Esercizi – Poesie e Traduzioni
Autore/i: Bemporad Giovanna
Editore: Garzanti Editore
prima edizione.
pp. 184, Milano
C’è una piccola (ma non tanto esile) leggenda su Giovanna Bemporad, rinfrescata ultimamente dalle pagine del biografo di Pasolini, E. Siciliano. Ma sui crucci, le disperazioni e gli slanci di quest’adolescente in fuga ai suoi tempi, materialmente in lotta coi suoi fantasmi poetici, non sarà ora il caso di soffermarsi. Fu allora che nell’agitata vigilia e poi nel primo periodo del dopoguerra essa affrontò, per trascriverli, i grandi poeti dell’antichità classica e del Simbolismo europeo. Quell’epoca ci è stata restituita da decine di traduzioni d’un impeccabile dettato personale, assai vicine per intimo rigoglio stilistico, eppure lontane da quelle di L. Traverso, che fu il suo mallevadore, assieme a C. Izzo e a M. Praz.
Sono state quelle vigilie accanite di poesia altrui a dare la spinta e impronta a Esercizi, oppure l’ardore derivato da un’esperienza umana assai bruciante a rifluire contemporaneamente nel territorio altrui e nel proprio? Chi può dirlo? Resta il fatto che, accennando per la Bemporad a un’estrema coincidenza di arte e vita, intesa quest’ultima come totale consunzione intellettuale, Pasolini nell’articolo che dedicò a Esercizi tenne a citare una frase di Cocteau non poco allusiva: «I gesti dell’equilibrista devono sembrare assurdi a coloro che non sanno che egli cammina sul vuoto e sulla morte.»
Due metafore della lirica della Bemporad: per quanto riguarda il «vuoto» era lo stesso Pasolini a notare che esso dovesse essere, in una tale esperienza poetica, «vuoto d’amore», e che occorreva quindi all’autrice riempirlo «di una sostanza del tutto equivalente all’amore»: la poesia, appunto, l’ansia di risillabare il mondo interiore con una sapienza antica.
Non ci è difficile riconoscere che, mentre ad alcuni poeti basta un solo modello di poesia, alla Bemporad sembra indispensabile tutta la poesia, l’intero suo corpo sensibile, altrimenti lei, così anticonformista rispetto alle mode correnti, non troverebbe come far vibrare la sua voce ad altezze inconsuete. E questa la prima immagine che si stacca dalla lirica di Esercizi e che ritroviamo, proprio al colmo della stagione ermetica, quasi dimentica di prenderne le distanze, impavida nel ricercare il cuore della nostra creazione poetica (Leopardi innanzitutto), ferma al crocicchio donde partono le grandi arterie del Simbolismo europeo. E pertanto la novità non starebbe, a nostro avviso, nell’estenuare questo ma nell’esaltarlo con una densità espressiva che trova nell’endecasillabo il suo vero punto di forza.
Giovanna Bemporad nata a Ferrara da madre veneta e da padre urbinate, Giovanna Bemporad esordì appena adolescente con una traduzione dell’Eneide in endecasillabi che la impose all’attenzione della critica.
In seguito, alternando alle versioni dei classici (l’Odissea di Omero) o dei moderni (l’Elegia di Marienbad di Goethe, gli Inni alla notte di Novalis, l’Elettra di Hofmannsthal ecc.) Il proprio lavoro creativo, ha raccolto in un volumetto, ormai introvabile, uscito a Venezia nel 1948, che si intitolava appunto Esercizi, un’ampia scelta di sue poesie e traduzioni (dagli antichissimi poemi indiani dei Veda, a Omero, a Saffo; dai grandi simbolisti francesi ai moderni lirici tedeschi: Hoelderlin, Rilke e George), a cui Pier Paolo Pasolini dedicò subito un saggio appassionato sottolineandone i pregi con lucido acume critico. Il tempo non ha intaccato la nitida bellezza delle poesie e il «dettato impeccabile» delle traduzioni contenute in quel volumetto che viene ora riproposto, ampiamente riveduto e con l’aggiunta di brani dell’Eneide e di molte poesie inedite, in questa edizione.
Argomenti: Letteratura, Poesia,