Il Diario di Nina
Titolo originale: Dnevnik Niny Lugovskoj
Autore/i: Lugovskaja Nina
Editore: Edizioni Frassinelli
cura e postfazione di Elena Kostioukovitch, prefazione di Vittorio Strada, introduzione di Natasha Perova, traduzione di Elena Dundovich.
pp. XXIV-488, numerose tavole b/n f.t., Milano
Il diario di Nina Lugovskaja è una delle più importanti scoperte storiche degli ultimi tempi e una toccante testimonianza diretta sul Terrore staliniano. Chi era Nina? Una ragazzina moscovita che nelle prime pagine ha appena tredici anni. Intelligente, emotiva, curiosa, attraversa crisi adolescenziali, nutre grandi ambizioni, è gelosa delle sorelle e ama in segreto. Ma, soprattutto, ha uno sguardo maturo, limpido, agghiacciante per la profondità e la precisione con cui coglie e valuta gli eventi e il mondo che la circonda. Attraverso di lei sappiamo come si viveva nella Mosca degli anni Trenta, dove le perquisizioni erano all’ordine del giorno, lo spettro del confino o addirittura del GULag una possibilità più che concreta, la fame, gli stenti, la convivenza forzata una realtà senza appello. Grazie alle sue riflessioni e ai suoi sogni sentiamo quell’epoca descritta da una voce viva anziché da un’interpretazione distaccata. Una voce affilata, energica, sincera. Rinvenuto recentemente negli archivi della polizia segreta russa dalla studiosa Irina Osipova, il testo è un raro documento giunto fino a noi intatto, indenne da intromissioni famigliari o da devastazioni censorie: solo poche pagine di ingenua rabbia portano la sottolineatura rossa del commissario che vide nella fanciulla, ormai diciottenne, una pericolosa nemica del regime, e la condannò a cinque anni di lavori forzati. Corredata da un inserto fotografico e introdotta da Vittorio Strada, una lettura emozionante e irrinunciabile per chi voglia capire la nostra epoca.
Mina Lugovskaja nacque a Mosca il 25 dicembre 1918. Il padre aveva una posizione agiata, ma fu bollato come sovversivo, ripetutamente incarcerato ed esiliato, e infine deportato. La madre era insegnante. Ljalja e Ženja, le sorelle maggiori, studiavano. Nina frequentava la scuola dell’obbligo. Nel 1937 le quattro donne furono arrestate e processate: Nina finì nel durissimo campo di prigionia di Kolyma con Tunica colpa di aver scritto nel diario frasi contro il regime. Quando uscì, rinunciò a dire altro. Stroncata per sempre la sua vena letteraria, riversò la sua creatività nella pittura. Alla fine degli anni Quaranta sposò Viktor Templin, artista e prigioniero politico. Morì nel 1993, senza mai essere tornata nella capitale sovietica.
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