L’Occhio Impuro
Cinema, censura e moralizzatori nell’Italia degli Anni Settanta
Autore/i: Massaro Gianni
Editore: SugarCo Edizioni
in copertina: L’attrice Sylvia Kristel in una delle scene iniziali del film “Emmanuelle”.
pp. 196, Milano
La «denuncia per oscenità» è un fatto squisitamente italiano. In qualsiasi parte del mondo infatti, chi ha desiderio di vedere un film «spinto», lo fa senza crearsi particolari complessi o alibi e continuando a dormire sonni tranquilli. In Italia invece lo spettatore, di cui si deve pur supporre che sapesse bene, scegliendo il film, di cosa si trattasse,dopo aver goduto lo spettacolo si sente improvvisamente invadere dall’ira del virtuoso, corre a prendere penna e carta, spesso bollata, e stila la denuncia. Nasce così una prosa tutta particolare, in cui le descrizioni, sempre pittoresche, si alternano alle invettive, agli insulti, alle preghiere minacciose e ai suggerimenti perentori; caratterizzata da una sintassi spesso approssimativa ma sicuramente efficace, dove perfino la punteggiatura parla un suo linguaggio di indignazione e di offesa. Una prosa insomma come non si troverebbe l’eguale in nessun libro. E se predominano, leggendola, lo spasso e il senso del ridicolo, essa lascia in realtà trasparire molto più di quanto gli autori non vogliano. Perché le denunce rivelano proprio ciò che vorrebbero nascondere: il desiderio del sesso, vissuto come peccato, quindi dichiarato osceno, quindi condannato cioè «denunciato» e con ciò immediatamente riscattato: ed è così vera questa proiezione di sé nell’immagine filmica, in cui la visione viene privilegiata rispetto alla realtà, che “L’occhio impuro” vede anche ciò che non può vedere perchè… non c’è. Non è raro infatti il caso in cui vengano denunciate scene o inquadrature che non esistono.
Questo libro, e la tesi che esso sostiene, che la moderna caccia alle streghe abbia «come fine ultimo e come sempre, la libertà di pensiero, la cui repressione nasce con la delazione e si esaurisce nel rogo», presenta al lettore divertito, ma anche allo studioso di costume, un insospettato quadro psicologico dell’Italia anni Settanta.
Gianni Massaro (Roma 1930-2010) Esperto del settore audiovisivo e del diritto d’autore, Massaro ha ricoperto numerose cariche nell’ambito del settore cinematografico non ultima la presidenza dell’Anica nel 1997.
È stato una figura centrale del cinema italiano sul versante del diritto e della legge con un lunghissimo curriculum, a testimonianza dell’impegno di una vita. Per oltre trent’anni è stato presente come avvocato civilista e penalista nel campo dello spettacolo ed ha difeso i massimi nomi della cultura del nostro tempo, da Pierpaolo Pasolini a Marco Ferreri, da Federico Fellini a Sergio Leone, da Louis Malle ad Andy Warhol, da Paul Morrisey ad Alain Robbe Grillet, da Bob Fosse a Luigi Comencini, da Elio Petri ad Alberto Bevilacqua, da Alberto Moravia a Ken Russel, da Citto Maselli a Mike Nichols.
Così come è stato al fianco dei produttori più significativi, da Goffredo Lombardo a Mario e Vittorio Cecchi Gori, da Luigi ed Aurelio De Laurentiis, ad Alberto Grimaldi, da Franco Cristaldi a Silvio Clementelli, da Edmondo Amati a Sergio Leone.
Ha scritto “L’occhio impuro” (sugarco, 1976), “Film a luci rosse – il traffico – la legge – il piacere” B.M.B., 1983 e “Io e il duce – il diritto alla riservatezza tra storia, cronaca e pettegolezzo” (Lanterna, 1985).
- Il linguaggio della repressione: costume e società
- I denuncianti
- Lessico della moralizzazione
- Le denunce
- Per il bene delle anime
- Per la patria e per il re
- Per le donne e per la libertà
- Le sessuofobe
- Per Gina, cavalla violentata
- Il cittadino che insiste
- «In nome della legge»
- Così parla il censore
- Il linguaggio della polizia
- conclusione
Argomenti: Cinematografia, Età Moderna e Contemporanea, Etica, Italia, Modernità e Rinnovamento, Morale, Storia, Storia dei Costumi, Storia del Pensiero, Storia Italiana, Teatro e Spettacolo,