Il Centauro
Autore/i: Updike John
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, traduzione di Bruno Oddera, in copertina: fotografia di Robert Frank , titolo dell’opera originale: “The centaur” Alfred A. Knopf, Inc.
pp. 434, Milano
Mai forse come in questo Centauro la disperazione americana ci aveva mostrato un volto così complesso, dolce e tuttavia distruttivo. La vicenda (durata: tre giorni) è costituita da una lucida preparazione al suicidio. Ma George Caldwell, aspirante-suicida, professore di scienze naturali, “studente invecchiato”, padre e marito tutt’altro che esemplare ma munitissimo di coscienza del fallimento, trabocca continuamente dallo stampo narrativo. Lo stesso può dirsi di suo figlio, agitatissimo tra mondo delle idee e mondo dei fatti, come tra presente e passato. Disperazione? Ma la disperazione qui sembra piovere sulle cose come una nevicata benefica, tanto da lasciarci sospettare che tutto il disagio della civiltà moderna – americana o no – possa individuarsi nella perdita mitologica ed effettiva di un Olimpo, di una capacità spontanea di allegoria. Perché nel parallelismo su cui lavora Updike (Caldwell = Chírone, l’Olimpo trasferito pari pari tra le mura di una scuola americana,i fatti rapiti in un’aria di leggenda, eccetera) non c’è soltanto l’inattesa esplosione di un eventuale neoclassicisrno, ma qualcosa di più.
Neoclassicismo è casomai un termine di passaggio nell’intento di passare oltre; e in quell’”oltre”, per difficile da afferrare che sia, possiamo individuare i numeri, i “gettoni” di Updike. Primo: una tendenza a trasformare il tessuto narrativo in un tessuto propriamente poetico, e di qui la mancanza di limiti di spazio e di tempo all’invenzione. Secondo: un tentativo, anche più interessante, di stendere sul fondo un ordito “scientifico”. Così la “genesi di tutte le cose”, che costituisce in qualche misura il punto di riferimento della
narrazione, ha perduto qualsiasi odore biblico, per assumere consistenza più precisamente biologica.
Bisogna chiarire, in proposito, che Freud, freudismo, postfreudismo, in Updike sono digeriti, organici: fanno parte anch’essi di una stratificazione dell’umano. Chirone può dunque avere le sue carature edipiche, e può averle il Caldwell che vi si è immedesimato, può averle suo figlio, il figlio di suo figlio… Realtà e mito, insomma, sono sottoposti a uno scambio continuo di particelle, e insieme s’incanalano in una figura che cerca di riassumerli nell’oggettività di un animale chiamato Uomo.
Jonhn Updike è nato a Shillington, Pennsylvania, nel 1932. Dopo aver frequentato regolari corsi scolastici nella sua città, si iscrisse all’università di Harvard.
Conseguita la laurea, avendo vinto una borsa di studio trascorse un anno in Inghilterra presso la Ruskin School of Drawing and Fine Art di Oxford. Dal 1955 al 1957 fece parte della redazione del “New Yorker”. I suoi primi racconti, saggi, poesie, furono pubblicati appunto da quella rivista.
Premio Rosenthal 1959 col suo primo libro, The Poorhouse Fair (Festa all’ospizio), riscosse un successo più sicuro col successivo romanzo, Rabbit, Run (Corri, Coniglio), 1960, già apparso in versione italiana – come pure il precedente – nella collezione Medusa. Ha inoltre
al suo attivo due volumi di racconti (The Same Door, 1959; Pigeon Feathers, 1962) e una raccolta di versi (The Carpentered Hen, 1958). The Centaur (Il Centauro), che ha attirato l’attenzione di tutta la critica e del pubblico americano, è apparso nel 1963.
Argomenti: Letteratura, Narrativa,