Libri dalla categoria Psico-Patologie
Vai a Te Stesso
Autore/i: Moni Ovadia
Editore: Giulio Einaudi Editore
in copertina: un disegno di Alberto Savi.
pp. 184, Torino
Moni Ovadia affronta una delle questioni piú controverse del nostro tempo: il rapporto tra fanatismo religioso, fondamentalismo e razzismo. Attraverso l’analisi di testi sacri e sapienziali, ma anche attraverso storie tramandate oralmente, scopre e svela il valore antidolatrico della religione ebraica.
Nel frastuono della città, nella confusione dei messaggi, e dei troppi consumi, è possibile oggi mettersi di nuovo all’ascolto della voce interiore che parlò ad Abrahamo, e gli disse di distruggere gli idoli e di «andare a se stesso», di lasciare ogni cosa e «andare nel deserto»? Già, e che cosa è oggi un «deserto»? Moni Ovadia risponde che sí, è possibile ascoltare quella voce.
Anzi, è necessario. Per sentirla non bisogna nemmeno lasciare il mondo, bisogna invece dargli senso. E propone, con la grazia sorridente del cantastorie e del saltimbanco, come egli stesso si definisce, una via stretta, ma alla portata di ciascuno, per conquistare la condizione di libertà permanente, di «santificazione» della vita quotidiana che rappresenta l’eredità forse piú sconvolgente e vitale che la tradizione dell’ebraismo possa regalare a tutti gli uomini. Quello che ancora oggi non si perdona agli ebrei: il monoteismo, ovvero la scoperta di poter essere tutti uguali (e liberi) di fronte a un unico Dio. Liberi persino di metterne ai voti l’esistenza, come racconta Ovadia in una incantevole storiella rabbinica…
«Questo piccolo libro ha un sogno: rompere un pregiudizio. Ma quand’anche gli riuscisse solo di aprire una piccola crepa in quel pregiudizio, il suo soldo sarebbe stato pagato».
Moni Ovadia è nato a Plovdiv, in Bulgaria, nel 1946 da una famiglia ebraica. Nel 1993 si impone al grande pubblico con Oylem Goylem, sorta di teatro musicale in forma di cabaret. Ha pubblicato tra l’altro Speriamo che tenga, Mondadori. Per Einaudi Stile libero sono usciti L’ebreo che ride, Ballata di fine millennio, Vai a te stesso, Contro l’idolatria, il Dvd di Oylem Goylem, Lavoratori di tutto il mondo, ridete e Il conto dell’Ultima Cena, tutti più volte ristampati. Nel 2010 ha pubblicato, sempre per Einaudi, Shylock. Prove di sopravvivenza (per ebrei e non) e nel 2012 Madre Dignità.
La Satira
Titolo originale: Satire
Autore/i: Hodgart Matthew
Editore: Il Saggiatore
prima edizione, introduzione dell’autore, traduzione di Ada Cerri, collana: L’universo del conoscere, in controfrontespizio: La Musa della pornografia secondo Félicien Rops.
pp. 256, 62 illustrazioni a colori e b/n, Milano
Secondo una definizione ufficiale, satira è «un componimento poetico che, deridendo le umane debolezze e mordendo il vizio, tende a correggere i costumi». In altre parole, la satira è il modo di mettere altri in ridicolo usando ogni mezzo.
Nel corso degli ultimi ventiquattro secoli la satira ha assunto i più vari aspetti. Ciononostante, alcune tecniche ricorrono continuamente e alcuni temi sono senza età. La politica ha sempre assunto un ruolo preminente tra gli argomenti della satira; la guerra tra i sessi e la corruzione delle donne sono argomenti oggi abbastanza superati, ma sono stati di grande interesse per gli scrittori classici e medioevali; basti pensare a Giovenale, a Boccaccio all’Aretino. Hodgart dopo aver stabilito i principi generali della satira, e aver trattato per grandi linee i due temi della politica e delle donne, passa a esaminare la tecnica della satira e la sua applicazione nel teatro e nel romanzo. L’autore segue un ordine cronologico e compie dei veloci quanto precisi excursus da Aristofane a Brecht, da Giovenale a Swift, dai canti di derisione esquimesi al raffinatissimo «umorismo» di Oscar Wilde. Il testo, il cui oggetto è la satira letteraria, è corredato di numerose illustrazioni che aiutano a stabilire i nessi o le divergenze più interessanti tra satira in letteratura e satira nelle altre arti.
Matthew Hodgart è professore di Inglese all’università del Sussex. I suoi interessi vertono sulla letteratura classica e su quella moderna, tanto che la sua opera spazia dalla critica joyciana, a Samuel Johnson, alla ballata popolare.
Le Voci del Mondo
Robert Schneider racconta una indimenticabile favola d’amore e di morte.
Autore/i: Schneider Robert
Editore: Giulio Einaudi Editore
traduzione di Flavio Cuniberto, titolo originale: Schlafes Bruder, in copertina: Marianne von Werefkin, Città rossa, 1909, Collezione privata.
pp. 188, Torino
In un villaggio delle Alpi austriache nei primi anni dell’Ottocento – una specie di Macondo alpina e tenebrosa- vive un ragazzo di nome Elias, strana creatura dotata di una prodigiosa sensibilità musicale. Non sa leggere una nota, ma sente la musica e le voci del mondo come nessun altro nel suo villaggio. Il prodigio ben presto si avvera: il meraviglioso canto dell’anima prodotto dall’organo che Elias suona nelle lunghe notti insonni conquisterà qualcuno ma non servirà a sottrarlo al suo tragico destino. Un destino di solitudine dentro il mondo ma lontano dagli uomini.
E soprattutto dal cuore dell’amata Elsbeth.
Robert Schneider racconta una indimenticabile favola d’amore e di morte. Un capolavoro della letteratura contemporanea di toccante fascinazione, una grandiosa partitura romantica, ironica e commovente.
Robert Schneider è nato a Bregenz, in Austria, nel 1961. Dopo anni di studi musicali si è dedicato alla letteratura. I suoi romanzi sono pubblicati da Einaudi: Le voci del mondo (Premio Grinzane Cavour nel 1995, ultima edizione ET Scrittori 2017), Maudi che camminava sull’aria, Cara signora America e Ombre («Supercoralli»).
La Malattia Mortale – Svolgimento Psicologico Cristiano di Anti-Climacus
Titolo originale: Sygdommen Til Döden
Autore/i: Kierkegaard Sören
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
con un saggio di Jean-Paul Sartre, introduzione di Filippo Gentili, traduzione di Meta Corssen.
pp. XIX-204, Milano
Scritta nel 1848, da molti critici considerata il capolavoro di Sören Kierkegaard, La malattia mortale rappresenta l’opera forse più drammatica e sottile del pensatore danese, ignorato ai suoi tempi e poi riscoperto dall’Esistenzialismo come interprete del senso di precarietà dell’essere e delle lacerazioni dell’esistenza. La «malattia mortale» è la disperazione come condizione della propria incompiutezza: malattia dello spirito, dell’io e al tempo stesso elemento indispensabile per divenire coscienti del significato eterno della propria esistenza. Il problema religioso acquista così centralità assoluta laddove viene descritto il tormento e lo squilibrio di un uomo che rifiuta di conoscere il rapporto che ha con il suo io eterno e di conseguenza con Dio. In tal modo La malattia mortale diviene un fitto dialogo tra resistenza religiosa e la sua disperata negazione, una travolgente sinfonia che dalla sordina iniziale lascia sprigionare una massa sonora sempre più voluminosa e vibrante, fino a raggiungere il massimo di intensità nelle pagine finali.
Dante dalle Carte Scheiwiller
Per la prima volta raccolti in volume i saggi che uno dei più grandi poeti del XX secolo scrisse sul più grande poeta di sempre
Autore/i: Pound Ezra
Editore: Marsilio Editori
a cura di Corrado Bologna e Lorenzo Fabiani, collana: i nodi, in copertina: Auguste Rodin, La porta dell’inferno (particolare), 1880-1917, Musée Rodin, Parigi.
pp. XLIII-208, Venezia
Dante è la grande «scoperta» del Novecento. A capirlo, ripensarlo, perfino riscriverlo, furono anzitutto i grandi poeti: Pound, Eliot, Mandel’štam, Borges. In questo libro torniamo ad ascoltare la voce autentica del primo fra tutti e di tutti maestro, Ezra Pound, che Eliot definì, con formula dantesca, «il miglior fabbro». Originariamente preparato da Vanni Scheiwiller per festeggiare gli ottant’anni del poeta, il libro era rimasto sempre solo un «sogno editoriale». Oggi, riscattato da mezzo secolo di silenzio, prende vita, offrendo intatta la meraviglia di un pensiero critico e poetico decisivo. «Un libro di Ezra Pound su Dante – si legge nell’introduzione al volume – è uno scrigno di idee e di punti di vista sulla poesia. […] Pound ci stupisce, perché sembra aver pensato prima di noi quel che noi ora pensiamo su Dante: e invece quel che oggi noi pensiamo nasce spesso dalle sue idee e scorre fino a noi lungo rivoli carsici, in un’attività di scrittura fitta e dispersiva, che questo libro contribuisce, infine, a rendere unitaria».
Ezra Pound (Hailey 1885 – Venezia 1972), tra i massimi poeti statunitensi del secolo scorso, fu anche critico, traduttore, pubblicista politico, fondatore di riviste e movimenti letterari. Trascorse la maggior parte della vita in Europa, tra Londra, Parigi e l’Italia, dove rimase fino alla morte.
E Corrono Ancora – Storie Italiane di Donne Selvagge
Autore/i: Luciani Tiziana
Editore: Edizioni Frassinelli
prima edizione, introduzione dell’autrice.
pp. 314, Milano
«Una ventina di anni fa, come molte di voi, lessi Donne che corroco coi lupi di Clarissa Pinkola Estés. Tutt’oggi a volte lo apro a una pagina a caso e lì ritrovo qualche riga che sembra scritta per me, e so che altre donne fanno lo stesso.»
Ritrovarsi in un libro, aprire una pagina a caso e sentire che quella pagina è stata scritta proprio per noi, è un privilegio che vorremmo tutte avere più spesso. In E corrono ancora, il saggio ispirato al lavoro della grande psicanalista americana, Tiziana Luciani riesce a regalarci, con generosità e infinita pazienza, un altro prezioso strumento per conoscerci e, forse, persino volerci più bene. Lo fa grazie alla sua ultratrentennale esperienza, raccontandoci la psicologia femminile dall’infanzia all’adolescenza, dalla sessualità alle relazioni personali, dal lavoro alla maternità. Alle sue parole, con delicatezza e coraggio, si accostano quelle di tante donne che testimoniano il loro vissuto, nel bene (teneri e gioiosi i ricordi felici dell’infanzia, per esempio) e nel male (commoventi e fortissime le testimonianze sugli amori criminali). E infine, all’intensità e alla fantasia dei racconti, Luciani aggiunge la benevola cura dei suoi consigli: una serie di «esercizi» che si possono fare anche in casa, da sole o tra amiche, con effetti stupefacenti. Leggendo E corrono ancora, insomma, si ritroverà qualcosa di sé, quel mondo nostro, delle donne, forse selvagge, certamente desiderose di correre ancora coi lupi.
Tiziana Luciani è stata tra le prime psicoterapeute in Italia a occuparsi in modo specifico di donne e di donne che vivono in contesti difficili, impegnandosi in attività di cura e di sostegno. Per i suoi gruppi di lavoro utilizza come riferimento i libri di Clarissa Pinkola Estés, e in particolare Donne che corrono coi lupi. Tiziana Luciani lavora soprattutto a Roma, a Milano e a Perugia.
Nessuno ci Chiede di Essere Perfetti Nemmeno Dio
Titolo originale: How Good do We Have to Be?
Autore/i: Kushner Harold S.
Editore: Neri Pozza Editore
introduzione dell’autore, traduzione di Elena Campominosi.
pp. 160, Vicenza
«Un libro che ci mostra come amare e perdonare noi stessi e gli altri. Una gioia da leggere, un conforto da provare». (F. Klagsbrun)
Senso di colpa e di inadeguatezza. Chi non li ha mai provati? Nel suo best seller Harold Kushner colloca questi sentimenti umani nella giusta prospettiva e ci insegna ad accettare noi stessi e gli altri anche quando siamo meno che perfetti.
Perché nessuno è perfetto. Ma troppi continuano a pretendere la perfezione da se stessi, dai genitori, dal coniuge, dai figli, dalle persone con cui entrano in contatto. Risultato: senso di colpa, disappunto, rabbia, depressione.
Il libro è scritto per tutti coloro che hanno provato questo senso di colpa, questo disappunto. Harold Kushner mostra che la vita umana è troppo complessa perché qualcuno riesca a viverla senza fare errori e che non dobbiamo temere di perdere l’amore di Dio quando siamo meno che perfetti.
Il libro comincia con un’interpretazione radicalmente nuova della storia di Adamo ed Eva: cibarsi del frutto dell’Albero della Conoscenza non è stato un atto di disobbedienza ma un passo coraggioso che ci ha condotto a diventare veri esseri umani con tutta la ricchezza e la complessità che comportano il lavoro, la sessualità, l’allevamento dei figli, la consapevolezza della propria mortalità. Attingendo alla letteratura moderna, alla psicologia, alla teologia e alla sua esperienza trentennale come rabbino, Harold Kushner rivela come l’accettazione e il perdono possono cambiare il nostro rapporto con le persone più importanti della nostra vita e ci aiuta ad affrontare nel modo giusto l’ardua ma gratificante sfida cui ogni essere umano è chiamato.
«Una saggezza brillante e potente che offre un messaggio di speranza e di aiuto, un messaggio di vita». (Rabbino E. A. Grollman)
«Questo libro ha dato a me, bravo ragazzo cattolico, qualcosa che mi era mancata durante la vita – la guida compassionevole di un rabbino straordinariamente saggio. Il libro parla in modo gentile ma chiaro a un mondo follemente moralistico…». (T. Moore)
«Una comprensione chiara e concisa di uno dei grandi interrogativi esistenziali». (J. S. Magruder)
«Un aiuto saggio, lucido e importante per gli uomini e le donne di ogni confessione». (Rabbino H. M. Schulweis)
Harold Kushner vive a Natick, nei dintorni di Boston. Attualmente si dedica a tempo pieno all’attività di commentatore su questioni riguardanti Dio e l’esistenza umana. I suoi libri sono stati tradotti in tredici lingue.
Nascita di una Madre – Come l’Esperienza della Maternità Cambia una Donna
Il primo libro che svela l’intimo processo psicologico tramite il quale una donna diventa madre ben prima che nasca il suo bambino
Autore/i: Stern Daniel N.; Bruschweiler-Stern Nadia
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, introduzione degli autori, traduzione di Anna Maria Sioli, titolo originale: The Birth of a Mother.
pp. 222, Milano
«Un originale racconto della genesi dell’identità materna scritto con grande sensibilità e profondo intuito.» (Sheila Kitzinger)
Non si diventa madri nel momento in cui il neonato emette il primo vagito: dal punto di vista psicologico, l’identità materna si forma gradualmente, durante i molti mesi che precedono e seguono il parto. È questa la premessa dalla quale partono Daniel N. Stern e Nadia Bruschweiler-Stern per descrivere, sulla base di centinaia di colloqui e testimonianze raccolti in decenni di lavoro clinico, le tappe attraverso cui ogni donna in attesa di un figlio definisce la sua nuova natura di madre: dalla fase preparatoria della gravidanza con le fantasie, i sogni e le paure sul piccolo che sta per arrivare, all’atteso momento dell’incontro con il bambino reale, alle responsabilità legate alla crescita di un figlio.
Diventare madre è un’esperienza che non ha uguali nella vita e che implica dunque un’importante trasformazione psicologica: avere un bambino non solo imprime una svolta alle scelte, alle preferenze abituali, e perfino a gran parte dei valori in cui si crede, ma influenza anche in modo sorprendente i rapporti con le persone più vicine, divenendo una straordinaria occasione per rielaborare la propria storia personale e rivedere il proprio ruolo dentro e fuori la famiglia.
Nascita di una madre, arricchito dall’analisi di casi individuali significativi e dai contributi personali di molte donne che hanno avuto un figlio, è un aiuto prezioso per le neomamme, che troveranno affrontati, oltre agli aspetti psicologici della maternità, temi a essa strettamente collegati come la paternità, le nascite premature e l’adozione. Ma è soprattutto il tentativo di dare per la prima volta una voce alle profonde emozioni che animano la loro vita interiore e che talvolta rischiano di travolgerle.
«Per quanto possa risultare difficile essere madre o essere padre nel mondo contemporaneo ben pochi mettono in dubbio che ne valga la pena»; al contrario, le donne quasi sempre considerano l’esperienza della maternità quella di cui vanno in assoluto più orgogliose.
Daniel N. Stern insegna psicologia all’università di Ginevra e psichiatria al Cornell University Medicai Center (New York). Da anni studioso della relazione madre-bambino, è autore di numerosi libri, tra cui Il mondo interpersonale del bambino (Bollati Boringhieri 1987), Le prime relazioni sociali: il bambino e la madre (Sovera Multimedia 1989), Diario di un bambino (Mondadori 1991) e La costellazione materna (Bollati Boringhieri 1995).
Nadia Bruschweiler-Stern lavora come pediatra e psichiatra infantile a Ginevra. Alison Freeland, giornalista, ha pubblicato The Journey to Motherhood.
Algebra e Teoria dei Codici Correttori
Autore/i: Berardi Luigia
Editore: FrancoAngeli
presentazione di Albrecht Beutelspacher, introduzione dell’autrice, Collana di matematica e statistica.
pp. 272, Milano
La teoria dei codici correttori, nata negli anni ’40, costituisce una branca della matematica in rapido e continuo sviluppo; ha suscitato grande interesse sia da un punto di vista pratico, per le numerose ed importanti sue applicazioni, cha da un punto di vista teorico, per le ricche e suggestive strutture algebriche che in essa intervengono.
Non c’è da sorprendersi se la teoria dei codici comincia ad essere inserita nei corsi per studenti di Ingegneria, Informatica e Matematica anche in Italia.
Concepito come opera didattica, questo volume vuole essere una introduzione ai temi centrali della teoria dei codici a blocchi correttori di errori. Nella prima parte vengono trattati gli argomenti di algebra, la cui conoscenza è indispensabile per affrontare la teoria dei codici; di conseguenza non sono richiesti prerequisiti. Il contenuto della seconda parte è stato selezionato accuratamente per ottenere una trattazione armonica e consequenziale da un lato e per dare un’idea globale della teoria dall’altro. Ogni argomento è trattato con molta chiarezza, affrontato didatticamente e corredato di molti esempi.
Luigia Berardi, nata nel 1944, è professore associato di Geometria presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università de L’Aquila. Ha pubblicato circa 60 lavori scientifici riguardanti tematiche di matematica discreta; ha rivolto inoltre la sua attenzione anche a problemi di didattica.
Come Sono Diventato Stupido – Romanzo
Perché Sono Diventato Stupido
Autore/i: Page Martin
Editore: Garzanti Editore
prima edizione, traduzione dal francese di Roberto Rossi, titolo originale: Comment je suis devenu stupide, in copertina: illustrazione di Philip Burke.
pp. 128, Milano
Antoine ha venticinque anni, è un giovane studente particolarmente dotato e ha capito che il suo spirito inquieto e la sua curiosità intellettuale lo condannano al male di vivere. Dopo una serie di fallimentari tentativi di conquistare la felicità, decide di guarire dalla sua malattia: l’intelligenza. Con applicazione e metodo, cercherà di rendersi la vita un po’ più dolce. Diventerà stupido. Martin Page ha preso quella che tutti riteniamo una grande qualità, ovvero l’intelligenza, e l’ha trasformata in un difetto. Spingendo la scommessa fino alle estreme conseguenze, ha scritto un romanzo d’esordio folgorante, divertente e persino intelligente.
Martin Page è nato il 7 febbraio 1975 e ha studiato antropologia. Il suo primo romanzo, Come sono diventato stupido (2002), è stato pubblicato in Francia nel 2001 ed è diventato subito un libro di culto, tradotto in oltre quindici paesi.
Quaranta Sonetti di William Shakespeare nella Traduzione di Yves Bonnefoy
Autore/i: Shakespeare William
Editore: Giulio Einaudi Editore
testo originale inglese, a cura di Carlo Ossola, traduzione francese di Yves Bonnefoy, versione italiana di Giuseppe Ungaretti.
pp. XXVI-94, Torino
«Sono uno degli ultimi superstiti d’una generazione di poeti europei che tradussero, ciascuno nella propria lingua, i Sonetti di Shakespeare come per afferrarsi a una tavola di salvezza». Così Ungaretti spiegò il valore che assunse, per sé e per altri scrittori del Novecento, il travaso linguistico da un testo tanto arduo. Le stesse parole potrebbero valere anche per Bonnefoy. Il poeta francese si è cimentato a lungo con l’opera di Shakespeare, fino a pubblicare, nel 1995, i Ventiquattro sonetti. Quattro di essi vengono riproposti adesso; tuttavia, la novità di questa edizione sta piuttosto nella presenza di ben trentasei versioni, inedite sia in Francia sia in Italia, appositamente realizzate per la collana trilingue in base alla scelta ungarettiana. Grazie al commento di Carlo Ossola, possiamo allora seguire come francese e italiano modulino il loro contrappunto sull’originale, in quel gioco di appropriazione e risarcimento rivendicato dallo stesso Bonnefoy: «Non occorre che il traduttore sia “poeta”. Eppure […] nel caso che anch’egli scriva, non potrà tenere separata la sua traduzione dalla propria opera».
Due personalità di primissimo piano del Novecento letterario accomunate dalla reciproca necessità del confronto con uno dei massimi autori di tutti i tempi, di cui hanno tradotto i versi, per dirla con Ungaretti, “come per afferrarsi a una tavola di salvezza nel naufragio della volontà illusoria di sfida al tempo che dal Petrarca fino a noi si considerò, per tanti secoli, mira della poesia”. La scelta di 40 sonetti qui presentata ripropone quella operata dallo stesso Ungaretti sulla totalità del corpus shakespeariano, pubblicata in prima edizione nel 1946 e ora riportata come testo di “nobilissimo servizio”. A essa, in un duplice atto di fedeltà e omaggio allo scrittore inglese e al poeta italiano, si è rifatto Yves Bonnefoy, che con questa prova anticipa un prossimo completamento della traduzione dell’insieme dei 154 sonetti. Nella fluida eleganza e nel dilatato respiro delle sue versioni trovano conferma la peculiare forza di suggestione e la seducente efficacia degli originali, dove un ben definito accento individuale si intreccia ai più generali temi inerenti alla sorte e alla condizione umana, registrata con acuta, dolente e ribelle a un tempo, consapevolezza. Di William Shakespeare in questa collana Einaudi ha pubblicato: La tempesta, traduzione in napoletano di Eduardo De Filippo; Misura per misura, traduzione di Cesare Garboli; Riccardo II, traduzione di Mario Luzi; Sogno di una notte di mezza estate, traduzione di Patrizia Cavalli, e Riccardo III, traduzione di Patrizia Valduga.
Espressamente concepite per questa edizione, e dunque in anteprima assoluta a beneficio del lettore italiano, le traduzioni di Bonnefoy si confrontano con una precedente silloge di versioni ungarettiane. Completa il volume un’introduzione di Carlo Ossola.
Selected Poems di William Blake nella Traduzione di Georges Bataille
Titolo originale: Poèmes Choisis
Autore/i: Blake William
Editore: Giulio Einaudi Editore
unica edizione, a cura di Annamaria Laserra, scelta dei testi e traduzione francese di Georges Bataille: Poèmes choisis, versione italiana di Giuseppe Ungaretti: Poesie scelte.
pp. 228, Torino
L’attenzione di Bataille per William Blake è stata sempre febbrile e traspare nei luoghi più significativi della sua opera: non è azzardato dire che le sue idee sull’eccesso, sull’erotismo, sulla poesia e sul sacro si rivelano debitrici di alcune illuminazioni nate nell’ardente fucina poetica del grande artista inglese. Nelle intenzioni di Bataille, un debito di tale natura avrebbe dovuto essere reso manifesto. E, in effetti, egli ebbe l’idea di una pubblicazione blakiana con un lungo saggio introduttivo e una scelta poetica. Il volumetto, mai completato, è ancor oggi disseminato nei suoi manoscritti e nei sui libri allo stato frammentario. Cause diverse, tra le quali un probabile coinvolgimento affettivo di difficile controllo, ne bloccarono la stesura finale. Ciò non toglie che il pensiero di Blake entrò non soltanto nell’opera di Bataille, ma anche nella sua vita, e la segnò.
Interrogando le ragioni di questa illimitata attrazione intellettuale, il saggio di Annamaria Laserra, a chiusura di volume, dimostra come, nella traduzione francese di Blake, Bataille abbia realizzato il paradosso di una complicità linguistica che salvaguardando il senso originario consenta le innovazioni di quello ritrovato.
Arte del Gandahara
Autore/i: Autori vari
Editore: Artemide Edizioni
prefazione di Donatella Mazzeo.
pp. 80, numerose illustrazioni a colori e b/n, Roma
Sommario:
Prefazione di Donatella Mazzeo
- Arte buddhista nell’antica India di nord-ovest
- Una introduzione all’arte del Gandhara di Laura Giuliano;
- Il Gandhara presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale
- Gli scavi nella valle dello Swat e la collezione dell’IsIAO di Luca Maria Olivieri
- Altre opere gandhariche presso il MNAO di Laura Giuliano
Abstract
Riferimenti bibliografici
Gengis Khan – Il Grande Conquistatore
Titolo originale: Tschingis-Chan und sein Erbe
Autore/i: Prawdin Michael
Editore: Giunti
traduzione di Franz Glaentzer.
pp. 288, Firenze
Unico nella storia, Temugin, capo di un tribù mongola, senza che nessuno dei suoi antenati gli avesse tracciato una strada, creò dal nulla una formidabile potenza militare. Spinto dall’indomita volontà di affermare il dominio della sua gente sopra tutti i popoli della terra, Temugin – “il fabbro” in lingua mongola – alla testa dei suoi sanguinari guerrieri conquistò le steppe dell’Asia e costruì un impero.
E da quel nome poco regale nacque Gengis Khan, il grande conquistatore.
Quartine
Autore/i: Khayyâm Omar
Editore: Giulio Einaudi Editore
introduzione, traduzione e cura di Alessandro Bausani, collana: Collezione di poesia.
pp. 108, Torino
Questa famosa raccolta poetica non cessa di sedurre da quasi un millennio con la sua dolcezza, la sua gioia e la sua tristezza. Il persiano Omar Khayyâm ha consegnato il suo nome, e la sua esperienza profonda della vita, a questo manipolo di fuggevoli impressioni liriche, di annotazioni di un razionalismo pessimistico, come vogliono alcuni, o d’una misticità esoterica, come sostengono altri. Un canto la cui immediatezza e altissima liricità si esprimono nell’obbligata brevità della quartina.
Poemetti
Autore/i: Mansfield Katherine
Editore: Giulio Einaudi Editore
prefazione, traduzione e cura di Gilberto Altichieri, collana: Collezione di poesia.
pp. 96, Torino
Katherine Mansfield incede da un amore personale a un sentimento infinito. Appena giunta a chiarire che «si ama e si soffre, si soffre e bisogna amare», ella attesta che il dolore può essere vinto, a patto di sottomettersi, a patto di non resistergli, concedendogli cioè una parte di noi. «Tutto quanto accettiamo effettivamente dalla vita, subisce una trasformazione. In questo modo la sofferenza deve diventare l’Amore. Ecco il mistero. Ecco ciò che debbo fare. Devo passare da un amore personale a un amore più grande. Devo dare al tutto ciò che ho dato a uno solo». (Dalla prefazione di Gilberto Altichieri)
L’Ardore
Autore/i: Calasso Roberto
Editore: Adelphi Edizioni
in copertina: Fanciulla meditante con fiore di loto sul palmo, scultura in pietra nera (X-XI secolo d.C.). State Museum, Lucknow.
pp. 536, numerose illustrazioni a colori e b/n, Milano
Qualcosa di immensamente remoto dall’oggi apparve più di tremila anni fa nell’India del Nord: il Veda, un «sapere» che comprendeva in sé tutto, dai granelli di sabbia sino ai confini dell’universo. Distanza che si avverte nel modo di vivere ogni gesto, ogni parola, ogni impresa. Gli uomini vedici prestavano un’attenzione adamantina alla mente che li reggeva, mai disgiungibile da quell’«ardore» da cui ritenevano si fosse sviluppato il mondo. L’attimo acquistava senso in rapporto a un invisibile traboccante di presenze divine. Fu un esperimento del pensiero così estremo che sarebbe potuto scomparire senza lasciare traccia del suo passaggio nella «terra dove vaga in libertà l’antilope nera» (così veniva definito il luogo della legge). Eppure quel pensiero – groviglio composto da inni enigmatici, atti rituali, storie di dèi e folgorazioni metafisiche – ha l’indubitabile capacità di illuminare con luce radente, diversa da ogni altra, gli eventi elementari che appartengono all’esperienza di chiunque, oggi e dappertutto, a cominciare dal puro fatto di essere coscienti. Così collidendo con molte di quelle che vengono ormai considerate ferme acquisizioni. Questo libro racconta come attraverso i «cento cammini» a cui allude il titolo di un’opera smisurata e capitale del Veda, lo Śatapatha Brāhmaņa, si può raggiungere ciò che sta davanti ai nostri occhi passando attraverso ciò che da noi è più lontano.
Miti e Simboli dell’India
Titolo originale: Myths and Symbols in Indian Art and Civilization
Autore/i: Zimmer Heinrich
Editore: Adelphi Edizioni
prefazione e cura di Joseph Campbell, traduzione di Fabrizia Baldissera, in copertina: Śiva Śarabhesa (Scuola di Mankot, 1715 ca), Collezione privata.
pp. 266, 70 illustrazioni b/n f.t., Milano
Per frenare l’esaltazione e la superbia di un dio (Indra), un altro dio (Visnù), sotto le spoglie di un bambino, gli mostra una fila di formiche in marcia: sono altrettanti Indra, che in altri eoni hanno compiuto le stesse imprese, si sono esaltati e poi sono tornati a essere formiche. Con questa visione altamente ironica e vertiginosa, quale ci appare in un angolo di una narrazione puranica, Heinrich Zimmer ci fa subito intendere in quale selva sterminata, e incomparabile a ogni altra, si addentri chi vuole conoscere i miti e i simboli dell’India. Tutto, in India, si moltiplica – e molte più volte di quanto non accada altrove. Ma non è questo il vero punto. L’immensità indicata dalla moltiplicazione serve innanzitutto a mostrare la pochezza di ogni accumulo rispetto a un’altra dimensione, dove agisce una potenza opposta: il distacco. E, fra l’uno e l’altro di questi mondi, sospesa come un miraggio o una tessitura che in ogni nodo stringe una figura e una storia, mentre si espande e si disfa ad ogni attimo, è māyā, la magia primordiale, il potere metamorfico e femminile di un Assoluto che si cela e si eclissa sotto l’infinita moltitudine delle forme, ma allo stesso tempo non appare e non si svela che attraverso di esse. Indra, re degli dèi, ma anche Buddha, Visnu, Siva, i sapienti Nārada e Markandeya, assetati di conoscenza, o i titanici e mostruosi demoni che di tanto in tanto minacciano l’ordine cosmico, si confrontano qui con la sfuggente e insormontabile potenza dell’apparire, che nel fingersi Altro ha l’inviolabilità dell’ombra e del miraggio.
Un Altro Medioevo – Il Quotidiano nell’Islam dal VII al XIII Secolo
Autore/i: Scarcia Amoretti Biancamaria
Editore: Editori Laterza
prima edizione, introduzione e nota dell’autrice, collana: Storia e Società, in sovracoperta: La costruzione del mitico castello di Khawarnaq (Mesopotamia), dalla Khamsa di Nizami, Londra, British Library.
pp. XXII-282, numerose tavole a colori e b/n f.t., cartina b/n, Bari
L’Occidente ha conosciuto il Medioevo musulmano con Le Mille e una notte. La società che vi è rappresentata è così straordinaria, libera e creativa che il lettore non viene invogliato a uscire dalla leggenda, alla ricerca di una realtà che potrebbe deludere. Senonché, per molti versi, la realtà dell’Islam medievale non è meno affascinante; magari un po’ diversa, se si considera che principi e cortigiani non sono il metro del vivere quotidiano. Tutto sta nel rintracciare, nella trama della vita di tutti i giorni, come la storia incontri la favola. E può capitare, allora, che la storia sia più ricca della favola. I riti che accompagnano la nascita e la morte, i giochi e le feste, il piacere del bello o del sesso, della buona cucina o di un abito elegante, svelano atteggiamenti inattesi. Nuovi attori vengono alla ribalta: bambini, nomadi, contadini, artigiani, soldati. Nuovi scenari si aprono: mercati e moschee, palazzi e case popolari, conventi e biblioteche, scuole e bagni pubblici. Spesso la spregiudicatezza e il pragmatismo la fanno da padroni, ma non per questo si rinnega mai quel codice morale e giuridico che l’Islam impone al credente di ogni tempo e in ogni luogo. È di questo che parla il nostro libro lasciando esprimere, con le parole e con le immagini, i diretti interessati.
“L’Islam medievale era forse così fascinoso come è raccontato nel fiabesco capolavoro Le mille e una notte? Leggendo questo libro parrebbe proprio di si” (Tuttolibri)
Biancamaria Scarcia Amoretti è ordinario di Islamistica presso la Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università di Roma La Sapienza. Specialista di eresie islamiche e del cosiddetto Islam politico, è autrice di molti volumi, tra i quali i più recenti sono: Sciiti nel mondo (Roma 1994) e Il mondo musulmano. Quindici secoli di storia (Roma 1998).
Introduzione
1. Noi, Loro – 2. L’orizzonte ideologico-religioso – 3. I limiti cronologici – 4. I confini geografici
Nota dell’Autrice
I. L’ambiente
1. L’«homo islamicus»: nomade o stanziale? – 2. Scelte di vita: l’ideale urbano
II. Stili di vita
1. L’ordine sociale – 2. Mondi paralleli: la realtà femminile – 3. Mondi complementari: gli schiavi – 4. Il mondo dei non musulmani: un’integrazione discriminata
III. Le attività produttive. Istituzioni, mestieri, tecnologie
1. Il trionfo del mercato – 2. Gerarchia nel mercato, gerarchie di mestieri – 3. Iniziativa privata e ruolo dello stato
IV. I piaceri della vita
1. Le occasioni di festa – 2. I piaceri dello spirito – 3. I piaceri del corpo
V. L’arco di una vita
1. Tempo sacro, tempi profani – 2. Nascere, crescere, morire – 3. Nutrirsi, vestirsi – 4. Curarsi: igiene e medicina – 5. I sogni, la magia, gli animali, la natura
Appendice
Le immagini – Le dinastie
Indice dei nomi
Indice dei luoghi
L’Immaginario e l’Architettura nella Letteratura Araba Medioevale
Titolo originale: La Arquitectura en la Literatura Árabe
Autore/i: Rubiera y Mata María Jesús
Editore: Casa Editrice Marietti
prima edizione, a cura di Ennio Concina, traduzione di Patrizia Passarella, Ennio Concina, collana: Biblioteca araba e islamica, in copertina: Ahmed Musa, Yathrib al Profeta, miniatura da un Miraj-nama, XIV secolo, Topkapi Sarayi Müzesi, Istambul.
pp. LV-160, 59 tavole a colori e b/n f.t., illustrazioni b/n, Genova
Gli scritti raccolti da M. J. Rubiera tra versi e prose del Medioevo arabo tracciano un itinerario attraverso un territorio dai passaggi sorprendenti e inattesi, rutilanti e policromi: quello dell’immaginario architettonico – architetture immaginate e immagini d’architettura – di una civiltà di complessa ricchezza intellettuale, speculare e complementare rispetto alle culture artistiche dell’Europa mediterranea. Un itinerario fra similitudini poetiche, analogie sensuali, iperboli celebrative, miti delle origini, che rivelano altrettanti codici di interpretazione, altrettante attitudini mentali di fronte al manufatto architettonico, alla sua idea e al fare del suo artefice. Il saggio introduttivo di Ennio Concina si propone di evocare la natura di un siffatto territorio deU’immaginario, per avvertire di taluni fra questi luoghi letterari in rapporto a idee, a principi, a forme o a tratti di cultura, così come tutti questi possono apparire allo storico dell’architettura che non si appaghi dei soli manufatti.
Maria Jesus Rubiera y Mata è nata a Madrid. Ha insegnato all’Università Complutense di Madrid e attualmente è ordinario di Studi Arabi e Islamici presso l’Università di Alicante. Traduttrice dei principali poeti arabi dell’Andalusia, ha pubblicato diversi saggi sulla civiltà araba in Spagna.
Ennio Concina è ordinario di Storia dell’Architettura presso l’I.U.A.V. di Venezia. Specialista di storia urbana e architettonica tra medioevo ed età moderna, si è occupato di studi su Venezia e sul mondo mediterraneo, allargando di recente le sue indagini anche alle architetture sinagogali e alla storia dell’architettura islamica. Ha pubblicato tra l’altro L’Arsenale della Repubblica di Venezia (Milano 1984), Città e fortezze nelle “tre isole del Levante” in Venezia e la difesa del Levante (Catalogo della mostra Venezia 1986), Venezia nell’età moderna. Strutture e funzioni (Venezia 1989), Navis. L’umanesimo sul mare (Torino 1990).