazioni che René Guénon considerava essere state, nel Medioevo, le detentrici dell’insegnamento e dei metodi dell’esoterismo cristiano: l’Ordine del Tempio, i Fedeli d’Amore e la Cavalleria del Santo Graal. Tali articoli, pertanto, costituiscono un complemento de “L’Esoterismo di Dante” e de “Il Re del Mondo”. Abbiamo aggiunto, all’inizio, altri due articoli: “A proposito delle lingue sacre” e “Cristianesimo e iniziazione”; il primo, che mette in luce l’importanza della lingua ebraica in seno al Cristianesimo, indica forse la più importante via di ricerca per lo studio approfondito delle scienze tradizionali e dei metodi dell’esoterismo cristiano; il secondo tratta della struttura stessa del Cristianesimo, sotto il duplice aspetto religioso ed iniziatico.» (Dalla prefazione all’edizione francese di “Aperçus sur l’ésoterisme chrétien”, di Jean Reyor, alias Marcel Clavelle).
La prima edizione francese (Éditions Traditionnelles) della presente raccolta di articoli di René Guénon è apparsa nel 1954; successivamente sono state curate altre due edizioni, senza alcuna modifica rispetto alla prima, apparse nel 1969 e nel 1973. Alla presente edizione italiana è stato aggiunto un articolo, Cristo Sacerdote e Re, scritto da René Guénon per la rivista cattolica Le Christ-Roi (Paray-le-Monial), e pubblicato per la prima volta in italiano nel numero 25° della Rivista di Studi Tradizionali (Torino), dell’ottobre-dicembre 1967. In appendice alla presente edizione è stato posto il breve studio su San Bernardo, che in Francia viene pubblicato in un opuscolo a parte (Éditions Traditionnelles, 1984). Per la traduzione sono state utilizzate le pubblicazioni sopra indicate.
Tratto dal capitolo II. – Cristianesimo e iniziazione:
«Non era nostra intenzione ritornare in questa sede su argomenti riferentisi al carattere specifico del Cristianesimo, perché ritenevamo che ciò che ne avevamo detto in diverse occasioni, sia pure più o meno incidentalmente, fosse per lo meno sufficiente affinché non sorgessero equivoci in proposito. Sfortunatamente, abbiamo dovuto constatare in questi ultimi tempi che le cose non stavano così e che, al contrario, si erano a tal riguardo prodotte negli animi di un numero abbastanza grande di lettori confusioni piuttosto preoccupanti; questo ci ha indicato la necessità di fornire nuovamente alcune precisazioni su taluni punti. è però con un certo rammarico che abbiamo preso questa decisione, giacché dobbiamo confessare di non aver mai provato nessuna inclinazione a trattare questo particolare argomento, e ciò per numerose e diverse ragioni, la prima delle quali è l’oscurità pressoché impenetrabile che circonda tutto quel che si riferisce alle origini e ai primi tempi del Cristianesimo; un’oscurità così fitta che, a ben riflettervi, essa non sembra poter essere semplicemente accidentale, ma piuttosto espressamente voluta; questa osservazione sarà d’altronde da ricordare in rapporto con quel che avremo da dire in seguito. […]
Nonostante tutte le difficoltà che provoca un simile stato di cose, vi è tuttavia almeno un punto che sembra non poter essere messo in dubbio, e del resto esso non è stato contestato da nessuno di coloro che ci hanno fatto pervenire le loro osservazioni; da tale punto però, proprio al contrario, certuni hanno preso lo spunto per formulare talune delle loro obiezioni: questo punto è che, lungi dall’essere soltanto la religione o la tradizione exoterica conosciuta attualmente sotto questo nome, il Cristianesimo aveva alle sue origini, come mostrano sia i suoi riti sia la sua dottrina, un carattere essenzialmente esoterico, e di conseguenza iniziatico. Una conferma di ciò si può trovare nel fatto che la tradizione islamica considera che il Cristianesimo primitivo sia stato propriamente una tarîqah, vale a dire tutto sommato una via iniziatica, e non una skariyah, o legislazione di ordine sociale e diretta a tutti; e questo è talmente vero che, in seguito, si dovette supplire a questo fatto con la costituzione di un diritto “canonico” che in realtà non fu se non un adattamento dell’antico diritto romano, perciò qualcosa che proveniva totalmente dall’esterno e non affatto uno sviluppo di quanto fosse contenuto fin dall’inizio nello stesso Cristianesimo. è del resto evidente che nel Vangelo non si trova nessuna prescrizione che si possa considerare di carattere veramente legale nel senso proprio della parola; l’espressione: “Date a Cesare quel che è di Cesare…” ci sembra particolarmente significativa in proposito, perché essa implica formalmente, per tutto quel che è di ordine esteriore, l’accettazione di una legislazione totalmente estranea alla tradizione cristiana, legislazione che è semplicemente quella che esisteva di fatto nell’ambiente in cui quest’ultima ebbe origine, a causa del fatto che tale ambiente era in quel momento incorporato nell’Impero romano. Sicuramente questa sarebbe stata una lacuna fra le più gravi se il Cristianesimo fosse stato allora quel che esso divenne più tardi; l’esistenza stessa di una simile lacuna non solo sarebbe inesplicabile, ma veramente inconcepibile per una tradizione ortodossa e regolare se tale tradizione avesse dovuto realmente comportare un exoterismo insieme a un esoterismo, e se essa avesse dovuto, per così dire, applicarsi prima di tutto alla sfera exoterica; per converso, se il Cristianesimo era invece contraddistinto dal carattere che diciamo, la cosa si spiega facilmente, perché non si tratta più affatto di una lacuna, bensì di un’intenzionale astensione dall’intervenire in un campo che, per definizione, in tali condizioni non poteva riguardarlo.
Perché questo sia stato possibile, occorre che la Chiesa cristiana, nei primi tempi, avesse costituito un’organizzazione chiusa o riservata, nella quale non tutti fossero indistintamente ammessi, ma vi avessero accesso solo coloro che possedevano le qualificazioni necessarie per ricevere in modo valido l’iniziazione sotto la forma che può esser detta “cristica”; senza dubbio si potrebbero trovare molti altri indizi a indicare come le cose stessero realmente così, ma essi nella nostra epoca sono generalmente incompresi, e troppo spesso si cerca persino, a causa della moderna tendenza a negare l’esoterismo, di distrarli in modo più o meno cosciente dal loro vero significato. Tale Chiesa era tutto sommato paragonabile, sotto questo riguardo, al Sangha buddhistico, nel quale pure l’ammissione rivestiva il carattere di una vera e propria iniziazione; si è abituati a considerare tale Sangha come un “ordine monastico”, e la cosa è giusta, ma solo nel senso che le sue particolari regole non erano fatte, così come accade per quelle di un ordine monastico nel senso cristiano del termine, per essere estese a tutto l’insieme della società all’interno della quale tale organizzazione si sia costituita. Il caso del Cristianesimo, da questo punto di vista, non è perciò unico fra quelli delle diverse forme tradizionali conosciute, e tale constatazione ci sembra avere un carattere capace di mitigare lo stupore che qualcuno potrebbe provare al proposito; più difficile è forse spiegare il fatto che esso abbia in seguito mutato il suo carattere nel modo così completo quanto ci mostra tutto quel che vediamo intorno a noi, sennonché non è ancora questo il momento per esaminare quest’altro problema.
Vediamo ora qual è l’obiezione che ci è stata rivolta, e alla quale facevamo allusione poco fa: dal momento che i riti cristiani, e in particolare i sacramenti, hanno posseduto un carattere iniziatico, come può essere che abbiano potuto perderlo e diventare semplici riti exoterici? Ciò è impossibile e perfino contraddittorio, ci si fa presente, in quanto il carattere iniziatico è permanente e immutabile e non può essere mai cancellato, di modo che ci sarebbe soltanto da constatare che, a motivo delle circostanze e del reclutamento di una gran maggioranza di individui non qualificati, quella che originariamente era un’iniziazione effettiva si è ridotta ad avere soltanto più il valore di un’iniziazione virtuale. Questo modo di considerare la questione contiene un errore che per noi è del tutto evidente: è infatti ben vero che l’iniziazione, come abbiamo spiegato a più riprese, conferisce a coloro che la ricevono un carattere acquisito una volta per tutte e veramente incancellabile; ma la nozione della permanenza del carattere iniziatico si applica agli esseri umani che la posseggono, e non a dei riti o all’azione dell’influenza spirituale alla quale questi ultimi sono destinati a servire come veicolo; il volerla trasporre dall’uno all’altro di questi casi è assolutamente ingiustificato, anzi, si può addirittura dire che così facendo le si attribuisca un significato del tutto differente, e noi siamo sicuri di non aver mai detto nulla che possa dar luogo a una simile confusione. A sostegno di questa obiezione, si mette in rilievo che l’azione che si esercita attraverso i sacramenti cristiani è fatta risalire allo Spirito Santo, e ciò è perfettamente esatto, ma del tutto fuori dell’argomento; d’altronde, che l’influenza spirituale sia designata in tal modo conformemente al linguaggio cristiano, oppure in modo diverso secondo la terminologia propria a questa o a quell’altra tradizione, è sempre vero che la sua natura è essenzialmente trascendente e sovraindividuale, poiché, se così non fosse, non più assolutamente con un’influenza spirituale si avrebbe a che fare, ma con una semplice influenza psichica; sennonché, appurato ciò, cosa potrebbe impedire che la stessa influenza, o un’influenza avente la medesima natura, agisca secondo modalità diverse e in campi anch’essi diversi, e inoltre, perché tale influenza è in se stessa d’ordine trascendente, i suoi effetti dovrebbero forse necessariamente essere anch’essi trascendenti in ogni caso? Non vediamo assolutamente perché le cose dovrebbero essere così, anzi siamo certi del contrario; di fatto, abbiamo sempre prestato la massima attenzione a indicare che sia nei riti exoterici sia in quelli iniziatici interviene sempre un’influenza spirituale, sennonché è implicito che gli effetti da essa prodotti non possono assolutamente essere dello stesso ordine sia nell’uno sia nell’altro caso, se no non sussisterebbe più la distinzione stessa delle due sfere. Né comprendiamo maggiormente perché debba essere inammissibile che l’influenza che opera attraverso i sacramenti cristiani, dopo aver agito in un primo tempo nell’ordine iniziatico, abbia in seguito, in altre condizioni e per ragioni dipendenti da queste condizioni stesse, fatto discendere la sua azione nel campo semplicemente religioso ed exoterico, di modo che i suoi effetti siano stati da quel momento limitati a determinate possibilità d’ordine esclusivamente individuale, aventi come loro termine la “salvezza”, e ciò pur conservando, riguardo alle apparenze esteriori, gli stessi supporti rituali, perché questi erano di istituzione cristica, e senza di essi non ci sarebbe neppure più stata una tradizione propriamente cristiana. Che le cose siano di fatto avvenute in questo modo, e che di conseguenza, nel presente stato di fatto, e anzi a partire da un’epoca assai lontana, non si possa più in nessun modo considerare che i riti cristiani abbiano un carattere iniziatico, è ciò su cui ci toccherà insistere con precisione maggiore; ma dobbiamo far rilevare fin d’ora che è in qualche modo un’improprietà di linguaggio il dire che essi hanno “perduto” tale carattere, come se questo fatto fosse stato puramente accidentale, giacché noi pensiamo, al contrario, che si deve essere trattato di un adattamento, il quale, nonostante le conseguenze rincrescevoli che necessariamente ebbe sotto certi aspetti, fu tuttavia pienamente giustificato e, anzi, reso necessario dalle circostanze di tempo e di luogo.
Se si tiene conto di quello che era, nell’epoca in questione, lo stato del mondo occidentale, vale a dire dell’insieme dei paesi allora compresi nell’Impero romano, ci si può facilmente rendere conto che, se il Cristianesimo non fosse “disceso” nella sfera exoterica, tale mondo, nel suo insieme, sarebbe stato presto privato di qualsiasi tradizione, poiché quelle che vi avevano esistenza fino a quel momento, e in particolare la tradizione greco-romana che vi era diventata naturalmente predominante, erano giunte a una degenerazione estrema, stato che indicava come il loro ciclo di esistenza fosse sul punto di terminare. Questa “discesa”, insistiamo su questo punto, non era perciò affatto un accidente o una deviazione, e il suo carattere è al contrario da considerare come veramente “provvidenziale”, giacché evitò all’Occidente di cadere fin da quell’epoca in uno stato tutto sommato confrontabile con quello in cui si trova attualmente. Del resto, il momento in cui doveva prodursi una perdita generale della tradizione come quella che caratterizza i tempi propriamente moderni non era ancora arrivato; occorreva perciò che avvenisse un “raddrizzamento”, e questo raddrizzamento solo il Cristianesimo poteva operarlo, a condizione però di rinunciare al carattere esoterico e “riservato” che esso aveva all’inizio; e in tal modo il “raddrizzamento” non solo era benefico per l’umanità occidentale, cosa che è troppo evidente perché sia il caso di insistervi, ma era nello stesso tempo, come d’altronde è necessariamente ogni azione “provvidenziale” che intervenga nel corso della storia, in perfetto accordo con le leggi cicliche stesse.
Sarebbe probabilmente impossibile assegnare una data precisa al cambiamento che fece del Cristianesimo una religione nel senso proprio della parola e una forma tradizionale diretta indistintamente a tutti; ma è in ogni caso certo che esso era già compiuto all’epoca di Costantino e del Concilio di Nicea, di modo che quest’ultimo dovette solo “sanzionarlo”, se così si può dire, inaugurando l’epoca delle formulazioni “dogmatiche” destinate a costituire una presentazione puramente exoterica della dottrina. Ciò non poteva in ogni caso avvenire senza qualche inevitabile inconveniente, poiché racchiudere in tal modo la dottrina in formule nettamente definite e delimitate rendeva molto più difficile, anche a coloro che ne erano realmente capaci, di penetrarne il significato profondo; per di più, le verità di ordine più propriamente esoterico, le quali erano per loro stessa natura fuori della portata della maggioranza, non potevano più essere presentate se non come “misteri” nel senso che la parola ha assunto comunemente, vale a dire che, agli occhi della gente comune, esse non dovevano tardare ad apparire come qualcosa che era impossibile comprendere, o addirittura che era vietato cercare di approfondire. Tali inconvenienti tuttavia non erano tali da potersi opporre alla costituzione del Cristianesimo in forma tradizionale exoterica o a impedirne la legittimità, dato l’immenso vantaggio che doveva da un altro punto di vista risultarne, come già abbiamo detto, per il mondo occidentale; d’altra parte, se il Cristianesimo in quanto tale cessava con ciò di essere iniziatico, permaneva ancora la possibilità che sussistesse, al suo interno, un’iniziazione specificamente cristiana per l’élite che non poteva limitarsi al solo punto di vista dell’exoterismo e rinchiudersi nelle limitazioni che sono inerenti a quest’ultimo; ma questa è una delle altre questioni che dovremo esaminare un po’ più avanti.
Occorre tener conto, d’altra parte, che questo mutamento nel carattere essenziale e, si potrebbe dire, nella natura stessa del Cristianesimo, spiega perfettamente perché, come dicevamo all’inizio, tutto ciò che l’aveva preceduto sia stato volontariamente avvolto dall’oscurità, e come, anzi, le cose in tale situazione non potessero andare in modo diverso. è in effetti evidente che la natura del Cristianesimo originario, in quanto essenzialmente esoterica e iniziatica, doveva rimanere totalmente ignorata da coloro che erano ora ammessi nel Cristianesimo, diventato exoterico; di conseguenza, tutto ciò che poteva far conoscere o anche soltanto sospettare quel che il Cristianesimo era stato ai suoi inizi, doveva essere per loro ricoperto da un velo impenetrabile. è chiaro che non a noi tocca ricercare con quali mezzi ciò fu ottenuto; questo sarebbe piuttosto il compito degli storici, se pure gli venisse in capo di porsi la questione, questione che del resto non potrebbe se non apparir loro insolubile, non sopportando l’applicazione dei loro metodi abituali, i quali prevedono che si faccia riferimento a “documenti” che chiaramente in un caso del genere non possono esistere; sennonché qui ci interessa soltanto constatare la cosa e capirne le vere ragioni. Aggiungeremo che, in simili condizioni, e contrariamente a quel che potrebbero pensare gli appassionati di spiegazioni razionali, le quali sono però sempre spiegazioni superficiali e “semplicistiche”, non si può assolutamente attribuire questo “oscuramento” delle origini a un’ignoranza troppo evidentemente impossibile in coloro che dovevano anzi essere tanto più coscienti della trasformazione del Cristianesimo in quanto avevano preso essi stessi parte a essa in modo più o meno diretto, e neppure pretendere, secondo un pregiudizio abbastanza diffuso nei moderni, che attribuiscono troppo volentieri agli altri la loro propria mentalità, che si trattò per parte di costoro di una manovra “politica” e interessata, dalla quale non vediamo quale profitto essi avrebbero potuto trarre di fatto; la verità è, al contrario, che tale “occultamento” fu rigorosamente richiesto dalla natura stessa delle cose, affinché fosse mantenuta, in conformità con l’ortodossia tradizionale, la distinzione profonda tra le due sfere exoterica ed esoterica.
Qualcuno potrebbe forse chiedersi cosa accadde, nel corso di un cambiamento simile, degli insegnamenti di Cristo, i quali costituiscono per definizione il fondamento del Cristianesimo, e dai quali esso non può separarsi senza cessare di meritare il suo nome e tenendo inoltre conto che non si vede cosa potrebbe sostituirlo senza compromettere il carattere non-umano al di fuori di cui non esiste più tradizione autentica. In realtà tali insegnamenti non furono toccati a causa di ciò, né modificati in alcun modo nella loro “letteralità”, e il permanere del testo dei Vangeli e degli altri scritti del Nuovo Testamento, che risalgono evidentemente al primo periodo del Cristianesimo, ne costituisce una prova sufficiente; cambiata è soltanto la loro comprensione, o se si preferisce, la prospettiva secondo la quale essi sono intesi e il significato che si dà loro per conseguenza, senza però che si possa dire che ci sia nulla di falso o di illegittimo in tale significato, giacché è assiomatico che le medesime verità sono suscettibili di ricevere applicazione in sfere differenti, in virtù delle corrispondenze che esistono tra tutti gli ordini di realtà. Soltanto che ci sono precetti i quali, riguardando in modo speciale coloro che seguono una via iniziatica, e applicandosi per conseguenza a un ambiente ristretto e in qualche modo qualitativamente omogeneo, diventano di fatto impraticabili se si voglia estenderli a tutto l’insieme della società umana; è quanto si riconosce abbastanza esplicitamente quando li si considera soltanto come “consigli di perfezione”, ai quali non è attribuito nessun carattere di obbligatorietà; ciò equivale a dire che ciascuno non è tenuto a seguire la via evangelica se non nella misura, non soltanto della sua capacità, cosa che è assiomatica, ma anche di ciò che gli permettono le circostanze contingenti in cui si trova situato, e questo è di fatto tutto quel che si può ragionevolmente esigere da coloro che non mirano ad andare di là dalla pratica exoterica. D’altra parte, per ciò che concerne la dottrina propriamente intesa, se esistono verità che possono essere capite sia exotericamente sia esotericamente, secondo sensi riferentisi a gradi diversi di realtà, altre ce ne sono che, facendo esclusivamente parte dell’esoterismo e non avendo nessuna corrispondenza al di fuori di quest’ultimo, diventano, come già abbiamo detto, totalmente incomprensibili quando si cerchi di trasporle nel campo dell’exoterismo, e allora ci si deve di necessità limitare a esprimerle in modo puro e semplice nella forma di enunciazioni “dogmatiche”, senza mai cercare di dare di esse la minima spiegazione; sono queste verità che costituiscono in modo proprio quelli che si è convenuto di denominare i “misteri” del Cristianesimo. A dire il vero, la stessa esistenza di tali “misteri” sarebbe totalmente ingiustificata se non si ammettesse il carattere esoterico del Cristianesimo alle sue origini; tenendo invece conto di quest’ultimo, essa assume il carattere di una conseguenza normale e inevitabile dell’”esteriorizzazione” mediante la quale il Cristianesimo, pur conservando la stessa forma quanto alle apparenze, sia nella dottrina sia nei riti, è diventato la tradizione exoterica e specificamente religiosa che conosciamo oggi.
Fra i riti cristiani, o più precisamente fra i sacramenti che ne costituiscono la parte più essenziale, quelli che presentano la rassomiglianza maggiore con riti d’iniziazione, e di conseguenza devono essere considerati come una loro “esteriorizzazione” se mai essi hanno avuto tale carattere in origine, si pongono naturalmente, come già abbiamo fatto notare in altri lavori, quelli che possono essere ricevuti una volta sola, e primo fra tutti il battesimo. Esso, mediante il quale il neofita era ammesso nella comunità cristiana e in qualche modo incorporato a questa, doveva evidentemente, fintanto che essa fu un’organizzazione iniziatica, costituire la prima iniziazione, vale a dire l’inizio dei “piccoli misteri”; il carattere di “seconda nascita” che esso ha conservato lo indica chiaramente, anche se con un’applicazione diversa, quantunque discendendo nella sfera exoterica. Aggiungeremo subito, per non dover tornare in seguito sulla questione, che la cresima o “confermazione” sembra aver segnato l’accesso a un grado superiore, e la cosa più verosimile è che quest’ultimo corrispondesse al compimento dei “piccoli misteri”; per quel che riguarda l’ordine, il quale dà ora soltanto la possibilità di esercitare talune funzioni, esso non può essere che l’”esteriorizzazione” di un’iniziazione sacerdotale, riferentesi in quanto tale ai “grandi misteri”.
Per rendersi conto che, in quello che potrebbe esser detto il secondo stato del Cristianesimo, i sacramenti non hanno più nessun carattere iniziatico, e sono realmente solo più riti puramente exoterici, è tutto sommato sufficiente tener conto del caso del battesimo, giacché tutto il resto ne dipende in modo diretto. Nonostante l’”oscuramento” di cui abbiamo parlato, si sa perlomeno che, in origine, per conferire il battesimo ci si circondava di rigorose precauzioni, e che coloro che dovevano riceverlo erano sottoposti a una lunga preparazione. Attualmente succede invece in qualche modo l’esatto contrario, e sembra che sia stato fatto tutto il possibile per facilitare in modo estremo la ricezione di tale sacramento, inteso che non soltanto esso è dato a chiunque indistintamente, senza che si ponga nessuna questione di qualificazione e di preparazione, ma è addirittura possibile che sia conferito in modo valido da chiunque, mentre gli altri sacramenti non possono esserlo se non da coloro che, preti o vescovi, esercitino una determinata funzione rituale. Queste facilitazioni, insieme al fatto che i fanciulli sono battezzati il più presto possibile dopo la nascita, ciò che esclude evidentemente l’idea di una qualsiasi preparazione, non possono spiegarsi se non con un cambiamento radicale nella concezione stessa del battesimo, cambiamento in seguito al quale esso fu considerato condizione indispensabile per la “salvezza” e tale di conseguenza da dover essere assicurata al maggior numero possibile di individui, mentre in origine si trattava di cosa del tutto diversa. Questo modo di vedere, secondo cui la “salvezza” che di fatto è lo scopo finale di tutti i riti exoterici, è necessariamente legata all’ammissione nella Chiesa cristiana, è in definitiva una conseguenza di quella sorta di “esclusivismo” che è inevitabilmente collegato con il punto di vista di ogni exoterismo in quanto tale. Crediamo non sia utile insistere di più su questo punto, giacché è anche troppo chiaro che un rito conferito a neonati, e senza che ci si preoccupi assolutamente di determinare le loro qualificazioni con un mezzo qualsiasi, non può avere il carattere e il valore di un’iniziazione, anche se questa fosse ridotta a non essere se non virtuale; del resto dovremo ritornare tra poco sulla questione della possibilità del permanere di un’iniziazione virtuale attraverso i sacramenti cristiani.
Segnaleremo accessoriamente ancora un punto che non manca di avere la sua importanza: si tratta del fatto che nel Cristianesimo com’è attualmente, e contrariamente a come stavano in esso le cose ai suoi inizi, tutti i riti senza nessuna eccezione sono pubblici; tutti possono assistervi, anche a quelli che sembrerebbero dover essere più specialmente “riservati”, come l’ordinazione di un prete o la consacrazione di un vescovo, e a maggior ragione a un battesimo o a una cresima. Ora, questa sarebbe una cosa inammissibile se si trattasse di riti d’iniziazione, i quali possono normalmente essere compiuti soltanto alla presenza di coloro che già hanno ricevuto la stessa iniziazione; tra la pubblicità dei riti da una parte, e dall’altra l’esoterismo e l’iniziazione, vi è un’evidente incompatibilità. Se ciò nonostante consideriamo un tale argomento solo secondario, la ragione è che, se non ce ne fossero altri, si potrebbe sostenere che si tratta soltanto di un abuso dovuto a una certa degenerazione, come talvolta se ne possono produrre in un’organizzazione iniziatica senza però che questa arrivi fino a perdere, per ciò, il suo carattere proprio; sennonché abbiamo visto che, precisamente, la discesa del Cristianesimo nella sfera exoterica non era affatto da considerare una degenerazione, e del resto le altre ragioni da noi esposte sono pienamente sufficienti a far vedere come, in realtà, non possa più trattarsi di iniziazione. Se sussistesse ancora un’iniziazione virtuale, come taluni hanno prospettato nelle obiezioni che ci hanno rivolto, e se di conseguenza coloro che hanno ricevuto i sacramenti cristiani, o anche il solo battesimo, non avessero di conseguenza più bisogno di cercare una qualsiasi altra forma di iniziazione, come si potrebbe spiegare l’esistenza di organizzazioni iniziatiche specificamente cristiane, come si ebbero incontestabilmente nel corso di tutto il Medioevo, e quale potrebbe essere allora stata la loro ragion d’essere, visto che i loro riti particolari avrebbero fatto in certo qual modo doppio uso con i riti usuali del Cristianesimo? Si risponderà forse che questi ultimi costituiscono o rappresentano soltanto un’iniziazione ai “piccoli misteri”, cosicché la ricerca di un’altra iniziazione si sarebbe imposta a coloro che avessero voluto andar più lontano e accedere al “grandi misteri”; ma, a parte il fatto che è assai inverosimile, per non dire di più, che tutti coloro che entrarono nelle organizzazioni in questione siano stati pronti ad affrontare tale dominio, contro una supposizione di questo genere c’è un fatto decisivo: questo fatto è l’esistenza dell’ermetismo cristiano, poiché per definizione stessa l’ermetismo si situa precisamente nel campo dei “piccoli misteri”; né parleremo delle iniziazioni di mestiere, le quali pure si riferiscono allo stesso dominio e, pur nel caso in cui non possano esser dette specificamente cristiane, nondimeno richiedevano dai loro membri, in un ambiente cristiano, la pratica dell’exoterismo corrispondente.
Ora, dobbiamo prevedere ancora un equivoco, giacché taluni potrebbero esser tentati di trarre da quel che precede una conclusione errata, pensando che, se i sacramenti non hanno più alcun carattere iniziatico, la conseguenza è che non possono mai avere effetti di quest’ordine, al che essi non mancherebbero senza dubbio di opporre certi casi in cui sembra che le cose non siano andate così; la verità è che di fatto i sacramenti non possono avere tali effetti di per se stessi, giacché la loro efficacia propria è limitata alla sfera exoterica, ma che tuttavia c’è qualcos’altro di cui occorre tener conto in proposito. Di fatto, ovunque esistano iniziazioni dipendenti in modo particolare da una forma tradizionale determinata e che assumono come base l’exoterismo di quest’ultima, i riti exoterici possono, per coloro che abbiano ricevuto tale iniziazione, essere in qualche modo trasposti in un altro ordine, nel senso che essi se ne serviranno in quanto supporto per il lavoro iniziatico vero e proprio, e che di conseguenza, per loro, gli effetti non ne saranno più limitati alla sola sfera exoterica come accade per la generalità degli aderenti alla stessa forma tradizionale; sotto questo profilo, accade del Cristianesimo come di ogni altra tradizione, dal momento che c’è o c’è stata un’iniziazione propriamente cristiana. Soltanto che, è sottinteso che lungi dal dispensare dall’iniziazione regolare o dal poter sostituirsi a essa, tale impiego iniziatico dei riti exoterici la presuppone al contrario in modo essenziale come condizione necessaria della sua stessa possibilità, condizione alla quale le qualificazioni più eccezionali non potrebbero supplire, e al di fuori della quale tutto quel che va di là dal livello ordinario può al massimo portare al misticismo, vale a dire a qualcosa che in realtà è ancora situato all’interno dell’exoterismo religioso. Si può facilmente capire da ciò che abbiamo detto in ultimo, qual era realmente il caso di coloro che nel Medioevo lasciarono scritti di ispirazione chiaramente iniziatica, che oggi si ha comunemente il torto di prendere per dei “mistici” perché non si conosce nient’altro, ma che certamente furono qualcosa di ben diverso. Né è assolutamente il caso di supporre che si sia trattato di casi di iniziazione “spontanea”, o di casi d’eccezione in cui un’iniziazione virtuale rimasta aderente ai sacramenti abbia potuto diventare effettiva, quando esistevano tutte le possibilità di un ricollegamento normale a qualcuna delle organizzazioni iniziatiche regolari che esistevano a quell’epoca, spesso anche sotto la copertura degli ordini religiosi e al loro interno, quantunque senza che si confondessero con essi. Non possiamo soffermarci di più su questo argomento per non allungare indefinitamente la nostra esposizione, ma faremo ancora notare che è precisamente quando tali iniziazioni cessarono di esistere, o per lo meno di essere sufficientemente accessibili da offrire ancora realmente tali possibilità di ricollegamento, che ebbe origine il misticismo propriamente detto, per cui le due cose appaiono strettamente legate.
Del resto, quel che diciamo qui si applica soltanto alla Chiesa latina, ed è anche assai interessante notare come nelle Chiese d’Oriente non ci sia mai stato misticismo nel senso in cui esso è inteso nel Cristianesimo occidentale dopo il secolo XVI; tale fatto può far pensare che una certa iniziazione del genere di quelle a cui facevamo allusione ha dovuto mantenersi in queste Chiese, ed effettivamente è quel che vi si trova con l’esicasmo, il cui carattere realmente iniziatico non sembra dubbio, anche se, qui come in molti altri casi, ha subito diminuzioni più o meno sensibili nel corso dei tempi moderni, come conseguenza naturale delle condizioni generali di quest’epoca, alla quale non possono sfuggire se non le iniziazioni che siano estremamente poco diffuse, lo siano sempre state o abbiano deciso volontariamente di “chiudersi” più che mai a evitare qualsiasi degenerazione. Nell’esicasmo l’iniziazione propriamente detta è essenzialmente costituita dalla trasmissione regolare di certe formule, esattamente confrontabili con la comunicazione dei mantra nella tradizione indù e con quella del wird nelle turuq islamiche; esiste tutta una “tecnica” dell’invocazione quale mezzo proprio del lavoro interiore, mezzo ben distinto dai riti cristiani exoterici, anche se tale lavoro può nondimeno trovare un altro punto d’appoggio in questi ultimi come abbiamo spiegato, dal momento in cui, con le formule richieste, l’influenza alla quale esse servono da veicolo sia stata trasmessa in modo valevole, ciò che implica naturalmente l’esistenza di una catena iniziatica ininterrotta, giacché non si può evidentemente trasmettere se non quel che si è Ricevuto. Anche queste sono questioni che possiamo soltanto indicare qui in modo molto sommario, sennonché, dal momento che l’esicasmo è ancora vivo ai giorni nostri, ci sembra che sarebbe possibile trovare da questa parte certi chiarimenti su quel che hanno potuto essere i caratteri e i metodi di altre iniziazioni cristiane che sfortunatamente appartengono al passato. Per concludere finalmente, possiamo dire questo: nonostante le origini iniziatiche del Cristianesimo, quest’ultimo, nel suo stato attuale, non è certo nulla di diverso da una religione, vale a dire una tradizione esclusivamente exoterica, e non contiene in sé altre possibilità oltre quelle di qualsiasi exoterismo; né lo pretende affatto, poiché in esso non si tratta mai se non di ottenere la “salvezza”. Una iniziazione può naturalmente sovrapporsi a esso, e anzi normalmente lo dovrebbe perché la tradizione sia veramente completa, attraverso il possesso effettivo dei due aspetti exoterico ed esoterico; sennonché, perlomeno nella sua forma occidentale, tale iniziazione di fatto non esiste più al presente. È però assiomatico che l’osservanza dei riti exoterici è pienamente sufficiente per ottenere la “salvezza”; è certamente già molto, ed è persino tutto quel che può legittimamente pretendere, oggi più che mai, l’immensa maggioranza degli esseri umani; ma cosa dovranno fare, in tali condizioni, coloro per i quali, secondo l’espressione di certi mutaçawwufîn, “il Paradiso è ancora solo una prigione”?»
Nota
Notizia
Scritti di René Guénon
- I – A proposito delle lingue sacre
- II – Cristianesimo ed iniziazione
- III – I guardiani della Terra Santa
- IV – Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore”
- V – Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore” II
- VI – Nuove considerazioni sul linguaggio segreto di Dante
- VII – “Fedeli d’Amore” e “Corti d’Amore”
- VIII – Il Santo Graal
- IX – Il Sacro Cuore e la leggenda del Santo Graal
- X – Cristo Sacerdote e Re
- XI – San Bernardo
Il Supernormale – Introduzione Critica alla Scienza Psichica
Titolo originale: The Supernormal – A Critical Introduction to Psychic Science
Autore/i: Barnard G. C.
Editore: Casa Editrice Astrolabio
prefazione di Emilio Servadio, traduzione di Cesare Servadio.
pp. 272, Roma
Dalla prefazione di Emilio Servadio:
“Questo libro, uscito in Inghilterra nel 1933, è 11720 del tentativi d’«inquadramento generale» della Metapsichica più seri e consapevoli dei nostri tempi. L’Autore, che ha conseguito l’alta qualifica accademica inglese di «Master of Science», vi rivela, oltre ad una mentalità scientifica e a una cultura generale non comuni, un’ottima preparazione specifica in metapsichica.
Il Barnard ammette, nel loro assieme, i principali fenomeni tanto soggettivi che oggettivi, e cita al riguardo parecchi fra gli esempi più famosi per le diverse categorie. Con singolare tenacia egli si attiene al classico principio della «non-moltiplicazione degli enti», e condanna pertanto, nell’interpretazione dei fenomeni metapsichici, tutte le ipotesi di tipo occultistico e spiritistico. Senza alcuna astiosita, ma con un’argomentazione logica e convincente, egli mostra l’infondatezza dello «spiritismo» fideistico e respinge l’ipotesi spiritica.
Alle moderne vedute scientifiche circa il tempo, lo spazio, il pensiero e la materia, G. C. Barnard chiede invece ausilio per affrontare e tentar di spiegare i più ardui problemi della metapsichica: ad esempio, quello degli «apporti», e quello della funzione dell’«oggetto» nelle esperienze di psicometria. Sono anzi queste, a nostro avviso, le più riuscite applicazioni alla metapsichica della teoria dell’universo quadrimensionale, che il Barnard dimostra di conoscere a fondo; e noi pensiamo che ben difficilmente si potrà impugnarne la validità.
Se questo libro fosse stato scritto in tempi più recenti, l’Autore avrebbe potuto rendere ancora più informati e «moderni» i capitoli che trattano dei fenomeni metapsichici soggettivi. Ma il lettore volenteroso potrà completare le sue nozioni al riguardo riferendosi ad altri volumi di questa stessa Collana, e in primo luogo all’opera Telepatia di W. Carington, che l’ha inaugurata. Il Barnard tiene nel debito conto d’aiuto che la «psicologia del profondo», e in special modo la psicoanalisi, possono dare alla metapsichica, specie per ciò che riguarda lo studio delle personalità dei medium, la parte dell’inconscio nelle manifestazioni metapsichiche, e l’interpretazione «stereoscopio» di certi fenomeni.
Anche a questo riguardo occorre tuttavia ricordare che i più recenti e brillanti contributi della psicoanalisi alla metapsichica sono stati arrecati dopo la comparsa del libro in Inghilterra.
L’ampiezza di vedute e la salda cultura del Barnard si rivelano infine pienamente nell’ultimo capitolo, in cui dalla considerazione globale dell’edificio metapsichico eretto sui quattro pilastri dell’impersonazione, dell’ideoplastia, della natura quadridimensionale dell’Universo e della coscienza quadridimensionale, si ascende a una interpretazione geniale, psicologicamente e scientificamente plausibilissima, delle estasi e delle visioni dei mistici.”
(Emilio Servadio)
Psicologia dell’Autorealizzazione
Autore/i: Elenjimittam Anthony
Editore: Missione Sat-Cit-Ananda
pp. 100, illustrazioni b/n, Torino
Ognuno di noi deve passare dall’inferno per scoprire la porta del paradiso. Le sofferenze inevitabili dello stato esistenziale in cui ci troviamo non sono né definitive né eterne. Vi possiamo porre rimedio e riconquistare il paradiso perduto con l’aiuto della Santa Gnosi, sempreché lo vogliamo. Volere è più che potere, ma solo chi cerca trova, e solo a chi bussa sarà aperta la porta del paradiso, che non è altro che la conquista della Pace, Gioia, Serenità e Amore. Ma tu, fratello, per entrarvi devi pagare il prezzo del biglietto. Il vestito nunziale è il passaporto per entrare nel Regno di Dio. Devi sforzarti con calma, perseveranza e rinuncia a raddrizzare la via che tu hai per ora smarrita. Non esiste alcun surrogato che sostituisca lo sforzo personale, costante e perseverante. Nel latte è nascosto il burro, le perle nel fondo del mare e il fuoco nel legno, ma senza il tuo sforzo, il tuo lavoro, non avrai né burro, né perle, né fuoco. Così non vedrai giammai il Divino che è in te, né godrai di quella Pace celeste, di quell’Amore serafico senza le pratiche dell’ascolto, della meditazione e della realizzazione: sràvana, mànana e nidhidyàsana, come dicono le Sastra. Orsù, coraggio, fratel mio. Io sono nella tua barchetta; viaggiamo insieme avendo al timone lo stesso Logos, la vera Luce che illumina tutti gli umani che vengono in questo mondo. L’eterno è il nostro nocchiero, la bussola della nostra navigazione, e ci farà giungere sicuri alla nostra Patria, Iddio, l’AUM.
L’Arciconfraternita di S. Maria Odigitria dei Siciliani in Roma
Profilo Storico (1593-1970)
Autore/i: Croce Giuseppe M.
Editore: Istituto Nazionale di Studi Romani
prefazione di Antonio Maria Travia.
pp. 216, 1 tavola b/n f.t., Roma
Dalla prefazione di Antonio Maria Travia:
«La ricorrenza del quarto centenario dell’erezione canonica dell’Arciconfraternita di S. Maria Odigitria dei Siciliani, avvenuta con il breve Pasteris Aeterni di Papa Clemente VIII (5 febbraio 1594), giustifica la pubblicazione del presente volume.
L’Arciconfraternita ha ritenuto apportano commemorare l’anno della sua nascita nella Chiesa mediante alcune iniziative connesse con la triplice funzione che le confraternite hanno svolto nei secoli: incremento del culto divino finalizzato al progresso spirituale dei loro membri, soccorso ai poveri in risposta ai bisogni della società nelle varie epoche, promozione della cultura soprattutto nel campo artistico. Per quest’ultimo riferimento basti pensare alla confraternita di San Rocco a Venezia e a quella del Gonfalone a Roma.
Dopo aver compiuto gesti espressivi delle due prime funzioni, il sodalizio siciliano offre adesso il frutto di una sua iniziativa culturale, a completamento di quella ancora recente della dotazione della propria chiesa di quattro moderne pale d’altare, opera di noti artisti siciliani, seguita da una raccolta di saggi sulla Chiesa di Sicilia dal Vaticano I al Vaticano II a cura di vari specialisti e sotto il patrocinio dell’Istituto Sturzo di Roma. E un profilo storico della stessa Arciconfraternita, redatto con metodo scientifico da un apprezzato studioso di storia ecclesiastica, autore di notevoli pubblicazioni, docente nell’Università Gregoriana e scrittore dell’Archivio Segreto Vaticano. La competenza del ricercatore assicura la serietà dell’opera e la sicurezza dei dati acquisiti in base alla documentazione finora disponibile.
Il volume colma così una lacuna e permette di conoscere il passato dell’Arciconfraternita, non solo per soddisfare la curiosità dei cultori di storia religiosa, ma anche e soprattutto per utilità dei membri presenti e futuri dell’istituzione. Per essi questa storia non è tanto motivo di autocelebrazione, che le vicende del passato non potrebbero peraltro giustificare, ma piuttosto stimolo ed impegno a continuare una tradizione di religiosità siciliana in Roma che perdura ininterrotta da quattro secoli. Ed insieme rinnovato impulso a vivificare maggiormente una specifica forma di associazionismo cattolico nel vasto campo dell’apostolato dei laici, che il Concilio Vaticano II e l’assiduo magistero dell’attuale pontefice Giovanni Paolo Il, particolarmente con l’esortazione apostolica Christifideles laici, e quindi lo Spirito Santo, fortemente suggeriscono alla Chiesa dei nostri giorni.»
(Roma, 21 Ottobre 1994 + Antonio Maria Travia arcivescovo titolare di Termini Imerese e primicerio dell’Arciconfraternita)
I Numeri
Titolo originale: Arts Divinatoires – Le Nombres
Autore/i: Foster Michael
Editore: SugarCo Edizioni
traduzione di Silvia Accardi.
pp. 160, nn. illustrazioni b/n, Carnago (Varese)
La nostra vita quotidiana è sempre più invasa e sovrastata dai numeri, a tal punto che si ha talvolta l’impressione di essere ridotti, agli occhi della società e dello Stato, a semplici agglomerati di cifre: numero di codice fiscale, numero del conto bancario, date di nascita, numero della patente o del passaporto, targa della vettura ecc.
Inoltre, da qualche tempo l’informatica sembra tendere a governare sempre più il nostro destino.
Ma i numeri, lungi dall’essere mostri freddi e astratti, hanno in realtà una loro personalità, un’anima.
Tutti questi numeri che ci seguono come una seconda ombra hanno un significato benefico o nefasto, che può favorire o avversare i nostri progetti e le nostre iniziative.
Scoprite dunque questa vita segreta dei numeri… che è poi anche la vostra.
Individuo e Cosmo nella Filosofia del Rinascimento
Titolo originale: Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance
Autore/i: Cassirer Ernst
Editore: La Nuova Italia
avvertenza e traduzione di Federico Federici, ristampa anastatica tratta dell’edizione pubblicata nel 1935.
pp. 336, Firenze
Sommario:
Avvertenza del traduttore
Lettera dedicatoria
Introduzione
- CAP. I – Nicolò Cusano
- CAP. II. – Il Cusano e l’Italia
- CAP. III. – Libertà e necessità nella filosofia della rinascenza
- CAP. IV. – Il problema del soggetto e dell’oggetto nella filosofia della rinascenza
Indice dei nomi propri
Indice delle opere citate
Indice delle cose notevoli
Dei e Miti Italici
Archetipi e forme della sacralità romano-italica
Autore/i: Del Ponte Renato
Editore: ECIG – Edizioni Culturali Internazionali Genova
terza edizione riveduta, premesse dell’autore.
pp. 256, nn. illustrazioni b/n, Genova
In questa serie di saggi sono rievocati gli archetipi divini della prima Italia: alcuni aspetti o figure essenziali di quella sacralità che, appartenendo anche alla Roma dei primordi, a essa rimarranno connaturati per tutto il corso della sua millenaria storia e ancora oggi sono suscettibili di rifiorire sub specie interioritatis. La funzione primaziale e iniziatica di Giano, il ciclo della regalità dell’aureo Saturno, lo scenario naturale delle teofanie animali di Marte, in cui operano le «società marziali» delle prime comunità italiche, e delle opache e arcane selve ove si aggira Diana, la Dea «atta a conferire la regalità», sono alcuni dei principali riferimenti contenuti in questo libro che, per la sua natura e per la caratteristica di compendiare diverse esigenze (dal momento che, pur usufruendo di materiale accessibile per lo più agli specialisti, intende rivolgersi ad ogni uomo dotato di sensibilità storico-religiosa), può forse considerarsi una novità per il pubblico italiano.
Renato Del Ponte, nato a Lodi nel 1944, animatore culturale e conferenziere, studioso di storia delle religioni, di simbolismo e storia delle idee, dirige dal 1972 Arthos, prestigiosa rivista di studi tradizionali ed è autore de La Religione dei Romani (1992), premio “Isola d’Elba” 1992. Per la ECIG è imminente l’uscita di un suo nuovo saggio su I Liguri. Etnogenesi di un popolo.
Premessa alla prima edizione
Premessa alla seconda edizione
Premessa alla terza edizione
Nota bibliografica
- I. – Critica della critica
- II. – Giano, o l’archetipo divino
- III. – Il ciclo di Saturno
- IV. – Le “primavere” di Marte
- V. – Nostra Signora delle Selve
Appendice. L’Augusto Augurio
Tavole
Indice analitico delle divinità citate
Donna è Ballo
La nascita della danza moderna nei testi delle donne che l’hanno inventata
Autore/i: Autori vari
Editore: Savelli Editori
a cura di Donatella Bertozzi, contributi di I. Duncan, L. Fuller, R. ST. Denis, M. Graham, D. Humphrey, M. Wigman, H. Holm, A. Sokolow, S. Forti, M. Monk.
pp. 128, nn. fotografie b/n, Milano
«La danza fu un tempo la più nobile delle arti; e lo sarà di nuovo. Dall’abisso in cui è caduta sarà risollevata. Ecco, sta per giungere lo spirito libero che abiterà il corpo della donna nuova; l’intelligenza più alta nel corpo più libero» (Isadora Duncan).
Gran parte di ciò che sta alla base della danza contemporanea oggi, è frutto del lavoro di donne. In questo tempo le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nell’aprire la strada e sono ancora oggi in posizione centrale e a volte determinante nella sperimentazione e nella ricerca. Il libro documenta, attraverso una selezione di testi tra i più significativi, la nascita e lo sviluppo del movimento che ha rinnovato la danza in questo secolo, ponendola fra le arti più feconde del nostro tempo. Le autrici, da Isadora Duncan a Meredith Monk, da Loie Fuller a Martha Graham, sono le stesse protagoniste di questo rinnovamento profondo del teatro di danza occidentale.
Potere, Progetto, Prezzo
Avviamento ad una analisi della vicenda urbanistica italiana
Autore/i: Cuzzer Aldo
Editore: Bulzoni Editore
con un’appendice di Paolo Avarello.
pp. 228, Roma
Lunedì 17 agosto 1942, Vittorio Emanuele III firmava la legge n. 1150 legge urbanistica. Dopo soli 11 mesi il Re farà arrestare Mussolini. Ma la legge era stata impostata e messa a punto nel lungo arco degli anni ’30, nel pieno di quella che Paul M. Sweezy chiama «la fase di espansione imperialistica» del regime.
Non può stupire che il lungo imprinting abbia lasciato il segno, così che lo strumento legislativo si configurasse anche come strumento di costrizione e di potere. Dovrebbe invece stupire che la legge del ’42 sia stata recepita tal quale dalla Repubblica nata dalla resistenza; che sia divenuta occasione agglutinante per quelle forze politiche che più di altre avevano titolo per chiamarsi antifasciste; che il fondamentale problema delle plusvalenze fondiarie sia stato considerato solo in quanto ostacolo al pieno esercizio di quel potere totalizzante che costituiva una premessa all’attuazione delle legge. Il libro propone alcune linee di ricerca per formulare una risposta a questi interrogativi impliciti: muovendo dalla legge urbanistica originaria, e proseguendo con l’analisi dei principali provvedimenti proposti od attuati tra il 1960 ed il 1977, si conclude con l’esame della questione della rendita, punto nodale dell’intera vicenda.
Nell’Appendice, Paolo Avarello esamina analiticamente i provvedimenti legislativi che si collocano tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, aprendo alcune prospettive sulle tendenze in atto.
Aldo Cuzzer, nato a Roma nel 1932, è straordinario di Urbanistica presso la Facolta di Architettura dell’Università di Roma.
Paolo Avarello, nato a Roma nel 1948, è incaricato di Economia nello Spazio presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Chieti.
Introduzione
– I. L’ILLUSIONE DEL POTERE
Origini ed eredità della legge urbanistica del 1942
– II. IL PIANO COME PROGETTO
Dalla riforma urbanistica alla concessione edilizia
– III. IL PREZZO DELLE AREE
Considerazioni sulla rendita
– APPENDICE
di Paolo Avarello
Emergenza e programma nella recente legislazione
– Indice dei testi citati
L’Ultimo Ballerino di Mao
Titolo originale: Mao’s Last Dancer
Autore/i: Li Cunxin
Editore: Cairo Editore
prima edizione, traduzione di Fabrizio Bagatti.
pp. 464, Milano
“Prima di volare, devi essere libero” .
Dalla spaventosa povertà della Cina in piena Rivoluzione culturale alle scintillanti luci della ribalta internazionale. Questa è la storia vera di un ragazzo, della sua determinazione, del suo coraggio, del suo sogno di libertà.
C’era una volta un bambino, nato in un minuscolo villaggio della Cina da una famiglia poverissima. Sesto di sette fratelli, è destinato a una vita di stenti su un fazzoletto di terra poco redditizio. Un giorno, a scuola, mentre guarda gli uccellini fuori anzichè recitare le parole del Libretto Rosso, si presentano alcuni importanti signori, incaricati di scegliere gli studenti da inserire nell’Accademia di danza di Pechino che la moglie di Mao vuole restituire agli antichi fasti. Li Cunxin, così si chiama il bambino, non sa neppure esattamente dove sia Pechino, nè ha mai visto un balletto in vita sua.Inoltre è magrolino e scuro di carnagione, ma viene ugualmente scelto. Così abbandona il suo villaggio, i genitori, i fratelli e gli amici. Siamo in piena Rivoluzione culturale e quello che lo aspetta non è meno duro di ciò che lascia: la nuova vita significherà una lancinante nostalgia, rigore e impegno incessanti, gli anni della formazione alla danza sono addirittura crudeli. Finchè l’opportunità di andare negli Stati Uniti imprime la seconda svolta alla sua vita, gli fà toccare una libertà e un benessere mai immaginati prima. Da lì la decisione di non tornare, pur nella consapevolezza che il governo cinese non gli permetterà di rivedere i suoi cari. Decisione a cui segue una bufera mediatica e un incidente diplomatico che vedrà coinvolti l’FBI e l’allora vicepresidente George Bush Sr. Ora l’Occidente è la nuova patria di Cunxin, la Houston Ballet Academy la sua nuova casa. Ed ecco che un infortunio al primo balletto imprime la terza svolta alla sua vita: chiamato a sostituirlo, Cunxin incanta il pubblico, che lo consacrerà nuova étoile della danza classica.
Dopo aver calcato per vent’anni i palcoscenici più illustri, Li Cunxin ha deciso di raccontare con semplicità, passione e humour la sua storia. Una storia di incredibili traversie, di coraggio, talento e un pizzico di fortuna. Un libro che ha commosso il mondo.
Li Cunxin è nato nel 1961 nella provincia dello Shandong. Trasferitosi a undici anni all’Accademia di danza di Pechino vi rimane fino al 1981, quando abbandona il suo paese chiedendo asilo agli Stati Uniti. Entra nello Houston Ballet, che lascia solo nel 1995 per trasferirsi in Australia. Da quando ha smesso di danzare, si occupa di finanza. Oggi vive a Melbourne con la moglie e i suoi due figli. L’ultimo ballerino di Mao è stato venduto in oltre venti paesi ed è diventato un film diretto da Bruce Beresford (Crimini del cuore, A spasso con Daisy, Colpevole d’innocenza).
° Un matrimonio
° Albero genealogico della famiglia Li
Prima parte: La mia infanzia
1. Casa
2. Mamma e papà
3. Infanzia nella comune
4. Noi sette
5. La nonna
6. La classe del presidente Mao
7. Via di casa
Seconda parte: Pechino
8. Una piuma nel vento
9. L’uccello in gabbia
10. Il primo anno da solo
11. La penna
12. Con la mia voce
13. Le parole del maestro Xiao
14. La svolta
15. Il mango
16. Il cambiamento
17. Verso Occidente
18. America, sporca capitalista
19. Cina, addio
Terza parte: L’Occidente
20. Ritorno alla terra della libertà
21. Elizabeth
22. La defezione
23. La mia nuova vita
24. Il sogno del miglio si avvera
25. Niente più incubi
26. Russia
27. Mary
28. Il ritorno a casa
29. Ritorno al villaggio
30. Un altro matrimonio
Postscrictum
Ringraziamenti
La Luna nel Bosco – Saggio sull’Origine della Scimmia
E se la scimmia discendesse dall’uomo?
Autore/i: Sermonti Giuseppe
Editore: Rusconi
prima edizione, prologo dell’autore.
pp. 124, Milano
Che l’uomo derivi dalla scimmia non è mai stato dimostrato. È semmai provato il contrario: che la scimmia derivi dall’uomo. Anche se questa conclusione può apparire intollerabile per la filosofia contemporanea, Sermonti non solo la dimostra scientificamente, ma finisce per adottarla quale (provocatoria) metafora del nostro destino. La generazione della scimmia dall’uomo può infatti essere assunta a parabola della caduta nel diabolico o, all’opposto, del ritorno all’incanto misterioso della natura.
Il trionfo dell’evoluzionismo nella seconda metà dell’Ottocento aveva gratificato l’uomo come il più evoluto fra tutti i viventi. Negli anni Venti fu avanzata la tèsi opposta, che l’uomo fosse invece un essere non derivato, di arcana fanciullezza. Questa tèsi è tornata a proporsi nel nostro tempo e ha trovato conferma nella grande antichità fossile dell’uomo (almeno cinque milioni di anni) e nella recente comparsa degli scimmioni.
L’uomo è una figura infantile, che nella crescita si allontana appena dalle forme del proprio fanciullo. Lo scimpanzé adulto abbandona invece le garbate forme del suo piccolo per spostarsi entro un’animalesca senilità. Il carattere primigenio e generalizzato dell’anatomia umana pone l’uomo alla radice dell’ordine dei Primati, angelico archetipo degli specializzati scimmioni. Biologia molecolare e analisi cromosomica concordano nell’assegnare al famoso “ascendente comune” caratteri umani.
Figli di una “madre” umana, l’uomo e lo scimpanzé rappresentano i due lati della psiche, quello luminoso-solare e quello oscuro-lunare, la pianura aperta e il folto del bosco, l’angelico e il satiresco. Di fronte al “sole della savana” la scimmia si è occultata come “luna nel bosco”.
La mitologia conosce la caduta dell’umano nell’animalesco: la nascita del dio-capro Pan da Hermes, la trasformazione di un arcangelo in Satana. Nulla può essere vero – afferma Sermonti – se non è nel mito, se non è in noi, se non è scritto in cielo.
Giuseppe Sermonti è nato a Roma nel 1925.
Dopo aver diretto l’Istituto di Antropologia e quello di Genetica all’Università di Palermo, dal 1970 è ordinario di Genetica a Perugia, dove dirige l’Istituto di Biologia Cellulare e la «Rivista di Biologia». Noto studioso nel campo della genetica microbiologica, si è impegnato in una critica radicale alle pretese egemoniche della scienza moderna, pubblicando per l’editore Rusconi Il Crepuscolo dello Scientismo (1971, 1976) e La Mela di Adamo e la Mela di Newton (1974). Ha scritto anche opere divulgative, fiabe, saggi, articoli. Nel 1980 pubblica, insieme a R. Fondi, Dopo Darwin, Critica dell’Evoluzionismo (5ᵃ ediz., Rusconi 1983), che solleva in Italia vaste discussioni sulla validità delle tesi darwiniane. Nello stesso anno è vice-presidente del XIV Congresso Internazionale di Genetica, a Mosca; nel 1982 partecipa a un Convegno di dodici studiosi presso l’Accademia Pontificia delle Scienze sul tema «L’Evoluzione dei Primati». Dalle riflessioni su quel convegno è nato questo libro.
- Prologo
- Addio all’evoluzionismo
- Un convegno in Vaticano
- Perché non parla?
- Il marchio di Caino
- Ascesa o regresso?
- Giovinezza dell’uomo
- Il cavaliere nero
- Le molecole di Peter Pan
- Una capriola fossile
- Pan e Satana
- La scimmia e la luna
- Epilogo
Appendice
Indice analitico
Il Monaco nell’Orto – La Straordinaria Vicenda di Gregor Mendel, il Padre della Genetica
Titolo originale: The Monk in the Garden
Autore/i: Henig Robin Marantz
Editore: Garzanti Editore
prima edizione, prologo dell’autore, traduzione dall’inglese di Andrea Antonini.
pp. 288, illustrazioni b/n, Milano
«Per noi di solito il genio è tale dalla nascita: è un individuo diverso da noi, che guardiamo il mondo in modo così lineare e categoriale.
Ma il genio di Mendel non fu certo di quelli fiammeggianti, trasmessi da un tocco angelico. Al contrario dovette lavorare duramente, quasi in modo ossessivo, alle proprie ricerche. E tuttavia possedeva quell’un per cento di ispirazione che gli permise di valutare da un’angolazione leggermente inconsueta i risultati raggiunti. Fu quel lampo di consapevolezza a permettergli un’impresa geniale: proporre le leggi dell’ereditarietà che a sua insaputa avrebbero fondato una nuova scienza, la genetica. Mendel non fu quell’uomo da taluni strumentalmente presentato come eccezionale, l’eroico padre della genetica, ma ciò non diminuisce i suoi meriti: ebbe un’idea, e dedizione sufficiente da svilupparla e trasformarla in un risultato concreto.»
Nel quieto giardino di un monastero in Moravia, un monaco agostiniano incrociava da tempo specie diverse di piselli. Pubblicò i risultati dei suoi studi in oscure riviste, senza suscitare alcuna eco o curiosità. Finché all’improvviso, 16 anni dopo la sua morte, nel 1900, il suo nome riemerse e iniziò a circolare in molte pubblicazioni e congressi scientifici: padre Gregor Mendel (1822-1884), in quel piccolo orto, aveva infatti scoperto le leggi dell’ereditarietà – da solo, seguendo il suo personale metodo, mentre gli scienziati più celebri del suo tempo lo ignoravano o lo deridevano.
Oggi, nell’epoca del Progetto Genoma e delle biotecnologie, comprendere la nascita e l’evoluzione della genetica diventa ancora più importante. Da un lato perché così la straordinaria scoperta mendeliana si inserisce nello sviluppo delle scienze biologiche, e in particolare della teoria dell’evoluzione: dall’altro perché essa suggerisce una serie di riflessioni su una della grandi questioni della scienza: che cos’è la vita?
Quello di Robin Marantz Henig è il documentato e affettuoso omaggio a uno scienziato schivo e riservato, e troppo spesso sottovalutato o strumentalmente equiparato a un genio. E la storia dl una grande passione per il sapere, perseguita con intuizione e infinita applicazione e destinata a sfociare in una scoperta rivoluzionaria
Robin Marantz Henig è autrice di sei libri, tra cui A Dancing Matrix: How Science Confronts Emerging Viruses, per il quale è stata nominata autore dell’anno dalla American Society of Journalists and Authors. Si occupa di scienza per varie testate tra cui «New York Times Magazine», «Civilization», «Discover» e «USA Today».
Giochiamo con la Filosofia
Autore/i: Bencivenga Ermanno
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, prefazione e introduzione dell’autore.
pp. 228, Milano
«Questo è un libro che dovrebbe essere “usato”, non “letto”. Spero che cerchiate ad ogni passo di anticiparlo, di contraddirlo… Spero che vi irriti, e che vi chiediate perchè; che vi sembri sciocco e gratuito, e malgrado tutto vi coinvolga.»
La filosofia è una pratica, un’attività, come costruire case o recitare in teatro, ma una pratica che non serve affatto (anzi, spesso è controproducente) per stare al mondo.
La filosofia non tratta del mondo, di questo mondo almeno, del mondo delle cose che esistono davvero: è un gioco irriverente e perverso che parte dalle cose che esistono davvero ma poi le sconvolge, le critica, ne dichiara l’illegittimità, apre le porte al dubbio, all’incertezza, alle domande più inopportune, disegnando allo stesso tempo altri mondi, mondi puramente possibili, corsi che la storia avrebbe potuto prendere (e, se li avesse presi, la filosofia contesterebbe anche quelli).
Allo stesso tempo, questo gioco è estremamente utile: come quello del bambino, ci prepara per quando le cose succederanno sul serio, ci insegna a fronteggiare situazioni nuove e impreviste. Leggendo questo libro imparerete a giocare al filosofo così come si impara qualsiasi altra attività: mettendoci le mani dentro, esercitandovi. Non sarà un gioco facile, e a tratti risulterà anche inquietante, ma come ogni gioco sottile e complesso potrà arricchirvi e appassionarvi, e magari catturarvi per sempre.
Ermanno Bencivenga è nato a Reggio Calabria nel 1950, ed è professore ordinario di filosofia presso l’Università di California. Ha insegnato anche alle Università di Pittsburgh, Milano, Bologna e Salisburgo, e alla Rice University di Houston. Ha pubblicato dieci libri e una cinquantina di saggi di logica, estetica, filosofia del linguaggio e storia della filosofia; tra i suoi testi italiani ricordiamo Il primo libro di logica (Torino, 1984) e Tre dialoghi: un invito alla pratica filosofica (Torino, 1988). È direttore della rivista internazionale di filosofia «Topoi».
Prefazione
Introduzione
I. La sbornia
II. Il nome della cosa
III. Forza di volontà
IV. Pranzo natalizio
V. Il senso della storia
VI. Babbo Natale e la sua slitta
VII. Una gita in montagna
VIII. Un rapporto difficile
IX. Il computer e l’anima
X. Epilogo
Il Libro Tibetano del Pane
Titolo originale: The Tassajara Bread Book
Autore/i: Espe Brown Edward
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
introduzione dell’autore, traduzione di Dario Ferrari.
pp. 200, illustrazioni b/n, Milano
Un libro di culto in tutto il mondo che dagli anni Settanta a oggi, nelle sue diverse edizioni, ha ispirato milioni di persone.
Siamo quello che mangiamo, e se non c’è nulla di più buono e semplice del pane, anche impastare e cuocere una pagnotta può avere un significato spirituale, può metterci in contatto con il nostro io più profondo.
È questo lo spirito del Libro tibetano del pane, tradotto qui in italiano per la prima volta e scritto nel centro zen di Tassajara, in California: un ricettario ricco di idee per cucinare, alimentarsi e vivere all’insegna del vero benessere.
Edward Espe Brown, insegnante zen americano, monaco dal 1971, è autore di numerosi libri di cucina ispirati alla filosofia zen. Attualmente dirige il centro buddhista Peaceful Sea Shangha a Fairfax, California.
Piedi Neri – Ricordi di Vita tra gli Indiani
Titolo originale: Blackfeet and Buffalo – Memories of Life Among the Indians
Autore/i: Willard Schultz James
Editore: Rusconi
prima edizione, a cura e con una introduzione di Keith C. Seele, traduzione dall’inglese di Grazia Maria Griffini, in sovraccoperta: Schiena Grassa di Bisonte Toro, capo della tribù dei Blood, Olio su tela di George Catlin, 1832.
pp. 472, 1 cartina b/n, Milano
Black Feet (Piedi Neri), traduzione integrale dell’indigeno Siksika, è il nome di una confederazione di tribù indiane di lingua algonchina dell’America Settentrionale.
I Piedi Neri veri e propri, detti anche Piedi Neri Settentrionali, i Kainak o Sangue (Blood) e i Pikuni (Piegan) controllavano, anticamente, il territorio nord-occidentale della grande pianura a est delle Montagne Rocciose sino all’Alberta, nel Canada, e si opposero con grande determinazione e violenza all’immigrazione-invasione dei Bianchi.
Queste tribù, nella storia, hanno tratto sostentamento quasi esclusivamente dalla caccia al bisonte. Non conoscevano dimore stabili né la coltivazione dei campi. Il loro costume di vita era arretrato, dal momento che esse, stanziate tra i due corsi sorgivi del fiume Saskachewan, non possedevano né canoe né cavalli e cacciavano facendo uso di armi primitive.
Solo intorno al 1730 i Piedi Neri ebbero il cavallo attraverso gli Shoshoni o Serpenti quando questi mossero guerra e sconfissero con la loro mobilità i Pikuni. Del fucile entrarono in possesso, invece, attraverso il commercio – mediato da Cree e Assiniboine – con Francesi e Inglesi del Canada.
Impavidi e infaticabili guerrieri a cavallo, i Piedi Neri intrapresero lunghe scorrerie nel nord e nel sud sino alla frontiera con il Messico e contemporaneamente combatterono contro Inglesi e Francesi e Statunitensi; contro Cree, Sioux, Assiniboine, Crow, Cheyenne e Shoshoni.
I Cavalieri del Nord si batterono persino con i Kutenai e i Flathead sugli altipiani delle Montagne Rocciose e con i trappers della Hudson’s Bay Company, della Northwest Company scozzese e dell’American Fur Company.
Nel 1832 i Piedi Neri assalirono il grande rendez-vous dei trappers presso Pierre’s Hole, con il risultato che i trappers, tiratori scelti, inflissero loro perdite gravissime.
Dopo che i superstiti ne ebbero diffuso la notizia, i Piedi Neri, nei venti anni che seguirono, si guardarono dall’attaccare ancora i Bianchi. In seguito giunsero per loro gli anni difficili della vita nelle Riserve.
James Willard Schultz, senza essere giornalista, è stato il cronista della vita quotidiana del Popolo dei Piedi Neri. Sposato con una donna pikuni, Schultz divenne membro della tribù con il nome di Apikuni. Intorno al 1880 conobbe George Bird Grinnell e insieme diedero un nome a molti ghiacciai e vette delle Montagne Rocciose. Collaborò con «Forest and Stream», la rivista di Grinnell, scrisse trentasette libri ed ebbe un ruolo importante nella realizzazione del Glacier National Park.
Apikuni venne sepolto (1947) nel cimitero indiano di Two Medicine Valley nella Riserva dei Piedi Neri.
Il Culto di Internet – L’Interconnessione Globale e la Fine del Legame Sociale
Autore/i: Breton Philippe
Editore: Testo & Immagini
prima edizione, introduzione dell’autore, traduzione dal francese di Roberto Marro.
pp. 144, Chieri (Torino)
Internet è oggi l’oggetto di un vero e proprio culto, di un misticismo che auspica l’avvento di una «società mondiale dell’informazione» in cui il nuovo legame sociale sarà fondato sulla collettivizzazione delle coscienze e la separazione dei corpi. In questo «nuovo mondo», in cui l’informazione e il valore fondamentale, si sta sviluppando un inedito modello di religiosità, in cui convivono il pensiero di Teilhard de Chardin e il buddhismo zen, l’eredità di Norbert Wiener e della prima cibernetica e le influenze delle controculture degli anni Sessanta. Una visione che mette in campo alcune fra le credenze più radicate della cultura americana, come il puritanesimo, il manicheismo, la ricerca dell’armonia sociale e il giovanilismo. Tutto ciò, però, rischia di avere rilevanti conseguenze sul nostro modo di vivere in società. In sostanza, sta nascendo una nuova forma di collettivismo fortemente normativo, legato alle costrizioni universalizzanti dei processi dell’informazione. Questo collettivismo non rischia però di realizzarsi a prezzo di una perdita di tutto ciò che attiene al corpo, all’interiorità, alla memoria, alla comunicazione diretta, insomma, all’essenza della nostra umanità? In questo volume, Philippe Breton risponde a domande stringenti e attuali: da dove viene questo nuovo culto, quali sono le sue radici storiche, quali le ragioni del suo successo? Nei suoi eccessi, non è portatore di un rischio gravissimo per un legame sociale sempre più fragile? Quali rapporti ha con una globalizzazione e un liberalismo sempre più aggressivi e spersonalizzanti?
Philippe Breton e ricercatore al CNRS (Laboratoire de Sociologie de la Culture Européenne di Strasburgo) e insegna all’università Paris-I-Sorbonne. È autore, fra l’altro, di La storia dell’informatica (1992), L’utopia della comunicazione (1995) e La parole manipulée (1999).
Manuale di Psicodiagnostica di Rorschach
Per psicologi, medici e pedagogisti
Autore/i: Bohm Ewald
Editore: Giunti Gruppo Editoriale
terza ristampa, prefazioni dell’autore, traduzione e nota di Virgilio Rizzo.
pp. 640, Firenze
La traduzione italiana di quest’opera, ormai nota in tutti gli ambienti psicologici del mondo, è stata condotta sulla terza edizione tedesca, completamente riveduta e notevolmente ampliata rispetto alle precedenti. Uno dei pregi più evidenti di quest’ultima edizione è il completo aggiornamento critico bibliografico sui più recenti sviluppi della diagnostica rorschachiana.
Quest’opera presenta un’adeguata impostazione metodologica, ugualmente critica verso le due tendenze estreme che si manifestano nel campo del Rorschach e che vengono accreditate da più centri: da una parte l’elaborazione statistica e meccanica dell’aspetto formale, dall’altra l’elaborazione puramente psicologica del contenuto, o la sua elaborazione sotto la visuale esclusiva della psicologia del profondo. È dunque essenzialmente il “Rorschach classico” quello che viene proposto nel presente trattato.
Il libro sarà utile non solo agli specialisti del Rorschach ma anche agli studenti ed agli psicologi in genere. Le parti più importanti per i principianti sono poste in chiara evidenza tipografica. Coloro che posseggono già una certa conoscenza del Rorschach troveranno risposta a un gran numero di questioni dettagliate che si riveleranno utili a una seconda lettura per gli iniziandi.
La Dimensione della Psicologia Sociale
Temi di ricerca e aree di intervento
Autore/i: Autori vari
Editore: La Nuova Italia Scientifica
presentazione e cura di Bruna Zani.
pp. 432, Roma
La psicologia sociale dispone oramai di un patrimonio di concetti e di strumenti metodologici tali da realizzare uno stretto collegamento fra teoria, ricerca e intervento nella realtà.
Un tale convincimento anima e conferisce una precisa fisionomia a questo volume, il primo di “psicologia sociale applicata” nel nostro panorama editoriale. In questa prospettiva, ciascun contributo si propone di declinare il quadro teorico-critico offerto in adeguate metodiche operative; e ciò tenendo Conto della specifica complessità della situazione italiana e dei problemi che essa impone.
Nella prima parte vengono percorsi, al confine con altre aree disciplinari, alcuni ambiti dell’indagine psicosociale: la psicologia economica, del lavoro e delle organizzazioni, dell’ambiente e del turismo.
Successivamente, la trattazione si sofferma sulle relazioni interpersonali e tra gruppi, studiandone la configurazione in determinati contesti quali i rapporti interetnici, la dimensione familiare, i gruppi minoritari, le comunicazioni sociali e di massa.
L’ultima parte, infine, propone un’ampia ricognizione in tema di promozione del benessere considerando, in particolare, il rapporto salute-malattia, la prevenzione del disagio adolescenziale, la genesi e la remissione delle tossicodipendenze.
Questo volume è stato espressamente pensato per la formazione di base e l’aggiornamento dello psicologo, con l’intento di contribuire alla definizione di una figura professionale in cui approccio teorico e pratica sociale devono richiamarsi vicendevolmente.
Bruna Zani insegna Psicologia sociale e Psicologia di comunità presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Bologna.
Per La Nuova Italia Scientifica ha già pubblicato il volume La comunicazione, con Patrizia Selleri e Dolores David.
La Scatola di Houdini – Le Arti della Fuga
«C’è qualcosa di assurdo e di terribile nel fatto che ciò da cui vogliamo evadere è spesso costruito, ingegnosamente, da noi stessi?»
Autore/i: Phillips Adam
Editore: Ponte alle Grazie
traduzione di Laura De Tomasi e Giuliano Luna, titolo originale: Houdini’s Box On the Arts of Escape, in copertina: Houdini appeso a testa in giù, marzo 1916, in retrocopertina: Houdini mostra come sfilarsi le manette, 1918.
pp. 192, Milano
Uscire da un sacco chiuso in un baule; liberarsi da un letto di contenzione psichiatrico; evadere dalla Cella della Tortura Cinese ad Acqua, da molti giudicato il più grande numero di Houdini, il re della fuga, fuga che diventa il filo conduttore di questo libro, indagata da un punto di vista psicanalitico con riferimento all’intera condotta umana, alla sfera sessuale, interpersonale e sociale.
La storia del famoso mago Houdini, campione insuperato nell’arte dell’evasione da ogni sorta di costrizione e impaccio, si alterna ai casi clinici raccolti dall’autore incentrati in vario modo sul tema della fuga. Phillips riconduce il repertorio della magia di Houdini alle sue vicende familiari – segnate dal fallimentare tentativo del padre, un dotto rabbino dell’Europa dell’Est, di integrarsi nella società americana – alle sue aspirazioni personali di riscatto e di successo e alle tendenze della nuova società di massa dominata dalle logiche della pubblicità, dalla spettacolarizzazione e dal consumo.
Ma il ritratto di Houdini proposto in questo saggio è soprattutto un ritratto emblematico, attraverso il quale il lettore può cogliere processi psicologici e comportamentali che riguardano tutti noi e le nostre scelte pratiche ed esistenziali, sempre implicate nel gioco dialettico tra evasione e accettazione del rischio, tra mistificazioni e ideali, tra illusioni, scetticismo e convinzioni. Houdini, l’uomo che sfugge solo da costrizioni create dalla sua ingegnosa e fertile immaginazione, diventa così l’icona del mito moderno della fuga.
Adam Phillips, autore di numerosi saggi, è stato Primario di psicoterapia infantile al Charing Cross Hospital di Londra. È stato definito “uno dei più importanti pensatori psicoanalitici contemporanei”. Di Adam Phillips Ponte alle Grazie ha pubblicato I lombrichi di Darwin e la morte di Freud.