Manifesto dei Conservatori
Autore/i: Prezzolini Giuseppe
Editore: Rusconi
prefazione dell’autore.
pp. 168, Milano
Giuseppe Prezzolini continua a stupire per la sua lucidità e intelligenza. Giunto a novant’anni, ha scritto un libro anticonformista e felicemente libero, offrendo ai suoi lettori i principii fondamentali di un moderno pensiero conservatore, cioè di una politica realistica, attenta al bene comune e alle tradizioni nazionali un Manifesto per quella maggioranza finora rimasta troppo silenziosa, ma non più disposta a sopportare l’anarchia, il disordine e l’illegalità elevati a sistema. Il libro si compone di due parti nella prima si espongono i principii teorici del pensiero conservatore, che susciteranno non poche discussioni e polemiche. Nella seconda Prezzolini presenta una sua autobiografia spirituale, Come diventai conservatore (Confessioni di un figlio del secolo), in cui narra il suo itinerario politico, dai primi entusiasmi anarchici dell’adolescenza alla scoperta di Taine, dal «Leonardo» a «La Voce», dal soggiorno a Parigi nel primo dopoguerra all’esilio volontario in America fino al ritorno in Italia nell’ultimo dopoguerra e alla recente emigrazione in Svizzera. In queste pagine, che si leggono come un romanzo, Prezzolini rievoca i suoi amici, da Papini a Corradini, da Amendola a Gobetti, e traccia a grandi linee la storia di una delle stagioni più vive della cultura italiana. Libro ricco di umori, di rivelazioni inedite, di intuizioni profonde, è la summa di tutte le sue opere precedenti, del suo pensiero oggi più attuale che mai. «Un conservatore», scrive in un brano che diventerà giustamente celebre, «preferisce alle rivoluzioni gli adattamenti, le modificazioni, le evoluzioni, gli assaggi, i ritocchi, almeno nei punti essenziali della coesistenza sociale. Il rispetto delle consuetudini non nasce nella mente del conservatore dal pensare che esse siano perfette; tutt’altro: nasce dal fatto che le considera come meno imperfette, poiché esistono, di quelle che ancora non esistono; per far esistere le quali ci vorrebbe uno sforzo che sarebbe più opportuno applicare a far funzionare meglio quelle esistenti».