Il Buon Uso del Mondo

Agire nell’età del rischio
Autore/i: Natoli Salvatore
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione, prefazione dell’autore.
pp. 280, Milano
«Il nostro tempo offre all’uomo possibilità e opportunità che non ha mai avuto nella sua storia, con tutti i rischi connessi. Questo impone, a maggior ragione, di saper fare un buon uso del mondo.»
Per l’uomo di oggi, che non spera più nella salvezza alla fine dei tempi ma ha davanti a sé un tempo senza fine dei tempi ma ha davanti a sé un tempo senza fine, navigare in mare aperto sembra ormai diventato l’unico modo di vivere. Ma quale rotta seguire, dopo il tramonto di ogni certezza e il declino della tradizione giudaico-cristiana in Occidente, segni distintivi della nostra epoca? Al termine di un lungo e originale itinerario di riflessione sulla modernità, Salvatore Natoli analizza le varie forme del fare (il lavoro, innanzitutto, ma anche il consumo, il progresso, il rischio) e il loro rapporto con quello che dovrebbe essere il vero obiettivo di ogni essere umano: un buon uso del mondo. Partendo dalla distinzione aristotelica tra «agire» (dare un senso alle proprie azioni) e «fare» (eseguire un compito), autore si chiede quanto, nella nostra frenetica attività quotidiana, siamo «agenti», soggetti capaci di realizzarsi in ciò che fanno, e quanto invece siamo «agiti», elementi impersonali di una serie causale e anonima di cui non si vede né l’inizio né la fine. Per essere titolari della propria vita, e quindi davvero liberi, non basta infatti conformarsi a ciò che l’organizzazione sociale richiede, ma occorre istituire un rapporto autentico con il proprio desiderio, con la propria corporeità e con gli altri. Così, nella società delle abilita, della tecnica e del saper fare, si ripropone in tutta la sua urgenza la questione delle virtù, intese come «abilita a esistere», in grado di darci stabilità e consistenza all’interno di un mondo che ne è privo, e che tende a frantumare l’identità individuale in mille diversi ruoli, o personaggi, a seconda della prestazione di volta in volta chiamati a fornire. Di fronte alla pressione di una Società che stimola continuamente il desiderio e le Passioni all’unico scopo di fare profitto, solo una nuova forma di ascesi intramondana, che sia rifiuto non del piacere bensì della sua strumentalizzazione, potrebbe favorire l’emancipazione dalla passività, aiutandoci a distinguere ciò che ci serve da ciò che ci asserve. Questo ripiegamento su di sé, questa pausa nella cieca routine del fare e del darsi da fare, è la condizione necessaria per compiere azioni responsabili, cioè frutto di una scelta libera è consapevole, che interrompano finalmente il circolo stimolo-risposta, seduzione-delusione, alimentato e governato dalla logica del consumismo.
Salvatore Natoli insegna filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, etica sociale nella facoltà di Economia e commercio dello stesso ateneo e storia delle idee all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, e collabora a varie riviste e quotidiani. Dopo aver approfondito il tema della soggettività e delle condotte morali, la sua ricerca verte attualmente sulle forme del fare e la responsabilità nell’agire. Tra i suoi numerosi libri ricordiamo: L’esperienza del dolore (1986), La felicità (1994), Dizionario dei vizi e delle virtù (1996), Dio e il divino (1999), Stare al mondo (2002), Parole della filosofia o dell’arte di meditare (2004), Guida alla formazione del carattere (2006), Salvezza senza fede (2007), Il crollo del mondo (2009) e, da Mondadori, La felicita di questa vita (2000).
Argomenti: Età Moderna e Contemporanea, Ideologia, Mentalità, Pensiero,