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Il Testamento di Dio

Il Testamento di Dio

Autore/i: Lévy Bernard-Henri

Editore: SugarCo Edizioni

prefazione dell’autore, traduzione dal francese di Emilia Cerutti, Franco Baldini e Lenio Rizzo.

pp. 304, Milano

Dopo la Barbarie dal volto umano, ecco il nuovo libro di Bernard-Henri Lévy, del quale «Le Monde» ha detto: «Quando ci si invita ad aver ragione da soli contro l’Intera comunità, ad opporre l’inflessibilità del profeti, a testimoniare come sentinelle solitarie, quando si invoca l’esempio di Ezechiele, Saint John Perse, Camus o Solženlcyn, dubitare di questa parola significa privarsi di una bella occasione di credere e di sperare».
Il testamento di Dio va Infatti ben oltre i chiusi sentieri ormai isteriliti della cultura tradizionale di sinistra. Attraverso una analisi del totalitarismo nel suoi fondamenti «pagani e politeistici», attraverso lo smontaggio del paradossi su cui poggiano per esempio alcune posizioni della «autonomia» – libertaria e dogmatica insieme, negatrice dello stato e sua più fervida sostenitrice – il filosofo francese tocca questioni che coinvolgono anche il nostro Paese, con la sua abile spregiudicatezza che ha già destato tante polemiche. Così per Lévy i «nuovi comunisti», quelli italiani appunto, «non sono più gli ultimi professionisti della conquista del Politico ma i primi specialisti della gestione del sociale: l’altra faccia di questa gestione è la diffusione capillare degli avvertimenti, l’appiattimento del Politico sul civile, Il perfetto sposalizio tra l’apparato e la vita di tutti i giorni, insomma, la forma compiuta del terrore spirituale».
Il culto del Politico nasce dall’idolatria e dal nichilismo: allora il Politico giustifica tutti gli orrori, da Robespierre a Mao, da Hitler a Stalin al «fascista» Khomeini. «Il fatto che la Bibbia sia il libro della resistenza del nostro tempo vuol dire che la principale contraddizione entro cui questa nostra epoca si annoda e si mette in gioco è quella tra paganesimo e monoteismo». «Il monoteismo», conclude Lévy, «è il pensiero di resistenza della nostra epoca perché propone una definizione del male, una dottrina della giustizia, un’etica e una metafisica del tempo».

Bernard-Henri Lévy è nato nel 1948 ed è professore di filosofia. La barbarie dal volto umano, il suo primo libro, ha avuto un successo mondiale. Il testamento di Dio dal primi giorni dell’uscita in libreria è subito balzato alla testa del best-sellers.

Il rilancio della cultura nell’Europa occidentale passa oggi, nei testi e negli eventi inediti della nostra epoca, attraverso quei due bordi che non consentono a nessun discorso di totalizzarsi, a nessun percorso di volgersi in monismo costituiscono i bordi del linguaggio. Attraverso i due bordi corre una spirale fra rimozione e resistenza, fra estetica e poetica, fra logica del godimento e logica del desiderio. La pulsione è perciò duale, mai al servizio di una rivoluzione cosmologica, mai risolta nell’unità o nell’armonia nè soggetta alla promessa di un radioso avvenire. E sul bordo della resistenza – di una resistenza che Freud trova indistruttibile – s’instaura un processo di scrittura, quindi una scienza, con il suo sapere effettuale pertanto impossibile. Una scienza inventiva, matematica. Fra la teoria delle immagini semoventi, altre – nonostante il concetto di gruppo ne presupponga almeno una identica e immobile – e la pratica del linguaggio, si tratta qui in definitiva non solo delle indicazioni del discorso psicanallitico ma soprattutto di uno spazio d’intervento dei non analisti.

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