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Federico II di Svevia

Federico II di Svevia

L’unico genio fra i sovrani tedeschi

Autore/i: Horst Eberhard

Editore: Rizzoli

traduzione di Giovanna Solari.

pp. 408, nn. tavv. b/n f.t., Milano

“Questo Federigo regnò trent’anni imperadore, e fu uomo di grande affare e di gran valore, savio di scrittura, e di senno naturale, universale in tutte le cose; seppe la lingua latina, e la nostra volgare, tedesco e francesco, greco e saracinesco, e di tutte virtudi copioso, largo e cortese in donare, prode e savio in arme, e fu molto temuto. E fu dissoluto in lussuria in più guise e tenea molte concubine e mammalucchi a guisa de’ Saracini: in tutti i diletti corporali volle abbondare, quasi vita epicuria tenne, non facendo conto che mai fosse altra vita; e questa fu l’una principale cagione perchè venne nemico de’ chierici e di Santa Chiesa.” Così Giovanni Villani nella sua celebre Cronica descrive Federico II di Hohenstaufen. Dante lo colloca addirittura nell’Inferno tra gli eretici, mentre i suoi contemporanei lo definirono stupor mundi, meraviglia del mondo. Eberhard Horst analizza questa eccezionale e controversa personalità aggiornandola ai valori più attuali. Rinuncia così a voler vedere nel re di Sicilia un Cavour medioevale, già maturo per la concezione dell’unità d’Italia. Più che per questo improbabile e romantico fine, l’opera di contenimento dei grandi feudatari si svolse a favore di una nuova aristocrazia di funzionari; ma certamente mentre combatteva le sue battaglie politiche, contro il Papa o contro le città del nord Italia, Federico attuò un’ opera di statista che è rimasta il suo monumento più originale. L’idea di base era che la Sicilia non dovesse più rappresentare un’ occasione per arricchire predoni, speculatori e parassiti: la ricchezza de! paese doveva essere investita in Iaea. Così nella tribolata storia dell’isola, il regno normanno e quello di Federico restano l’unico contributo positivo del potere. Con sicuro realismo fondò scuole, dette legislazioni, risolse problemi ecologici, e chiamò alla sua corte filosofi, eruditi, giuristi, scienziati: quanto di meglio la cultura avesse da offrire, anticipando il Rinascimento. Contemporaneamente convissero però in lui la fede e la crudeltà, il progetto chiuso e i terrori dell’uomo del Medioevo e da tale contradditorietà la descrizione biografica di Horst trae la necessaria differenziazione di timbri e di accenti nel compatto tessuto della ricostruzione storica. Perché della storia tradizionalmente intesa qui nulla è omesso, e i titoli dei capitoli danno già un’idea dell’approccio narrativo: “Palermo li attrasse tutti” (Federico ha voluto essere sepolto nel duomo accanto ai nonni normanno-siculi); “La crociata dello scomunicato” (Federico tra cristianesimo e islamismo); fino a “Oltre la morte: mito e realtà” (leggende sulla sopravvivenza di Federico).
Il flusso di notizie fa di questa biografia non solo un attraente racconto, ma anche un’ eccezionale fonte di consultazione, anche per la sintesi bibliografica antica e moderna sulla casa sveva. Ma il suo pregio più rilevante è sicuramente la capacità di filtrare uno sterminato materiale nell’organicità del racconto biografico senza mai scendere a forzature da storia romanzata. Fatti e personaggi si avvicinano alla nostra sensibilità moderna pur conservando il misterioso fascino delle reliquie storiche.

Nato a Dusseldorf nel 1924 Eberhard Horst ha studiato filosofia, teologia, lingua e letteratura germanica e discipline teatrali alle Università di Bonn e di Monaco, dove, nel 1956, si è laureato in lettere e filosofia. Lunghi viaggi e soggiorni nei paesi del Mediterraneo hanno costituito lo stimolo per le sue opere su Venezia, la Spagna e la Sicilia. È stato tra i fondatori dell’Associazione degli scrittori tedeschi e a Monaco, per questa biografia, ha ricevuto il premio della Fondazione per la Diffusione della Letteratura.

 

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Argomenti: Biografie,

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