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La Musica e la Magia

La Musica e la Magia

Titolo originale: La musique et la magie

Autore/i: Combarieu Jules

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

prima edizione, edizione italiana a cura di Maurizio Papini, in copertina: Giovanni Bellini (?), Orfeo (part.), Washington, National Gallery of Art (Widener).

pp. XIX-426, nn. spartiti musicali b/n, Milano

Ancor oggi vengono accampate le più varie ipotesi per spiegare come la musica sia nata. Sono tutte infondate o parziali: tranne una. Quest’una dice che, in epoche quasi immemorabilmente lontane, quando l’uomo conduceva un’esistenza poco più che ferina, il canto e la magia (nonché la religione, da questa non certo disgiungibile) erano una cosa sola. Tutta la vita era all’insegna d’un rituale magico-religioso minuziosamente regolato; di esso la musica era la componente principale, giacché in tutte le culture, per lontane che siano nel tempo e nello spazio, la musica viene considerata il più potente dei mezzi per agire sul cosmo, sui regni visibili ed invisibili, celesti ed inferi. Nelle lingue indoeuropee, le medesime radicali, i medesimi vocaboli, designavano in una il canto e l’operazione magica: cantus incantus; carmen (non dimentichiamo il moderno charme) significa, nel latino arcaico, l’illecito maleficio, il fascino.
È una visione aspra delle nostre antichissime origini. E una visione che lascia poco spazio all’estetica. È la visione che l’attuale antropologia ha fatto sua, e che viene suggerita imperiosamente dalle scienze affini o convergenti oggi pienamente sviluppate: la mitologia, la simbolica (lo studio dell’inconscio collettivo, come lo vede la scuola psicoanalitica di Carl Gustav Jung); infine l’etnomusicologia di Marius Schneider.
Jules Combarieu (1859-1916) fu tra i primi ad avanzare, e in termini rigorosa mente scientifici, quest’immagine cosi poco consolante. In questo libro grande, affascinante e dimenticato egli non solo ricostruisce il quadro d’insieme che abbiamo qui esposto, ma sottopone a esame spettrografico le letterature antiche. la greca e la latina. Sotto la superficie tersa, dietro l’insuperabile sapienza formale dei poeti classici, ribolle un mondo oscuro di culti misterici ed inferi: il mondo delle plebi agricole, a loro volta eredi di stadi in cui i popoli non possedevano nemmeno stabile dimora. Nelle pagine classiche, possiamo scorgere tutto questo: basta saperle leggere, e il Combarieu lo fa per noi. Egli ci mostra come gli effetti della mentalità più antica non solo si insinuino presso i poeti greci e latini, che forse, eccetto Omero, erano già troppo civili per comprendere a fondo il fenomeno, ma persino nel Medioevo europeo, almeno fino al Mille solo superficialmente cristianizzato. Solo così possiamo comprendere passi letterari e atteggiamenti culturali che altrimenti ci apparirebbero enigmatici.
Affidato com’è all’indagine filologica del testo e del documento, questo libro conserva tutto il suo valore ed il suo fascino di classico intramontabile, benché sia cosi antico: gli studi del nostro secolo hanno solo confermato. Un’importante introduzione di Maurizio Papini !o colloca, e con esso il suo autore, nella cultura del suo tempo, e informa sui successivi risultati degli studi sull’argomento.

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