I Vandali – Cavalieri Nomadi alla Conquista del Mediterraneo
Titolo originale: Die Vandalen
Autore/i: Schreiber Hermann
Editore: Rizzoli
prima edizione, introduzione dell’autore, traduzione di Lydia Magliano, in sovracoperta: «cavaliere in costume barbarico» tratto da un mosaico di Siyagha.
pp. 320, nn. tavole b/n f.t., nn. illustrazioni e carte geografiche b/n, Milano
Dei Vandali noi abbiamo una immagine in negativo: essi incarnano ai nostri occhi l’idea di una cieca volontà di distruzione. In realtà, questo marchio fu imposto loro dagli antichi storici ecclesiastici, che avversavano ferocemente i Vandali in quanto seguaci irriducibili dell’eresia di Ario, in cui vedevano un mezzo per difendere la propria individualità etnica, minacciata di assorbimento da parte della civiltà romana. Era per i Vandali una partita perduta in partenza: eppure il colpo mortale alla loro potenza non venne tanto dagli eserciti di Bisanzio, quanto dalle tribù ribelli dei Berberi. Si concludeva cosi la folgorante parabola di un popolo che, uscito dall’oscurità delle sue antiche sedi dell’Europa orientale, nel giro di pochissimi anni aveva saputo inserirsi nel grande gioco della storia e, conquistata l’Africa romana, si era fatto arbitro per un secolo dei destini del Mediterraneo, tracciando una irripetibile vicenda in cui inaudite crudeltà, intrighi di corte, retaggi tribali e stupefacente lucidità politica si mescolano in nodi inestricabili.
Delle vicende dei Vandali abbiamo tutt’al più una immagine in negativo: essi incarnano ai nostri occhi l’idea di una cieca volontà di distruzione; l’idea, in qualche modo, di non-storia. Ma perchè questo marchio è stato imposto proprio ai Vandali – a tal punto da farne evocare il nome, nel linguaggio comune, a proposito di ogni devastazione senza senso e senza scopo – e non a qualsiasi altra delle popolazioni barbariche dell’età delle grandi invasioni? Senza voler compiere una moralistica riabilitazione di questo popolo cancellato dalla storia, Hermann Schreiber ha buon gioco a dimostrare che i sovrani dei Vandali ebbero in realtà una percezione sorprendentemente lucida delle forze politiche in gioco nell’Europa e nel Mediterraneo del tardo impero, e che seppero servirsene per un preciso disegno di potere. Della condanna che grava su di loro, le ragioni vanno scoperte nel fatto che i re dei Vandali – i quali, come altri popoli germanici, avevano abbracciato il cristianesimo nella forma dell’eresia di Ario – videro nella adesione a questa loro fede un mezzo per difendere l’individualità etnica del loro popolo, presto minacciata di assorbimento da parte della civiltà romano-cattolica: il che li portò a un conflitto accanito, spesso addirittura feroce, con il clero cattolico. E: poichè la storia scritta (anzi, la parola scritta) era in ultima analisi monopolio degli ecclesiastici, essi vi riversarono tutto il loro rancore per i dominatori Vandali. Questi non diedero degli storici che – come avvenne con Giordane per i Goti, o con Paolo Diacono per i Longobardi – narrassero le vicende dei Vandali nella prospettiva dei protagonisti e nella lingua dei conquistati, il latino: quelle vicende hanno dovuto perciò essere ricostruite, con un minuto e insieme geniale lavoro di mosaico, più che sulla base di storici deliberatamente ostili, da dati e da indizi sparsi nelle fonti più diverse – vite di santi, panegirici di vescovi o di re, poesie d’occasione sepolte in antiche antologie dimenticate, trattati amministrativi e giuridici. E. merito dell’autore di questo libro essere riuscito a tracciare un quadro ricco e coerente di quelle vicende e delle complesse forme di interazione che si ebbero, a tutti i livelli, tra la cultura dei “barbari” e quella dei “romani” d’Africa (a sua volta frutto di una sconcertante sintesi tra elementi di origine romana, punica, greca, ebraica, e altri ancora).
In questo rovente crogiolo di civiltà, la partita per i Vandali era – possiamo dire oggi – perduta in partenza: eppure il colpo mortale alla loro potenza non venne tanto dagli eserciti di Bisanzio, quanto dalle popolazioni nomadi dell’interno del Nordafrica. Si concludeva cosi la folgorante parabola di un popolo che, uscito dall’oscurità delle sue antiche sedi della Slesia e dell’Ungheria, nel giro di pochissimi anni aveva saputo inserirsi – grazie alla genialità del suo sovrano Genserico – nel grande gioco della storia e, conquistata la provincia romana d’Africa, attraverso il controllo dell’approvigionamento del grano e delle rotte marittime si era fatto per un secolo arbitro dei destini del Mediterraneo, tracciando una irripetibile vicenda in cui inaudite crudeltà, intrighi di corte, retaggi tribali e stupefacente intelligenza politica si mescolano in nodi inestricabili.
Hermann Schreiber è nato a Wiener Neustadt, in Austria, nel 1920. Laureatosi all’Università di Vienna, si è dedicato alla storia dell’antichità e dell’alto Medioevo, ricostruendo in una serie di fortunati volumi le vicende di popoli che, pur avendo avuto un peso determinante nell’evoluzione della storia europea, erano rimasti finora ai margini della ricerca storiografica. Dal 1962 vive a Monaco. Tra le opere: Die Hunnen, 1976 (trad. it., Gli Unni, Milano 1983); Auf den Spuren der Goten (Sulle tracce dei Goti); Halbmond über Granada, 1980 (trad. it., Gli Arabi in Spagna, Milano 1982).
Introduzione
Il marchio di un popolo
PARTE PRIMA – LA LUNGA STRADA
CAPITOLO PRIMO
La montagna sacra
CAPITOLO SECONDO
Alla ventura attraverso l’Europa
CAPITOLO TERZO
Genserico
CAPITOLO QUARTO
La città divina e la città umana
CAPITOLO QUINTO
La mancata battaglia intorno a Roma
CAPITOLO SESTO
Il dominatore del mare
CAPITOLO SETTIMO
La diplomazia della pugnalata alla schiena
CAPITOLO OTTAVO
Il re è morto, il popolo vive
CAPITOLO NONO
Guerrieri e intellettuali
CAPITOLO DECIMO
Unnerico il vituperato
CAPITOLO UNDICESIMO
Il crepuscolo degli Asdingi
CAPITOLO DODICESIMO
Gli ultimi re
CAPITOLO TREDICESIMO
Il monte Papua
APPENDICE
Cenni bibliografici
Cronologia
Tavola genealogica
Indice dei nomi
Argomenti: Antiche Civiltà, Antichi Costumi, Antichità, Antropologia, Storia, Storia dei Costumi, Storia dei Popoli, Studio Pratica e Ricerca,