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Due Dipinti, la Filologia e un Nome

Due Dipinti, la Filologia e un Nome

Il Maestro delle Tavole Barberini

Autore/i: Zeri Federico

Editore: Giulio Einaudi Editore

prima edizione.

pp. 142, 77 tavv. b/n f.t., 6 tavv. a colori f.t., Torino

Questo libro non è solo la storia dell’identificazione di un grande artista, il cui nome si era perduto, e la soluzione di uno tra i problemi più elusivi e complessi della pittura italiana del Quattrocento; e anche una esemplare lezione di metodo e una suggestiva illustrazione dello strumento più tipico e peculiare dello storico dell’arte: l’attribuzione.
Attraverso un’indagine minuziosa condotta con la logica serrata di una eccezionale detective story, in questo studio vengono ricostruite le esperienze, i viaggi, gli incontri di un personaggio che, all’origine misterioso e quasi inesistente, si svela a poco a poco e prende corpo nel corso della ricerca.
Il punto di partenza è dato da due celebri dipinti: La Nascita e la Presentazione al Tempio della Vergine, già nella Galleria Barberini a Roma e ora in America dopo la dispersione di quella raccolta. A queste due opere, che per la loro eccezionale qualità e la singolarità della loro cultura hanno richiamato insistentemente l’attenzione degli storici dell’arte, Federico Zeri ne accomuna alcune altre attribuibili alla stessa mano, in parte attingendole al gruppo coerente stabilito dall’Offner, in parte introducendole per la prima volta egli stesso. Ricostruito così, per via di induzione stilistica, il «catalogo» dello sconosciuto artista, l’investigatore si accinge a stabilirne l’identità. Una paziente lettura delle opere permette di isolare gli elementi che per via di confronto portano a riconoscere affinità con altri maestri, e quindi a fissare luoghi, date, incontri certi o probabili. Stabilita la serie cronologica delle opere, si ricostruisce dalle prime di esse la formazione del pittore.
La rete dei riferimenti si fa più fitta, il disegno di una carriera artistica si precisa entro un sicuro contesto storico e geografico: e si arriva al colpo di scena risolutivo, che ha luogo in una sontuosa sala del Palazzo ducale di Urbino. È sciolto allora l’enigma iniziale e la storia della pittura italiana del Quattrocento ritrova il nome di uno dei suoi più raffinati e fantasiosi protagonisti.

Per la sua sicurezza e genialità di «conoscitore» e la sua sensibilità di storico, Federico Zeri, nato nel 1921, ha un posto di particolare rilievo nella generazione dei «giovani maestri» della storia dell’arte italiana. Uscito dalla severa scuola di Pietro Toesca, fu per qualche tempo nell’Amministrazione delle Belle Arti. Riordinò e diresse la Galleria Spada, di cui diede un esemplare catalogo (Sansoni 1954); a questo fece seguire l’altro monumentale catalogo della Galleria Pallavicini dell’Aurora (Sansoni 1959). È redattore di «Paragone» e collabora a numerose riviste d’arte italiane e straniere. nel 1957 ha pubblicato presso la nostra Casa editrice Pittura e controriforma. L’arte senza tempo di Scipione da Gaeta, uno studio che è stato salutato come uno dei più acuti e stimolanti della nostra cultura critica.

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