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Kokoro • Il Cuore della Vita Giapponese

Kokoro • Il Cuore della Vita Giapponese

Titolo originale: Kokoro: Hints and Echoes of Japanese Inner Life

Autore/i: Hearn Lafcadio

Editore: Luni Editrice

traduzione di Anna Pensante.

pp. 240, Milano

«Kokoro», in giapponese, può significare «mente», «spirito», «sentimento», «emozione», «pensiero», ma Lafcadio Hearn tradusse questa parola forse i uno dei modi migliori, come «il cuore delle cose». Pubblicata per la prima volta nel 1896, questa raccolta di quindici scritti tocca gli aspetti più profondi della vita giapponese, e contiene alcuni dei più bei racconti che Hearn potè ascoltare durante gli anni trascorsi in quel Paese, oltre ad alcune delle più commoventi vicende che gli capitarono. Visto con i suoi occhi, il Giappone è un luogo misterioso  e romantico: uno sguardo che ha molto influenzato l’idea che l’Occidente, allora, andava formandosi di una cultura esotica e ancora, tutto sommato, insondabile.
In questo libro – affascinante proprio per la sua natura composita e per i salti di umore che lo caratterizzano – il Giappone di quei tempi, con la sua etica radicata e diffusa dalle classi più elevate fino a quelle più popolari, i suoi assiomatici doveri del rispetto e del sacrificio, della generosità fino al dono della propria stessa vita, con quella spiritualità profonda che è caratteristica di tutto l’Oriente, offre a Hearn lo spunto per una critica lucidissima e spietata – tanto moderna da essere profetica – dell’Occidente capitalistico, con le sue città disumane, mostruose, inquinate, dove alla pretesa della ricchezza e del predominio culturale sul mondo si contrappone la miseria e la degradazione dei bassifondi, dove l’amoralità della classi alte, che non hanno altro valore se non il denaro, sia compagna allo sfruttamento sfrenato dell’uomo e della natura e a una hybris che non conosce più limiti.
Kokoro è perciò davvero uno sguardo capace di cogliere fulmineamente il «cuore delle cose», ma non solo giapponesi. Piuttosto, capace di partire dall’umanità e dalla semplicità di un mondo e di una vita ancora tradizionali («con un cuore») per rivolgersi dolorosamente alle cose di casa nostra, all’Occidente padrone del mondo, che ha barattato il suo «cuore» con la volontà di potenza. In uno dei saggi più belli e più tristi («Nel crepuscolo degli dèi»), da un magazzino i cui un affarista cafone e brutale ha affastellato alla rinfusa opera d’arte buddhiste, induiste e shintoiste – che chiama «idoli» – senz’altra cognizione che quella del loro approssimativo valore venale come merci, Hearn riesce, commuovendoci, a far rivivere la potenza del divino che a queste stature desacralizzate competeva per principio, rimembrando passi delle Scritture: «Sfolgorante di luce uscì dal grembo, come il Sole che sorge a Oriente… E parlò con chiare parole, dicendo: “Questa nascita è la nascita di un Buddha. Non è per me la rinascita. Solo per quest’ultima volta sono nato, per la salvezza di tutti sulla terra e in cielo”».

Lafcadio Hearn (1850-1904) nacque nell’isola greca di Leucade (Lefkás, da cui il suo nome, «Lafcadio»). Nel 1890 si trasferì in Giappone, dove insegnò Lingua e letteratura inglese all’Università di Tokio. Del Giappone amava sinceramente la gente, l’arte, le storie popolari, il folklore, e si sforzò di comprendere quel Paese più di ogni altro Occidentale di quel periodo.

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