L’Evoluzione della Specie Umana
Autore/i: Dobzhansky Theodosius
Editore: Giulio Einaudi Editore
prefazione dell’autore, traduzione di Luciana Pecchioli.
pp. XV-396, ill. b/n, Torino
Dalla prefazione dell’autore:
«Einstein espresse una verità che doveva esser detta e mai da nessun altro lo fu in modo migliore: «La cosa più incomprensibile, nei riguardi del mondo è ch’esso è comprensibile»; e poi ancora «l’esperienza più bella è quella del mistero… È la fonte da cui scaturiscono tutta l’arte e tutta la scienza». L’uomo è la più misteriosa delle esperienze: e perciò arte e scienza si affaticano a renderlo comprensibile.
Con meraviglia di molti, sono proprio le ricerche sulla natura non umana e anche non vivente che gettano un po’ di luce sul fenomeno-uomo. Darwin esordì come studioso di animali, di piante e degli strati geologici, e nella sua opera maggiore On the Origin of Species si astenne saggiamente dal discutere, se non in via implicita, l’uomo: ma il turbine di proteste che il libro suscitò diede prova che il significato implicito era stato ben compreso. L’opera conteneva la teoria scientifica forse più rivoluzionaria di tutti i tempi sulla natura umana: l’uomo si è evoluto e continua ad evolversi. Oggi, a più di un secolo di distanza da Darwin, l’idea dell’evoluzione va diventando parte integrale dell’immagine che l’uomo ha di se stesso, e l’idea si è infiltrata in campi molto più vasti di quello del biologo o, in genere, anche dello scienziato: compresa o mal intesa, è entrata a far parte della cultura di massa.
Due metodi rivali sono costantemente in gara per acquistare un’influenza predominante nel lavoro scientifico: la specializzazione e la sintesi. Di solito è il primo che prevale: gli scienziati sono degli specialisti e un buon specialista può esser padrone soltanto di una piccola frazione, un frammento di conoscenza umana. Quando uno specialista scrive, sente lo sguardo infocato dei colleghi che, da sopra la sua spalla, stanno sbirciando quello che esce dalla sua penna, pronti a scoprire e a scagliarsi contro ogni inesattezza materiale o debolezza di ragionamento. È giusto che ciò sia, naturalmente, ma talvolta si abusa del privilegio della critica. D’altra parte, anche i tentativi di sintesi sono indispensabili: e tanto più se ne sente acuto il bisogno, quanto più la scienza viene spezzettata. La mancanza di sintesi darebbe ragione all’irosa affermazione di Albert Schweitzer: «L’età nostra ha scoperto il modo di staccare la sapienza dal pensiero, onde abbiamo veramente una scienza libera, ma quasi non ci resta una scienza pensante».
Questa mia opera tenta di esplorare le possibilità di arrivare a capire l’umanità quale prodotto dell’evoluzione e un tutto che è in evoluzione. Mi rendo ben conto dei pericoli dell’impresa: i campi di conoscenza, nei riguardi dell’uomo e dell’evoluzione, si sono enormemente ampliati e continuano ad ampliarsi rapidamente, cosi che tale conoscenza supera ormai di gran lunga la capacità di assimilazione anche del miglior cervello. Io ho trascorso la vita nello studio della genetica – ma non degli esseri umani, bensì della mosca drosofila – e nelle pagine che seguono dovrò trattare di qualche argomento con cui ho appena familiarità da dilettante. Tuttavia, quando l’Università di Yale mi fece l’onore di invitarmi a tenere uno dei corsi di lezioni della Fondazione Sillman e scelsi l’argomento, mi proposi di esplorare fin dove l’evoluzione umana possa esser compresa, se guardata dal punto di vista della genetica moderna e della teoria biologica dell’evoluzione. Non è probabile che i risultati a cui potrò giungere abbiano un’utilità più che temporanea: lo studio dell’uomo, infatti, è attualmente in un periodo di rapida e, speriamo, profonda espansione.
La scienza è l’insieme delle conoscenze: il che rende relativamente instabili le teorie scientifiche, soprattutto in epoche in cui le conoscenze si accumulano, per cosi dire, in progressione geometrica. Gli scienziati dovrebbero esser consapevoli del carattere provvisorio e transitorio delle loro conquiste: ogni vero scienziato volge le sue fatiche a superare il suo stesso lavoro. Nelle pagine seguenti, toccherò questioni che sono controverse e sulle quali molti hanno opinioni cui sono emotivamente legati: sarebbe ingenuo sperare che i fatti e gli argomenti che ho potuto raccogliere soddisfino tutti. Richiamerò le parole che Darwin, circa novant’anni fa, scriveva nel capitolo finale di The Descent of Man:
Molte delle idee proposte sono altamente ipotetiche e alcune senza dubbio risulteranno errate; ma, in ciascun caso ho esposto le ragioni che hanno condotto all’una piuttosto che all’altra ipotesi. Mi sembrava che meritasse la pena di investigare fin dove il principio dell’evoluzione potesse gettar luce su alcuni dei problemi più complessi nella storia naturale dell’uomo. Dati falsi possono recar grave danno al progresso della scienza, perché spesso sopravvivono a lungo; ma opinioni false, se qualche prova le sostenga, non fanno gran male, poiché tutti prendono un salutar piacere a dimostrarne la falsità; e quando ciò avviene, ecco che un sentiero verso l’errore si chiude e, contemporaneamente, spesso si apre la strada verso la verità.[…]»
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