L’Estrema Funzione
La letteratura degli anni settanta svela i propri segreti
Autore/i: Pedullà Walter
Editore: Marsilio Editori
prima edizione.
pp. 340, Venezia
«La rivoluzione della letteratura», come suonava il titolo del precedente testo di Pedullà, ha prodotto una sua «estrema funzione»: quella che lo scrittore d’avanguardia, lo scrittore cioè che ha compiuto la mossa successiva, si è ascritta: L’estrema funzione coincide, disperatamente, e assai allegramente, con un’estrema finzione: l’ultima impostura, quella perpetrata sul letto di morte.
Ancora una volta lo scrittore chiede di essere ascoltato: «si, lo so che quanto sto per raccontare è una balla, ma…». Il pubblico è catturato all’attenzione in un momento d’urgenza: alla fine della storia, quando tutte le «rivoluzioni» sono state fatte, si tornano a chiedere significati, se non «estreme verità», rivelazioni. Le forme che furono logorate dal troppo uso, dalle troppe «balle», occorre siano nuovamente riempite, è lo stesso comportamento a generare forma, è la forma a costituirsi ancora una volta in significato.
E cosi, sulla scorta di un’indicazione di Octave Mannoni si ristabilisce il; senso della mediazione, lo schema dialettico. Gli anni sessanta hanno visto il trionfo del significante, la tabula rasa dei «valori» che avevano ossessionato autori e lettori del dopoguerra; il sessantotto ha manifestato una nuova vittoria del realismo, una tendenza a far nuovamente coincidere parole e cose. Nello spazio del desiderio, in uno spazio tutto suo e ancora troppo segreto, la letteratura ritrova un volto, il proprio habitat «naturale»: nell’estrema «finzione» Lo scrittore ha convocato un pubblico al quale intende comunicare d’esser prossimo alla morte. Ogni magia sembrava eclissata.
Di una storia sembrava possibile dire null’altro se non come essa era fatta, costruita. Ma è proprio il pubblico, ora, con il suo comportamento, a far lievitare il desiderio, la forma. L’iniziato, lo stregone, rivelava troppi segreti: quei segreti che erano assorbiti solo intellettualmente. Essere giunti alla fine della strada obbliga di nuovo a credere. La letteratura non si accontenta più di discutere, in laboratorio, il suo ruolo; esige, fermamente, la «messa a morte» della stessa discussione, esige la strada: con calcolata «retorica» e in compagnia dei significati almeno per ora indispensabili.
Pedullà ricostituisce organicamente, attraverso un mobilissimo processo di metaforizzazione «globale», il tessuto (dialettico) tra parola e cosa, tra iniziato e iniziando. È lo stile, come in ogni Scrittura – sia che le cose (della letteratura) si affrontino indirettamente, mediante interrogazione sui temi del dibattito culturale dei nostri anni, sia che si affrontino direttamente, mediante articoli e saggi, le prove critiche apposte a fondo pagina è lo stile, dunque, come sempre, a fornire la spia ideologica del discorso.
Walter Pedullà è nato a Siderno, in Calabria, nel 1930. Si è laureato a Messina con una tesi sulla critica letteraria di Antonio Gramsci (relatore Giacomo Debenedetti, del quale poi è stato assistente universitario a Roma per nove anni). Ha insegnato Lingua e letteratura italiana nell’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Dal 1971 insegna Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea nell’Università di Roma. Critico letterario, prima di «Mondo Nuovo», dal 1959 al 1961, poi, dell’«Avanti!», dal 1961 a oggi. Ha pubblicato: I maestri del racconto italiano ( 1964, antologia in collaborazione con Elio Pagliarani), La letteratura del benessere (1968; nel 1973 in edizione accresciuta) e La rivoluzione della letteratura (1970).
Argomenti: Cultura, Letteratura, Storia, Storia dei Costumi, Storia del Pensiero,