L’Uomo che Fermò Hitler – La Storia di Dimitǎr Pešev che Salvò gli Ebrei di una Nazione Intera
La storia drammatica e misconosciuta di un eroe del nostro secolo: l’uomo che sfidò Hitlerper salvare 48.000 ebrei bulgari e fu perseguitato dai comunisti, processato, accusato di antisemitismoe dimenticato da tutti
Autore/i: Nissim Gabriele
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
introduzione dell’autore, in sovraccoperta: Pešev con le nipoti Kička e Kaludka.
pp. 330, numerose tavole b/n f.t., Milano
Il 20 febbraio 1973 Dimitar Pešev si spegneva a Sofia, in povertà e dimenticato da tutti, anche dalla maggioranza di coloro che gli dovevano la vita. Eppure, era stato un uomo importante: avvocato di grido e figura di primo piano sulla scena politica bulgara d’anteguerra, da vicepresidente del Parlamento aveva compiuto un atto pressoché unico nella storia dell’Olocausto.
Nel marzo del 1943 Pešev, informato da alcuni amici dell’imminente deportazione dei 48.000 ebrei bulgari, con un’iniziativa temeraria quanto tempestiva costrinse re Boris III e il governo a dare ordine che i treni diretti ad Auschwitz non si muovessero dalle stazioni di partenza. Fu così l’unica personalità di rilievo in una nazione filotedesca a rompere quel clima di omertà collettiva nel quale si consumò la «soluzione finale». Combatté contro i nazisti la battaglia decisiva, e vinse. Gli ebrei bulgari si salvarono.
Scomparso improvvisamente il sovrano nell’agosto dello stesso anno, Pešev riscoprì il valore della democrazia: lottò per il riallineamento del paese all’Occidente e denunciò i partigiani comunisti, intenzionati a consegnare la Bulgaria ai russi. Una presa di posizione pubblica, quest’ultima, che gli sarebbe costata molto cara al momento dell’occupazione da parte dell’Armata rossa.
Processato per antisemitismo e antisovietismo, fu condannato a quindici anni di carcere e scampò al gulag per un imperscrutabile caso di «banalità del bene» (chi avrebbe dovuto denunciarlo alle autorità si ricordò di un suo passato favore), ma trascorse il resto della sua esistenza senza più identità civile e professionale, rinchiuso tra le quattro mura di casa. Del gesto che aveva compiuto, il più nobile che chiunque potesse compiere negli anni del nazismo, non si vantò mai.
La vicenda di Pešev ha tutte le caratteristiche di «una favola moderna»: un uomo, in una situazione drammatica come la guerra e in un ambiente filonazista, riesce a pensare con la propria testa, a prendere decisioni autonome – diverse da quelle dettate dalla paura o dall’opportunismo – e a modificare il corso della storia. È questa l’eredità morale che Dimităr Pešev ci ha lasciato e che può rendere la memoria, come ha scritto Tzvetan Todorov, un fatto «vivo» ed «esemplare».
Gabriele Nissim (Milano, 1950), saggista, ha fondato nel 1982 «L’Ottavo Giorno», rivista italiana sul tema del dissenso nei paesi dell’Est europeo. Per le reti di Canale 5 e della Svizzera italiana ha realizzato numerosi documentari sull’opposizione clandestina ai regimi comunisti, sui problemi del postcomunismo e sulla condizione ebraica nei paesi dell’Est. Ha collaborato con il «Mondo», «Il Giornale» e il «Corriere della Sera». Ha pubblicato, con Gabriele Eschenazi, Ebrei invisibili. I sopravvissuti dell’Europa orientale dal comunismo a oggi (Mondadori, 1995).
Argomenti: Ebraismo, Personalità, Racconti, Storia Moderna e Contemporanea, Storie di Vita,