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Stella Gialla – Ebrei e Pregiudizio

Stella Gialla – Ebrei e Pregiudizio

Autore/i: Calimani Riccardo

Editore: Rusconi

prima edizione, ringraziamenti e prefazione dell’autore.

pp. 288, Milano

Ebreo, giudeo, israelita, israeliano, sionista: non è facile districarsi tra tante diverse identità. Di ebrei si parla magari troppo, ma senza saperne molto. Per esempio quasi tutti sono convinti che l’antisemitismo sia un fenomeno persistente ed antico e pochissimi sanno, in realtà, che l’antisemitismo è nato solo alla fine del XIX secolo, legato alla moderna idea di razza. Quasi tutti pensano che il popolo ebraico sia stato sempre perseguitato e ben pochi si rendono conto che, se questo fosse corrispondente al vero, una simile straordinaria sopravvivenza nel corso di tanti secoli sarebbe stata impossibile.
Capro espiatorio delle contraddizioni della maggioranza della società, gli ebrei sono certo stati molto odiati, eppure hanno saputo suscitare in numerosissime occasioni vaste simpatie e ampie solidarietà.
Calimani, sulla base di una rigorosa ricerca storica, smonta in modo sistematico, numerose idee tanto diffuse quanto assolutamente infondate e, senza riguardi per nessuno, ricerca le origini del pregiudizio verso gli ebrei e ne analizza le matrici teologiche.
Nel rapporto tra ebrei e pregiudizio si riflettono le contraddizioni e i paradossi della civiltà europea: capirne fino in fondo i meccanismi serve non solo a conoscere le vicende di un piccolo popolo perseguitato, ma ad afferrare aspetti di un interesse più generale che coinvolge tutta la società.

Riccardo Calimani, nato a Venezia nel 1946, è laureato in Ingegneria elettrotecnica all’Università di Padova e in Filosofia della Scienza all’Università di Venezia. Nel 1975 ha pubblicato il primo romanzo, Una di maggio; nel 1981, un testo di divulgazione scientifica, Energia: più dubbi meno certezzze; nel 1984, Di ebrei, di cose ebraiche e del resto, una raccolta di articoli apparsi sul mensile «Shalom». Nello stesso anno ha riproposto Il Dialogo sull’ebraismo del rabbino veneziano Simone Calimani (1699-1784), e ha curato La polenta e la mercanzia, trentatré interviste sulla trasformazione del Veneto. Nel 1985 è uscito, nel volume collettivo Amoureux Fous de Venise, un suo profilo di Leone da Modena dal titolo Le Joueur du ghett. La Storia del ghetto di Venezia, già tradotta in Germania, in Francia e negli Stati Uniti, è edita in Italia da Rusconi Libri (1985), come La Storia dell’ebreo errante (1987), Gesù ebreo (1990) e Storie di marrani a Venezia (1991), Calimani ha inoltre pubblicato Energia e informazione (1987) e, con Antonio Lepschy, Feedback (1990). Ha ottenuto il Premio Cultura Presidenza del Consiglio dei Ministri (1986) e il Premio Costantino Pavan per le culture locali (1987).

Trattato del Carattere

Trattato del Carattere

Titolo originale: Traité du caractère

Autore/i: Mounier Emmanuel

Editore: Edizioni Paoline

ottava edizione riveduta da A. De Simone sull’ultima francese del 1961, introduzione di Giorgio Campanini, versione integrale dal francese di Clotilde Massa e Paolo De Benedetti.

pp. 978, Milano

Riproporre un’opera complessa e problematica qual è il Trattato del carattere di Emmanuel Mounier, la cui traduzione italiana giunge ora alla ottava edizione, significa insieme riconoscerne e riproporne l’attualità. È l’attualità di una caratterologia, come quella di Mounier, compattamente incentrata sulla categoria di persona ed orientata nel senso del recupero, appunto attraverso il riconoscimento della radicalità della persona, di una qualche forma di «unità del sapere». Dopo i discorsi sull’uomo appare necessario condurre più a fondo il discorso dell’uomo, ed è appunto questo il significato di fondo di questo Trattato.
Scritto e redatto in drammatiche circostanze – negli anni bui della guerra, In umbris, come scrive lo stesso autore nella dedica dell’opera – il Trattato rappresenta insieme una «scommessa per l’uomo» in anni tragici per l’Occidente e un essenziale punto di riferimento per la ricostruzione dell’itinerario della caratterologia di ispirazione personalista.
La lettura del Trattato del carattere, oltre che illuminare uno dei momenti più significativi della ricerca del personalismo francese della metà del nostro secolo, arricchisce di preziosi spunti di riflessione un discorso pedagogico condotto in prospettiva personalistica e attraverso un costante dialogo con la cultura moderna ed in particolare con i tre «maestri del sospetto» (Marx, Nietzsche, Freud)

EMMANUEL MOUNIER nacque a Grenoble il 1° aprile del 1905 e morì il 22 marzo del 1950, di infarto, ad appena 45 anni. Nel 1927 si laurea in filosofia e cinque anni dopo fonda la rivista  «Esprit», che vede la luce nell’ottobre del 1932. In questo tempo intensifica il suo rapporto di amicizia con Maritain, al quale confida, tra l’altro, con quale spirito egli intenda il proprio lavoro intellettuale. Nel 1935 pubblica Révolution personnaliste et communitaire e l’anno successivo De la proprieté capitaliste à la proprieté humaine e Manifeste au service du personnalisme: l’anno stesso in cui Maritain dà alla stampa Humanisme intégral.
È presente più che mai nelle opere di questi anni il tema mounieriano della “rottura con il disordine stabilito”, cioè la denunzia della società occidentale e l’elaborazione di una sorta di progetto alternativo per fondare una nuova società personalista e comunitaria.
Nel 1939, alla vigilia della tragedia bellica, Mounier pubblica Pacifiste ou bellicistes?, e tre anni dopo «Esprit» sospende le pubblicazioni per ordine del governo di Vichy. Riprenderà nel 1945.
Nel Traité du caractère (1947) il pensatore francese fa un vastissimo affresco psicologico sulla persona. L’opera costituisce, se non certo una parentesi, indubbiamente un “intermezzo” fra gli scritti prevalentemente politici degli anni ’30 e quelli marcatamente filosofci degli anni ’40. Altre opere significative sono Liberté suos conditions, del 1946, e Le personnalisme, del 1949.
Il grande merito di questo grande saggista francese è di mantenere sempre aperto il dialogo tra se stesso e gli uomini. Dialogo che lo convince ad avere fiducia nell’uomo. Mounier gli viene incontro con quella sua voce inconfondibile per la semplicità, la straordinaria umiltà, ma anche per il rigore e la forza delle sue proposte, e lo invita a non consegnarsi alla desolazione.
Nel rapporto personale con gli uomini il suo stesso cristianesimo non è mai pretesto di evasione, di rinuncia o di distanza, al contrario Mounier sente che il posto del cristiano non è quello dello spettatore o della vittima, ma del protagonista di libertà e di speranza.

Giorgio Campanini, dell’Università di Parma e qualificato studioso del pensiero di Mounier, ha premesso a questa ottava edizione del Trattato del carattere una densa introduzione critica corredata da sintetici riferimenti biografici e da un’essenziale bibliografia.

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INTRODUZIONE

  • Il Trattato nell’insieme dell’opera di Mounier
  • La composizione del Trattato
  • La lotta per l’uomo
  • L’architettura della persona
  • Conclusione
  • Nota bibliografica
  • Cronologia essenziale
  • Avvertenza
  • IL MISTERO DELLA PERSONA
  • LE PROVOCAZIONI DELL’AMBIENTE
  • LE TENSIONI EMOTIVE
  • LA CONCENTRAZIONE VITALE
  • LA LOTTA PER IL REALE
  • LA PADRONANZA DELL’AZIONE
  • L’IO FRA GLI ALTRI
  • L’AFFERMAZIONE DELL’IO
  • L’INTELLIGENZA IN AZIONE
  • LA VITA SPIRITUALE NEI LIMITI DEL CARATTERE

INDICE DEI NOMI
INDICE ANALITICO

La Malattia di Sachs

La Malattia di Sachs

Titolo originale: La Maladie De Sachs

Autore/i: Winckler Martin

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

prima edizione, prologo dell’autore, traduzione dal Yasmina Melaquah, collana: I Narratori.

pp. 488, Milano

“Nella sala d’attesa del dottor Bruno Sachs i pazienti soffrono in silenzio. Nello studio del dottor Sachs i lamenti si dipanano, i dolori si diffondono. Su fogli e quaderni Bruno Sachs scarica l’eccesso di dolore delle persone che ha in cura. Ma chi cura la malattia di Sachs?” Nelle pagine del romanzo si anima un mondo che Bruno Sachs attraversa con le spalle curve sotto il peso di una straordinaria “pietas”, facendosi silenziosamente, umilmente carico di tutta la sofferenza che tenta di alleviare.
I pazienti, pagina dopo pagina, descrivono gli incontri con il giovane medico e ci restituiscono la figura di un solitario e malinconico scapolo, avvolto da una segreta tristezza, che trascorre le serate a scrivere, riempiendo quaderni su quaderni di testi misteriosi. Quando infine Sachs prende la parola, la sua è una voce arrabbiata, con un potente obiettivo polemico: la medicina e il modo inumano di praticarla. È la voce del dottore, finalmente, ed è una voce infinitamente arrabbiata contro la medicina, contro il modo tradizionale di esercitarla, considerata come un potere del medico contro il paziente. Con una scrittura impeccabilmente controllata, senza alcuna concessione a compiacimenti stilistici. Un grande romanzo, di rara intensità emotiva, in cui il ritratto di un medico assume, nel suo farsi, tale intensità drammatica da catturare il lettore come in un giallo.

Martin Winckler (nato Marc Zaffran; 22 febbraio 1955, in Algeria francese ) è un medico francese, scrittore di romanzi e saggi. I suoi argomenti principali sono il sistema medico francese, la relazione di guarigione e la contraccezione; ha anche scritto articoli e libri critici su serial televisivi (è uno dei primi specialisti di questo argomento in Francia). Nel 1984, i suoi primi racconti furono pubblicati sotto uno pseudonimo: Martin Winckler. Questo nome è un omaggio al grande scrittore francese Georges: Gaspard Winckler è uno dei personaggi principali di La Vie d’emploi, un libro molto importante nell’educazione letteraria di Marc Zaffran. Il suo primo romanzo La Vacation (1989) introduce il personaggio centrale dei suoi grandi romanzi, Bruno Sachs MD, che divenne famoso in Francia con il suo secondo romanzo pubblicato La Maladie de Sachs.

La Regalità di Cristo – Pitture Murali in Sant’Abbondio a Como

La Regalità di Cristo – Pitture Murali in Sant’Abbondio a Como

Collana Artistica della Fondazione Gruppo Credito Valtellinese

Autore/i: Trevi Carla

Editore: Skira Editore

pp. 318, 519 illustrazioni b/n e a colori, Milano

«La basilica di Sant’Abbondio a Como è uno dei più importanti monumenti romanici d’Europa. Un luogo di culto, riferimento di tutti i tempi di fedeli e amanti dell’arte, che amano visitarlo per le sue bellezze architettoniche, le splendide opere scultoree che ospita e la ricca dotazione di affreschi che ne abbelliscono le pareti e le volte.
Sant’Abbondio è oggi al centro dell’attenzione per il fatto che mille anni fa – 1010 – il vescovo Alberico decise di costituire all’interno dell’antica basilica paleocristiana edificata attorno al 400, (e dedicata al patrono della città nell’anno 818), un monastero benedettino maschile.
Stranamente nonostante la sua fama più che millenaria, alla basilica di Sant’Abbondio non è stata dedicata un’interessante storiografia.
Da qui la decisione del Gruppo Creval di dedicare la loro pubblicazione del 2011, il miglior regalo per tutti i cultori dell’arte pittorica medioevale.»

Le Origini dell’Ideologia Fascista (1918 – 1925)

Le Origini dell’Ideologia Fascista (1918 – 1925)

Autore/i: Gentile Emilio

Editore: Editori Laterza

prima edizione, introduzione dell’autore.

pp. X-484, Roma

Contraddicendo la tesi storiografica liberale, Emilio Gentile afferma che un’ideologia fascista c’è stata, e ha avuto anzi una funzione centrale nell’acquisizione al fascismo del consenso dei ceti medi, in Italia e all’estero. Dopo aver chiarito quanto quell’ideologia recuperò dai movimenti politico-culturali al fascismo più congeniali – dal combattentismo al futurismo, dal sindacalismo nazionale al fiumanesimo dal nazionalismo all’idealismo gentiliano – l’Autore ne mette in luce i legami con ambizioni politiche, interessi di classe, sentimenti e aspirazioni di gruppi e individui, nel quadro generale della crisi dei valori liberali.

Emilio Gentile
, nato a Bojano (Campobasso) nel 1946, svolge attività didattica presso l’Istituto di storia moderna dell’università di Roma. Ha pubblicato il volume «La Voce e l’età giolittiana» (Milano 1972). Collabora alle riviste «Storia contemporanea» e «Clio».

La Rime et la Raison – Les Collections Ménil (Houston – New York)

La Rime et la Raison – Les Collections Ménil (Houston – New York)

Exposition Galeries nationales du Grand Palais, Paris, 17 avril-30 juillet 1984 – organisée par la Réunion des Musées Nationaux et la Ménil Collection (Houston)

Autore/i: Autori vari

Editore: Éditions de la Réunion des Musées Nationaux

prefazione di Hubert Landais, introduzione di Dominique de Ménil, presentazioni di Walter Hopps, Bertrand Davezac, Jean-Yves Mock.

pp. 424, completamente illustrato a colori e b/n, Paris

Dalla prefazione:
«Pourquoi la rime, pourquoi la raison? Existerait-il un lien mystérieux unissant collectionneurs et poètes? Pour les uns comme pout les autres, la rime ne fait que suggérer les concordances; pour le collectionneur, les objets ont le poids des mots que le poète fait chanter à sa maniere, leur ordonnance raisonnée donnant a chaque poème comme a chaque collection son caractère unique, irremplaçable.
De la vient sans doute la fascination qu’exercent les collections sur le public et les amateurs, fascination liée a la joie des découvertes, a l’envoûtement des objets témoins a la fois de leur complémentarité et de l’amour de ceux qui les ont choisis.
Histoire de la sensibilité, plus encore qu’histoire du gout, l’histoire des collections contemporaines n’a été encore qu’ébauchée; de nombreux ensembles heureusement conservés, aux États-Unis notamment, témoignent de la sensibilité des collections de ce siècle, ainsi ceux qu’ont laissés a New York J. Pierpont-Morgan, Henry Clay Frick, John Hay Whitney, ou les Rockefeller; à Washington Andrew Mellon, ou Duncan Phillips; a Boston Isabella Stewart Gardner; a Philadelphie Walter Arensberg ou le Dr. Alfred Barnes…
Les collections d’une famille française, celle de Monsieur et Madame de Ménil, ont pour nous l’attrait supplémentaire d’une complicité particulière, d’ou notre fierté de pouvoir présenter a Paris des œuvres jamais montrées dans leur ensemble, même si certaines d’entre elles ont figuré dans des expositions célèbres en Europe et aux États-Unis. […]»

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  • Hubert Landais – Avant-propos
  • Dominique de Ménil – Le rime et la raison
  • Walter Hopps – Les collections Ménil et la présente exposition
  • Bertrand Davezac – La transparence de l’Histoire
  • Jean-Yves Mock – L’unité de L’Un
  • La rime et la raison: Structure visuelle du l’exposition
  • Catalogue
  • Crédits photographiques

Josefine Mutzenbacher Ovvero la Storia di una Prostituta Viennese da Lei Stessa Narrata

Josefine Mutzenbacher Ovvero la Storia di una Prostituta Viennese da Lei Stessa Narrata

Titolo originale: Josefine Mutzenbacher oder Die Geschichte einer wienerischen Dirne von ihr selbst erzählt

Autore/i: Salten Felix

Editore: Edizione CDE

premessa dell’autore, con uno scritto di Luigi Reitani, traduzione di Maria Teresa Ferrari, immagini della copertina e degli interni a cura di Fototeca Storica Nazionale.

pp. 240, Milano

Dalla Premessa:

« Josefine Mutzenbacher – il nome in realtà era un pò diverso – nacque a Vienna, nel sobborgo di Hernals, il 30 febbraio 1852. Ben presto nota alla polizia, esercitò la professione dapprima in ordinarie case di piacere dei quartieri periferici, poi al servizio di una mezzana che durante il 1873, l’anno del decollo economico e dell’Esposizione Universale, riforniva la migliore società di ragazze di vita…
Fu allora che Josefine scomparve da Vienna in compagnia di un russo, per far ritorno dopo qualche anno, ricca e bellissima, nella sua città natale, dove visse sino al 1894 come famosa prostituta d’alto bordo.
Successivamente acquistò un piccolo podere nei pressi di Klagenfurt, e qui trascorse i suoi giorni in una grande solitudine, ben presto aggravata dalla malattia – un male femminile di cui Josefine morirà più tardi -, durante la quale scrisse la storia della sua fanciullezza.
Alcune settimane prima della difficile operazione che la porterà alla morte, consegnò il manoscritto al suo medico. Lo presentiamo come documento di rara sincerità, come confessione preziosa e insolita che risulterà interessante per la vita erotica dell’epoca nostra, anche da un punto di vista storico e culturale. Alle confessioni di Josefine Mutzenbacher non sono state apportate modifiche sostanziali. Ci si è limitati a correggere errori stilistici e inesattezze linguistiche, e a sostituire i nomi di alcuni noti Personaggi di cui le sue memorie fanno menzione. Morì in sanatorio il 17 dicembre 1904. »

Essere o Malessere – Le Neurosi Viscerali

Essere o Malessere – Le Neurosi Viscerali

Autore/i: Gaglio Massimo

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

prima edizione.

pp. 272, nn. figure b/n, Milano

È ipotesi di lavoro di questa collana che la medicina – come la scienza – sia un modo del potere: che, anzi, nella conversazione e gestione scientifica di dottrine e pratiche, contenuti e messaggi, enti e funzioni, ruoli e istituti, divenga propriamente potere, sostanza e forma del suo esercizio. Ma un’ipotesi già formulata ha bisogno di nuove verifiche, ulteriori ricerche, più ampie ricognizioni che attraversino tutte le mappe della cittadella sanitaria. Il potere che le appartiene, può celarsi in ogni suo punto ma estinguersi in nessuno: cercarlo e scoprirlo è già sfidarlo.

Chi sono i protagonisti delle neurosi viscerali, queste malattie “senza lesione” che provocano disturbi e sofferenze a chi vive attorno a noi e con noi? Sono i cultori della scienza medica e “gli agenti” della medicina pratica, una scienza e una pratica che nega quelle e maltratta questi? O forse sono i “gruppi sociali”, la società nel suo complesso che ne chiede la medicalizzazione, talvolta con petulanza, privilegiando il diritto nell’assistenza e non il diritto alla salute? Esiste un’alternativa, una terza via, che preserva e restituisce il benessere a certe condizioni, biologicamente e storicamente avvertire? La incisività della medicina si misura con l’identificazione delle cause: e dunque, non un “sistema” astratto e impersonale, ma precise motivazioni di sfruttamento, oppressione, egoismo sono alla base di queste, e altre malattie.
Il libro non è tanto uno scandalo (la denuncia e la “sistemazione” delle categorie mediche nel danno e nello spreco) e non è solo un esempio (come riscrivere molti capitoli di un trattato “moderno”). Ma è certamente un duro scontro tra “l’essere” della nuova medicina e il “potere del malessere”, che ciascuno e tutti possiamo ribaltare.

Massimo Gaglio è professore di Semeiotica medica all’Università di Catania: da trent’anni impara e insegna medicina interna con gli studenti, i malati, i medici, le persone con cui viene in contatto. Ha pubblicato oltre 150 lavori di ricerca medica ed è stato relatore in parecchi congressi italiani ed esteri. Partecipa al gruppo redazionale della rivista “Sapere”.

Fra Regole e Utopia – Ipnosi e Pratica per una Identificazione del Campo Psichiatrico

Fra Regole e Utopia – Ipnosi e Pratica per una Identificazione del Campo Psichiatrico

Autore/i: Autori vari

Editore: Cooperativa Editoriale «Psichiatria Democratica»

unica edizione, a cura di Paolo Crepet, Giovanni De Plato, Domenico De Salvia, Maria Grazia Giannichedda, prefazione di Giovanni De Plato (presidente della Cooperativa).

pp. 362, Bologna

«Testi a cura di: Pietro Ingrao, Marcello Cini, Salvatore Senese, Giorgio Bignami, Franca Ongaro Basaglia, Pier Francesco Galli, Luciano Carrino, Domenico Casagrande, Fabrizio Ciappi, Paolo Crepet, Giovanni De Plato, Domenico De Salvia, Maria Grazia Giannichedda, Rino Giuliani, Vieri Marzi, Alberto Parrini, Agostino Pirella, Angelo Righetti, Vincenzo Sarli, Paolo Tranchina.»

Emerge, a quattro anni dalla riforma, che questo sistema e le sue forze di governo non sono in grado di misurarsi con la crescita dei processi democratici e con lo sviluppo delle scienze alternative, perché è così ridotta la loro possibilità di rinnovamento da vivere come minaccia alla natura del loro potere ogni espressione di novità, in particolare se culturale.
Occorre non lasciarsi intimorire dai pericoli di questo sistema dominato da una ragione sempre più disumana, né farsi prendere dallo sconforto e dalla rinuncia per impotenza. Questa nostra cooperativa di operatori democratici vorrebbe essere, anche se condizionata da così modeste forze, un segnale di una volontà ancora di lotta per la difesa e la crescita dei diritti alla salute e alla vita, in particolare di quegli uomini piegati dalla sofferenza o menomati dalla malattia.
Per queste ragioni la Cooperativa si sforzerà, coi limiti dei mezzi di chi ha rifiutato una produzione protetta e mercantile del sapere, di dare un contributo di conoscenze e di strumenti perché ogni persona possa riappropriarsi di una idea di «cura del proprio modo di vita» e di una capacità di progettare una esistenza felice per sé e per gli altri.

In Terrasanta – Pellegrini Italiani tra Medioevo e Prima Età Moderna

In Terrasanta – Pellegrini Italiani tra Medioevo e Prima Età Moderna

“… ll pellegrinaggio ai Luoghi Santi nel Medioevo …”

Autore/i: Cardini Franco

Editore: Società Editrice Il Mulino

introduzione dell’autore.

pp. 536, nn. figure b/n f.t., Bologna

“Un racconto vertiginoso e affascinante”. (Mariateresa Fumagalli Beonio-Brocchieri)

“Un libro nello stesso tempo specialistico e affascinante come un romanzo d’avventure”. (Mario Baudino)

Nel Medioevo il pellegrinaggio ai Luoghi Santi fu un fenomeno di grande rilievo non solo per gli aspetti religiosi ma anche per quelli culturali, sociali, economici e artistici. Cardini racconta una storia di avventure e di mare, di rotte terrestri e nautiche, di lontani popoli e costumi, di contaminazioni culturali e di merci, di imboscate e di crociate, di brama di guadagno e di gloria, di sogni, menzogne e delusioni. Attraverso una miriade di storie individuali, si compone il quadro movimentato e multicolore di questi viaggi di devozione fra l’Italia e la Terrasanta dal Medioevo fino alla conquista ottomana di Gerusalemme nel 1516.

Franco Cardini
insegna Storia medievale nell’Università di Firenze. Tra i suoi libri recenti: “Castel del Monte” (Il Mulino, 2000) e, con Laterza, “Europa e Islam. Storia di un malinteso” (1999), “Astrea e i Titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo” (2003).

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Introduzione

  • Pellegrini, crociati e mercanti fra Tirreno e Mar di Levante
  • Il Mediterraneo fra Tre e Quattrocento
  • Storie di uomini, di carte e di parole
  • Diari e diaristi
  • Gli spazi e i tempi
  • Vita da pellegrino
  • La fede e l’immaginario

Conclusione
Note
Bibliografia
Ringraziamenti
Indici

La Vera Guerra

La Vera Guerra

Titolo originale: The Real War

Autore/i: Nixon Richard

Editore: Editoriale Corno

prima edizione, traduzione di Alda Carrer.

pp. 358, Milano

Questo libro è un vero e proprio cri de cœur rivolto non solo ai leader politici, ma a tutti i leadrer di ogni livello sociale affinchè si decidano, prima che sia troppo tardi,a schierarsi con le forze dell’America per garantirsi la sopravvivenza“. (Richard Nixon)

Dobbiamo affrontare la dura realtà” dice Richard Nixon, “la Terza Guerra Mondiale è iniziata e la stiamo perdendo“.

È una guerra che possiamo vincere, dichiara e, dalla particolare prospettiva di chi è stato presidente degli Stati Uniti d’ America, suggerisce come il suo paese possa usare le proprie forze politiche, economiche e militari per modificare la situazione. Classificando i paesi del mondo, Nixon si serve delle lezioni di storia, dalla invasione della Russia da parte dei Mongoli fino alla rivoluzione iraniana.
Esaminando la scena politica, analizza la interdipendenza delle nazioni della terra e, attingendo alla sua specifica conoscenza di ex comandante in capo delle Forze Armate Americane, valuta le rispettive possibilità militari delle nazioni mondiali.
In una strategia che nessun essere consapevole può permettersi di non considerare con attenzione, Richard Nixon esamina dettagliatamente quella che deve essere la direttiva negli anni a venire. Come si deve controbattere gli scopi amorali del blocco Sovietico sostenendo i paesi amici sia che i loro regimi rispondano o no alle ideali esigenze di democrazia.
Come si deve usare il commercio, gli aiuti economici, le eccedenze alimentari per scoraggiare i nemici dell’America dall’affrontare i rischi di una avventura militare.
Come l’America deve assumersi la leadership globale per assicurare che la guerra di annientamento non si verifichi mai.

Richard Nixon, nato nel 1913 a Yorba Linda in California, è stato il trentasettesimo Presidente degli Stati Uniti fino al 9 Agosto 1974 quando si è dimesso perché implicato nell’affare Watergate. Proveniente da una famiglia della piccola borghesia, laureato in legge, a fine guerra entra nel partito repubblicano per cui fu deputato dal 1947 al 1951 e dove si distingue come membro della Commissione per le attività anti-americane.
Nel 1950 diventa senatore e nel 1952 vien scelto da Eisenhower come candidato alla vicepresidenza, carica che ricopre per tutta la durata di questa amministrazione. Nel 1960 si presenta candidato alla presidenza in opposizione a J. F. Kennedy e vien battuto per uno scarto di circa 160.000 voti né miglior fortuna raccoglie alla competizione per Il governatorato della California. Allontanatosi per un certo periodo dalla vita politica vi ritorna nel 1968 presentandosi di nuovo alla presidenza in opposizione al democratico Humphrey e sale alla carica per la prima volta il 20 Gennaio 1969 e per la seconda volta il 20 Gennaio 1973.

Processo al Buio – Lezioni di Etica in Venti Film

Processo al Buio – Lezioni di Etica in Venti Film

Autore/i: Danovi Remo

Editore: Rizzoli

prima edizione, prologo dell’autore.

pp. 226, Milano

…Film come Erin Brockovich e Il Socio insegnano che quando la legge dà spettacolo la giustizia trionfa. Ma sarà vero?…

Il cinema americano ci ha abituati a pensare che la giustizia la fanno gli avvocati. Arringhe che commuovono le giurie, virtuosismi oratori, gestualità, presenza scenica: tecniche grazie alle quali i principi del foro riescono sempre a scagionare gli innocenti e a sbattere in galera i colpevoli. La realtà, inutile dirlo, è diversa. A spiegarcelo, attraverso aneddoti personali e fatti di cronaca, è Remo Danovi, avvocato da sempre interessato a ricostruire il profilo storico e culturale degli uomini di legge e, in particolare, della sua categoria. In Processo al buio ha scelto di farlo rileggendo piccoli e grandi classici del legal thriller, genere che al cinema ha visto il successo di pellicole come Il verdetto e Presunto innocente, film che diventano pretesti per riflettere non solo sulle improbabili ricostruzioni cinematografiche, ma sui problemi e le storture della giustizia di ogni giorno: il tutto attraverso la lente di un’etica intesa come il diritto degli altri. Capolavori immortali come Rashomon e La parola ai giurati o campioni d’incassi come Erin Brockovich e Il socio non solo hanno arricchito l’immaginario di generazioni di spettatori, ma hanno contribuito a dar forma alla nostra percezione della legge, del ruolo degli avvocati e dell’etica che li guida. Ecco perché ripensare a questi film non è un semplice esercizio di cultura cinematografica, ma piuttosto è un modo per capire cosa resta del nostro senso della legalità e della nostra capacità di distinguere fra giusto e sbagliato.

Remo Danovi, avvocato, è stato presidente del Consiglio Nazionale Forense e capo della delegazione italiana presso il Consiglio degli Ordini forensi europei. È stato docente di Deontologia forense all’Università degli Studi di Milano, e ha scritto sull’argomento numerosi libri tradotti in varie lingue. Nel 1987 ha ricevuto il Premio Rotary Professionalità e nel 1998 il Premio Palais Littéraire del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Parigi per il volume L’avocat et le refl et de son image.

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Prologo

Parte prima – La Verità e la Giustizia

  • Rashômon. La ricerca della verità
  • La parola ai giurati. La ricerca della giustizia

Parte seconda – Il Diritto e la Giustizia

  • A civil action. La responsabilità civile
  • Erin Brockovich. Forte come la verità. La giustizia è di tutti
  • La giuria. Il verdetto all’incanto
  • The rainmaker. L’uomo della pioggia. La difesa si arrende
  • Il verdetto. Le regole da seguire
  • Conflitto di classe. Tra il diritto e patrocinio infedele

Parte terza – La Legge e la Giustizia

  • Presunto innocente. La ricerca del colpevole
  • Testimone d’accusa. La difesa penale
  • Il cliente. Il bisogno di un avvocato
  • Anatomia di un omicidio. L’impulso irresistibile
  • Doppio taglio. Il transfert

Parte quarta – L’Etica e la Giustizia

  • The confession. La confessione. La questione morale
  • Il socio. L’etica professionale
  • Suspect. Presunto colpevole. L’etica del giudice
  • Omicidio in paradiso. L’etica della penale
  • Per legittima accusa. L’etica femminile

Parte quinta – La Storia e la Giustizia

  • Un eroe borghese. La scelta del cittadino
  • Avvocato! Le scelte dello Stato

Epilogo
Appendice

La Letteratura Latina dell’Età Imperiale

La Letteratura Latina dell’Età Imperiale

Autore/i: Paratore Ettore

Editore: Rizzoli

edizione aggiornata, prima edizione BUR, in copertina: Iside in un frammento di bassorilievo del 130 d.C. Roma, Museo del Campidoglio.

pp. 594, Milano

Da Fedro a Lucano, da Seneca a Persio, da Petronio a Tacito, da Plinio il Vecchio a Svetonio, da Marziale a Giovenale, da Quintiliano ad Apuleio, da Aulo Gellio a Severino Boezio, da Frontone ad Ammiano Marcellino, in questo volume Ettore Paratore, accademico dei Lincei e uno dei più insigni latinisti, individua le figure e le correnti più significative della letteratura latina dell’età imperiale, conciliando in modo mirabile filologia, storia e analisi letteraria.

Ettore Paratore, è nato a Chieti nel 1907. Dopo aver insegnato nelle Università di Catania e Torino è stato titolare della più alta cattedra di letteratura latina, quella dell’Università di Roma.
Egli è anche socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, Doctor H.C. dell’Università di Poitiers, nonché, fra l’altro, direttore della Rivista di cultura classica e medievale e della collana di studi del «Centro internazionale di studi ciceroniani».
Tra le sue numerosissime opere di storia e critica letteraria ricordiamo: «Il Satyricon di Petronio»; «La novella in Apuleio»; «Storia della letteratura latina»; «Storia del teatro latino»; commento all’«Eneide» di Virgilio per la Fondazione Valla; versione del teatro di Seneca e di Plauto.

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  • I. – L’ETÀ DELLA DINASTIA GIULIO-CLAUDIA
  • II. – L’ETÀ  DEI FLAVI E DI TRAIANO
  • III. – L’ETÀ DEGLI ANTONINI
  • IV. – L’ETÀ DEL BASSO IMPERO

Nota bibliografica
Indice dei nomi

Il Terzo Occhio – I Lama del Tibet

Il Terzo Occhio – I Lama del Tibet

Autore/i: Mulas Melina

Editore: 5 Continents Edizioni

testi di Giulio Santi e prefazione di Angela Vettese, prefazione e cura di Angela Vettese.

pp. 184, nn. fotografie b/n, Milano

Questo libro nasce dal viaggio che Melina Mulas ha intrapreso negli anni novanta tra Asia ed Europa, conducendolo con tenacia per quattordici anni alla ricerca dei maestri dell’antica tradizione spirituale tibetana: pur non volendo proporre alcuna visione religiosa, la fotografa milanese ha avvertito la necessità di documentare con metodo rigoroso una civiltà che si sta perdendo e che avrebbe ancora molto da dare all’uomo occidentale. Da questi incontri nascono i ritratti del Lama del Tibet, immagini dove protagonista è lo sguardo: quello della fotografia, quello dei maestri e il nostro, irresistibilmente astratto dal magnetismo dei volti; un invito a saper guardare, per arrivare a una migliore comprensione tra le culture.

Dall’introduzione:
«L’antica tradizione spirituale tibetana è stata protagonista del lavoro di Melina Mulas per 14 anni ha viaggiato verso l’India, il Sikkim, la Francia, l’Austria, il Nepal, la Svizzera e l’Italia. Obiettivo puntato verso i volti dei Lama buddisti. Le fotografie che ne sono derivate sono un racconto che si è tessuto come una tela nel tempo: la trama è una cultura che rischia di andare persa, l’ordito le differenti articolazioni e scuole del buddismo. Come legante una ricerca che si è svolta attraverso luoghi e relazioni umane.
Ma ritorniamo alle immagini. La loro chiave di accesso è lo sguardo: quello che noi rivolgiamo all’esterno e quello che riceviamo. Qualunque sia il nostro approccio di spettatori e grazie anche all’abilita della fotografa, ci accorgiamo di essere di fronte a sguardi particolarmente educati, capaci di un vedere che non ha nulla a che fare con una preveggenza banalmente esoterica. Tutti gli adulti ritratti ci comunicano un’intensità che deriva da anni di attenzione e di disciplina (diverso il caso dei lama bambini, individuati come reincarnazioni di grandi Lama ma ancora, ovviamente, all’inizio della loro formazione spirituale). L’effetto è stato ottenuto attraverso poche ma chiare regole: raggiungere il Lama nel luogo dov’era possibile ritrarlo; non creare ambientazioni fittizie a meno che non fosse il Lama medesimo a prescegliere un certo sfondo; non arrendersi di fronte ad alcuna condizione metereologica e quindi di luce; usare sempre una pellicola della medesima sensibilità, in modo tale da chiedere alla fotografia – e quindi al soggetto – tempi di posa diversi e a volte anche molto lunghi.
Ovvio che vengano in mente le parole di Walter Benjamin riguardo all’aura e a ciò che la generava nei ritratti fotografici di un tempo, appunto il tempo di posa che tende a sovrapporre gli istanti e a fare sedimentare un’attitudine esistenziale più che un frammento di vita. Se non sapessimo che l’autrice non è buddista, potremmo esagerare nel cercare ragioni e metodi del lavoro appunto in quella tradizione. Melina Mulas, però, è una fotografa occidentale. Il suo apparato teorico non è fatto di riferimenti intellettualistici; sarebbe una forzatura spingersi oltre una constatazione, quella dell’evidente e incrollabile costanza con cui il lavoro è stato svolto. Gli effetti delle fotografie sembrano generati soprattutto da una doppia ricerca formale – la massima essenzialità unita alla massima qualità del dettaglio – che diventa anche il principale sapore di questa navigazione: compenetrare il semplice e il complesso. Anche per questo, la fotografa non ha indugiato verso effetti emotivamente accattivanti e quindi ha agito in controtendenza col gigantismo spettacolare e policromo della fotografia più di moda, quella che ha penetrato il sistema dell’arte dalla metà degli anni Ottanta.»

«Il volume accompagna la mostra «Il terzo occhio» presso la Galleria Civica di Modena».

Melina Mulas, fotografa, è specializzata in foto di architettura, ritratto e moda. Dal 1985 dirige l’Archivio Ugo Mulas.

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Ringraziamenti
Prefazione

  • Conversazione con Sua Santità il XIV Dalai Lama
  • L’antica saggezza di Nālandā
  • Portraits
  • Breve storia del Tibet
  • Buddismo tibetano
  • La religione Bön
  • Le scuole del buddismo tibetano
  • Incontro con la venerabile Jetsun Tsering Paldron

Biografie

Lo Zen nella Provincia di Roma – Libro per Avventurieri dello Spirito

Lo Zen nella Provincia di Roma – Libro per Avventurieri dello Spirito

Autore/i: Danilo e cento altri

Editore: Edizioni Maya

prefazione e introduzione dell’autore.

pp. 180, nn. illustrazioni b/n, Roma

dall’introduzione:

«Mi sono illuso di aver capito. Ho avuto a volte la presunzione di capire. Finalmente ora non ho più nessuna presunzione. So che non lo so.
È bello? È brutto? … Mah! Saper di non sapere. Vuoto. Un grande vuoto in me, intorno a me. Ogni spiraglio di comprensione mi si chiude intorno; la luce non c’è più.
Che sia regredito agli albori dell’Umanità? È forse lì il grande ritorno, È forse li la realtà ultima, l’alfa e l’omega, il buio e la luce… non vedo più nulla, non li distinguo più.
Cercavo ed ora non cerco più: forse devo attendere un nuovo capitolo della mia vita per leggere di una storia che non mi interessa più.
Ogni giorno un nuovo essere ritrovo in me: oggi non sono più quello di ieri; oggi mi ritrovo ad essere un altro. Chi? Non lo so… oggi proprio non lo so.
Quello che scrivevo ieri non lo riconosco più mio: forse è la non ricerca che mi spinge oltre; forse è la stasi che mi fa essere tutto e tutti. Quindi deduco che da fermo sono ogni cosa; in movimento cambio e divento ogni cosa, ma una dopo l’altra.
Quindi perché non fermarsi ed essere tutto sempre?
Chi conosce il conoscitore? Non so più affermare di conoscere eppure so di sapere, benché non conosca più chi conosce. L’ho perso. Prima pensavo ad un so che conosceva; ora l’ho perso. Dov’è andato? Non c’è mai stato: né prima né ora. Non afferro più nulla: tutto si è perso in un vuoto. Non so; eppure sono. Non trovo più il senso né nella pazzia, né nella saggezza. Costretto a dire “sono un saggio”, nel mio silenzio sono un pazzo.
Mentre parlo so di essere un pazzo, perché spiegare, parlare… non sarà mai rappresentare il Sé Spirituale.»

La Fede « Sommersa » nei Paesi dell’Est

La Fede « Sommersa » nei Paesi dell’Est

Autore/i: Autori vari

Editore: Neri Pozza Editore

unica edizione, a cura e con una premessa di Gabriele De Rosa.

pp. 132, Vicenza

Sommario:

Presentazione di Gabriele De Rosa

  • Vjekoslav Baisić, La Chiesa in Croazia durante l’era marxista
  • France M. Dolinar, La Chiesa cattolica in Slovenia
  • Ladas Tulaba, La Chiesa cattolica in Lituania, ieri e oggi
  • Jerzy Kłoczowski, L’Europa centro-orientale, la Polonia e la Chiesa oggi
  • Marcell Mártonffy, Sulla Chiesa ungherese d’oggi
  • Hugo Bogensberger, Religione e trasformazione sociale nell’Europa centro-orientale
  • Patrick Michel, Stereotipi occidentali del postcomunismo
  • Jerzy KłoczowskiLidia Müllerova, Le christianisme polonais après 1945

Note sugli autori

Pia de’ Tolomei – Amore e Morte nella Maremma Medievale

Pia de’ Tolomei – Amore e Morte nella Maremma Medievale

Autore/i: Albini Pier Luigi

Editore: Scipioni Editori

in copertina: miniatura del XIV secolo.

pp. 144, nn. illustrazioni b/n, Valentano (VT)

La vicenda di Pia de’ Tolomei fa talmente parte della cultura popolare su di lei sono state scritte tante storie, tragedie e poemi che chiedersi se sia esistita o no, e magari rispondere che forse è esistita, ma che non si chiamava Pia de’ Tolomei, cambia davvero molto poco nei sentimenti di compassione e di tenerezza che si provano per la sua dolorosa storia.

Ogni epoca ha avuto la propria Pia, mutevole come le mentalità e i gusti che cambiavano, ma sempre le diverse versioni ci hanno parlato di una vicenda d’amore e di morte. E di una damigella dolce e gentile, che non solo non riesce a inveire contro il suo carnefice ma la sua sensibilità e abnegazione la inducono a preoccuparsi più per la stanchezza di Dante, dovuta al suo lungo peregrinare nell’oltretomba, che per il suo triste stato.

Così, in un’epoca come la nostra, una possibile immagine della Pia si può forse comporre attraverso due punti di vista, ben separati e destinati ad incontrarsi solo nella fantasia di chi legge: la ricostruzione delle vicende e del contesto storico in cui la Pia visse e il suo Immaginario monologo interiore, pochi istanti prima della misteriosa morte.

In appendice al libro, unico per la documentazione storica e la felicità di scrittura, è riportata una antologia di scritti letterari sulla Pia.

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  • Quale Pia?
  • Il contesto storico e culturale al tempo di Pia
  • Il sogno di Pia
  • Testimonianze letterarie sulla Pia de’ Tolomei
  • Da Anonimo del sec. XIV (Codice Laurenziano)
  • Da “Historie di Siena” di Giugurta Tommasi
  • Da “Pia de’ Tolomei” di Anonimo, composizione in ottava rima, sec. XIX
  • Da “Pia de’ Tolomei” di L. Marrione da Menfi, 1858
  • Da “Pia de’ Tolomei”, leggenda romantica di B. Sestini
  • Da “Pia de’ Tolomei” tragedia di S. Cammarano
  • Da “Il dialogo della palude” di M. Yourcenaur
  • Da “Pia de’ Tolomei” canzone di M. Chechi

Bibliografia

L’Isola dei Naufraghi

L’Isola dei Naufraghi

Romanzo

Autore/i: Kirino Natsuo

Editore: Giano Editore

traduzione dal giapponese di Gianluca Coci.

pp. 336, Milano

«Quante lotte disperate si erano consumate per lei? […] Pur di conquistarsi le sue grazie, diversi uomini erano rimasti feriti e altri erano forse addirittura morti. Esistevano al mondo altre donne ambite quanto lei?».

Trentacinque uomini e una sola donna, reclusi su un’isola deserta. Un harem capovolto, dove la libertà assoluta rivela la natura profonda del cuore umano.
E tutta la sua accecante crudeltà.

Il nuovo romanzo di Natsuo Kirino, la più grande scrittrice giapponese contemporanea. Vincitore del prestigioso Premio Tanizaki.

«Una formidabile contestatrice delle istituzioni sacre alla società nipponica».
(Il venerdì di Repubblica)

«Kirino continua a tracciare con maestria il proprio territorio: gli estremi della psiche umana che si affacciamo sull’orrore».
(The Washington Post)

Kiyoko e il marito Takashi finiscono su un’isola disabitata al largo di Taiwan e delle Filippine in seguito al naufragio della barca a vela su cui viaggiavano. Dopo sei mesi di desolata sopravvivenza vengono raggiunti da ventitrè giovani maschi giapponesi, anch’essi naufraghi, e poi da undici cinesi, abbandonati lungo la tratta dei clandestini verso il Giappone.

L’isola in cui vivono, che hanno scelto di chiamare l’Isola di Tokyo per mantenere uno speranzoso legame con il proprio passato, è un paradiso tropicale, ricco di cibo e vegetazione. Ma su quelle spiagge l’ordine delle cose umane si è rovesciato, e quello strano gruppo di dispersi senza futuro ha dato vita a un mondo nuovo. Cinesi e giapponesi hanno occupato parti diverse dell’isola, e affrontano in modi differenti la propria condizione. Gli hongkong, come vengono chiamati i primi, si sono subito ambientati. Apparentemente rozzi e selvaggi, girano nudi come animali selvatici, fanno i loro bisogni ovunque e gettano i rifiuti dappertutto, ma al tempo stesso essiccano il cibo, allevano ogni tipo di animale, producono sale di ottima qualità e sono capaci di cucinare pietanze dal profumo squisito. Sono gerarchici, organizzati, vivono e ragionano come un vero gruppo capace di misurarsi con ogni difficoltà. I giapponesi invece patiscono la noia e, nel tentativo di combatterla, cedono a ogni genere di mania: adorano tatuarsi le braccia o indossare le mutande alla rovescia come se stessero seguendo una nuova moda, e si concedono il vezzo di catturare piccole scimmiette e portarle a spasso al guinzaglio, quasi fossero dei cagnolini.
È in questa società che regna Kiyoko, l’unica Regina, governatrice dei suoi sudditi senza alcun ausilio di regola o legge. L’unica donna, da tutti desiderata. Moglie, concubina, divinità, trofeo: una lotteria decide ogni due anni chi diventerà il «marito di Kiyoko», regalando il titolo più conteso, forse l’unico vero motivo di sopravvivenza, a un solo fortunato. Poi, se il destino o la violenza sfideranno la sorte, toccherà a qualcun altro. Finchè sarà possibile.
Un romanzo strabiliante per invenzione e forza narrativa, che combina suspense ed erotismo alle atmosfere intense e sognanti della serie Lost, creando un mondo in cui gli eccessi dei reality televisivi, le ossessioni più inverosimili, i personaggi folli e crudeli, vengono illuminati dalla profondità psicologica e letteraria di una maestra del racconto contemporaneo.

Natsuo Kirino è nata nel 1951 a Kanazawa, un’antica città del Giappone centrale. Nel 1993 si è aggiudicata il premio Edogawa Ranpo con il romanzo Pioggia sul viso. Con Le quattro casalinghe di Tokyo (Neri Pozza 2003) ha raggiunto una notorietà internazionale e ha vinto il prestigioso premio dell’Associazione giapponese degli autori di romanzi polizieschi. Morbide guance (Neri Pozza 2004) ha vinto il premio Naoki. Nel 2008 è stato pubblicato con grande successo Grotesque. Nel 2009 è apparso in Italia Real World. La fama mondiale della scrittrice è in costante ascesa, e viene ormai considerata un’autrice capace di innovare la lezione di autori come Chuck Palahniuk e Murakami Haruki.

L’Osservazione del Bambino nel Contesto Educativo

L’Osservazione del Bambino nel Contesto Educativo

Autore/i: Camaioni Luigia; Bascetta Cristina; Aureli Tiziana

Editore: Società Editrice Il Mulino

prefazione delle autrici.

pp. 164, Bologna

Come è possibile gettare un ponte tra la comunità dei ricercatori e la comunità degli operatori che si occupano di prima e seconda infanzia? E, più precisamente, è possibile trasformare le nuove conoscenze sullo sviluppo, acquisite dalla ricerca, in abilità per guidare e favorire lo sviluppo reale di bambini reali? Quali sono i modi e i tempi più adeguati per rendere gli operatori partecipi dei risultati delle ricerche e permettere l’eventuale applicazione di questi ultimi? Frutto di un intenso e impegnativo lavoro di collaborazione tra le autrici e un gruppo di insegnanti, questo volume muove da tali interrogativi per tentare di fornire alcune linee di intervento operativo. Dopo una panoramica delle metodiche e delle tecniche di osservazione sistematica sul campo, viene presentato uno specifico strumento di osservazione del bambino nel contesto educativo e ne vengono illustrate e discusse caratteristiche, modalità d’uso e possibili applicazioni in funzione di obiettivi diversi. Vengono inoltre presentati i risultati di una quinquennale ricerca-sperimentazione educativa sulla transizione tra scuola dell’infanzia e scuola elementare. In conclusione, un apparato di appendici, in cui vengono riportati quattro protocolli di osservazione, due dei quali completi della codifica.

Luigia Camaioni insegna Psicologia dell’età evolutiva nell’Università di Roma «La Sapienza». Ha svolto ricerche sullo sviluppo comunicativo e linguistico e sui fattori sociali e cognitivi implicati nell’acquisizione del linguaggio. Ha pubblicato, oltre a numerosi articoli e saggi su riviste italiane e straniere, «Sviluppo del linguaggio e interazione sociale» (1978) e «La prima infanzia» (1980), con il Mulino; «La comunicazione nel.primo anno di vita» (Boringhieri, 1976) e «L’interazione tra bambini» (Armando, 1980).

Cristina Bascetta, laureata in Psicologia, lavora presso il Servizio materno-infantile di una USL di Roma. Ha svolto e pubblicato ricerche sullo sviluppo sociale e linguistico del bambino in eta prescolare.

Tiziana Aureli, laureata in Psicologia, svolge attività di ricerca nel Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università di Roma «La Sapienza». Ha pubblicato vari articoli sullo sviluppo socio-affettivo e comunicativo del bambino, con particolare riferimento alle relazioni tra pari nelle istituzioni educative della prima infanzia.

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Prefazione

I. L’osservazione come metodo

  • Validità dell’ossevazione nello studio dello sviluppo
  • Che cosa e come osservare
  • Il ruolo dell’osservazione nel contesto educativo

II. Uno strumento per l’osservazione del bambino nel contesto educativo

  • Osservazione diretta e registrazione dei protocolli
  • Unità di tempo e unità tematica
  • Manuale e procedure di codifica
  • Dimensioni molari del comportamento
  • Controllo intersoggettivo e attendibilità della codifica

III. Possibili usi dello strumento

  • Verifica dell’applicazione, evoluzione ed efficacia di un curricicolo
  • Analisi del clima sociale e comunicativo
  • Analisi del livello cognitivo
  • Costruzione di profili individuali

IV. Un’applicazione dello strumento sul campo

  • Obbietivi e ipotesi della ricerca «Continuità educativa 4-8 anni»
  • Scelta del campione e rilevazione dei dati
  • Analisi e discussione dei risultati

Conclusioni
Appendici
Riferimenti bibliografici

Il Puro e l’Impuro

Il Puro e l’Impuro

Titolo originale: L’impur

Autore/i: Guitton Jean

Editore: Edizioni Piemme

seconda edizione, presentazione di Gonzague Williatte, nota e traduzione italiana di Rodolfo Rossi, in copertina: «sigillo in oro di Ottone IV» 1174-1218.

pp. 176, Casale Monferrato (AL)

La purezza è la tentazione dell’uomo che si crede angelo: egli rifugge dalla vita vissuta intrisa di compromessi e con impazienza vuol separare la zizzania dal grano buono. I catari rappresentano il paradigma storico di questa falsa aspirazione alla purezza.
Ma l’uomo è costituzionalmente plasmato dall’impurità, sempre coinvolto nel tempo e nella storia, con i suoi ritmi, le sue dinamiche, le cadute e i ricominciamenti. Il tessuto della nostra esistenza si radica nella vita quotidiana, luogo di inevitabili mediazioni, dove le grandi aspirazioni ideali si incarnano nelle situazioni familiari, dove il sublime necessariamente si compone con il volgare. L’uomo abita questo spazio «di mezzo» in tutte le dimensioni dell’etica, della politica, del linguaggio, dell’amore; perciò gli sono richieste sempre di nuovo la fatica del discernimento e l’impegno dell’intelligenza.
La via catara può sembrare una scorciatoia; ma chi la segue si preclude la comprensione della realtà. Conseguentemente, ogni possibilità di autentica azione. Condotto da questa riflessione su puro e impuro, Jean Guitton giunge fino al cuore del problema che riguarda la finitezza e il male e da qui ultimamente all’interrogativo su Dio stesso, sviluppando quella che potremmo chiamare una filosofia dell’incarnazione.

Jean Guitton nasce il 18 agosto 1901 a Saint-Etienne. Nel 1921 decide di abbandonare le lettere per dedicarsi alla filosofia e frequenta J. Chevalier, Teilhard de Chardin e Henri Bergson. Durante la seconda guerra mondiale è fatto prigioniero e internato per cinque anni nel corso dei quali concepisce molte delle opere che pubblicherà successivamente. Nel 1949 conosce mons. Angelo Roncalli, nunzio a Parigi, che divenuto papa lo chiamerà al Concilio. L’8 settembre 1950 incontra per la prima volta mons. Montini, poi Paolo VI, ed è l’inizio di una profonda amicizia. Nel 1954 è nominato professore alla Sorbona; nel 1961 viene eletto all’Acadèmie francaise. È autore di numerosissime opere, sia filosofiche che divulgative, moltissime delle quali tradotte anche in italiano. Presso le edizioni Piemme sono stati pubblicati Il Vangelo nel lager (1991) e Storia e destino (1992).

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Avvertenza
Presentazione
Nota del traduttore

I. La cospirazione

  • Il partito dei puri e la coscienza cospiratrice
  • Il soffio dello spirito: la coscienza ispirata
  • I catari
  • Il fine e i mezzi
  • Il segreto e il tradimento

II. La sublimazione

  • La carne e lo spirito
  • Il pudore
  • Il sacrificio
  • Rapporti tra la purezza e la morte
  • Le mescolanze

III. La negazione

  • I gradi
  • L’apparenza
  • La lettera e lo spirito
  • Esiste un «oltre» Mallarmé?
  • L’ultima ora

IV. Le sementi

  • L’opposizione dei contrari
  • L’unione sintetica degli opposti
  • Nobiltà e partiti
  • Popolo e profetismo

Appendice: L’uomo contemporaneo è diviso?