La Vocazione del Superstite
Autore/i: Mazzonis Cesare
Editore: Giulio Einaudi Editore
prima edizione, collana: La ricerca letteraria 12
pp. 166, 1 tavola sinottica ripiegata in 3, Torino
Il libro di Mazzonis è un repertorio di situazioni classiche, anzi di frammenti di generi e figure retoriche nobilmente tradizionali: incontriamo l’autobiografia, in un senso più celliniano che memorialistico, il contrasto della città e della campagna, la fine del mondo, ben note figure mitologiche come Admeto, Eracle e Alcesti, e l’utopia; il tutto tenuto assieme da un sugo verbale fitto e denso, colto e caldo, cruccio degli epatici golosi; ma tutti codesti generi sono adoperati in forme sghembe e abilmente deformate: per cui l’autobiografia sarà affidata al dialogo di due escrementi umani, assumendo proporzioni insieme grandiose ed umilissime; escrementi pànici e di elegante cultura, non ignari di dolcezze mitico-dannunziane (“Ah Sigizie maree del plenilunio!”). Poco oltre, il lamento dell’Urbano, l’uomo afflitto dalla malattia
cittadina, è, fondamentalmente, la lamentazione di e per un gentiluomo (“Egli si lamenta che il mondo abbia veramente superato i limiti della normale sopportazione di un gentiluomo”): il quale, teologicamente ispirato, “sospira pensando a un mondo sem- (o cam- o jafet-)plificato, a un bel clistere da Diluvio universale”.
Gentiluomo d’ordine e classificatorio, costui vagheggia un ordine sensato delle cose, che allude alla Follia e all’Utopia. Dovrebbe esistere una specifica denominazione per quel disturbo mentale che si si propone di trovare un ordine razionale per una biblioteca: la distrofia degli scaffali, qui ampiamente illustrata.
Oltre all’Urbano, che dispone di un futuro e di un passato, entrambi allucinatori, personaggio rilevante è Teo, che comunica col mondo per mezzo di “un unico tubetto” nel quale si introducono “paludamenti lirici” e “notizie di disguidi”, mentre si procede alla fine del mondo e alla resurrezione dei morti. In questa sezione prevalgono i referti, i brevi e salaci documenti della decomposizione planetaria. Nota libertina, i morti “resurretti” si accoppiano senza distinzione di secoli e nazioni: mummie svergognate folleggiano con le bende indosso. Altro si potrà rinvenire in questa arcaica arca di generi salvati e insieme afflitti da mutazioni mostruose: una mutazione che investe lo stesso vascello, la letteratura, glorioso delle proprie inaudite deformità. (Giorgio Manganelli)
Cesare Mazzonis nasce a Torino nel 1936. Ha ricoperto diversi ruoli nell’ambito della cultura musicale italiana: è stato, infatti, direttore artistico dell’orchestra Rai di Roma, Direttore artistico della Scala per dodici anni, Direttore del Teatro del Maggio Musicale fiorentino per undici anni, consulente al Bolshoi di Mosca, ad Atene, e per Claudio Abbado. Dopo aver vissuto e lavorato a Buenos Aires, Londra, Roma, Milano e Firenze, è attualmente di stanza a Torino come direttore artistico dell’orchestra Rai. Oltre che alla musica, Cesare Mazzonis si è sempre dedicato anche alla scrittura: per Einaudi pubblica due romanzi: La vocazione del superstite e Il circolo della vela. Poi Feltrinelli pubblica La memoria fastosa. Traduce Arno Holz e Bertold Brecht per spettacoli di Luca Ronconi e Federico Tiezzi. Sempre per Ronconi scrive il testo dello spettacolo Nel bosco degli spiriti, dal libro edito da Adelphi. E il libretto da Cuore di cane di Bulgakov per l’opera di Raskatov andata in scena ad Amsterdam e a Londra, e che dovrà approdare alla Scala nella prossima stagione. Il suo ultimo libro si intitola Ragnatele sul nulla, pubblicato da Le Lettere: un insieme di riflessioni sul tempo, la morte, le illusioni umane, imbastito e compilato nel corso di molti anni di vita e di lavoro.
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