Lo Squalificato
Romanzo
Autore/i: Dazai Osamu
Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore
prefazione di Donald Keene, traduzione dall’americano di Marcella Bonsanti.
pp. 160, Milano
Lo Squalificato è quasi un simbolo della situazione in cui si trovano oggigiorno gli scrittori giapponesi. È la storia d’un uomo escluso dalla comunità dei suoi simili perché essi si rifiutano di prenderlo sul serio. Gli è precluso l’affetto del padre, gli amici si approfittano di lui, ed egli è, a sua volta, crudele con le donne che lo amano. Ma le proprie esperienze non lo autorizzano a sostenere che tutti gli altri abbiano torto e lui solo ragione. Al contrario, registra con accorata sincerità il proprio perpetuo trasgredire a un codice d’umana condotta che egli non riesce a capire completamente. Eppure, come Dazai ben sapeva (anche se l’ “io” del romanzo lo ignora), atti di viltà e momenti d’abiezione non raccontano l’intera storia. In uno splendido epilogo l’unica testimone obbiettiva dichiara: “Era un angelo,” e improvvisamente ci accorgiamo dell’incompiutezza dell’autoritratto di Yozo. Come la maggior parte degli uomini è incapace di vedere la propria crudeltà, così Yozo non s’è accorto della propria dolcezza e della propria capacità d’amore.
Le esperienze di Yozo non sono certo tipiche di tutti gli intellettuali giapponesi, ma il senso d’isolamento, che essi avvertono tra sé e il resto del mondo, è forse analogo alla consapevolezza di Yozo, d’essere lui solo “non umano.” E ancora, le sue delusioni all’università, l’equivoco rapporto col partito comunista, gli amori disastrosi, tutto ciò appartiene anche alla biografia di molti altri autori contemporanei. D’altra parte, è chiaro che i singoli particolari della storia si rifanno all’esperienza individuale dello stesso Dazai. Forte è la tentazione di considerare il libro una autobiografia, appena trasposta in forme narrative, ma sarebbe, a mio giudizio, un errore. Dazai possedeva il genio del grande fotografo. Il suo obiettivo si punta più volte su certi momenti del passato, ma, grazie alla sua splendida maestria di composizione e di scelta, le sue fotografie non sono di quelle che affollano di solito gli album. Manca in Dazai ogni traccia del tortuoso annotatore di reminiscenze; in lui tutto è netto, conciso, evocativo. Quando anche le scene de Lo squalificato fossero dalla prima all’ultima puntuale rispecchiamento d’un episodio dell’esistenza di Dazai – e, s’intende, non è il caso – la tecnica che lo scrittore possedeva conferirebbe comunque all’opera nel suo complesso la qualità d’una narrazione originale. (Donald Keene)
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