Libri dalla categoria Matematici
La Morte di Mozart
Autore/i: Buscaroli Piero
Editore: Rizzoli
prima edizione, notizia dell’autore, la copertina riproduce il coperchio della tabacchiera di Mozart, conservata nella collezione dell’Abbazia benedettina di Göttweig, Bassa Austria.
pp. 384, Milano
Nel 1956, secondo centenario della nascita, Bruno Walter espresse un disagio acutamente mozartiano: «Nulla di quel che conosciamo dell’uomo Mozart corrisponde al creatore che fu. Un simile contrasto tra persona umana e grandezza artistica si trova in Bruckner…» L’evidente assenza di superiori doti morali e culturali non intralcia la meteora miracolosa, un uomo assolutamente ordinario può essere abitato dal genio della musica. Dopo quarant’anni il disagio è diventato baratro, documenti sconosciuti, eruttati da archivi e biblioteche, hanno demolito le poche certezze, moltiplicato gli enigmi. Tutto quanto credevamo di sapere su quella morte è prodotto di falsificazioni che i biografi continuano a ricopiare e truccare. Circostanze conosciute ai contemporanei furono accanitamente cancellate. Perché? Riflettendosi a ritroso, le sorprese sulla morte mi guidarono alla riscoperta dell’ultimo tratto di vita. Questa non è una nuova biografia, ma tra la folla delle sorprese riaffiorano le verità sepolte.
(P. B.)
Piero Buscaroli (1930-2016), dopo il liceo classico studia organo con Ireneo Fuser e si laurea in Storia del diritto italiano con Giovanni de Vergottini. Nel 1955 Leo Longanesi lo chiama al Borghese, vi rimane con Mario Tedeschi; appassionato di musica e guerre, corre tra festival di Bach e invasioni, tre volte in Palestina, sei in Vietnam, il Sessantotto a Praga. Dopo quattro anni alla direzione di un quotidiano di Napoli lascia il giornalismo politico. Direttore della collana La Torre d’avorio per Fògola, accetta una cattedra nei Conservatori di Stato “a tempo indeterminato” e dal 1976 al 1994 insegna a Torino, Venezia e Bologna. Nel 1979 Montanelli gli offre la critica musicale de Il Giornale. Tra le sue opere ricordiamo La stanza della musica (Fògola, 1976), Bach (Mondadori, 1985; 2018), Figure & figuri (Volpe, 1977), Paesaggio con rovine (Camunia, 1989), Beethoven (Rizzoli, 1996), Dalla parte dei vinti (Mondadori, 2010; Minerva, 2016) e Una nazione in coma (Minerva, 2013).
Notizia
- La felicità consiste nell’immaginazione
- Ora comincia la mia fortuna
- Le vertigini di Leopold
- Una visita al re di Prussia
- Questo unico Mozart
- Un programma scandaloso
- Apollo in bolletta
- L’onore e il segreto
- Per un tozzo di pèane…
- Se faremo fiasco, io non ne ho colpa
- Orfeo a Francoforte
- Un invito a Londra
- L’ombra di Maria Magdalena
- Arde la Musa e la consuma
- L’excès de travailet de plaisir
- Il Requiem di un altro
- La fabbrica dei misteri
- Un capolavoro alla nascita
- Una porcheria tedesca
- Il successo silenzioso
- Curriculum mortis
Indice
Il Mito dell’Analisi
Titolo originale: The Myth of Analysis – Three Essays in Archetypal Psychology
Autore/i: Hillman James
Editore: Adelphi Edizioni
traduzione di Aldo Giuliani.
pp. 384, Milano
Si può dire che questo libro segni il più importante sviluppo della psicologia analitica dopo la morte di Jung. James Hillman vi ha messo in questione l’analisi stessa con una radicalità e una consequenzialità che sconvolgono e scalzano ogni possibile routine delle varie scolastiche (junghiane non meno che freudiane). Dopo che per decenni l’analisi ha preteso di sezionare il mito, qui per la prima volta ci si chiede: qual è il mito che sta dietro all’analisi e la determina nel profondo?
James Hillman (1926 – 2011) è stato uno dei più grandi filosofi e psicanalisti dei nostri giorni, autore di autentici best seller. È stato il padre della cosiddetta psicologia archetipica e un grande ispiratore della psicologia immaginale e della ecologia profonda. Hillman è stato selezionato dalla Utne Reader tra le prime 100 persone che sono in grado di cambiare la vita del loro lettore. È uno dei più importanti pensatori post-junghiani, il fondatore della rivoluzionaria scuola della Psicologia Archetipica.
Introduzione
- Sulla creatività psicologica
- Sul linguaggio psicologico
- Sulla femminilità psicologica
Note
Indice analitico
Discorso e Situazione
Autore/i: Prini Pietro
Editore: Edizioni Studium
seconda edizione riveduta e ampliata.
pp. 164, Roma
L’unificazione del sapere è un problema centrale della filosofia contemporanea. Unificare il sapere significa poter unificare la vita, cioè dare un senso alla vita di ciascuno di noi, che è lo scopo ultimo di ogni filosofare. Ma il problema non si sarebbe posto in quella forma di urgenza e di inevitabilità in cui si pone oggi, se non nascesse dalla constatazione del carattere realmente molteplice del nostro sapere. Una delle scoperte più rilevanti della filosofia contemporanea è appunto questa: che l’uso teoretico della ragione non è uniforme. L’A., partendo dalla prospettiva che ogni discorso razionale, ogni procedura di prova, si situa come un discorso davanti ad un uditorio, analizza tre differenti strutture logiche: quella del discorso privato, o del rapporto «io-tu», quella del discorso oggettivo, o della impersonalità scientifica, e quella del discorso collettivo, o della ideologia di classe o ceto. Sono le procedure di prova della testimonianza, della verifica e della compossibilità delle prospettive. La pretesa di usarle indifferentemente – o esclusivamente, come spesso avviene, nel pregiudizio del carattere soltanto scientifico della ragione – è la causa più frequente delle dimostrazioni inefficaci e della confusione dei concetti. L’A. riconosce tuttavia, o riscopre in maniera originale, in questa pluralità di strutture logiche, una forma unitaria, un vettore di convergenza, per cui si può parlare veramente di unita della ragione, anche nel suo uso molteplice. Ogni prova, comunque si configuri, si profila infatti, in ultima analisi, come il procedimento estensivo di una presenza. Il fondamento dell’accordo che essa si propone di promuovere è la irrecusabile manifestazione di ciò che è; la sua ratio probandi e, come dice S. Agostino, la veritas qua ostenditur id quod est. La nostra ragione è unitaria perché si fonda e si iscrive nell’Essere, pur nel diverso modo del suo presentarsi nelle forme della nostra esperienza. Fuori dai binari dell’antiquato formalismo scolastico, l’A. recupera in questo senso l’ontologia di quella unificazione di fondo della nostra esperienza e della nostra ragione, che si fa manifesta nella presenza, o nel «mistero», del Sacro. L’Essere, nel suo significato più originario, è una presenza religiosa e, più precisamente, l’Evento che da senso ad ogni altro evento. Riconoscerne le manifestazioni autentiche significa «demistificare» la ragione dai molti equivoci in cui l’ha condotta l’ateismo contemporaneo.
Pietro Prini, nato a Belgirate (Novara), è ordinario di Storia della filosofia nel Magistero di Roma, dove dirige la scuola di perfezionamento in filosofia e di preparazione all’insegnamento filosofico. È attualmente presidente della Società filosofica italiana. Ha fondato nel 1970 e dirige la rivista di filosofia «Proteus».
È autore di numerose opere, fra le quali: Rosmini postumo, Plotino e la genesi dell’umanesimo interiore, Cristianesimo e ideologia. Nelle nostre edizioni figurano: Gabriel Marcel e la metodologia dell’inverificabile (tradotta in francese, in spagnolo e in inglese), Esistenzialismo (tradotta in spagnolo), Verso una nuova ontologia e Storia dell’esistenzialismo.
Esperienza della Morte e Speranza – Un Dibattito sulla Morte nella Cultura Contemporanea
Autore/i: Bizzotto Mario
Editore: Vita e Pensiero
premessa e introduzione dell’autore.
pp. 194, Milano
La morte è un evento che si compie in ogni istante della vita ma nel contempo è l’evento a cui meno si pensa. Chi la ignora, trascura la lezione più urgente da apprendere: quella del limite e della modestia, della saggezza e della bontà, della precarietà e della speranza. Il Kierkegaard la definisce un pedagogo serio che non mente e dice la verità per intero senza indulgere al gioco delle razionalizzazioni e delle maschere. Da essa partono domande che mettono l’uomo alle corde. La fine della vita è la fine di tutto? Cosa rimane di me e delle persone che amo? Se tutto si dissolve nella morte, cosa pensare della storia con le sue vittime innocenti, alle quali oltre al diritto alla vita è stato tolto anche quello del nome? Come ristabilire l’ordine violato?
Se l’ultima parola è della morte, si deve dire che essa non fa giustizia, anzi agli innumerevoli soprusi perpetrati contro gli inermi ne aggiunge un altro, ancora più oltraggioso, e la storia cosi come procede assume le sembianze d’una farsa assurda. Per rispondere ai molti interrogativi posti dalla morte e per dare un senso agli eventi dell’esistenza e della storia, non sempre comprensibili con il loro strascico di disordine e dolore, non basta la parola della ragione. Eppure nel tunnel buio della morte si accende un lume che conduce ad un’uscita di sicurezza: la speranza che il messaggio cristiano è capace di destare nell’uomo. Solo affidandosi ad essa è possibile riscattare dall’insignificanza le sofferenze che ogni giorno vengono sempre più accumulandosi nel mondo e soprattutto è possibile trovare un senso nel declino della vita. Ciò che conferisce un senso alla morte, conferisce un senso anche alla vita e alla storia.
Allora la morte, associata alla speranza di una salvezza, è una maestra che insegna ad accettare la vita con i suoi rovesci e a valutare le cose secondo la dovuta misura assegnando loro il giusto posto.
Mario Bizzotto è padre camilliano. Ha studiato teologia a Vicenza, Verona e Vienna, dove ha completato gli studi teologici e si è laureato in filosofia. E insegnante di ermeneutica e antropologia filosofica allo Studio Teologico S. Zeno di Verona. Da lezioni di antropologia medica all’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria (Camillianum – Roma). Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Erkenntnis und Existenz; Conoscere e interpretare; Rinascita dell’etica; Il grido di Giobbe. L’uomo, la malattia, il dolore nella cultura contemporanea.
Casa Agnelli – Storie e Personaggi dell’Ultima Dinastia Italiana
Autore/i: Ferrante Marco
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
nota e introduzione dell’autore, in sovraccoperta: Gianni Agnelli con la moglie Marella e i figli Edoardo e Margherita a Villa Bona, 1968.
pp. 258, numerose fotografie in bianco e nero fuori testo, Milano
Gli Agnelli sono l’unica tra le dinastie storiche del capitalismo italiano ad aver conservato una posizione paragonabile a quella dei tempi d’oro, della nascita delle grandi industrie moderne tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e sono un simbolo del capitalismo famigliare non solo in Italia. In questo libro si racconta chi sono gli eredi del senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat, attraverso più di cento microritratti di fratelli, cugini, nipoti, zie. Sono bozzetti fatti di ritagli, notizie laterali, cenni personali, aneddoti, in cui vengono tratteggiati personaggi noti (da Susanna Agnelli a John e a Lapo Elkann), ma anche meno conosciuti (dallo scrittore Oddone Camerana, a suo nipote Andrea, che ha sposato la cantante Alexia). E personaggi di cui non tutti conoscono il legame con la famiglia Fiat, come l’attore Pietro Sermonti. Si raccontano le loro parentele, le professioni che svolgono, i luoghi dove vivono o hanno vissuto. La narrazione ruota intorno alle storie di cinque persone che non ci sono più: Virginia Bourbon del Monte, madre dei sette eredi Agnelli, i suoi tre figli maschi Gianni, Umberto e Giorgio (quasi espunto dalla storia famigliare perché malato, e qui descritto per la prima volta grazie alle testimonianze di chi l’ha conosciuto), e uno dei suoi nipoti, Edoardo, figlio di Gianni.
Le vicende dell’economia e dell’industria italiana si intrecciano alla storia dei rami della famiglia: i Fürstenberg, i Rattazzi , gli Elkann – De Pahlen, i Campello – Teodorani Fabbri, i Brandolini, gli Agnelli, i Ferrero Ventimiglia, i Nasi, i Camerana, i Frua De Angeli – Ajmone Marsan. Casa Agnelli è quindi una raccolta di memorie sociali, il tentativo di definire lo spazio di questa dinastia nell’immaginario del nostro paese, e insieme un racconto di psicologia famigliare, in cui si parla anche di denaro, ma non troppo. Perché, in realtà, non è più quello di una volta: la famiglia col tempo si è ingrandita e le ultime generazioni sono via via diventate meno ricche delle precedenti.
A tenere insieme questo stravagante patchwork di vite, c’è Giovanni Agnelli II, l’Avvocato, nipote prediletto del fondatore. Marco Ferrante riflette sul suo carattere di uomo ermetico, la cui complessità fu resa più singolare, ipnotica e indecifrabile dalla condizione economica, naturalmente, ma soprattutto dal compito che egli si diede e a cui si dedicò quasi con abnegazione: costruire il mito di se stesso a partire dal rispetto del lascito del nonno, la Fiat. A quattro anni dalla sua morte, senza cadere nella commemorazione agiografica, questo libro prova a schiudere una visuale nuova a chi voglia cercare di trarre un bilancio della sua condotta di azionista e capo della più grande industria italiana.
Marco Ferrante è nato a Martina Franca nel 1964. Sposato, tre figli, è vicedirettore a La7. Ha pubblicato due romanzi: Mai alle quattro e mezzo e Gin Tonic a occhi chiusi. Da Mondadori ha pubblicato: Casa Agnelli. Storie e personaggi dell’ultima dinastia italiana, Marchionne. L’uomo che comprò la Chrysler e Marchionne. Rivoluzione Fiat.
Violenza – Una Ricerca per Comprendere
Contributi al XXXIV Convegno del Centro di Studi filosofici di Gallarate (19, 20, 21 Aprile 1979)
Autore/i: Autori vari
Editore: Morcelliana
pp. 232, Brescia
Il diffondersi nefasto della violenza, nelle forme più sottilmente insidiose come in quelle terribilmente macroscopiche, è oggetto di deplorazione e di sgomento interrogativo a livello popolare; attualmente però, in Italia e nel mondo, vivaci dibattiti sono in corso su piano scientifico, storico, filosofico per individuarne le radici, per scoprirne le articolazioni e le giustificazioni “ideologiche”, per delineare una strategia che ne prevenga l’insorgere, operando nel sociale, intervenendo con misure pedagogiche, ricorrendo a motivi di fede capaci di riorientare gli spiriti. Studiosi di varia provenienza, accomunati da una preoccupazione umanistica e dall’ispirazione cristiana, presentano qui saggi di carattere teoretico, approfondimenti etico-religiosi, puntualizzazioni e indagini storiche: ne nasce una variegatissima panoramica sulla discussione in atto, con importanti prese di posizione anche sulle tematiche più delicate e controverse, come quella di una matrice “religiosa” della violenza; alcuni articoli presentano ricche note bibliografiche.
Con testi a cura di:
Augusto del Noce, Pietro Prini, Romeo Crippa, Peter Henrici, Enrico Garulli, Ada Lamacchia, Silvano Buscaroli, Armando Rigobello, Giorgio Giannini, Ubaldo Pellegrino, Giuseppe Goisis, Santino Cavaciuti, Bruno Salmona, Alberto Colombo, Giuseppe Flores D’Arcais, Angelo Marchesi, Umberto Galeazzi, Giorgio Penzo, Gianfranco Dalmasso, Roberto de Vita, Gustavo Bontadini.
Responsabilità – L’Io per l’Altro
Autore/i: Di Sante Carmine
Editore: Edizioni Lavoro
pp. 168, Roma
Il volume, confrontando il pensiero ebraico-cristiano dell’ascolto con il pensiero greco della visione, offre una riflessione ed un approfondimento sul tema della responsabilità indeclinabile.
In un mondo che ha fatto del mercato il dio Moloch che tutto smuove e regola, l’invito che ci viene da queste pagine è quello di riscoprire la dimensione e la priorità del dono e del gratuito. Una riscoperta che, allontanandoci dalla logica mercantile dello scambio e del do ut des, fa della gratuita e del disinteresse il principio fondante vita sociale e della stessa realtà.
Carmine Di Sante (1941) lavora come teologo presso il Sidic (Service international de documentation judéo-chrétienne) di Roma, il Centro fondato dopo il Concilio Vaticano II per favorire il dialogo Cristiano-ebraico.
Tra i suoi volumi più recenti, alcuni dei quali tradotti in diverse lingue, ricordiamo: Parole e terra. Per una teologia dell’ebraismo (Marietti, 1990); Il futuro dell’uomo nel futuro di Dio. Ripensare l’escatologia (Elle Di Ci 1994); Il Padre nostro. L’esperienza di Dio nella tradizione ebraico-cristiana (Cittadella, 1995).
The Vatican Connection – Mafia & Chiesa
Come il Vaticano ha comprato azioni false e rubate per un miliardo di dollari
Autore/i: Hammer Richard
Editore: Tullio Pironti Editore
prefazione di Giuseppe Marrazzo, premessa, nota e prologo dell’autore, traduzione di Marina Olivieri e Giuliana Lombardi, revisione di Domenico Carratelli, titolo originale: The Vatican Connection.
pp. XXIII-312, Napoli
Richard Hammer, cinquantenne giornalista del New York Times, e specialista di inchieste sulla mafia americana nei rapporti con l’Europa.
Da questa recente indagine, rifiutata dai maggiori editori del nostro paese per i noti risvolti politici, viene radiografato dall’interno il sistema finanziario del Vaticano in una colossale truffa che lo vede protagonista a pari titolo con mafiosi di primo piano e finanzieri d’assalto, come Sindona e Calvi.
Questo lavoro ha richiesto due anni di registrazioni, intercettazioni e confessioni, insieme alla collaborazione del Dipartimento di Polizia di New York.
… Secondo il libro, l’FBI ha arrestato i manovali della truffa ma non i cervelli che Hammer, l’autore, individua nel cardinale Eugène Tisserant, nel vescovo Paul Marcinkus, presidente dello Ior, l’Istituto per le opere di religione, e in Michele Sindona, appoggiato da Cosa Nostra. Il libro (di cui uscirà il film) è stato pubblicato con gran successo e altrettante polemiche in mezzo mondo, ma in Italia nessuno se la sentiva di tradurlo e darlo alle stampe.
Quando è uscito all’estero ha fatto rizzare i capelli a parecchi uomini politici italiani, al Vaticano e alla mafia italoamericana. Il libro racconta di una gigantesca truffa per 1.400 miliardi di lire … (Pietro Calderoni – L’Espresso 19-6-1983)
Ed è cercando di far tornare al loro posto alcuni tasselli di un puzzle micidiale, che può accadere di trovarsi a New York, verso l’ora del tramonto al quarantacinquesimo piano di un grattacielo dove lavora il signor Gallagher, legale dei liquidatori dell’Ambrosiano Overseas che assicura: « C’è sostanza nella banca di Nassau, non è una scatola vuota ». La consociata del banco Ambrosiano era stata per più di dieci anni il ripostiglio dei segreti scottanti di Calvi. Da li partirono, nel febbraio scorso, quei 14 milioni di dollari che il banchiere fece affluire sul conto svizzero di Carboni. Sullo sfondo di un cielo rosso fuoco Gallagher, in bretelle e maniche di camicia, confessa: « Mi è stato consigliato di leggere il Vatican Connection ». (Sandra Bonsanti La Repubblica 21-12-82)
Rapita dalla Giustizia – Come ho Ritrovato la Mia Famiglia
Un padre costretto a due anni di carcere per una violenza mai commessa. Una bambina strappata alla sua famiglia per oltre un decennio. Chi ha permesso tutto questo?
Autore/i: L. Angela; Guarneri Caterina; Tortorella Maurizio
Editore: Rizzoli
prima edizione.
pp. 216, Milano
Angela è una ragazza come tante. Ha A vent’anni, lunghi capelli neri, una famiglia che l’adora, una vita serena e un futuro che l’aspetta. Tutte cose che siamo abituati a dare per scontate, ma che fino a pochi anni fa per lei erano solo un sogno, un ricordo che il tempo aveva nascosto nelle pieghe di un assurdo errore giudiziario.
Tutto comincia il 24 novembre 1995, quando un’assistente sociale e due carabinieri si presentano alla scuola elementare di Masate, un piccolo centro del milanese. Angela viene prelevata senza capire che sta succedendo. Ha solo sei anni e non può sapere che questo sarà l’inizio della sua terribile storia. , Da quel giorno, la sua vita sarà un calvario di orfanotrofi e interrogatori, esami e test psicologici continui per strapparle di bocca un’orribile verità: il Tribunale dei minori è convinto che suo padre Salvatore abbia abusato di lei. Sua cugina Antonella, anche lei minorenne, avrebbe già confessato tutto.
Ma per la piccola Angela quell’orribile verità non è altro che una spudorata menzogna, il frutto di una mente turbata: suo padre le vuole bene, lei lo sa. È ancora una bambina, ma ha già capito di essere finita in un mondo alla rovescia: gli uomini e le donne della Giustizia sono diventati i suoi nemici, non sono lì per aiutarla, ma per strapparle la sua identità. Niente più capelli lunghi, via perfino il suo cognome che è l’ultimo legame con i suoi affetti, quelle stesse persone che il tempo sta trasformando in ricordi sempre più sfumati.
Oggi, tredici anni dopo quel 24 novembre, Angela ha deciso di raccontare la sua terribile avventura: la sua infanzia rubata, la sua adolescenza tradita, la sua identità ritrovata. La storia di una bambina rapita dalla giustizia.
Angela L. oggi ha vent’anni e sta lottando per ottenere il cognome della sua famiglia d’origine.
Caterina Guarneri, giornalista professionista, ha cominciato al settimanale “Panorama” dove si è occupata di inchieste di costume. Dal 2007 lavora per il settimanale “Chi”, dove continua a scrivere di società, con interviste ai principali personaggi italiani dello spettacolo.
Maurizio Tortorella, giornalista professionista, ha iniziato al “Sole 24 Ore”. È stato poi inviato speciale di “Panorama”, per il quale ha seguito tutte le principali inchieste giudiziarie degli anni Novanta. Dal 2006 è condirettore del settimanale “Economy”. È stato coautore di L’ultimo dei Gucci (Marco Tropea 1997, Mondadori 2005).
I Maghi – Storie Vere di Magie, Riti e Sortilegi
Autore/i: Feslikenian Franca
Editore: De Vecchi Editore
prefazione dell’autrice.
pp. 196, nn. tavole b/n f.t., Milano
«Abbastanza recente – e oseremmo dire 4 la page – è il ridestarsi dell’interesse nei confronti di quel mondo meta e parapsichico che è
dominio delle Arti Magiche. Satana ha di nuovo i suoi adepti che
operano “alla luce del sole”, anche se sarebbe piuttosto il caso di
dire “nella tenebra”. Messe nere e riti di iniziazione: nella civiltà
dei consumi e delle conquiste spaziali si hanno paurosi sussulti e repentini ritorni a un passato di “secoli bui”.
Tutto questo dipende senz’altro da un’esigenza spirituale che cerca
nuovi sfoghi in un’era che ha reso l’uomo “a una dimensione”, demitizzando quelli tradizionali. Ma vi è un altro aspetto che occorre tener presente. Non v’è chi non sappia che la magia nacque con l’uomo: e fu religione, arte e prima presa di coscienza della realtà sensibile.
Nata da due impulsi, da due istinti solo in apparenza contraddittori – la sete di conoscenza e la paura – se pure venne ripudiata ufficialmente dalle figlie “nobili” e ormai emancipate, la religione, l’arte, la scienza, è rimasta viva e vitale nelle pieghe di ogni società, anche la più tecnicamente all’avanguardia. Si è cristallizzata in superstizioni, leggende, proverbi e usanze quotidiane; fa parte della nostra vita di tutti i giorni assai più di quanto non pensiamo. Questo sta a significare che la riscoperta della magia non è in fondo altro che il riaffiorare di tradizioni che ci portiamo dietro da sempre. Lo studio del folclore della nostra terra e delle sue componenti “magiche” è proprio il riscoprire queste tradizioni. E in questo mondo di streghe possiamo ritrovare le radici stesse di un nostro modo di esistere.[…]»
Tokyo Città Occupata
Titolo originale: Occupied City
Autore/i: Peace David
Editore: Il Saggiatore
prima edizione, nota e ringraziamenti dell’autore, traduzione Marco Pensante, collana: Narrativa n° 48.
pp. 368, ill. in b/n, Milano
Tokyo, 1948. Anno del Ratto. Portatore di malattia, il topo governa la città occupata due volte: dalle truppe del generale americano Mac Arthur, insediato dopo la resa giapponese, e da fantasmi inquieti. Tokyo. Un altro anno del Ratto. Uno scrittore corre ansimando nella notte, gli occhiali rotti, i pantaloni infangati. Fra le sue braccia gli appunti di un libro che non vuole farsi scrivere. Sta correndo verso la Porta Nera. Lì forse troverà la verità. Lì forse capirà chi è il falso medico che nel 1948 ha avvelenato e ucciso i dodici dipendenti della Banca Teikoku. Tokyo ha scelto il suo colpevole. Ma la città è occupata, posseduta, la verità nascosta. Per scoprirla, lo scrittore partecipa a una seduta spiritica: dodici candele vengono spente, una per ciascuno spirito. Le voci delle vittime, della polizia, degli occupanti americani si contaminano, si intrecciano in un serrato rituale esorcistico. Fra i deliri dei testimoni, dove nessuno dice la verità e quando la dice ne mistifica un’altra, s’insinua lo spettro della Guerra Batteriologica, l’eredità degli atroci esperimenti sui tronchi, le cavie umane dell’Unità 731 deliberatamente infettate dalla peste. E le pagine del libro che non voleva farsi scrivere ora non sono più bianche. Eppure lo scrittore non trova pace perché, sì, i personaggi finalmente sono suoi, ma sue sono anche le lacrime, sua è la sofferenza del Giappone. È la condanna dello scrittore quella che David Peace racconta nel secondo volume della Trilogia di Tokyo. È l’omaggio ai racconti di Akutagawa e al cinema di Kurosawa, ma anche al buio di 1984. Una storia in cui nulla è risparmiato, nessuno è risparmiato. Un libro che fa trattenere il respiro come se fosse morto il mondo intero.
David Peace una delle voci più originali della narrativa contemporanea, è nato e cresciuto nel West Yorkshire e dal 1994 al 2009 ha vissuto in Giappone. Con Tokyio anno zero ha dato il via alla Trilogia di Tokyo, di cui Tokyo città occupata è il secondo volume.
Il Sentimento della Vergogna
Titolo originale: Facing Shame
Autore/i: Fossum Merle A.; Mason Marilyn J.
Editore: Casa Editrice Astrolabio
prefazione di Carl A. Whitaker, traduzione di Salvatore Maddaloni.
pp. 192, Roma
I terapeuti della famiglia si trovano spesso di fronte nuclei familiari che hanno fatto ripetutamente ricorso al trattamento. A prima vista i loro vari problemi, quali la dipendenza da alcol, la depressione, le cattive abitudini alimentari e la violenza, sembrano indipendenti. Eppure, come dimostrano gli autori, tali comportamenti sono collegati tra loro dal processo della vergogna che ne è alla base. I terapeuti, invece di affrontare i problemi uno alla volta, dovrebbero curare il processo della vergogna che si mantiene in vita in modo autonomo, manifestandosi via via con un comportamento coatto, dipendente o violento. […]
Fossum Merle A. è uno dei fondatori del Family Therapy Institute di St. Paul, Minnesota, in cui svolge il ruolo di direttore del training. Ha esercitato l’attività di terapeuta della famiglia per 25 anni.
Mason Marilyn J. lavora come terapeuta della famiglia presso il Family Therapy Institute di St. Paul, insegna all’University of Minnesota Medical School e dirige il Wilderness Learning Istitute.
Prefazione
Introduzione
Ringraziamenti
- Il drago invisibile
- Sistemi in cui predomina il rispetto e sistemi in cui predomina la vergogna
- Origine e perpetuazione del senso di vergogna
- I confini e il Sé
- Regole familiari dei sistemi in cui predomina la vergogna
- Interazione tra senso di vergogna e controllo
- Dipendenze: riserve di senso di vergogna familiare
- Ipotesi di base del processo terapeutico
- Il passaggio dal senso di vergogna al rispetto
Indice analitico
Krishna a Hindu Vision of God
Scenes from the Life of Krishna illustrated in Orissan and other Eastern Indian Manuscripts in the British Library
Autore/i: Losty Jeremiah P.
Editore: The British Library Publishing Division
introduction by the author.
pp. 52, illustrated in colour and b/w, London
The Author: J. P. Losty is an Assistant Keeper in the Department of Oriental Manuscripts and Printed Books of the British Library and is in charge of books and manuscripts in Sanskrit, Prakrit and Pali. He has published articles in specialist journals on Indian painting and manuscripts.
Il Rifugio nel Triplice Gioiello
Autore/i: Venturi Nazareno
Editore: Alkaest
unica edizione, introduzione dell’autore.
pp. 72, Genova
L’opera si compone di due parti. Lo studio introduttivo sul Triratna si apre a molteplici considerazioni Tradizionali le quali risolvono implicitamente il suo significato esoterico e le sue “applicazioni di principio” seguono alcuni “Canti” che, pur essendo ispirati al Triratna, sono suscettibili di una interpretazione ermetica: l’Uomo Integrale, l’Opus, la Legge che armonizza il microcosmo col macrocosmo, l’influenza ed il ricordo del Principio…
Nazareno Venturi è nato a Genova nel cui entroterra risiede.
Interprete rigoroso della Tradizione ha svolto varie conferenze e studi sui temi ad essa collegati che ha affrontato, assieme ad Angelo Terenzoni, in una opera di grande sintesi, dedicata a R. Guenon (di imminente pubblicazione).
Del medesimo autore saranno pubblicati, in questa stessa collana “Studi Orientali”, “L’età del tramonto del Dharma”, “Il fachirismo e le siddhi”, ed altri scritti.
Ultimi Racconti
Titolo originale: Last Tales
Autore/i: Blixen Karen
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
prima edizione italiana, traduzione dall’inglese di Paola Ojetti.
pp. 408, Milano
Ultimi racconti è il quarto libro di Karen Blixen (Isak Dinesen) che vede la luce in Italia. Originariamente scritto, come tutte le altre opere di questa scrittrice, in inglese (e, poi, da lei stessa tradotto in danese, lingua della sua patria e lingua in cui eccelse il padre scrittore), è stato, appunto, tradotto in italiano dalla sua versione inglese. Più che una fisionomia propria, esso ha la fisionomia di tre libri della stessa autrice perché ne è rispettivamente anticipazione e integrazione: anticipazione del romanzo Albondocani che la Dinesen aveva in animo di scrivere da molto tempo e che ancora non sappiamo se sia riuscita a terminare prima di morire: avrebbe dovuto comprendere circa duecento racconti intrecciati fra loro; integrazione dei Racconti gotici e dei Racconti d’inverno, le cui raccolte sono già note al nostro pubblico.
Nata nel 1885 a Rungstedkund, la baronessa Karen Blixen, dopo aver viaggiato tutto il mondo e aver vissuto lungamente nel Kenya, ha trascorso i suoi ultimi anni tra Copenaghen ed Elsinore, sulla costa danese che la vide bambina e alla quale ella ha dedicato i suoi racconti più vivi, tutti impastati di appassionata nostalgia. E a Copenaghen è morta nel settembre 1962 Il Medio Oriente, la Cina, Parigi, il Portogallo, la Germania e, infine, l’Italia e la sua capitale le servono da sfondo e da scenario per le intense vicende dei suoi personaggi; ma l’Africa di La mia Africa o la Danimarca dei Sette racconti gotici e dei Racconti d’inverno vivono in tutti i loro elementi umani, animali e vegetali. Uccello migratore lei stessa, spartisce il suo animo, il suo spirito, il suo cuore e, di conseguenza, la sua nostalgia tra le coste del Mare del Nord e gli altipiani del Ngong.
Non a caso, Hemingway, ricevendo il Premio Nobel, dichiarò che esso sarebbe più giustamente spettato a Isak Dinesen; infatti, nessun altro scrittore suo contemporaneo può avere più di lui goduto l’incanto di questa instancabile viaggiatrice che d’ogni suo personaggio ha creato il mito, e d’ogni elemento delle terre più amate, uccello, albero, fiore, blocco di ghiaccio, fiocco di neve o raggio di sole, ha saputo creare un personaggio: miti e personaggi di una unica, prodigiosa, palpitante civiltà.
Diario d’Antepace 1946-1949
Titolo originale: Tagebuch 1946-1949
Autore/i: Frisch Max
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
unica edizione, traduzione dal tedesco di Angelica Comello ed Eugenio Bernardi, in copertina: Max Frisch nel suo studio romano, fotografia di Paola Tornabuoni (1962).
pp. 412, Milano
Questo libro è più di ciò che una definizione qualsiasi potrebbe suggerire: più di un semplice diario nel senso in cui Frisch lo intende, cioè come lettura di se stessi, reperimento di una verità particolare e immediata, per quanto sia pieno di illuminazioni sul piano della persona, più di una serie di racconti, per quanto ricco di forza drammatica e di splendide divagazioni narrative, più di una “sentimental journey,” per quanto attraversato da non casuali itinerari, anche italiani, più che la testimonianza di una difficile presa di coscienza e della genesi di un’opera, per quanto contenga gli spunti, per esempio, di tutta la cospicua opera teatrale di Frisch, più di una meditazione politica, per quanto colmo di intuizioni, addirittura di anticipazioni in questo senso: – è tutte queste cose e ancora qualcosa in più, è il complesso percorso, rifatto in una prosa lucida, elegante, precisa, lungo il quale un’epoca “si scrive.”
La pubblicazione di questa opera intende contribuire alla conoscenza di Max Frisch in Italia. Di questo autore, il maggiore di lingua tedesca in questi anni, Feltrinelli ha già pubblicato il romanzo Homo Faber e un volume contenente l’essenziale del suo Teatro. Il Diario d’antepace risale agli anni tra il 1946 e il 1949, agli anni cioè dell’immediato dopoguerra.
Trovatosi a vivere durante il conflitto in un paese neutrale, la Svizzera, e d’altra parte in una città, Zurigo, in cui erano convenuti numerosissimi e famosi esponenti dell’emigrazione, Frisch aveva avuto modo di raccogliere un numero inconsueto di esperienze culturali, ideologiche, morali e di confrontarle con la realtà che gli stava intorno. Questo confronto continua negli anni successivi, disegnando una parabola estremamente sottile e complessa, attorno alla quale s’intrecciano spunti personali, meditazioni critiche, osservazioni politiche. Gli incontri con Brecht, le riflessioni sul teatro, la meditazione sulla situazione dell’intellettuale, la verificazione quotidiana del; l’etica e delle abitudini borghesi, l’esperienza amorosa vissuta anche al livello della sua significazione, il lavoro di tutti i giorni, in un ambito professionale estraneo alla letteratura, i numerosi viaggi attraverso l’Italia, la Germania distrutta, la Polonia, la Cecoslovacchia, la riflessione critica condotta nello stile di un sospetto nei confronti dell’ideologia ufficiale, le testimonianze sul riordinarsi, difficile e spesso periglioso, dell’Europa dopo la catastrofe: sono alcuni dei contenuti di questo classico diario, che Frisch voleva chiamare, forse per un gesto di amarezza, Diario in attesa della pace, e che poi, con un gesto per cui all’amarezza s’è aggiunta l’ironia, ha battezzato Diario d’antepace.
Lettere di Abelardo e Eloisa
Autore/i: Abelardo
Editore: Rizzoli
testo latino a fronte, introduzione di Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, traduzione e note di Cecilia Scerbanenco, in copertina: Il paradiso terrestre. La cacciata di Adamo ed Eva (part.), Miniature delle Très Riphes Heures del duca di Berry.
pp. 540, Milano
Ottocento anni fa a Parigi: Eloisa, una sedicenne graziosa e sapiente, incontra Abelardo, maestro e filosofo di successo. Si amano «follemente e senza prudenza», come scriveranno anni dopo. La vicenda appariva straordinaria già ai loro contemporanei e ancor più quando l’amore sopravvisse alla tragica separazione dei due amanti. Molti anni dopo, infatti, i due protagonisti raccontano a loro stessi e al mondo, nelle lettere che si scambiano, con rimpianto lei, con pentimento ma tenerezza lui, i giorni lontani dell’amore. Ma parlano anche di molte altre cose, della cultura dell’epoca, della figura e del ruolo della donna, della idea di «amore vero» e, soprattutto, di una nuova morale che nasce nella intenzione e si oppone alla ipocrisia delle regole esteriori. Si tratta di un documento eccezionale che spalanca davanti ai nostri occhi il quadro di una epoca alle soglie del mondo moderno.
È la storia di un amore vero, ma è anche una storia vera d’amore?
Pianto di Sirena e Altri Racconti
Titoli originali: Shisei – Kirin – Hōkan – Himitsu – Ningyo no Nageki, Majutsushi
Autore/i: Tanizaki Junichiro
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
prima edizione italiana in “Impronte”, traduzione dal giapponese e cura di Adriana Boscaro.
pp. 128, Milano
Scritti tra il 1910 e il 1917, i sei racconti raccolti in “Pianto di sirena” sono tra i più significativi della produzione giovanile di Tanizaki. Filo conduttore essenziale dei racconti, nei quali affiora insistente una tensione tra il fascino esercitato dalla cultura europea e il permanere dei valori estetici coltivati dalla tradizione giapponese, è la ricerca di una bellezza il cui godimento non può prescindere dal ricorso alla perversione e alla crudeltà. Per attingere a questa bellezza difficile e raffinata un artista, dopo aver sadicamente tatuato la schiena di una donna seducente, si fa succube della crudeltà della sua ex vittima; o ancora, un travestito, che anela a carpire il segreto della differenza sessuale, deve stabilire con una donna un legame che è al contempo erotico e concorrenziale. Sono temi che poi Tanizaki riprenderà in romanzi come “L’amore di uno sciocco”,”La chiave” e “Diario di un vecchio pazzo”, ma che qui acquisiscono un tono particolare nel quale riconosciamo echi del grande decadentismo occidentale. Adriana Boscaro, nella postfazione, precisa: “Come sempre arte e bellezza sono al di sopra della vita: Tanizaki tesse il suo mondo irreale di perfezione dove non c’è posto per la realtà e la morale, un mondo dove estetismo (Wilde) e soprannaturale (Poe) si fondono con l’innato senso del bello e del mistero della sua matrice culturale, un mondo quindi che rifugge dal quotidiano”.
Jun’ichirō Tanizaki, nato a Tokyo nel 1886 e morto ad Atami nel 1965, è considerato tra i maggiori scrittori giapponesi. Esordì nel 1910 con Il tatuaggio, compreso nella raccolta Pianto di sirena (Feltrinelli, 1985, 2009). I suoi racconti e romanzi colpiscono per il culto raffinato di una bellezza perversa e crudele, la complessità della psicologia sessuale, intrisa di sadismo, masochismo e feticismo. Feltrinelli ha pubblicato anche Il dramma stregato (1990) e Morbose fantasie (1999, 2013).
Trattato di Psicologia dell’Infanzia • 1 – Storia e Generalità
Titolo originale: Traité de psychologie de l’enfant – 1° vol., Histoire et généralités
Autore/i: Chateau Jean; Debesse Maurice; Osterrieth Paul A.
Editore: Armando Armando Editore
prefazione e cura di H. Gratiot-Alphandéry, René Zazzo, traduzione e note a cura di G. Laeng.
pp. 204, Roma
Sommario:
- L’infanzia nella storia della psicologia, Debesse Maurice
- Che cos’è l’infanzia?, Chateau Jean
- Gli ambienti, Osterrieth Paul A.
Le Preghiere che Salvano
La storia, i testi, le promesse e le indulgenze delle devozioni ispirate da Dio e dalla Madonna
Autore/i: Gaeta Saverio
Editore: SugarCo Edizioni
introduzione dell’autore.
pp. 280, Milano
Parlare con Dio mediante la preghiera, sia in forme spontanee che secondo orazioni strutturate, è un’esperienza che l’uomo fa sin dagli albori della sua avventura terrena. Ma nella tradizione cattolica esiste una categoria particolare di preghiere che in qualche modo rappresentano una diretta risposta divina all’anelito umano. Si tratta delle pie devozioni, molte delle quali sono scaturite da rivelazioni private con cui Dio, Gesù Cristo, la Madonna o un santo hanno personalmente comunicato una promessa soprannaturale, indicando le condizioni per ottenerne il compimento. Anche per tale motivo, quasi tutte queste orazioni sono dotate di una particolare caratteristica che viene concessa dalla Chiesa ai fedeli che le compiono dopo essersi confessati e comunicati: si tratta dell’indulgenza plenaria o parziale, cioè della remissione dinanzi a a Dio di tutta o di una parte della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa. Dunque, conoscere e praticare tali devozioni non è un gesto che appartiene al passato, ma un attuale ed efficace sostegno per crescere nella fede e per vivere in grazia di Dio.
Saverio Gaeta è caporedattore del settimanale Famiglia Cristiana. In precedenza è stato caposervizio del mensile Jesus e redattore del quotidiano vaticano l’Osservatore Romano. Ha insegnato giornalismo in alcune università pontificie e Istituti di scienze religiose; ogni sabato, dalle 12.25 alle 13, cura una rubrica su Radio Maria e ogni domenica, dopo l’Angelus del Papa, va in onda su RadioUno nella trasmissione “Oggi Duemila”.
Per Sugarco ha pubblicato, insieme con padre Livio Fanzaga, i libri-intervista La firma di Maria (2005), Medjugorje. In attesa del Segno (2006), Il tempo di Maria (2007).