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Il Grande Sigillo

Il Grande Sigillo

Mahāmudrā

Autore/i: Tilopā

Editore: Promolibri Magnanelli

a cura di Giuseppe Baroetto.

pp. 64, Torino

I consigli di Tilopa, sebbene formulati in India quasi 1000 anni fa, hanno la freschezza della saggezza eterna, che zampilla pura dal cuore di chi vede la realtà così com’è.
Non sono parole che aumentano la conoscenza intellettuale, né stimolano a qualche azione particolare: piuttosto esse puntano al sole della propria vera natura originaria, che risplende spontaneamente al di là delle nubi.

Premessa:
“Tilopâ (928-1009) fu un mistico indiano buddhista noto soprattutto per essere stato colui che iniziò il dotto maestro Nâropâ (956-1040) al significato ultimo di un insegnamento conosciuto in sanscrito come Mahâmudrâ, ovvero «Grande Sigillo».
I due testi di Tilopâ qui tradotti sono tramandati dai maestri tibetani come l’essenza sia della via breve o subitanea, quella priva di qualsiasi forma di mediazione e supporto, sia delle istruzioni finali che concludono le vie graduali exoteriche ed esoteriche della spiritualità buddhista.
Il commento è la trascrizione delle spiegazioni orali che ricevetti da un maestro tibetano nell’ottobre del 1989, in Nepal. Lo incontrai a Swayambhunath, nei pressi di Kathmandu.
In quei giorni stavo traducendo i due testi di Tilopâ dalla versione tibetana, però non ne avevo richiesto l’autorizzazione e le istruzioni a un maestro di quell’insegnamento, come invece impone la tradizione.
Appena concluso il giro intorno allo stûpa vidi di fronte a me un monaco tibetano non più giovane che mi fissava immobile. Accennai un saluto e lui sorridendo cantò: “Rendo omaggio al maestro del Grande Sigillo”.
Rimasi sbalordito e confuso per qualche secondo, poi capii che quell’uomo aveva visto la mia presunzione. Evidentemente egli era un maestro di ciò che io cercavo faticosamente di comprendere con il mio intelletto. Immediatamente pensai di chiedere al Lama se fosse disposto a spiegarmi il significato del Grande Sigillo, ma lui, senza neanche darmi il tempo di parlare, disse queste parole: “Io sono Lhündrup Tenzin. Mi hai incontrato perché mi stavi cercando. Se vuoi la trasmissione e la spiegazione dei consigli di Tilopâ seguimi”. Così feci.
Il Lama entrò in un tempio, si sedette per terra e mi invitò a fare altrettanto, quindi iniziò la «trasmissione orale» dei testi tibetani cantandoli a memoria con una lenta e bella melodia. Subito dopo passò a commentarli mettendone in risalto gli aspetti più significativi ed essenziali con un linguaggio semplice, ma chiaro e preciso. Notai che le sue parole fluivano senza fretta, intervallate da lunghe pause, credo per darmi il tempo di trascriverle il più accuratamente possibile.
Alla fine dell’incontro il Lama mi concesse un breve colloquio che per me fu molto importante. Esso è stato riportato in appendice, giacché contiene delle indicazioni e chiarificazioni valide anche per altre persone.”

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