La Via del Samurai
Titolo originale: Yukio Mishima on Hagakure – The Samurai Ethic and Modern Japan
Autore/i: Mishima Yukio
Editore: Bompiani
prima edizione italiana, prefazione di Francesco Saba Sardi, traduzione dall’inglese di Pier Francesco Paolini .
pp. 208, Milano
Yukio Mishima ha scritto questo libro nel 1967, tre anni prima del suo drammatico e spettacolare suicidio al Comando generale delle Jietai, le Forze di autodifesa del Giappone. È la sua interpretazione di un classico dell’etica del samurai, lo Hagakure (letteralmente, “nascosto tra le foglie”), in origine consistente di undici volumi compilati da Tsuramoto Tashiro che vi ha raccolto gli insegnamenti di Jōchō Yamamoto, un samurai vissuto verso la fine del XVII secolo e fattosi eremita dopo la morte del suo daimyo, il signore feudale. L’opera venne gelosamente custodita fino alla restaurazione Meji (1868) come un testo sapienziale della Casata Nebeshima e dei pochi samurai appartenenti all’Ordine di Saga nell’isola di Kyushu. Verso il 1930, in un clima di acceso nazionalismo, lo Hagakure venne riesumato e trasformato, alterandone completamente lo spirito, in una sorta di Bibbia del “Nuovo Giappone”.
Una celebre frase in esso contenuta, “Ho scoperto che la Via del samurai è la morte”, fu ridotta a parola d’ordine usata per incitare i kamikaze all’estremo sacrificio. Dopo la seconda guerra mondiale e la. sconfitta, l’opera venne messa al bando come sovversiva, non rispondente allo spirito del “Giappone moderno”. Commentando lo Hagakure, Mishima applica alla società nipponica del suo tempo le critiche che l’antico samurai rivolgeva ai suoi contemporanei, dimentichi delle antiche virtù, dediti solo ai piaceri. minuti. Il Giappone moderno, sostiene Mishima, ha “completamente rimosso l’impulso alla morte”, tradendo i suoi severi ideali. E questo il centro del discorso di Mishima. Perché in effetti, come fa osservare Francesco Saba Sardi nella sua prefazione, lo Hagakure di Yamamoto-Tashiro e quello di Mishima sono una “meditazione sulla morte” che si rifà ai principi dello Zen, l’interpretazione giapponese del buddismo. Sarebbe dunque errato leggere questo libro in chiave “politica”, contingente: esso va invece collocato in un’ottica assai più ampia, quale un’esortazione al Sein zum Tode, all’“essere per la morte” heideggeriano in versione estremorientale. Un’opera di valore universale, estremamente ambigua e contraddittoria, come del resto l’“etica del samurai”, sempre sospesa sul crinale tra regola ed eccesso, amore per la vita e fascino per l’oscuro, il tenebroso, l’indicibile. Nel suo commento, poi, lo scrittore suicida rivela quanto precaria e indelimitabile sia la zona grigia che separa e congiunge vita carte. Un messaggio enigmatico, dunque, che non si può ridurre a slogan senza che si perda l’alone e la risonanza; un messaggio sul quale converrà riflettere a lungo, come sul seppuku del suo autore. Il mistero (non la religione) della morte è il suo tema, e Mishima qui si rivela, una volta di più, quel maestro di “oscura chiarezza” che la sua opera di narratore ha splendidamente rivelato ai lettori di tutto il mondo.
Nato a Tokyo nel 1925, Yukio Mishima è considerato in tutto il mondo uno dei più grandi scrittori contemporanei. La sua opera, vasta e policroma, gli ha meritato i massimi riconoscimenti letterari giapponesi e per ben tre volte la, candidatura al Nobel. Il 25 novembre 1970, terminato l’ultimo romanzo della tetralogia Il mare della fertilità (il primo, Neve di primavera, è apparso presso Bompiani), si è suicidato secondo l’antico rituale del seppuku. Dei suoi romanzi sono stati tradotti in italiano Confessioni di una maschera, La voce delle onde, Il padiglione d’oro, Dopo il banchetto, Sole e acciaio.
Su questo autore, e in questa stessa collana, è stato pubblicato nel 1982 un lucido saggio di Marguerite Yourcenar che intreccia vita e Opera letteraria, Mishima o La visione del vuoto.
Argomenti: Cultura Giapponese, Etica, Giappone, Morale, Morte, Storia Moderna e Contemporanea,