La Fortezza Vuota
L’autismo infantile e la nascita del sé
Autore/i: Bettelheim Bruno
Editore: Garzanti Editore
traduzione dall’inglese di Anna Maria Pandolfi, titolo dell’opera originale: The Empty Fortress, dall’edizione originale sono state omesse le pagine 13-49, 329-382.
pp. 520, Milano
Il dramma dell’autismo infantile umanamente analizzato e scientificamente risolto da un grande psichiatra.
Uno studio metodologico esemplificato in tre casi clinici.
Sempre più spesso si parla di schizofrenia: si discute se le sue origini siano da cercarsi nella famiglia, o altrove; nello schizofrenico alcuni esaltano l’uomo che di fronte alla realtà mantiene integro il desiderio (del “buon schizofrenico” Gilles Deleuze e Félix Guattari han fatto un mito culturale); altri affermano che la nostra società è interamente schizofrenica; altri ancora, che la schizofrenia non esiste (è l’opinione dell’inglese Laing).
Benché assai pochi abbiano conoscenza diretta di una realtà che le istituzioni psichiatriche mantengono separata da noi e inaccessibile, il tema della schizofrenia continuamente si insinua nel dibattito culturale. Vi è dunque una sorta di tempestività nella pubblicazione italiana di questa classica opera in cui Bruno Bettelheim narra e analizza tre casi di autismo infantile (una tra le forme di schizofrenia più precoci e più gravi).
Minuziosamente, in tutta la sua terribilità e nell’insensatezza dei suoi moti, ci viene descritto il quadro clinico dei tre soggetti: osserviamo il lento avvio, i progressi, gli intoppi di un trattamento terapeutico ispirato ai principi della psicanalisi; a poco a poco penetriamo nel paesaggio della psicosi, e infine nel suo senso ultimo e profondo, in quel “rifiuto di esistere” che la fonda e la scatena.
Da Il ragazzo selvaggio di Jean Itard ai Casi clinici di Freud, vi è, nella letteratura scientifica, una categoria di testi che esercitano sul lettore il fascino delle grandi narrazioni: le storie di Laurie, di Marcia e di Joey, raccontate ne La fortezza vuota, vi appartengono (dalla storia di Joey il regista francese François Truffaut ha progettato a lungo di trarre un film).
Quelle che Bettelheim narra sono esperienze emotive e intellettuali profonde, attraversate da domande e da dubbi che coinvolgono chi cura e chi è curato. Bettelheim ha scelto, dalla sua esperienza di terapeuta, alcuni dei casi meno curabili: non ha voluto celebrare le vittorie della medicina, ma mostrare, nelle sue manifestazioni più virulente e radicali, l’essenza della schizofrenia. Nella tormentosa via che porta all’accettazione della realtà i bambini autistici di Bettelheim si sono arrestati infinitamente prima di noi; ma la via è la stessa: una via che non è facile per nessuno e su cui nessuno evita di essere vulnerato. Tutti siamo stati tentati di barricarci nella “fortezza vuota” della nostra soggettività: per questo la lettura del libro di Bettelheim ci afferra così intensamente.
Bruno Bettelheim nacque a Vienna nel 1903 da una famiglia di ebrei, colti e benestanti. Dopo l’emigrazione negli Stati Uniti agli inizi degli anni Quaranta fondò, a Chicago, la famosa Orthogenic School per bambini psicotici. Nella medesima città insegnò presso l’Università Psichiatrica e Psicologica. È morto nel 1990, togliendosi la vita in una casa di riposo per anziani del Maryland.