Il Naufragio della Speranza – La Letteratura Francese dall’Illuminismo all’Età Romantica
Autore/i: Macchia Giovanni
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
unica edizione, prefazione di Italo Calvino, premessa dell’autore, in sopracoperta: Caspar David Friedrich, Il naufragio della «Speranza» (1821) Amburgo, Kunsthalle.
pp. XVIII-508, Milano
Nato a Trani il 18 novembre 1912, Giovanni Macchia compì i suoi studi alla Facoltà di Lettere dell’Università di Roma. Profondamente interessato alla critica dell arte, dedicò la sua tesi a Baudelaire critico, saggio che, pubblicato nel 1939, apriva nuove prospettive; fu ristampato nel 1988 con una prefazione di Gianfranco Contini. L’opera di Baudelaire, ove si enunciano tutti gli aspetti della sua modernità letteraria e pittorica, è uno dei punti di riferimento del pensiero di Giovanni Macchia. Al poeta consacrò una nuova opera, Baudelaire e la poetica della malinconia (1946, 1975, 1992), studiò uno dei suoi scenari di teatro e preparò un’edizione critica delle Fleurs du Mal. Baudelaire gli faceva incontrare Poe, Delacroix, Wagner. Pisa, Catania e Roma segnarono le tappe di una grande carriera universitaria, nel corso della quale Giovanni Macchia formò generazioni di studiosi, molti dei quali sono diventati gli attuali maestri della storia letteraria francese nelle università italiane. L’interesse di Macchia per le poetiche dell’età moderna non escludeva comunque un interesse molto vivo anche per i moralisti e i pensatori politici dell’epoca classica. Studiando questi generi letterari e queste correnti di pensiero, egli metteva in evidenza numerosi legami tra i grandi autori italiani e i loro imitatori o continuatori francesi. Egli vedeva anche consolidarsi, attraverso i secoli, dei rapporti molto significativi tra i sentimenti che si affermavano nelle diverse epoche: senso di colpa, malinconia, riso, gusto del segreto. Come studioso della malinconia, ha saputo rendere considerazione e giustizia ai generi letterari della derisione. E, poiché vedeva nel teatro il luogo anche per la manifestazione delle passioni, dedicò gran parte dei suoi sforzi alla sistemazione di istituzioni e di pubblicazioni consacrate alla storia del teatro e dello spettacolo. Nella sua produzione personale, lo studio dei grandi autori drammatici – Molière, Pirandello, Artaud – occupa un posto importante. Il saggio su Watteau, ne I fantasmi dell’opera (1971), costituisce un modello del grado di comprensione che può essere raggiunto attraverso il confronto delle arti. Non è più possibile, oggi, riprendere il mito di Don Giovanni senza riferirsi ai mirabili studi che Giovanni Macchia ha consacrato ai vari libretti e canovacci di commedie che hanno preceduto l’opera di Mozart e Da Ponte. E si riscontra davvero in lui una vena di drammaturgo. A Parigi, a Roma, a Spoleto e in altri teatri (Belgio, Grecia, Canada, Inghilterra) sono stati messi in scena con successo e con molte repliche i dialoghi del Principe di Patagonia e della Figlia di Molière. La commedia moderna, attorno a Proust, ha attirato fortemente la sua attenzione, ma egli è rimasto sensibile soprattutto ai problemi cruciali di un’opera incompiuta e i cui grandi personaggi centrali sono stati la malattia e l’«angelo della notte». Il suo criterio, lo si vede in questa occasione, consiste nel capire ciò che ha reso possibile o impossibile la trasformazione in opera; esso permette di rendere giustizia alla biografia e alla sociologia letteraria, senza attribuire a esse un posto non dovuto. Ogni studio di Macchia, perfettamente sistemato in un suo ambito preciso, incanta per la nitidezza delle sue proporzioni e del suo disegno, per l’intelligibilità del suo proposito, senza mai dimenticare la parte dell’ombra, dei mostri, della follia (e ne è esempio Il principe di Patagonia, 1978). Come notava Italo Calvino, il pensiero della catastrofe è sempre presente in libri quali La caduta della luna o Le rovine di Parigi. Ma avendo saputo riconoscere la parte avuta dalla déraison e dall’oscurità nei testi e nella storia, Giovanni Macchia ha acquisito il diritto di dare tutto il suo valore alla luce, che egli esalta in uno dei suoi ultimi testi: Elogio della luce (1990). Giovanni Macchia, che è Socio Nazionale dell’Accademia dei Lincei, ha ottenuto numerosi premi per le sue opere. In Francia, il Premio Médicis Essais 1988 gli è stato attribuito per Paris en ruines. (Jean Starobinski, dalla relazione al premio internazionale Balzan)
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