La Congiura di Catilina
Autore/i: Sallustio Crispo
Editore: Rusconi
introduzione, note, bibliografia, appendici, indici di Nicola Criniti, traduzione di Alberto Chiari, in copertina: Ritratto immaginario di Sallustio su un medaglione («contorniato») probabilmente del IV sec. d. C.
pp. 188, VIII tavv. b/n f.t., MIlano
C. Sallustio Crispo nacque nell’86 a. C. ad Amiterno, nella Sabina, da ricca famiglia plebea, nell’età tormentata e confusa delle guerre civili. Di sicura fede democratica, era — con atteggiamento caratteristico del nuovo ceto dei
possidenti – avverso sia al gretto conservatorismo degli ottimati, sia al parassitismo delle masse urbane: seguace, ma non cieco partigiano di Giulio Cesare, a lui dovette tutta la sua fortuna politica. Espulso nel 50 dal Senato per la sua accesa politica filodemocratica (e per immoralità…), veniva riammesso l’anno seguente grazie ai buoni uffici dell’amico e protettore Cesare. Non particolarmente dotato sul piano militare, mostrò invece – come tanti altri contemporanei – una spiccata predisposizione all’estorsione durante il suo governo dell’Africa Nova. Salvato un’altra volta da Cesare da un’accusa di malversazione e da una nuova espulsione dal Senato (45-44), fu costretto a vita privata, con grande vantaggio dell’umanità, che così aveva uno dei suoi storici più significativi. Nei suoi splendidi Horti Sallustiani, infatti, Sallustio poteva così dedicarsi agli studi storici, per scrivere nel decennio seguente La Congiura di Catilina (42), La Guerra giugurtina (40) e le incomplete Storie, cui lavorò fino alla morte, nel 35.
La Congiura di Catilina, la prima monografia sallustiana, scritta nel 43-42 a. C., narra i drammatici avvenimenti accaduti sotto il consolato di Cicerone (63), per mettere tra l’altro a fuoco la discussa condotta cesariana di quegli ultimi anni e le sue stesse scelte politiche. Catilina, intelligente e coraggioso patrizio rovinato dai debiti, ne esce il rivoluzionario che vuol sovvertire con la sua azione violenta l’ordine fatiscente dello Stato, ma che si guadagna l’ammirazione di Sallustio con la sua eroica e romana morte: è il giovane ambizioso di potere, ma non insensibile alla degradazione e allo sfruttamento operato nei confronti dei ceti subalterni, che vive e si muove sullo sfondo di una città scossa dalle guerre civili e sociali, profondamente dilaniata dagli egoismi e dalle cupidigie di pochi. Simbolo premonitore della corruzione dei tempi, il moto catilinario finisce così per assumere in Sallustio il più vasto significato di partecipata, ed anche un po’ unilaterale, denuncia dei pericoli imminenti per le libertà repubblicane.
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