Il Libro Tibetano dei Morti
La grande liberazione attraverso l’udire nel Bardo
Autore/i: Padmasambhava
Editore: Ubaldini Editore
nuova traduzione dal tibetano, commento e cura di Chögyam Trungpa Rinpoche e Francesca Fremantle, introduzione di Francesca Fremantle.
pp. 116, ill. b/n, Roma
Questo libro potrebbe essere anche chiamato “Il libro tibetano della nascita”, giacché non si riferisce alla morte come tale ma a un concetto di morte completamente diverso. É un “Libro dello spazio”. Lo spazio contiene nascita e morte, lo spazio crea l’ambiente in cui si agisce, si vive e si respira; è l’ambiente fondamentale che fornisce l’ispirazione di questo libro.
Il Bardo Thötröl appartiene a una serie di istruzioni sui sei metodi di liberazione: attraverso l’udire, attraverso l’indossare, attraverso il vedere, attraverso il ricordare, attraverso il gustare e attraverso il toccare. I testi di queste istruzioni furono composti da Padmasambhava e sepolti sui monti Gampo nel Tibet centrale, dove, più tardi, il grande maestro Gampopa fondò il suo monastero. Molti altri testi e oggetti sacri furono sepolti ovunque in vari luoghi del Tibet, e sono noti come terma, ‘tesori nascosti’.
Padmasambhava trasmise il potere di scoprire i terma ai suoi venticinque discepoli principali e i testi del Bardo furono scoperti da Karma Lingpa, incarnazione di uno di quei discepoli.
Liberazione qui significa che chiunque venga in contatto con questo insegnamento (sia con dubbi che a mente aperta) sperimenta, per il potere di trasmissione contenuto in questi tesori, un improvviso lampo di illuminazione.
Karma Lingpa apparteneva alla tradizione Nyingma, ma i suoi discepoli erano tutti di tradizione Kagyü. Egli trasmise i sei insegnamenti a DödölDorje, tredicesimo Karmapa, che a Sua volta li trasmise a Gyurme-Tenphel, ottavo Trungpa. La trasmissione di questi insegnamenti fu tenuta viva nei monasteri di Surmang, della linea di discendenza dei Trungpa, e da lì, di nuovo, essi si diffusero nella tradizione Nyingma.
Il Bardo Thötröl tratta della natura della mente e delle sue proiezioni – meravigliose o terribili, pacifiche o irate – che sembrano esistere oggettivamente e abitare nel mondo esterno. In particolare descrive queste proiezioni come appaiono immediatamente dopo la morte, molto più incombenti dal momento che la coscienza non è più ancorata e difesa dal suo legame con un corpo fisico. Il Bardo insegna a riconoscere queste forme terrificanti e seducenti e a raggiungere, grazie a tale riconoscimento, lo stato dell’illuminazione.
Chögyam Trungpa Rinpoche, nato in Tibet nel 1939 e morto negli Stati Uniti nel 1987, tra i primi maestri a presentare il buddhismo in lingua inglese, fu riconosciuto a un anno e mezzo come l’undicesima reincarnazione di Trungpa Tulku. Dopo aver completato gli studi nelle scuole Kagyü e Nyingma, divenne erede e maestro di meditazione dei lignaggi di Milarepa e Padmasambhava. Fuggito dal Tibet in seguito all’occupazione cinese del 1959, passò tre anni in India e poi si trasferì a Oxford, dove studiò religioni comparate, filosofia, psicologia, arte e lingue. Stabilitosi in America nel 1970, fondò numerose comunità contemplative buddhiste che facevano capo al Vajradhatu, l’organizzazione da lui istituita negli Stati Uniti, e la prima università americana di ispirazione buddhista, la Naropa University.
Argomenti: Misteri dell'Antichità, Riti, Sciamanesimo, Tibet,