Il Mahābhārata
Raccontato da R. K. Narayan
Autore/i: Narayan Rasupuram K.
Editore: Ugo Guanda Editore
introduzione dell’autore, traduzione di Riccardo Mainardi, l’indice e il glossario dei termini in sanscrito sono stati curati da Alberto Pelissero.
pp. 216, Parma
È nella grande piana del Kurukṣetra, fra il bagliore e il cozzare fragoroso delle armi, che culmina la lunga inimicizia fra i Pāṇḍava e i Kaurava, i due rami della famiglia regale dei Kuru. E quella battaglia incarna, in un certo senso, la lotta fra il bene e il male, non fosse che un’invincibile perplessità si insinua nell’animo del principe vittorioso: il bene e il male abitano vicini nei recessi più intimi di ogni essere, ed è facile, per chi difende una giusta causa, scivolare sulla china della violenza. L’antica epopea indiana si conclude in un senso di vuoto, di molto rumore per nulla, di inutile dispendio di energie e di sangue; è come se qualcosa ci avvertisse che, dopo la catastrofe, tutto continuerà come prima… Così, almeno, siamo portati a leggere il Mahābhārata, l’antichissimo poema epico in sanscrito, nella versione in prosa inglese (una scrittura sobria, efficace, e insieme corrusca e solenne) che R.K. Narayan ci ha fornito. Il racconto, che offre al pubblico d’oggi una straordinaria occasione per accostarsi a questo monumentale epos, colpisce innanzitutto per una magica virtù di seduzione: attraverso il rieco terreno della mitologia e della spiritualità dell’induismo, il lettore è condotto per mano da una narrazione suasiva, vibrante, ignara di pause e di rallentamenti. Dalle iniziali movenze di fiaba, scandite in sequenze fantastiche sullo sfondo di una natura idilliaca e stranita, affiora a poco a poco la vena di un vero e proprio romanzo, dai personaggi complessi e sfumati, al di là della loro vigorosa evidenza. La lontananza mitica si fa quotidiana prossimità: il paesaggio richiama a tratti quello della cittadina di Malgudi, teatro di tante opere del grande narratore indiano; per caricarsi poi di forti risonanze simboliche, laddove foreste intricate, grandi fiumi, magnifiche città regali si fanno specchio dell’anima umana, con il suo oscuro dibattersi, il senso del limite, il gusto orgoglioso del riscatto. Così, anche la luce sinistra negli occhi di Duryodhana, le incertezze del pavido Dhṛtarāṣṭra, o la generosa veemenza di Kṛṣṇa, sono forse altrettante tentazioni, debolezze e risorse di ciascuno di noi. E nell’eroica statura di Yudhiṣṭhira, il maggiore dei cinque Pāṇḍava, che caduto in errore sopporta con pazienza l’esilio; in quel suo vivere doppiato da un vedersi vivere, alla perenne ricerca di una misura morale, è la cifra dell’arduo, nobile tentativo dell’uomo di trovare se stesso.
Rasupuram Krishnaswami Narayan, nato a Madras nel 1906, è uno dei maggiori romanzieri indiani. La sua ricchissima produzione narrativa, ambientata nel microcosmo della cittadina immaginaria di Malgudi, segue l’evoluzione della vita indiana dal colonialismo all’indipendenza, con un’attenzione particolare all’incontro della cultura britannica con la civiltà e le tradizioni locali. Fra i suoi titoli, tutti in inglese, ricordiamo: Swami and His Friends: a Novel of Malgudi (1935), The Bachelor of Arts (1937), The Dark Room (1938), The English Teacher (1945), Mr Sampath (1949), Waitingfor theMahatma (1955), The Man-Eater of Malgudi (1961) e The Painter of Signs (1976). Prima di The Mahabharata (1978) Narayan aveva già dato con The Ramayana (1972) una versione in prosa moderna dell’antico epos indiano.
Argomenti: Civiltà Indiana, India, Induismo, Poemi,