La Città della Gioia
Titolo originale: La Cité de la Joie
Autore/i: Lapierre Dominique
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, introduzione e ringraziamenti dell’autore, traduzione di Elina Klersy Imberciadori.
pp. 480, Milano
Un prete cattolico francese, un giovane medico americano, un’infermiera assamita e un uomo-risciò si incontrano nello sconvolgente scenario d’un quartiere di Calcutta per aiutare, Curare, salvare.
Condannati a essere eroi, lottano e vincono in mezzo alle settantamila “luci del mondo” che popolano la Città della Gioia.
La loro epopea è un canto d’amore, un inno alla vita, una lezione di tenerezza e di speranza per gli uomini del nostro tempo.
Mi trovavo a Calcutta e un giorno un uomo-risciò mi condusse in uno dei quartieri più poveri e sovrappopolati di questa città, dove trecentomila senzatetto vivono nelle strade. Conoscere questo quartiere che si chiama Anand Nagar, la Città della Gioia, ha cambiato la mia vita. In questo inferno ho infatti trovato più eroismo, più amore, più solidarietà, più gioia che in molte altre metropoli del nostro ricco occidente. Ho incontrato gente che non ha niente e tuttavia possiede tutto. In tanta bruttura, nel fango e nella sporcizia ho scoperto più bellezza e Speranza che in molti dei nostri paradisi. E soprattutto ho scoperto che questa città disumana ha il magico potere di creare dei santi. Santi come Madre Teresa, ma anche santi sconosciuti come Paul Lambert, sacerdote cattolico francese che si è stabilito nella Città della Gioia per dividere l’esistenza dei più diseredati e soccorrerli. Come il giovane medico americano venuto dalla Florida per curare uomini senza alcuna risorsa medica. Come il vecchio londinese fabbricante di camicie che salva bambini e lebbrosi. Come Bandona, la dolce infermiera assamita divenuta l’Angelo di misericordia di tutti gli infelici della Città della Gioia. Come migliaia di uomini, donne e bambini, condannati a sopravvivere con poche rupie al giorno, a superare le maledizioni di un destino implacabile. A vincere con il sorriso. Per raccontare la loro epopea, mi Sono immerso per mesi nella tremenda realtà del loro quartiere. Ho dormito nel tugurio di Lambert, un bugigattolo di un metro per due, senz’aria ne luce, invaso dall’acqua e dallo straripamento delle fogne a ogni temporale. Ho vissuto per giorni e giorni con Lambert, Max e Bandona nella piccola colonia di lebbrosi in fondo alla bidonville e ho scoperto la loro straordinaria cultura, il loro gusto per le feste. Ho trascorso molte ore con il padrino della mafia locale, un uomo la cui statura ricorda quella dei grandi imperatori mongoli. Ho assistito alle Suggestive rappresentazioni della leggenda. Insieme ai bambini ho partecipato al gioco più importante della bidonville, quello del cervo volante: un aquilone fatto di pezzi di cartone e di tela che porta con sé sopra il grigiore dei tetti tutti i sogni di questo popolo di condannati. Ho partecipato alle nascite, ai matrimoni, alle cremazioni, alle feste degli indù, dei musulmani, dei sikh, dei cristiani è di tutte le comunità di questo mosaico di popoli e religioni. Ho tirato risciò e arrotolato bidi nei laboratori simili a galere dove bambini di sei o sette anni preparano milleduecento Sigarette al giorno. Ho imparato a lavarmi dalla testa ai piedi con meno di mezzo litro di acqua. Ma soprattutto ho imparato a mantenere sempre il sorriso, a ringraziare Dio per il più piccolo beneficio, a ascoltare gli altri, a non avere paura della morte, a non disperare mai.
“Benché sia il risultato di una lunga inchiesta, questo libro non pretende di essere una testimonianza sull’India.
Amo troppo questo paese, conosco troppo la sua diversità, ho troppa ammirazione per le sue virtù, per la pertinacia di cui da prova nel vincere le sue difficoltà, l’intelligenza che testimonia nella soluzione dei suoi problemi per non mettere in guardia il lettore contro il pericolo di una estrapolazione abusiva.
La mia testimonianza riguarda in realtà solo un piccolo gruppo di uomini che una natura implacabile e circostanze ostili hanno strappato da casa e sbalzato in una città che ha dimostrato la sua volontà di accoglierli al di la dell’immaginabile.
Ho voluto rispettare il loro anonimato. Ho perciò cambiato i loro nomi e modificato un certo numero di particolari che riguardano gli avvenimenti di cui sono protagonisti e che si sono svolti molti anni fa. Ma gli uomini che li hanno vissuti esistono ancora.”
Autore a soli diciassette anni di uno dei primi bestseller del dopoguerra, Un dollar les mille kilometres, Dominique Lapierre ha sempre avuto un profondo interesse per le grandi epopee umane. Dopo dieci anni di reportages per “Paris Match”, nel 1960 si unisce a Larry Collins per scrivere Parigi brucia? (dal quale sarà tratto un grande film), Gerusalemme, Gerusalemme, Stanotte la libertà, Il quinto cavdliere – quattro bestseller in tutto il mondo, pubblicati in trenta lingue e letti da pi di cento milioni di persone.
Nel 1980 Lapierre si separa provvisoriamente da Collins per realizzare un progetto che gli sta a cuore dal suo soggiorno in India in occasione dell’inchiesta per Stanotte la libertà. Fonda un’associazione a favore dei bambini lebbrosi di Calcutta. Grazie a una parte dei suoi diritti d’autore e alla generosità di cinquemila simpatizzanti, Oggi Lapierre cerca di sopperire alle necessita dei duecento bambini della Casa della Resurrezione di Calcutta (Associazione “Action pour les enfants des lépreux de Calcutta” 26 avenue Kiéber, 750116 Parigi – CCP 1590.65.C Parigi).
Durante una visita ai “suoi bambini” di Calcutta, Lapierre scopre in un giorno l’universo della Città della gioia.
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