Il Fiore delle Georgiche
Autore/i: Publio Virgilio Marone
Editore: Gentile Editore
testo latino a fronte, traduzione italiana di Salvatore Quasimodo, con quattro disegni di Domenico Cantatore.
pp. 120, Milano
Un incontro con Virgilio, soprattutto con quello mansuetus delle Georgiche, potrebbe rivelare oggi un desiderio di «lasciare» il tempo o di forzarlo in un al di là caro alla consuetudine della poesia. Ma Virgilio, con la sua continua invenzione della natura, interroga sè stesso, non rivolge domande agli altri, non pone occasioni al canto. Nella sua voce possiamo riconoscerci antichi per quel «sentimento della solitudine», che è il riflesso della pena dell’uomo, del dolore in senso assoluto.
E non vogliamo ricordare soltanto l’Orfeo del IV Libro, che entra nella memoria del poeta dopo il dorato viaggio nel regno delle Api, ma la stessa nascita del verso virgiliano mentre cede l’alessandrinismo dei neoteroi, la necessità della sua parola quale somma di quella degli uomini del suo tempo.
La rassegnazione alla solitudine, opposta al dolore lucreziano, avvicina a noi Virgilio più degli altri poeti latini dell’antichità classica. […] (Salvatore Quasimodo)
Nota del traduttore
LIBRO PRIMO
- Nel cielo del nord con sinuose curve
LIBRO SECONDO
- Non le selve della Media, ricchissima terra…
- Alle selve, alle foglie dei boschi è dolce primavera
- A me care più d’ogni cosa mi accolgano le Muse
LIBRO TERZO
- Se una bella giovenca pascola nell’aspra Sila
- E quando al richiamo di Zefiro la lieta stagione
- Impara ad accendere il cedro odoroso nelle stalle
LIBRO QUARTO
- Il pastore Aristeo fuggendo da Tempe
Argomenti: Poemi,